Con InSiciliaTV l’informazione la fai tu

Le menzogne in sequenza di Vincenza Rando, a lungo vice di Ciotti in Libera, oggi senatrice. Falsa l’estraneità, da lei dichiarata, del Comune di Niscemi di cui era vicesindaca, al caso dell’eliporto-fantasma fatto costruire nottetempo, per l’atterraggio di Violante in elicottero, ad un’azienda in ‘odor di mafia’ e subito demolito senza che sia mai stato utilizzato, perchè abusivo, su un’area privata all’insaputa del proprietario poi spinto a non denunciare, totalmente illegale e in violazione di tutte le norme di sicurezza e di rispetto del territorio. Ma quanto costò questo scempio?

538

Vincenza Rando ha Niscemi nel cuore.

Lo sappiamo da lei stessa per averlo dichiarato (qui) proprio a ‘In Sicilia Report’ che l’aveva interpellata in relazione al ‘giallo’ (articoli leggibili qui  e qui) accaduto a Niscemi quando lei ne era vice sindaca.

Da oltre vent’anni la neo senatrice, eletta il 25 settembre scorso in Emilia Romagna, è trapiantata a Modena dove, da avvocata, ha scalato le posizioni di vertice di Libera (‘Libera, Associazioni, nomi e numeri CONTRO LE MAFIE’) assumendone per diversi anni la responsabilità degli affari legali e la vicepresidenza e diventando la vice di Pio Luigi Ciotti, carismatico presidente fin dalla fondazione nel 1995, 28 anni fa. Il legame con Rando risale già agli anni della carriera politica niscemese, interrottasi bruscamente quando lei, prima consigliera comunale e poi vicesindaca, caduta con voto consiliare di sfiducia la sua amministrazione, tentò la scalata alla poltrona di prima cittadina fallendo miseramente nelle urne dove, a fronte di una maggioranza consiliare di oltre il 51 per cento già formatasi sulla base dei voti al primo turno in suo sostegno, al ballottaggio si fermò al 37%, con 14 punti percentuali in meno delle stesse liste a lei ‘apparentate’ (i dettagli qui nello stesso articolo già richiamato per il giallo-eliporto).

Sia in Sicilia che, soprattutto, a Modena e in Emilia dove poco dopo si è trasferita, il suo fatturato professionale è stato spinto da una serie continua di incarichi pubblici, ad opera di amministrazioni d’area politicamente targate.

Questo intreccio d’affari e d’interessi – tra, da una parte, l’alta dirigente e avvocata di Libera e, dall’altra, i politici amici, dirigenti del partito che poi le avrebbe offerto il seggio che attualmente occupa al Senato, e nel contempo essi stessi pubblici amministratori cointeressati alla promozione degli affari di Libera i quali sceglievano il suo studio legale tra tanti disponibili per attribuirgli lucrosi incarichi a carico dei contribuenti (qui e qui) – è una costante negli oltre vent’anni di carriera emiliana della vice di Ciotti, oggi parlamentare della Repubblica. Una costante che riunisce indissolubilmente – nella faccia, nel curriculum e nel nome di questa politica niscemese – le tante parcelle su committenza pubblica riscosse e la fortunata carriera in Libera dove per anni è sulla tolda di comando dalla quale, come abbiamo visto, protegge il brand di Libera contro ogni possibilità di verità e d’informazione nonché contro ogni pretesa di dubbio critico, anche quando si tratta di sacrosanta – questa, sì, libera – informazione finalizzata a far conoscere ai cittadini-contribuenti quel circuito perverso di scambio d’affari (emblematico quanto documentato dall’articolo leggibile qui) tra una figura di vertice, come Rando, della potente organizzazione  – che dovrebbe difendere la comunità degli onesti dalla mafia e da ogni pratica di corruzione che ne rappresenta l’humus naturale – e quei dirigenti politici e pubblici amministratori che maneggiano e distribuiscono danaro pubblico e la prescelgono per i suoi specialissimi servizi professionali.

Di recente abbiamo appreso, come chiarito in premessa, che Niscemi le è comunque rimasta nel cuore. E probabilmente lo stesso sentimento avverte ancora nei suoi confronti la città, almeno a giudicare dalle segnalazioni e dalle lettere in redazione a noi pervenute dopo la pubblicazione di alcuni articoli riguardanti il processo in corso a Ragusa, che mi vede imputato per diffamazione a mezzo stampa, scaturito da una querela presentata da Ciotti su decisione della sua vice, come lo stesso ha precisato (alla fine di questo testo la serie completa dei link d’accesso agli articoli sul processo di Ragusa).

In proposito occorre richiamare la vicenda del ‘giallo’ dell’elisuperficie, costruita, nottetempo e in tutta fretta, per consentire il 25 ottobre 1996 l’atterraggio di Luciano Violante, allora presidente della Camera dei deputati in visita a Niscemi in occasione dell’inaugurazione di una scuola, l’istituto Pirandello in contrada Valle Pozzo. Violante, come ricostruito negli articoli sopra richiamati, è stato nel ’95 l’inventore di Libera e il suo principale artefice, e così Vincenza Rando, da diversi anni in politica a Niscemi (dall’89 consigliere comunale, quindi, dopo lo scioglimento per mafia, dal ’94 al 2000 assessora e vicesindaca, in carica pertanto quando nasce l’eliporto fantasma) ne abbraccia causa, missione e affari.

Quel giallo fu uno scandalo e tuttora si presenta come un mistero, come un furto di verità al quale i responsabili, venticinque anni dopo, continuano a condannare la comunità di Niscemi, quella per la quale Vincenza Rando – prima da consigliera comunale d’opposizione, poi da assessora e vicesindaca, quindi aspirante e sindaca mancata – diceva di battersi. E in quegli undici anni d’impegno, dall’ingresso in consiglio comunale alla sonora bocciatura elettorale nella corsa a sindaca, Vincenza Rando si dà un gran da fare, come riassume peraltro l’elenco delle deleghe assessoriali esercitate nei sei anni di amministrazione-Liardo: al personale, agli affari generali, alla pubblica istruzione, alla trasparenza e legalità, successivamente alle attività produttive, ai gemellaggi, al lavoro e ai lavori pubblici.

Nella nota in cui, il 21 settembre 2022, Rando dichiara a ‘In Sicilia Report’ di avere Niscemi nel cuore, l’aspirante senatrice, poi eletta, così risponde al bisogno di verità su quel giallo:  <<… la questione della pista in occasione della venuta del presidente on. Luciano Violante per l’inaugurazione di un edificio scolastico consegnato ai bambini e alle bambine di Niscemi, non è stata una decisione presa dalla giunta del sindaco Totò Liardo, sindaco che ha sempre onorato e pensato all’interesse pubblico e al bene comune. La gestione della sicurezza del presidente Luciano Violante e l’applicazione dei protocolli non competeva alla giunta guidata da Totò Liardo e nulla potevano decidere nel merito. La sottoscritta e tutta la giunta non aveva alcuna competenza nella gestione della sicurezza del presidente Violante. Mi corre l’obbligo però di dire che so che non piaccio a persone che non hanno mai combattuto a viso aperto le illegalità, le mafie e le corruzioni>>.

Tralasciamo per adesso, vi torneremo dopo, queste ultime parole con le quali Rando tenta di spiegare il perché di quella lettera alla nostra redazione con la quale cittadini niscemesi riferiscono fatti di propria conoscenza e chiedono chiarezza su quel giallo.

Nel brano sopra riportato della dichiarazione dell’allora candidata al Senato (che in campagna elettorale il Pd ancora definisce vice presidente di Libera, nonostante lei avesse detto di essersi dimessa, proprio nel momento di – e per – candidarsi) due sono gli elementi di contenuto. Il primo è che <<la questione della pista … non è stata una decisione presa dalla giunta>>; il secondo che <<la gestione della sicurezza del presidente Luciano Violante e l’applicazione dei controlli non competeva alla giunta … e nulla potevano decidere nel merito … la sottoscritta e tutta la giunta non aveva alcuna competenza nella gestione della sicurezza del presidente Violante>>.

Le parole di Rando non fanno chiarezza e tendono a confondere due aspetti ben distinti, ovvero da una parte la costruzione di un’opera pubblica (con tutti gli atti adottati per deliberarla e poi assicurarne l’esecuzione), dall’altra la sicurezza del presidente della Camera. Ma se anche Rando tenta visibilmente di spingere nell’ombra questa linea di distinzione tra due cose palesemente diverse, in ogni caso un’affermazione inequivocabile la fa: la questione dell’elisuperficie non è stata una decisione presa dalla giunta, quindi non è stata materia di competenza del Comune: ergo, il Comune non c’entra niente, non se ne è occupato né poteva farlo, quindi non ha compiuto alcun atto né per decidere la costruzione della piattaforma, né per espletare tutti gli atti necessari alla sua esecuzione.

E qui torniamo alla comunità di Niscemi che, nel 2022, venticinque anni dopo, ha ancora viva la memoria di quei momenti come dimostra quella voglia di verità che le lettere a noi pervenute reclamano.

In effetti questo sentimento, di ricerca e amore per la verità, qualcuno a Niscemi lo ha sempre esercitato. Negli articoli sopra richiamati (qui  e qui) abbiamo riferito della denuncia di Giuseppe Maida, autentico attivista per i diritti della comunità e per il suo progresso sociale, incline alla verità e cacciatore delle menzogne che offendono il senso civico degli onesti e derubano la polis.

La sua denuncia, presentata il 2 ottobre 2013 e rimasta incredibilmente senza esito alcuno (che ne fecero gli investigatori? Forse qualche risposta è negli stessi articoli citati, e soprattutto nel secondo qui) qualche settimana dopo, il 23 ottobre 2013, è ripresa da un ingegnere di Niscemi e riportata in un esposto alla Procura della Corte dei Conti e al Comando provinciale della Guardia di Finanza.

L’ingegnere è Salvatore Spadaro, in passato esponente politico Dc e instancabile attivista su temi cruciali per la vita di una città. Solo per dare un’idea, basta accennare a quell’evento drammatico che fu la frana di Niscemi del 12 ottobre 1997 e alle tante sue denunce preventive, inascoltate, che avrebbero potuto evitare quell’immane disastro che sconvolse la vita di migliaia di cittadini. Ma il caso, anche per approfondire le responsabilità dell’amministrazione comunale del tempo, merita di essere trattato appositamente: impegno che assumiamo verso i nostri lettori, dopo le tante segnalazioni pervenute.

All’esposto firmato e inoltrato da Spadaro tramite raccomandata con ricevuta di ritorno risulta allegata una delibera del Consiglio comunale di Niscemi del 7 febbraio 1997 avente ad oggetto l’interrogazione di un consigliere comunale di minoranza, Francesco Musto. Il tema dell’interrogazione, nonché la risposta del sindaco Salvatore Liardo (di cui Vincenza Rando all’epoca è vice), il dibattito consiliare riportato in quella delibera e la sua stessa parte dispositiva attestano un dato documentale inoppugnabile: la costruzione di quell’eliporto-fantasma fu di competenza del Comune in ogni suo aspetto, dalla sua decisione fino alla realizzazione e agli atti di spesa (altra cosa sono le misure e i protocolli di sicurezza di un’alta carica dello Stato che qui non hanno alcun rilievo e con i quali Rando ha fatto, o ha cercato di fare, confusione).

Chiara ed eloquente quella delibera, con tanto di processo verbale.

Se la si legge per intero si comprende che l’interrogazione nasceva da una certa critica per alcune comparsate televisive di Vincenza Rando al ‘Maurizio Costanzo show’ e al programma di Rai 1  ‘Uno Mattina’, sui temi di quel periodo e sulla spettacolarizzazione della visita di Violante che, secondo i gruppi di minoranza, avrebbe nella narrazione della vicesindaca criminalizzato la città. Ma il tema ora non è questo, bensì l’oggetto dell’interrogazione, ovvero la costruzione dell’eliporto-fantasma.

Per quanto qui ci riguarda, quella delibera, il dibattito consiliare, nonché il testo dell’interrogazione e la risposta del sindaco attestano con certezza una cosa: fu il Comune a fare costruire quell’elipista fantasma. Dovrebbe quindi essere il Comune a spiegare come sia stato possibile che quell’opera fosse stata realizzata nottetempo abusivamente, su un terreno privato all’insaputa del proprietario, senza alcun titolo che ne legittimasse l’occupazione e l’uso; e ancora perché quell’opera non fosse poi stata utilizzata ed anzi abbandonata in fretta; ed ancora chi, con quali criteri selettivi, secondo quale procedura e a quali costi per le casse comunali avesse prescelto un’impresa, peraltro ritenuta contigua ad un clan mafioso, per eseguire quei lavori.

A queste domande o ad alcune di esse non poteva dare risposta quella seduta del Consiglio comunale perché, almeno ai consiglieri soprattutto di minoranza, molti elementi non erano noti. Nondimeno però quella seduta, così come documentata dalla delibera, attesta una cosa: il Comune c’entrava, pienamente e totalmente.

Sul giallo e sulla denuncia di Maida ‘In Sicilia Report’ ha già rivelato quel retroscena inquietate consistente nel ‘consiglio’ – a lasciar perdere, a desistere da ogni pretesa di verità – dato da un uomo in divisa al proprietario del terreno illegittimamente occupato da chi diede l’ordine di realizzare l’eliporto-fantasma (qui).

Chiarito che il Comune non era estraneo, ed anzi era il committente di quei lavori (altrimenti perché quel dibattito consiliare?) ecco qualche cenno al contenuto della delibera.

L’autore dell’interrogazione, dopo essersi dichiarato insoddisfatto della risposta del sindaco definita contradditoria, parla della spesa sostenuta (perché il consiglio comunale dovrebbe affrontare questo tema, se non fosse di pertinenza del Comune?) sorprendendosi della sua esiguità ma precisa di non essere un tecnico e di non potere fare valutazioni appropriate. Poi si dice <<convinto che il Commissariato di polizia abbia dato indicazioni sull’incolumità del presidente della Camera ma gli elicotteri atterrano anche su piccoli spazi>>. Quindi il consigliere interrogante, dopo la risposta del sindaco (il quale, tre mesi dopo il fattaccio, non dice che il caso-eliporto fantasma non sia di competenza del Comune) tocca anche il tema di possibili indicazioni sulla sicurezza di Violante, ma ben altra cosa è la realizzazione dell’elisuperficie, tant’è che egli sostiene che non ve ne fosse alcuna necessità in quanto <<gli elicotteri atterrano anche su piccoli spazi>>.

La delibera ci racconta anche il dibattito.

Per esempio il consigliere Aleo si chiede <<dov’erano i Verdi, gli ambientalisti? Quali impatti la piattaforma ha avuto sul territorio?>> e aggiunge: <<Se tale operato fosse stato fatto da altri ci sarebbero state le manifestazioni del ‘Sole che ride’, dei Verdi, degli ambientalisti, del WWF e di tutte le altre organizzazioni. Se tale intervento fosse stato fatto negli anni ’88-91 tutte le associazioni sarebbero state in piazza a manifestare>>. Infine Aleo dichiara <<che sarebbe opportuno vedere la fattura presentata>>. Quindi, dobbiamo necessariamente dedurne, non è stata esibita la fattura ma non v’è alcun dubbio che la spesa fosse a carico del Comune, e così tutti gli atti relativi al procedimento-fantasma dell’opera-fantasma, perché diversamente non si spiegherebbe perché il Consiglio comunale se ne sia occupato valutando anche la risposta del sindaco dopo un’interrogazione specifica nel cui merito il capo dell’amministrazione risponde. Diversamente avrebbe detto: il Comune non c’entra, come 25 anni dopo, il 21 settembre 2022, avrebbe quella che allora era la sua vice, Vincenza Rando, vera protagonista dell’evento, tant’è che nelle tv nazionali c’è lei a parlarne.

Ancora più netta e tranciante è l’osservazione di un consigliere di maggioranza, Loggia, il quale dichiara: <<si fa polemica sulla spesa perché è stata poca … quasi quasi si criminalizza un’impresa che ha preso poco. Non si è criticato quando per la sagra del carciofo si spendevano 300 milioni di lire … si critica ora che se ne spendono 10>>.

Da tale brano del processo verbale giunge conferma che la fattura non sia stata esibita, tant’è che viene richiesta, e quindi non conosciamo l’importo, né sappiamo se la cifra 10 sia reale o un numero citato nell’argomentare ipotetico a mo’ di esempio . Ma una cosa è certa: quella spesa, quale ne sia l’entità, è a carico del Comune e riguarda atti di sua competenza.

Un altro consigliere, Meli, affronta ancora il tema dei costi (<<la ditta non avrà guadagnato in relazione alle dimensioni della piattaforma>>) e pone un altro problema: è stato fatto un collaudo o un accertamento tecnico per verificare se sotto vi fosse una falda idrica?

Insomma, non c’è un solo elemento documentale che sorregga l’affermazione di Rando (la questione pista non fu di competenza del Comune) e tutto invece attesta il suo contrario.

Ma l’esposto di Salvatore Spadaro è interessante anche per il suo contenuto di merito.

Nel documento del 23 ottobre 2013, che ha per oggetto “danno erariale e obbligo di denuncia”, il professionista afferma:  <<Apprendo dalla stampa che l’Arma dei Carabinieri sta indagando sulla morte di alcuni pazienti e su gravi invalidità permanenti per mancanza di pronto soccorso tramite elicottero. L’indagine prende le mosse da una serie di esposti del cittadino Giuseppe Maida che da quindici anni porta avanti battaglie di civiltà e di progresso. Per il servizio di elisoccorso il Comune ha realizzato un eliporto nell’ottobre ’96 mai entrato in funzione e inspiegabilmente demolito. Un eliporto fantasma. Fortunatamente possiedo delle foto di questo eliporto fantasma avente le seguenti caratteristiche: diametro 40 metri, raggio 20, spessore della piastra in cemento armato 80 centimetri>>. Quindi un’area di circa 628 metri quadrati e con una base in cemento armato alta quasi un metro (n.d.r.).

Segue, nell’esposto, il calcolo dettagliato dei costi, sulla base dei dati esatti e delle misure in possesso del professionista, con computo metrico estimativo, ai prezzi unitari vigenti all’epoca per i materiali e le opere di esecuzione necessarie, dallo splateamento (nella tecnica delle costruzioni, scavo effettuato per spianare un’area in cui fare luogo alla costruzione di platee di fondazioni o altre strutture simili, n.d.r.) allo scavo, al trasporto (lire 5.887.500 per metro cubo), fornitura e messa in opera di magrone, piastra, armatura metallica per un costo totale di L. 182.050.365 oltre a L. 50.000.000 per demolizione, trasporto a rifiuto e smaltimento detriti nella discarica autorizzata di Gela.

Spadaro, ingegnere esperto, stima i costi sulla base di documentazione fotografica del tempo, nonchè dei dati e delle misure reali, ovviamente immaginando un’opera eseguita nel rispetto delle norme, a regola d’arte e in sicurezza, mentre nel nostro caso il problema è anche il buio totale che investe – dalla decisione alla sua esecuzione e all’abbandono finale – il manufatto, totalmente abusivo, in totale violazione dei diritti di proprietà altrui costituente possibili reati, ad opera di un’impresa – in odor di mafia – scelta e incaricata non si sa da chi e come, né a quale costo per quanto possa essere stato esiguo, con tutta la sequenza di ulteriori dubbi inquietanti sul perché di tale ‘sconto’. Il tutto nella sfera di responsabilità del Comune e dell’amministrazione del tempo (sindaco Liardo, vicesindaca Rando).

Conclude l’esposto che <<per completare l’eliporto fantasma e renderlo agibile bastavano all’epoca una ventina di milioni>> di lire, a fronte dei 232 milioni che, a giudicare l’elisuperficie sulla base della documentazione fotografica e previo sopralluogo e quindi misurazione accurata, dovrebbero essere stati spesi. E invece, quale ne sia stato il costo reale, l’opera fu abbandonata, probabilmente appena rilevata la totale illegalità della sua esecuzione e i possibili reati in essa commessi, con danno e beffa per la città che, nel 2013, quindi diciassette anni dopo, vede morire pazienti per mancanza di un servizio di elisoccorso.

Infine Spadaro, nell’esecrare le gravi responsabilità per questa situazione, ricorda che, a fronte dei venti milioni di lire con cui si sarebbe potuto completare e rendere funzionante l’eliporto nel ’96, all’epoca sono stati spesi 400 milioni di lire per la squadra di calcio, 300 milioni per la sagra del carciofo, 940 milioni per i gettoni di presenza dei consiglieri comunali, oltre ad un miliardo e 400 milioni di lire corrisposte a titolo di arretrati agli stessi consiglieri per l’assurda retroattività data alla delibera di aumento, e ancora 70 milioni di lire per missioni a consiglieri e amministratori comunali.

Per il momento ci fermiamo qui ma il dossier-frana con i suoi mille scandali come già accennato e questa autentica ruberia del miliardo e quattrocento milioni di lire attribuiti retroattivamente ai consiglieri e agli amministratori comunali meritano un accurato ritorno.

Sul tema oggetto di questo articolo vale la pena concludere con le parole usate da Vincenza Rando per spiegare a modo suo il perchè di quelle lettere alla nostra redazione sul suo operato politico e di gestione del Comune a Niscemi: <<…so che non piaccio a persone che non hanno mai combattuto a viso aperto le illegalità, le mafie e le corruzioni…>>. La lettura, onesta e senza pregiudizi, di quelle lettere dimostra solo ricerca, amore e testimonianza autentica per la verità: valori e gesti che, se non declinati solo a parole e onorati con coerenza e nei fatti, sono i veri nemici di mafia e corruzione.

Quanto al rapporto tra Vincenza Rando e la verità, ci tocca aggiungere il caso qui documentato – frutto di sue dichiarazioni rese il 20 settembre scorso quando, da vice di Ciotti e numero due di Libera si accingeva ad agguantare un seggio al Senato – alle menzogne da lei pronunciate dinanzi al Tribunale di Ragusa (qui) il 24 novembre 2021, mentre è difensore di parte civile e vice presidente di Libera, sul conto dei rapporti di quest’ultima con la falsa icona antimafia Antonio Calogero Montante e sulle cariche da questi ricoperte in un preciso momento in cui venivano in rilievo gli affari in atto tra l’associazione di Ciotti e le attività del ‘padrino dell’antimafia’, come lo definisce nel titolo del suo libro Attilio Bolzoni che Vincenza Rando, con quella menzogna proclamata dinanzi ai giudici, ha tentato – o, certamente quanto meno, ha rischiato – di indurre in errore mentre il giornalista e scrittore onorava il suo ufficio testimoniale di servizio alla verità e alla giustizia.

 

Gli articoli sul processo alla libera informazione, intentato da Libera dinanzi al tribunale di Ragusa con il patrocinio di Vincenza Rando, sono stati pubblicati il 6 febbraio (leggibile qui), l’11 febbraio (leggibile qui), il 24 febbraio (leggibile qui) l’8 marzo 2022 (leggibile qui) il 26 marzo (leggibile qui) il 25 aprile (leggibile qui ), il 29 aprile (leggibile qui) e il 3 maggio (leggibile qui) e il 15 maggio (leggibile qui)