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Celebrare la legalità facendo scempio di legalità: il caso dell’elipista fantasma a Niscemi fatta costruire (da chi?), nottetempo e abusivamente ad un’azienda “in odore di mafia” per favorire l’arrivo del presidente della Camera Violante, e poi demolita in fretta. E dopo una denuncia ai Carabinieri un uomo in divisa si presentò ai proprietari per ‘consigliare’ di lasciar perdere. Rando, neo senatrice, allora vicesindaca, assicura: il Comune non c’entra nulla

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E’ possibile che per organizzare al meglio e agevolare l’arrivo di un’altissima carica dello Stato simbolo di legalità, in un luogo che reclama legalità, per partecipare ad un evento che esalta e celebra la legalità, siano compiute palesi illegalità? Illegalità reiterate, per mezzo di reati, evidenti, denunciati e però illegalmente occultati, taciuti, insabbiati?

Sì, è possibile. Ed è successo in un centro dell’entroterra siciliano, Niscemi, in provincia di Caltanissetta, la stessa dalla quale ha preso il via la ‘Volata di Calò’, la più gigantesca impostura antimafia che, dal 2006 e per oltre un decennio, ha assunto il volto di Antonio Calogero Montante, presentatosi – e da molti accreditato – come icona antimafia quando invece, stando a sentenze di un tribunale e di una corte d’appello, è stato a capo di un’associazione per delinquere e – secondo ulteriori ipotesi d’accusa – concorreva, fin dal 1990, a Cosa Nostra.

Qui però ci limitiamo a focalizzare l’accaduto, oggetto della domanda iniziale. Siamo nel 1996 e la vicenda, cui abbiamo sommariamente accennato in un articolo del 20 settembre scorso (leggibile qui) è la seguente.

Il 25 ottobre di quell’anno è atteso a Niscemi il presidente della Camera dei deputati, terza carica dello Stato, Luciano Violante per inaugurare una scuola.

Per facilitare il suo arrivo direttamente sul posto viene costruita un’elisuperficie, ben presto definita ‘fantasma’ perché immediatamente rimossa senza essere utilizzata. E infatti Violante atterra a Gela in un’area attrezzata dell’Agip e giunge in auto a Niscemi.

Il perché del ‘giallo’ è evidente. Anche a volere tralasciare il fatto che per realizzare l’opera, costata circa cinquanta milioni di lire, pare sia stata incaricata un’impresa ‘in odor di mafia’, ancora oggi è enigma impenetrable chi e con quale atto abbia dato tale incarico, quale ente sia responsabile del procedimento, se e chi abbia autorizzato l’impresa ad eseguire lavori comunque abusivi, su un’area privata abusivamente occupata nottetempo all’insaputa dei proprietari. Insomma, un esempio di non comune intraprendenza criminale, messa in atto per onorare al meglio un evento esempio di legalità e accogliere un’altissima carica dello Stato, da sempre alfiere di legalità, giunta appositamente per apporre il proprio sigillo su una battaglia di legalità e di riscatto sociale.

Ma chi può avere fatto tutto ciò?

La matrice pubblica dell’evento è fuori discussione.

Pubblica è – ed era – la scuola da inaugurare: la ‘Pirandello’ di Niscemi in contrada Valle Pozzo, della direzione didattica statale 3° Circolo, oggi plesso dell’Istituto comprensivo ‘Verga’.

Pubblica la paternità dell’evento e la sua organizzazione.

Pubblico fino a prova contraria, cioè proveniente da una pubblica amministrazione e a carico delle finanze pubbliche, l’affidamento dell’incarico di esecuzione dell’opera all’impresa, peraltro in odor di mafia.

Le scuole ‘elementari’ – o, come sono denominate oggi, dell’infanzia – ricadono nell’orbita dei comuni, in maniera molto estesa dopo i trasferimenti di competenza successivi alla riforma del titolo V della Costituzione. Ma anche allora, 26 anni fa, l’ente locale aveva la responsabilità di fornire gli edifici, dotarli dei servizi necessari (acqua, luce, gas, telefono) e garantirne la manutenzione.

Ben oltre questa notazione storica inconfutabile, c’è da dire anche che proprio l’evento del 25 ottobre ‘96 a Niscemi assunse una valenza di particolare significato proprio perché il Comune lo volle fortemente con una precisa scelta politica finalizzata ad esaltare l’importanza della nuova scuola come antidoto ai disagi sociali del tempo: la dispersione educativa e il vandalismo dentro gli edifici scolastici fonte d’ispirazione per una narrazione con i cui caratteri – dell’eroica occupazione notturna ad opera di cittadini e loro rappresentanti – sono state edificate carriere politiche e professionali.

Insomma fu il Comune a volere quell’evento, a modellarlo a sua immagine secondo la propria identità politica progressista e l’ostentato impegno sociale verso il recupero di legalità, ad offrirlo alla città come occasione di presa di coscienza e di riscatto, ad organizzarlo al meglio anche per onorare una figura di così alto rilievo istituzionale come l’allora presidente della Camera Luciano Violante peraltro fortemente identificato prima come magistrato e giurista, poi in tutta la sua carriera parlamentare, fin dal 1979, come presidio di legalità.

Il Comune allora, dal ’94, era retto dal sindaco progressista Salvatore Liardo (purtroppo deceduto) e dalla vice Vincenza Rando, dotata di ampie deleghe comprese pubblica istruzione, trasparenza e legalità, lavori pubblici e in grande evidenza nell’occupazione notturna delle scuole minacciate dai vandali.

Dei rapporti tra Rando, oggi neo senatrice, e Violante cessato dall’incarico parlamentare nel 2008 dopo 29 anni di ininterrotta presenza a Montecitorio, abbiamo detto nell’articolo sopra richiamato, anche in relazione all’organizzazione antimafia Libera di Luigi Ciotti di cui l’ex vice sindaca niscemese è stata a lungo vice presidente nazionale fino alle recenti dimissioni, funzionali alla candidatura a Palazzo Madama nelle elezioni del 25 settembre scorso.

Quel giallo di 26 anni fa permane ancora oggi in tutta la sua gravità.

Non solo permane, ma nel tempo ha assunto una valenza sempre più inquietante in ragione di alcuni sviluppi.

Intanto è incredibile che, allora e tuttora, non sia dato sapere quale ente abbia prodotto il misfatto descritto: lavori abusivi con tanto di violazione di una proprietà privata, senza alcuna autorizzazione documentabile, con spreco di danaro pubblico e goffo tentativo di occultamento dello scempio.

Alla luce di quanto descritto sarebbe naturale ritenere che sia stato il Comune ad operare. Ma Liardo è morto, Rando ha smentito (articolo leggibile qui) scaricando le colpe di quanto accaduto su altri che, se anche non esplicitamente, sembra indicare nei responsabili della sicurezza dell’allora presidente della Camera. E chi erano costoro che, presumibilmente a distanza e senza la collaborazione degli ignari vertici comunali, poterono realizzare il blitz-lampo a Niscemi?

Il giallo permane tutto anche dopo le parole della neo senatrice delle quali non siamo certo noi a dubitare in quanto, con le parole di Marco Antonio dinanzi alla bara di Cesare, potremmo dire che la parlamentare Pd Vincenza Rando, storicamente nota come vice Ciotti ai vertici di Libera, è … donna d’onore.

Non siamo noi a dubitarne, ma, di certo, siamo, noi qui, a dire ciò che sappiamo e a porre qualche domanda.

E allora chi è stato, addirittura all’insaputa del Comune ma sul corpo vivo del Comune (una sua scuola), a fare scempio di legalità, come, del corpo di Cesare, i congiurati di Marco Giunio Bruto che era anche senatore della tarda repubblica romana?

Chi decise quella costruzione lampo con occupazione senza titolo di suolo privato? Chi – e come – scelse l’impresa incaricata di realizzarla? Chi pagò quei cinquanta milioni?

Mistero fitto.

Ma c’è di più. Come i nostri lettori sanno, diverso tempo dopo, il 2 ottobre 2013, quando Niscemi reclamava un’elisuperficie funzionante anche di notte per le esigenze di soccorso sanitario, Giuseppe Maida, storico promotore di tante azioni civili e sociali in favore del bene pubblico, si presentò ai carabinieri per denunciare, nero su bianco, quei fatti del ’96, il ‘giallo dell’elipista fantasma’, lo spreco di danaro dei contribuenti e tutte le responsabilità legate a quell’abuso, chiedendo che venisse accertato quale ente autorizzò l’opera, per quale fine e se essa fu eseguita nel rispetto delle leggi. Chiese anche di essere informato dell’esito delle indagini ma non ebbe mai più alcuna comunicazione.

Eppure, dopo quella denuncia qualcosa succede.

A casa dei proprietari dell’area violata si presenta un uomo in divisa. Scopo della missione recapitare un messaggio chiaro e risolutivo: dimenticate quella vicenda, meglio lasciare stare perché – questo il senso tra detto e non detto – vi sono coinvolte persone potenti.

A presentare la denuncia era stato Maida (mosso unicamente, in coerenza con le sue tante battaglie civili e sociali, dall’intento di tutelare la comunità) e non i titolari della privata proprietà oggetto dell’incredibile aggressione. Ma è ai proprietari che l’uomo in divisa recapita quel messaggio.

Sarebbe interessante sapere quale fu l’attività svolta dai carabinieri in seguito a quella denuncia, se vi fu e di quale tenore un rapporto alla procura della Repubblica presso il tribunale, se ne derivarono deleghe d’indagine alla polizia giudiziaria e se queste furono svolte, da quale aliquota e con quale esito.

Sarebbe poi oltremodo necessario sapere a quale titolo e su mandato di chi quell’uomo in divisa (operatore di polizia giudiziaria delegato alle indagini o agente ‘solitario’ in missione non convenzionale?) andò ad ‘avvertire’ i proprietari, di fatto intimando loro, proprio con l’autorità della sua divisa, che dovevano rassegnarsi a subìre passivamente quel sopruso senza neanche avere diritto ad una spiegazione e, soprattutto, alla verità sull’accaduto.

Si chiama legalità tutto ciò?

E’ legalità quella usata per inaugurare una scuola comunale simbolo di legalità ritrovata, onorare un campione di legalità come il presidente della Camera, sostenere la battaglia politica dell’amministrazione comunale del compianto sindaco Liardo e della sua vice Rando la quale, da allora e per sempre, sullo storytelling delle notti passate a dormire nelle scuole insidiate dai vandali ha costruito la polizza della sua difesa per la vita, sempre e comunque, anche quando immersa negli intrecci affaristici e negli intrighi più imbarazzanti del ‘Sistema Emilia’ descritti negli articoli ben noti ai nostri lettori (possibile rileggerli qui e qui)?

Lo è?

Mentre poniamo la domanda a chi di dovere e a chiunque, ci attendiamo che almeno salti fuori la verità.

Possibile che nessuno, dentro il Comune, neanche oggi, ‘quattro sindaci dopo’, possa fare chiarezza, affermare la verità, riparare ai torti inflitti a privati cittadini degradati a sudditi da depredare con la forza di un’autorità oscura, e restituire dignità alla città di Niscemi trattandola, almeno oggi, come una comunità libera e di liberi cittadini, anche per dare un senso al pomposo nome di una lista di tendenza (Libera Niscemi) in quella stagione politica?

Noi confidiamo che questo no, non sia possibile.