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Il nome di Ciotti nei diari segreti di Montante. L’ombra di favori richiesti sui lunghi silenzi del presidente di Libera

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Pio Luigi Ciotti è il presidente di “Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie”.

Antonio Calogero Montante è imputato in due distinti processi per associazione per delinquere finalizzata a vari reati. E’ indagato inoltre in un terzo procedimento per concorso in associazione mafiosa. Nel primo dei due processi per associazione per delinquere semplice è stato condannato a 14 anni di reclusione in primo grado, con rito abbreviato che comporta la riduzione della pena nella misura di un terzo, per associazione per delinquere, corruzione, rivelazione di segreto d’ufficio, accesso abusivo al sistema informatico del ministero dell’Interno; nel frattempo volge al termine il giudizio d’appello nel quale la procura generale ha ribadito la richiesta di condanna, con riduzione della pena a 11 anni e 4 mesi. Nel secondo è in corso l’udienza preliminare dopo la richiesta di rinvio a giudizio della Procura per i reati di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione e ad altri delitti. Il terzo, nel quale Montante è accusato di avere concorso fin dal 1990 all’associazione mafiosa Cosa Nostra, è ancora nella fase delle indagini preliminari.

In attesa e nella speranza che Pio Luigi Ciotti, su Antonio Calogero Montante e sui rapporti con lui e sul giudizio nei suoi confronti, con un taglio netto rispetto al passato possa mettersi alle spalle reticenze, silenzi, imbarazzi, titubanze, balbetii, mancate scelte di campo – per non dire delle parole allarmanti e inquietanti pronunciate, come abbiamo visto, il 16 marzo 2016 – cerchiamo nei fatti le risposte intanto possibili alle numerose domande che lungo gli articoli precedenti abbiamo incontrato. E’ questo un bisogno avvertito, come le tante reazioni al processo per diffamazione intentato da Ciotti contro la libera stampa e in corso dinanzi al Tribunale di Ragusa hanno segnalato, da tantissime persone, sia quelle che si dichiarano osservatori neutri della realtà e sono interessate unicamente a capire, sia quelle schierate pienamente, idealmente e spesso anche con impegno militante, dalla parte delle ragioni per le quali Libera è nata e per le quali così bene ha operato nel primo decennio: persone, soprattutto le seconde, che da diversi anni, in tanta ambiguità e incertezza ritengono quelle ragioni tradite.

Vediamo se e quando il nome di Ciotti compaia nell’ormai famoso file excel scoperto nell’archivio segreto di Montante il quale, come è noto, all’atto dell’arresto il 13 maggio 2018 a Milano, con vari pretesti cercò di tenere il più a lungo possibile i poliziotti fuori dalla porta, nel frattempo tentò di distruggere alcune pen drive e le lanciò poi dalla finestra. Gli investigatori hanno poi cercato di salvare il possibile, recuperare il materiale danneggiato e ripristinarne la memoria.

Montante con cura maniacale annotava ogni cosa: soprattutto i nomi di coloro che frequentava, che incontrava, con cui aveva rapporti, soprattutto i favori chiesti e da lui concessi, con le date, i luoghi e l’oggetto di ogni relazione e corrispondenza, telefonica o per e-mail. Lo faceva per disporre all’occorrenza di ogni elemento utile a far valere il suo potere nei confronti dei beneficiati. Un imponente materiale informativo allestito da Montante per sé, non certo per fornire prove a chi un giorno avrebbe mai potuto accusarlo, convinto com’era di godere di totale impunità.

Per la cronaca, quando – nel processo di Caltanissetta giunto all’imminente sentenza d’appello – fatti e circostanze annotati in tale file excel sono stati sottoposti a verifica, i riscontri forniti dall’istruttoria dibattimentale li hanno sempre confermati. Ma vari elementi, non concretandosi in specifiche ipotesi di reato, rimangono confinati sullo sfondo conoscitivo del processo, privi di rilevanza.

Nell’archivio trovato e sequestrato dalla polizia nella famosa stanza segreta nascosta da un armadio ed acquisito al ‘processo Montante+22’, il nome di Ciotti ricorre una prima volta il 26 aprile 2014 con queste parole: <<ore 12-13 visita in Msa Asti Don Ciotti e prefetto Faloni, Linda ed Antonella (sig. Gatto scorta di Don Ciotti per la figlia Giuliana (Senn). Segue: ore 13.00-14.00 pranzo con Don Ciotti e prefetto Faloni in Msa>>.

Da quando l’archivio segreto viene sequestrato, nel 2016 – e successivamente diventa pubblico perché acquisito agli atti del processo con il rapporto informativo della squadra mobile della Questura di Caltanissetta che compie uno scrupoloso lavoro di verifica, ricostruzione, interpretazione, chiarificazione – Ciotti non dice mai nulla, su questa come su ogni circostanza che lo riguardi, mentre, come abbiamo visto in dettaglio negli articoli precedenti, è sostanzialmente muto sull’intero affaire criminale di Montante comprese le accuse contenute nell’indagine per associazione mafiosa e, quando non lo è, come nel caso dell’intervista rilasciata il 16 marzo 2016, rompe il silenzio solo per atteggiarsi ad amico di ‘Antonello’ e a mostrarsi più che altro preoccupato per le sue sorti di indagato per mafia.

Ci rimangono quindi solo il dato documentale e le indicazioni degli inquirenti che, avendo studiato ogni pagina dell’imponente carteggio, anche attraverso tutti i riscontri operati ne hanno tratto conoscenza ed esperienza interpretativa. In proposito scrive Attilio Bolzoni in ‘Il Padrino dell’Antimafia’, a pag. 201, nel capitolo – dedicato in buona parte a Libera – ‘Una docile Antimafia’: <<Cos’è quel ‘Senn’ riferito a Don Ciotti? Nelle carte di Montante è l’inoltro di una sorta di raccomandazione che sarebbe stata avanzata dal prete risalente al 26 aprile del 2014>>.

Abbiamo quindi solo le carte di Montante (quelle che egli teneva per sé e che ha fatto di tutto perché non venissero trovate) e – anche e proprio sulla circostanza che qui stiamo analizzando – il silenzio di Ciotti.

Per illuminare gli altri elementi documentali di quella circostanza, Pierluigi Faloni è il prefetto di Asti in carica in quel momento, Linda è l’assessore Attività produttive della Regione Siciliana, anche lei in carica in quel momento: Linda Calogera Vancheri, nata a San Cataldo come Montante, piazzata in questo assessorato – strategico per le trame e gli interessi del ‘sistema’ – del governo Crocetta a novembre 2012 e rimasta in carica fino a luglio 2015 quando cede il posto a Mariella lo Bello, altra figura chiave della rete intessuta dalla falsa icona antimafia, come attestano gli atti del processo che con Montante vede imputati, tra gli altri, Crocetta e le due fedelissime. Ben prima della nomina ad assessore nel 2012, Vancheri lavora con Montante in Confindustria Caltanissetta fin dal 2005; è vicinissima ai suoi dossier e di fatto sua dipendente.

Quel giorno, il 26 aprile 2014, stando al diario personale riservato di Montante, Linda è al fianco del suo mentore con Ciotti, il prefetto Faloni e gli altri in Msa, una delle aziende di Montante già care, tra i tantissimi altri, ad un prefetto come Filippo Dispenza, commissario del Comune di Vittoria dal primo agosto 2018 al 27 ottobre ’21 (clicca qui). Cara in quel caso è soprattutto Ksm security, impresa vicina a Montante che nel 2011 assume il figlio nell’ambito di una fitta frequentazione tra i due come documentano i 26 incontri tra Montante e Dispenza, fra il 2009 e il 2014 (clicca qui).
Dispenza, a dire il vero, non è il solo prefetto in rapporti di questo tipo con Montante. Sono tantissimi quelli che gli chiedono e ottengono favori. Montante può e, se gli interessa, è pronto a mettere in campo i suoi uffici per elargire nomine, promozioni, avanzamenti, assegnazioni, trasferimenti, incarichi, privilegi. Può tutto perché, come sancito nella sentenza del Tribunale di Caltanissetta, ha a sua disposizione un ministro: non uno qualsiasi, ma il ministro più longevo della storia della Repubblica italiana, Angelino Alfano <<il ministro che mai a Montante avrebbe potuto dire di no>> (cfr sentenza Tribunale di Caltanissetta), a lungo a capo del Viminale: la stanza dei bottoni in cui nascono, crescono, fanno carriera (o vengono puniti ed emarginati se così vuole chi decide) i prefetti. Tra le tante vicende che chiamano in causa figure istituzionali di questo ruolo, basterebbe leggere le carte giudiziarie del processo ‘Girgenti Acque’ che proprio ieri ha visto la richiesta di rinvio a giudizio per 47 imputati (su 58 indagati) tra i quali proprio l’ex prefetto di Agrigento Nicola Diomede insieme a figure anche di grande rilievo delle istituzioni, della politica, della pubblica amministrazione, delle professioni e delle imprese.

Ecco perché, tornando a Ciotti e al processo di Ragusa, mi ha fatto tenerezza, poiché a mio avviso tra l’altro anche in buona fede, la sua dichiarazione in udienza <<io sono andato con il prefetto ad incontrare questo signore>>, come se la semplice presenza di un prefetto – uno qualsiasi e non uno di cui siano vagliate e riconosciute anche le qualità etiche e morali – possa bastare da sola a servire una ‘patente’ di piena liceità, in un sistema inquinato e così affollato proprio di prefetti. Peraltro non conosco Faloni, oggi prefetto di Modena (la città in cui vive ed opera Vincenza Rando, vice presidente di Libera, nonché responsabile Affari legali dell’associazione: casualità che ha portato Faloni dalla regione d’elezione di Ciotti alla città d’elezione dell’avvocata nissena numero due di Libera) e non so che prefetto sia stato e sia, a parte la circostanza di avere scelto in quell’occasione di rendere visita ad un imprenditore privato nella sua azienda, Montante appunto, nei confronti del quale – evidenziamo per dovere di cronaca – pubblicamente non si conoscevano ancora le accuse per mafia.

Ma ciò che qui rileva è che Ciotti non fa il nome di un prefetto del quale risultino – a lui o alla pubblica opinione tutta – qualità esemplari, ma si limita ad indicare genericamente il prefetto in carica ad Asti in quel periodo: ecco perché, proprio in riferimento ai prefetti che frequentavano Montante nei suoi domicili privati (e non so se Faloni lo abbia incontrato solo in quell’occasione o anche in altre) il dato, nella migliore delle ipotesi, è irrilevante.

Per altro verso, a proposito della frase pronunciata dal presidente di Libera dinanzi al Tribunale, vanno evidenziate le parole ‘questo signore’ con cui appella quello che cinque anni prima in pubblico chiamava confidenzialmente ‘Antonello’ e gli augurava di dimostrare la verità.

Se Ciotti abbia chiesto o meno a Montante un favore, magari un posto di lavoro per la figlia dell’addetto alla propria scorta personale nessuno lo ha accertato, né lo farà mai perché non sarebbe comunque reato, né da parte di Ciotti, né di Montante.

Rimane il fatto che Ciotti non ha mai sentito il bisogno di confermare o smentire pubblicamente la circostanza, dopo la divulgazione di quel dossier investigativo che contro alcuni ha supportato vere e proprie notitiae criminis, per tanti altri ha avuto l’effetto di sfregiarne la credibilità (è il caso di tanti prefetti, dirigenti di organi di polizia, funzionari pubblici, giornalisti), di comprometterla o, come nel caso di Ciotti e di Libera, di gettare un’ombra che avrebbe richiesto un atto immediato, netto e perentorio, di verità e di chiarimento. E non perché, se avanzata, la richiesta di segnalazione per la figlia del proprio collaboratore fosse reato. Bensì perché, se avanzata (in questo caso con estrema inopportunità e imprudenza), avrebbe scaraventato Pio Luigi Ciotti, e soprattutto l’intera realtà di Libera da lui rappresentata, nella rete dei favori resi da quell’impostore potente e influente che con essi costruiva la sua tela, quella tela svelata dal processo sul ‘sistema Montante’ e fortemente intessuta, secondo quanto finora accertato e vagliato processualmente, di anelli e trame criminali.

Qualcuno potrebbe cogliere nel gesto di Ciotti il tratto moralmente nobile del moto di generosità nei confronti del beneficiato, l’addetto alla propria scorta personale. Questo sentimento merita rispetto ma qui non è in dubbio il ‘movente’ di quel gesto, se compiuto. Bensì la sua totale inopportunità e grave imprudenza, con tutto il suo carico di ripercussione negativa, non sulla coscienza individuale di Ciotti ma sul patrimonio etico e sociale di Libera, prostrata, almeno nella percezione di Montante, a livello di merce di scambio.

Per Montante Ciotti non è un uomo comune, né un sacerdote semplice. E’ il capo carismatico di Libera come egli annota nei suoi diari in altra occasione (per esempio la donazione delle sue biciclette) e per lui quello a Ciotti è un favore come i tanti altri resi a svariati personaggi potenti o nel loro campo influenti, tutti – tanto più doviziosamente, quanto più influenti –  rigorosamente annotati per farlo presente all’occorrenza ai beneficiari e, se del caso, pretenderne la contropartita, quale che essa fosse.

Come abbiamo rilevato, può esservi chi trovi umanamente apprezzabile il fatto che Ciotti, sempre che l’abbia fatto effettivamente, cercasse di sistemare attraverso i servizi di Montante la figlia del carabiniere o poliziotto addetto alla sua sicurezza, anche se, su questo terreno della riflessione, rimarrebbe da chiedersi che relazione vi possa essere tra l’attività svolta da quel pubblico ufficiale  o incaricato di pubblico servizio – stipendiato in quanto tale dai cittadini-contribuenti – e il vantaggio a lui concesso per l’opportunità fatta attribuire alla figlia, a prescindere da ogni merito intrinseco. Proviamo allora a confrontare quell’uomo in divisa con tanti altri colleghi omologhi i quali, per coscienza etica e tutela dell’integrità della pubblica funzione esercitata, rinuncino radicalmente anche solo a considerare l’ipotesi di chiedere un favore a qualche potente per appagare i propri pur legittimi bisogni.

A parte il fatto che non v’è persona onesta, anche intellettualmente onesta, che non abbia un moto di inclinazione e apprezzamento per i secondi e non per il primo, c’è poi il dato abnorme e scioccante che a distorcere la limpida realtà dei doveri e delle responsabilità, delicate e sensibili in quanto connesse a pubbliche funzioni, non è o non sarebbe stato (se il diario di Montante racconta il vero) un cialtrone qualsiasi in cerca di scorciatoie come il vasto archivio Montante documenta, ma una figura di altissima considerazione morale e di eccellente reputazione sociale come Ciotti, non solo in quanto se stesso, ma, anche e soprattutto, nell’esercizio del potere di disposizione dell’ingente patrimonio immateriale di Libera. Ridotta perciò, almeno potenzialmente (se no perché l’annotazione nel diario da parte di Montante?) a volgare merce di scambio.

E se anche, qualora le situazioni avessero mai indotto Montante a riscuotere quel ‘credito’, Ciotti fosse riuscito a negare con sdegno e reazione di pubblica denuncia l’eventuale prestazione o condotta che Montante pretendesse o semplicemente sperasse, rimarrebbe il fatto, irreversibilmente lesivo della natura e dell’identità di Libera, costituito dalla sola richiesta di quel favore, nel senso che si coglie pienamente attraverso la casistica documentativa dei diari di Montante, e ciò a prescindere dai fatti realmente avvenuti.

Solo una cosa avrebbe potuto sventare questo danno grave a Libera. L’immediato intervento pubblico di Ciotti, appena si seppe del contenuto dei diari, per negare nel modo assoluto il favore, ottenuto o semplicemente richiesto. Ciotti non lo ha fatto, avendo scelto di non dire una sola parola, né su questa circostanza – grave e inquietante per gli effetti sulla credibilità di Libera – né su altre, né, come abbiamo visto, su Montante e sul suo sistema, ad eccezione di quelle parole – la sola cosa peggiore del silenzio – di affettuosa vicinanza personale pronunciate nel 2016 per l’amico ‘Antonello’.

Questi e solo questi sono, sul punto, i dati di cui disponiamo per capire meglio l’intera vicenda. Se Ciotti chiese quel favore compì un atto gravemente lesivo dell’immagine, dell’integrità e dell’indipendenza di Libera nel suo dovere-potere di essere sempre all’altezza della sua missione, cioè totalmente al di sopra e fuori dalla portata di tiro di chiunque potesse condizionarla o piegarla ad interessi estranei.

Ciotti ha comunque arrecato, a Libera e all’intera società degli onesti schierata con la sua missione e non con la mafia o con chi traffica con quest’ultima, un danno grave per mezzo del suo silenzio, dopo la divulgazione pubblica di quella circostanza.

E tale danno, in questi termini, sussiste e permane anche se Ciotti quel favore non l’abbia mai chiesto: e in questo caso bisognerebbe capire perché Montante se lo sia inventato, perché lo abbia scritto nel suo diario con le modalità che sappiamo e perché abbia abbinato l’annotazione, con tanto di sigla ‘Senn’, ad una visita di Ciotti nella fabbrica di Montante effettivamente avvenuta e al successivo pranzo sempre nei locali dell’azienda.

Dopo anni di silenzio, nel processo in corso a Ragusa Ciotti ha rievocato la circostanza, confermando la visita e il pranzo nell’azienda di Montante, sia pure in modo generico e per dire di avere <<incontrato questo signore insieme al prefetto>>. Era l’esame dibattimentale della parte civile nell’udienza del 14 luglio 2021 e Montante era diventato ‘questo signore’ nelle parole di Ciotti che nel 2016 lo trattava da amico appellandolo in pubblico affabilmente ‘Antonello’. A fronte di questo brusco cambiamento tra il 2016 e il 2021, non sappiamo quali fossero i rapporti tra i due, né come Ciotti si rivolgesse a Montante, nel 2014, al tempo di quell’incontro.

In una successiva udienza, la difesa di Ciotti, esercitata in giudizio da Vincenza Rando, ha chiesto di depositare una dichiarazione scritta rilasciata dall’addetto alla sua protezione, Gatto, nella quale questi, presumibilmente, nega o chiarisce la circostanza della richiesta di ‘raccomandazione’ di Ciotti a Montante per la figlia.

Ma non servono, ora come allora, le parole – probabilmente scritte a richiesta, su carta libera – del padre di famiglia sig. Gatto, legato inevitabilmente, per le mansioni svolte, da rapporto fiduciario al capo di Libera che l’operatore di pubblica sicurezza senza volerlo può avere trascinato – almeno questa potrebbe essere la propria percezione soggettiva – nell’imbarazzo che sappiamo.

Sarebbero servite subito, o il più presto possibile, le parole di Ciotti: chiare e convincenti, sì da superare l’eventuale contrasto con l’annotazione di Montante.

Tanto, doverosamente, per la verità dei fatti sulla prima delle annotazioni del nome di Ciotti nel diario segreto di Montante, fino agli sviluppi recenti che si devono al processo di Ragusa.

Processo cui devo richiamarmi anche per la seconda delle annotazioni contenenti il nome del presidente di Libera nel file excel di Montante.

3- continua