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Nelle carte processuali la verità, elusa e falsata dai giudici ecclesiastici, viene neutralizzata e resa irraggiungibile da quelli laici, o civili, della Repubblica dopo che la Procura l’ha attentamente ricostruita e documentata. La tagliola, inspiegabile, del Gup di Roma impedisce la prosecuzione del giudizio, non perchè le accuse siano infondate (anzi, tutt’altro) ma perchè la suora ha presentato in ritardo la querela. Ma come può una vittima denunciare ciò che non sa di avere subìto? Secondo i Pm il termine di sei mesi risultava rispettato: dal momento della scoperta del turpe reato. E’ un nuovo psichiatra a svelare alla paziente l’orrore degli abusi patiti. Tutti gli elementi di confronto tra il racconto della religiosa, le conferme acquisite dagli inquirenti e la difesa di Salonia, indagato e poi imputato – di violenza sessuale aggravata – fino al 28 febbraio 2020, data in cui viene deciso che il “processo non s’ha da fare”

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Nella parte finale della puntata precedente abbiamo focalizzato uno degli elementi centrali del processo per violenza sessuale aggravata a carico di Giovanni Salonia, il frate cappuccino psicoterapeuta, sacerdote e ‘quasi vescovo’ che lettrici e lettori di quest’inchiesta ben conoscono. Iscritto dalla procura di Roma nel registro degli indagati a marzo 2018, processualmente imputato il 7 luglio 2019 con la richiesta di rinvio a giudizio e alla fine non giudicato: non per motivi attinenti alla fondatezza degli elementi di prova ma, unicamente, per improcedibilità. Tardiva la querela della vittima secondo il tribunale di Roma: valutazione diversa rispetto a quella dei pubblici ministeri che incardinano il procedimento e per quasi due anni lo portano avanti svolgendo tutte le indagini del caso e pervenendo alle relative conclusioni.

Sul perché di questo improvviso stop al processo torneremo più avanti. Poiché questa è la vicenda centrale dell’intero intreccio ricostruito partendo dall’assurda sentenza emessa dalla ‘giustizia vaticana’ in ambito canonico-penale,  la denuncia-testimonianza della suora finora riportata senza commento nei suoi elementi essenziali richiede alcune brevi considerazioni. Chi segue la nostra inchiesta sa che l’assurda sentenza richiamata è quella contro Nello Dell’Agli, teologo, sacerdote e psicoterapeuta, fondatore della fraternità di Nazareth di Ragusa,  dimesso il 19 giugno scorso dallo stato clericale: pena massima prevista dal codice di diritto canonico per i delitti più gravi.

Ho scelto di riportare la testimonianza della suora asetticamente, e offrirla come tale a chi legge prima delle considerazioni che seguono, per ragioni di merito e di metodo.

Essa è infatti il cuore dell’intera spy story e va focalizzata nei suoi elementi intrinseci affinché ciascuno, in piena libertà secondo la propria sensibilità e intelligenza, possa trarre le sue conclusioni in luogo di quelle giudiziarie impedite dalla pesante decisione del giudice che il 28 febbraio 2020 sbarra la strada al processo e alla verità finale che in esso si sarebbe formata.

Per aiutare la libera determinazione di tale convincimento potremo così confrontare la verità della vittima con quella dell’accusato interrogato dai pubblici ministeri il 18 ottobre 2018.  Abbiamo visto come le indagini, avviate a marzo dello stesso anno, producano una fitta attività di ricerca, di verifica e di serrato confronto fino all’esperimento di incidenti probatori a marzo 2019. E’ sulla base di tali risultanze che i magistrati inquirenti giungono alle loro conclusioni: gli elementi probatori raccolti sono solidi e più che sufficienti perchè si renda necessario un processo.

La decisione spetta ovviamente al giudice delle indagini preliminari nella funzione di giudice dell’udienza preliminare il quale, però, anziché accogliere o rigettare la richiesta in ragione della fondatezza o meno delle accuse, sceglie una via completamente diversa che uccide il processo non nel merito ma nella sua esistenza funzionale: semplicemente ‘non s’ha da fare’. Vedremo poi le motivazioni di tale scelta alla luce della legislazione vigente e della nuova coscienza, scientifica e sociale, del termine, in Italia brevissimo, concesso alle vittime di violenza sessuale per potere denunciare.

La suora vittima, in terapia, di violenze sessuali: una testimonianza precisa

che Salonia conferma in ogni punto tranne che nell’ammissione dello stupro

Nel merito della denuncia-testimonianza della suora riportata nell’articolo precedente occorre rilevare che essa, alla luce dell’intera gamma dei fatti che abbiamo potuto conoscere e documentare, è interamente attraversata da un’intima coerenza, soggettiva e oggettiva, con ogni tassello dell’intero puzzle.

Suor Teresa (l’abbiamo chiamata così), vittima a soli tre anni d’età, per mano del padre, di gravissimi abusi sessuali dal violento impatto traumatico nella sua sfera emotiva, da adolescente e poi da adulta si immerge nello studio (consegue una laurea importante) e nella vita religiosa. Le ferite profonde di quell’infanzia così brutalmente violata in certi momenti si riaprono nella sua anima e lei, totalmente presa dai voti perpetui della ‘vita consacrata’, cerca di curarle.

Lo psicologo e terapeuta a cui si rivolge è Nello Dell’Agli il quale, per valutazioni professionali e forse anche di comodità relativamente alle località in cui la suora vive ed opera, le consiglia il collega Giovanni Salonia. E così a fine 2008 comincia l’attività di cura del frate-psicoterapeuta nei confronti della suora-paziente. Per la cronaca è l’anno in cui viene riconosciuta la fraternità di Nazareth promossa da Dell’Agli ed è un periodo in cui il rapporto tra i due professionisti, sulla base delle esperienze dirette e delle relazioni intrattenute, scorre normale e sereno.

Abbiamo visto come suor Teresa racconti (nella parte finale – in corsivo –  dell’articolo precedente, qui) con dettaglio di date, luoghi e circostanze, la conoscenza che le capiti di fare di Salonia: nel ’98 fugace occasione di presentazione in un convegno, dal 2005 al 2007 frequentazione periodica durante un corso triennale di formazione, poi il primo colloquio da paziente su consiglio di Dell’Agli. Ecco le sue parole in proposito: <<durante la partecipazione al corso triennale, per mie vicissitudini personali, ho parlato con padre Nello Dell’Agli, il quale mi ha consigliato di parlare con padre Giovanni e in quella occasione ho fatto un colloquio. Siamo nel luglio del 2007>>.

Quindi a fine 2008 l’inizio della cura e, dal 2009 al 2013, le violenze sessuali patite con l’inganno perchè esse, nel racconto della vittima, le  vengono presentate dal sacerdote come metodi di terapia finalizzati a farle superare il brutale, analogo, trauma subìto da bambina: <<non avevo ancora coscienza degli abusi sessuali che avevo subito all’età di circa 3 anni e mezzo da parte di mio padre quando mi sono rivolta a padre Giovanni tra la fine del 2008 e l’inizio del 2009. All’epoca io mi trovavo a … mentre padre Giovanni si trovava a Siracusa>>.

Dopo quattro anni di tali violenze Salonia, lo deduciamo dal racconto della vittima che nei dati oggettivi egli stesso conferma, decide di porre fine a quell’enormità la quale, nella coscienza dei due protagonisti, equivale a due realtà totalmente diverse. Per suor Teresa, pur nella sorpresa, nell’incredulità, nei dubbi, e nel senso di repulsione provocato dalle ‘terapie’ somministrate dal frate, si tratta pur sempre di metodi di cura la cui accettazione ha la propria ratio, soggettivamente, nella fiducia illimitata riposta nel sacerdote e, oggettivamente, nella specificità del proprio trauma e delle violenze subite da bambina le quali turbano la sua psiche irrisolta di adulta.

Una denuncia-testimonianza lineare, logica, riscontrata, credibile.

Che spiega perchè il frate all’improvviso ponga fine alle sue ‘terapie’

Salonia, dopo quattro anni, vuole porvi fine probabilmente per mettere un punto a quell’orrore che per lui, stando ai fatti ricostruiti dalla religiosa, è solo un rischio dal quale prendere le distanze per poterne meglio controllare, e magari neutralizzarne, la futura emergenza di possibili pericoli.

In proposito è utile soffermarci sulla dettagliata sequenza di forza crescente delle situazioni descritte da suor Teresa. Gli abusi e le violenze sessuali avvengono ripetutamente ad ogni seduta nel corso di quattro anni. Ma solo nell’ultima di queste sedute Salonia si spinge a chiedere e ad ottenere – con l’inganno, con la forza induttiva della sua autorità e il peso della sua credibilità – una fellatio.

In proposito ecco un brano che bisogna tenere presente. <<Nel 2012 padre Giovanni – riferisce la religiosa – mi ha proposto durante i nostri incontri di fare delle sessioni pratiche perché io diventassi parte attiva e superassi il disgusto che provavo verso il corpo maschile. Una prima volta mi fece toccare il suo pene, dopo che si era abbassato i pantaloni e gli slip. Era un’attività finalizzata all’esplorazione secondo quanto lui mi diceva, tranquillizzandomi perché io ero molto imbarazzata e tesa. La seconda volta lui mi ha detto di baciarlo sul pene dicendomi che era ciò che io volevo ed io l’ho baciato provando un disgusto indescrivibile. Preciso che questi inviti erano fatti in maniera molto suadente e convincente nonché con modalità rassicuranti spiegandomi che era la terapia. La terza volta mi ha detto di prenderlo in bocca e per convincermi diceva che era ciò che io volevo e di non lasciarmi fermare dalla paura di farlo. Ricordo che quella volta l’ho messo in bocca provando un disgusto incredibile e rimanendo ferma. Ricordo perfettamente di avere avvertito lo stesso odore percepito con mio padre e che solo di recente ho ricollegato agli abusi subìti>>.

Dal racconto della paziente apprendiamo quale sia il suo atteggiamento in quel momento drammatico e sconvolgente: subìre quel rapporto, sopportarlo rimanendo ferma, bloccata da un forte senso di repulsione, oltre che da una istintiva resistenza morale di coscienza, superata però dalla fiducia immensa nel sacerdote-psicoterapeuta. Questo suo stato torpido – di totale rigetto dell’atto, sia pure nella sua accettazione passiva frutto d’inganno – rappresenta un punto di svolta nella strategia del frate. Egli nelle sue aspettative avrebbe potuto trovarsi dinanzi una partner attiva, partecipe, consenziente e corrispondente la quale quindi avrebbe cambiato il corso del rapporto. Si ritrova invece sotto gli occhi una vittima ancora ignara delle violenze che sta subendo e che per lei sono solo un trattamento clinico orribile e ripugnante, accettato come – in una situazione simile a tante altre frequenti – una medicina prescritta dal medico nel quale si riponga piena fiducia, disgustosa ma utile alla guarigione da una malattia. E’ in questo momento che l’aspettativa, e la pretesa, del cappuccino si arrestano. Ha provato ed è andata com’è andata. Egli comprende bene che sarà inutile, ed anche poco appagante, insistere in futuro. Ma soprattutto si rende conto che bisogna fermare, ‘mettere a posto’ e tenere sotto controllo un passato pericoloso che all’esito di quella seduta in fretta chiude.

Perciò comunica alla paziente che ormai è guarita e che non ha più bisogno delle sue cure; le consiglia un diverso psicoterapeuta, una donna che non segue il metodo Gestalt ma brava ed adeguata alle sue esigenze; la rassicura dicendole che lui all’occorrenza rimane disponibile; inoltre mantiene vivo il contatto con la suora e ne caldeggia la prosecuzione;  infine la esorta a tenerlo informato sulla nuova terapia.

Ecco in proposito un brano della ricostruzione della vittima: <<ricordo che gli incontri con padre Giovanni sono cessati nel 2013, perché alla fine dell’anno io continuavo a manifestare il mio malessere mentre lui mi diceva che io ormai avevo superato i problemi e non avevo più bisogno di incontri. Lui mi diceva altresì che io gli facevo presente il mio malessere per non essere da lui abbandonata e quindi mi ha indirizzata verso altro psicoterapeuta, dott.ssa … In seguito io di nuovo ho incontrato padre Giovanni ma non ci sono stati più contatti di natura fisica, solo colloqui superficiali. Ricordo che il nuovo psicoterapeuta dott.ssa … mi diceva che i contatti con padre Giovanni erano ancora attivi probabilmente perché voleva controllare in qualche modo cosa io dicessi>>.

Importante, anzi decisivo e illuminante, questo passo del racconto di suor Teresa: <<Io ho preso coscienza di quello che mi aveva fatto padre Giovanni in data 11 settembre 2017 perché ero stata malissimo, la depressione era peggiorata ed ero andata da uno psichiatra per avere una terapia adeguata alla mia patologia, il dott… Questi mi chiedeva quale tipo di terapia avessi svolto fino a quel momento e una volta raccontato per sommi capi che era una terapia di tipo corporeo con padre Giovanni, lui disse che conosceva le terapie corporee e, una volta dettagliato maggiormente cosa avveniva, lo psichiatra mi disse che nessuna terapia corporea prevede un tale trattamento fino ad arrivare a toccare gli organi genitali, ma che si trattava di un abuso sessuale commesso nell’esercizio della professione di psicoterapeuta>>.

Non curata ma violentata. E’ il nuovo psichiatra a svelare alla suora

che la Gestaltpsychologie non contempla contatti con organi genitali.

L’abisso di un nuovo trauma dopo gli abusi analoghi subìti da bambina

Quindi, tornando alla fase successiva alla cura-Salonia, nonostante la diagnosi rassicurante del frate, l’ansia, lo stato depressivo e il malessere permangono e così suor Teresa, all’assistenza del nuovo psicoterapeuta, una donna come abbiamo visto, anche su consiglio di costei aggiunge quella di uno psichiatra, diverso dallo specialista dell’istituto Gestalt diretto da Salonia che in passato la religiosa si è trovata a consultare.

E’ proprio questo nuovo psichiatra a svelare le violenze subìte da parte di Salonia. Ciò succede quando, alla ricerca delle terapie giuste contro il malessere, il professionista prima prende atto che il precedente psicoterapeuta (Salonia) è seguace del metodo Gestalt, metodo che dice di conoscere bene, e poi si trova, incredulo, dinanzi al racconto della paziente la quale, a sua precisa domanda (finalmente!) gli spiega in cosa siano consistiti i trattamenti somministrati da Salonia. E’ a questo punto che, senza giri di parole, la mette dinanzi alla verità: nessun metodo corporeo contempla il contatto con organi genitali, quelli raccontati sono solo abusi sessuali commessi nell’esercizio della professione terapeutica.

Da rilevare che a suo tempo, nel 2007, è Dell’Agli a consigliare a suor Teresa lo psicoterapeuta Salonia, quando il primo ha ancora stima del secondo (le prime notizie che lo mettono in allarme gli giungono nel 2012 e 2013) ed è Salonia ad indicare alla paziente il nuovo psicoterapeuta, una donna, dalla quale poi discende il suggerimento dell’utilità della consulenza del nuovo psichiatra.

Da tenere presente anche questo brano del racconto della vittima sulle prime fasi della vicenda. <<Durante la frequentazione del corso triennale, per mie vicissitudini personali – dichiara suor Teresa – ho parlato con padre Nello Dell’Agli, il quale mi ha consigliato di parlare con padre Giovanni e in quella occasione ho fatto un colloquio. Siamo nel luglio del 2007. Mi sono rivolta a padre Nello in quanto avvertivo da tempo delle sensazioni di malessere e di stati ansiosi depressivi derivanti da una pregressa sofferenza traumatica che non avevo ancora elaborato consapevolmente e che solo a partire della fine del 2008 ho affrontato, rivolgendomi a padre Giovanni>>.

In questa sequenza di eventi la religiosa è persona che – di fronte a Salonia – si affida e confida in chi ha tutti i requisiti per meritare tale fiducia, e lo fa con intima convinzione, senza dubbi o esigenza di verifiche, né retropensieri, con drastico abbassamento delle proprie difese al punto da non osare pensare mai che una figura come padre Salonia possa farle del male, pur dinanzi al disgusto provato per quel rapporto di sesso orale che lo psicoterapeuta spaccia per terapia utile al suo caso grave.

Ecco perché, solo quattro anni dopo, in un preciso momento – indica anche la data, 11 settembre 2017, giorno del colloquio-rivelatore con lo psichiatra – suor Teresa apprende, comprende e scopre di essere stata violentata e non curata. Perciò, da religiosa e da limpida credente cui sta a cuore davvero il bene della Chiesa, valorizza anche la gravità della notizia della nomina episcopale di Salonia avvenuta sette mesi prima, il 10 febbraio 2017, già risolta con la rinuncia comunicata pubblicamente dall’interessato il 27 aprile ma, nella percezione diffusa e corrente, ancora passibile di revisione: infatti in quel periodo circola sui social, nella stampa soprattutto siciliana e in ambienti ecclesiastici, la petizione lanciata in favore del vescovo in pectore affinchè il Papa non accetti il suo passo indietro: in effetti chi legge sa che è stato proprio il Pontefice ad imporglielo in privato anche se, come documentato, gratificandolo nel contempo di pubblica vicinanza per il gesto ‘generoso’ compiuto nell’interesse della Chiesa.

Suor Lucia, suor Teresa e le altre. La prima – quanto meno – è stata sua amante,

la seconda lo denuncia per violenza, altre quattro-cinque ‘sorelle’

rimangono nell’ombra, ma molti sanno. Abusi o ‘normali’ relazioni sessuali?

Suor Teresa conclude poi la testimonianza parlando della religiosa che, come abbiamo visto, per anni è stata quanto meno amante del sacerdote Salonia (noi l’abbiamo chiamata suor Lucia, qui l’articolo che riporta la sua deposizione): <<anche costei – riferisce suor Teresa parlando di suor Lucia – è stata molestata da padre Giovanni avendo con lo stesso avuto rapporti di natura sessuale mentre costui svolgeva la sua funzione di sacerdote. La stessa mi ha detto che vi erano altre quattro-cinque suore che come lei avevano vissuto la stessa esperienza. La stessa (suor Lucia, n.d.r.) abita a … e non fa più parte dell’ordine religioso>>.

Tornando alla sequenza dei fatti ricostruiti e a quel colloquio dell’11 settembre 2017 con il nuovo psichiatra, suor Teresa si trova a vivere un lancinante dolore nuovo; una nuova sofferenza per  il secondo shock doppiamente traumatico, dopo quello che da bambina la segna profondamente e non l’abbandona. Da qui la lettera al Papa perché sappia quale figura rischi di condurre al soglio episcopale e la denuncia all’autorità giudiziaria civile, ovvero quella dello Stato di cui è cittadina: la procura di Roma, competente a perseguire i reati avvenuti nel proprio territorio. E la capitale è tra le sedi in cui nel dettagliato racconto della suora sono avvenute le violenze.

Come abbiamo visto, la denuncia è presentata il 9 marzo 2018. In quel momento la legge vigente stabilisce in sei mesi il termine entro cui una vittima di violenza sessuale possa denunciare. Da suor Teresa il termine risulta rispettato se lo facciamo decorrere dal momento in cui ha saputo e preso coscienza degli abusi. Del resto come potrebbe denunciare ciò che non conosce e come potrebbe chiedere giustizia per qualcosa che ha subìto ma che non sa di aver subìto?

Sul piano giuridico non si tratta di prescrizione, rispetto alla quale vale solo il dato oggettivo del momento in cui un reato sia commesso. Nel nostro caso parliamo del termine dato alla vittima per denunciare: assurdo che sia ignorato il momento della conoscenza del reato subìto e sia considerato solo quello in cui lo stesso sia stato consumato.

Perciò la procura prende in carico la querela e procede nelle indagini, con tutto lo scrupolo e il rigore che il fascicolo documenta. Mai un dubbio, né un rilievo che il termine di legge non risulti osservato. E così un anno e mezzo di attività investigativa, fitta e articolata, produce la decisione finale che giunge il 7 luglio 2019: bisogna processare Salonia, ci sono gli elementi per sostenere l’accusa in giudizio.

Quando il tribunale deve decidere su questo punto, la difesa dell’imputato ne chiede il proscioglimento per due distinte ragioni: la querela è tardiva; il fatto non sussiste.

Il giudice accoglie la prima, non la seconda che è palesemente in contrasto con tutte le risultanze processuali. Ma tanto  – l’asserita tardività della querela – basta perché il processo non s’abbia da fare.

Abbiamo visto come lo stop al giudizio non riguardi assolutamente la solidità delle prove nè la fondatezza delle accuse e come l’una e l’altra rimangano, definitivamente, quelle acquisite, vagliate e cristallizzate in sede di indagini preliminari fino alla richiesta di rinvio a giudizio.

Abbiamo anche riferito e analizzato il racconto della vittima. Utilizzando fonti documentali aventi lo stesso livello probatorio e dotate di analoga e omologa pertinenza funzionale dobbiamo ora scoprire quale sia la versione di Salonia.

Il francescano ‘quasi vescovo’ interrogato in Procura il 18 ottobre 2018

Ecco i capi d’imputazione che due pubblici ministeri gli contestano

Il 18 ottobre 2018, dopo sette mesi d’indagini, egli viene ascoltato dai pubblici ministeri e risponde alle loro domande. Per la cronaca appena un mese prima, il 15 settembre 2018, Salonia ha avuto la pubblica ‘assoluzione’ urbe et orbi ad opera del Papa che gli concede la messinscena della foto-opportunity nel giorno in cui la Sicilia che sta a cuore al Pontefice e alla sua chiesa è solo quella di Piazza Armerina e  Palermo: ovvero la casa del vescovo, Rosario Gisana, insabbiatore seriale degli abusi del clero in danno di minori, oltre che giudice mendace nel proscioglimento canonico di Salonia nonchè fustigatore dei testimoni i quali, come suor Lucia, dicono la verità; e la casa dell’arcivescovo, Corrado Lorefice, strenuo sostenitore del frate cappuccino accusato di violenza sessuale al punto che non esiterà a dichiarare il falso alla stampa travisando la causale del suo proscioglimento disposto dal tribunale di Roma.

I magistrati informano Salonia dell’imputazione che lo riguarda, relativa al reato di violenza sessuale aggravata nelle fattispecie disciplinate dal primo e secondo comma dell’art. 609 bis del codice penale perché egli <<abusando della propria autorità di professionista psicoterapeuta, oltre che appartenente ad ordine religioso, induceva la persona offesa … a compiere ed a subire ripetutamente atti sessuali. Ovvero abusando dello stato di inferiorità psichica in cui la paziente si trovava in quanto affetta da grave depressione, nel corso delle sedute di psicoterapia le toccava le parti intime, la masturbava, e la faceva sedere sopra di lui simulando rapporti sessuali, la induceva inoltre a toccargli il pene ed a praticargli rapporti orali, in Roma dall’anno 2009 all’anno 2013>>.

I pubblici ministeri – sono due all’opera contemporaneamente  – comunicano quindi a Salonia quale sia lo stato del procedimento e le fonti di prova: la querela della vittima, la documentazione da lei prodotta comprendente anche il testo di e-mail e messaggi intercorsi con l’indagato, il verbale di numerose audizioni di persone direttamente o indirettamente informate dei fatti. Rispondendo alle domande Salonia conferma – in maniera puntuale e totalmente corrispondente con le dichiarazioni della parte offesa, nei tempi, nei luoghi e in ogni dettaglio – il rapporto con lei intrattenuto relativamente agli aspetti della conoscenza, della frequentazione, dell’assistenza terapeutica prestata, del malessere della paziente. Il punto di dissenso rispetto al racconto di suor Teresa è uno solo. Salonia afferma di avere correttamente applicato il metodo terapeutico Gestalt che prevede il contatto corporeo e agli inquirenti che lo incalzano spiega in che modo.

<<Si, la terapia – dice Salonia –  era quella lì, verbalmente ed anche dal punto di vista corporeo … se lei chiedeva un abbraccio… cioè tutto l’aspetto verbale … perché a volte , anche con le parole si può abusare, tutti gli aspetti verbali o corporei avvenivano sempre in questo modo, era lei a chiederlo, chiedeva il permesso, sì, prendevo un argomento, chiedevo a lei il permesso, chiedevo a lei come stava, dicevo di poter interrompere se la cosa dava fastidio, alla fine chiedevo sempre “come è stato aver parlato di questo? Questo abbraccio? Eccetera”. E poi quando si riprendeva la seduta successiva “Che ricordi hai? Come sei rimasta?”, mai, mai, mai, fino a giugno dell’anno scorso, mai lei ha creato un problema, ha parlato di qualcosa di sessuale…>>.

I magistrati seguono con attenzione e vogliono capire: <<quindi …signor Salonia …verbale ha spiegato in che cosa poteva consistere … in quella corporea lei ha parlato di abbracci, erano soltanto abbracci>>?

Salonia risponde: <<no, ci può essere anche della voglia sua di toccare, oppure la richiesta di essere toccata>>. Ne segue questo dialogo.

Pm: <<dica in che cosa consiste questa terapia corporea>>.

Indagato: <<nel fatto che il paziente può chiedere di essere abbracciato, di essere toccato>>.

Pm: <<quindi è il paziente>>?

Indagato: <<abitualmente sempre il paziente perché uno non rischia con paziente abusata, toccarla è un rischio, perché significa essere fraintesi, è chiaro. Per cui il paziente ad un certo punto può sentire il bisogno di un abbraccio, il bisogno di sentire una parte che non sente…>>.

Pm: << e cosa si fa in questi casi? mi fa un esempio>>?

Indagato: <<si, “non sento la vita nel petto” faccio un esempio, o nella pancia, allora uno dice: “prova a mettere la tua mano, che cosa senti?”, il paziente dice: “non sento niente”, “prova a respirare, vediamo cosa senti”, perché sono parti essendo state abusate che sono senza vita. Allora poi uno chiede: “posso mettere la mano sulla tua mano per vedere se cambia?”, la paziente dice: “un po’ meglio”, e poi si può anche chiedere: “e se metto la mano io?”, ma quando si mette la mano si fa innanzitutto per un secondo per vedere che effetto fa, per vedere se effettivamente quel momento è delicato, poi si chiede: “che effetto ti fa? Come ti senti?”, c’è sempre l’attenzione al fatto … la persona abusata, non si possono fare gesti… “Nel fondo che cosa c’è? Nel fondo c’è che un terapeuta, non dico per definizione, ma proprio come esperienza, ha un atteggiamento del prendersi cura, ha un atteggiamento paterno, un atteggiamento nel quale non c’è nessun interesse, nessun motivo di altro>>.

Pm: <<quindi se abbiamo capito bene, questi incontri con suor … si limitavano a questo, a colloqui verbali, a momenti diciamo di contatto fisico come lei li ha spiegati adesso?>>.

Indagato: <<certo, esatto>>.

Pm: <<quindi abbracci>>.

Indagato: <<mai, mai, né a me, né che io sappia ad altri lei ha manifestato fino al giugno dell’anno scorso disagio o un piccolo fraintendimento su qualsiasi abbraccio … “mi ha abbracciato perché …mi ha toccato perché.: tutto questo qua … come se fosse frainteso o fraintendibile”, quindi tutte le accuse, masturbazioni ed altro sono tutte proprio da stravolgimento, mai assolutamente, quelle (Salonia si riferisce al contenuto del capo d’imputazione che gli è stato letto in precedenza, n.d.r.) sono tutte cose inesistenti>>.

Pm: <<quelle cose che le abbiamo contestato noi nell’imputazione non sono mai avvenute?>>.

Indagato: <<no, no, no, io sono proprio contrario>>

Pm: <<non sono mai avvenute? Questo vogliamo sapere>>.

Indagato: <<io sono contrario nel modo di essere, nel mio insegnamento e tutto perché secondo me il sesso non c’entra niente con la terapia, assolutamente, anzi…>> (Salonia non riesce a dire che ‘quelle cose non sono mai avvenute’, risponde di essere contrario e quindi, sia pure implicitamente, la sua risposta equivale a: non sono mai avveute, n.d.r). Il dialogo quindi prosegue.

Pm: <<senta, ma quando è l’ultima volta che lei ha visto ed ha sentito suor..>>?

Indagato: <<ma guardi io non ricordo bene, ma deve essere stato nel giugno dell’anno scorso>>.

Pm: <<perché lei ha citato più volte giugno dell’anno scorso…?>>.

Indagato: <<sì, perché là è successo qualcosa che non so>>.

Pm: <<ora lei ce lo racconta che è successo, però le chiedo, lei da giugno dell’anno scorso l’ha più vista o l’ha più sentita?>>.

Indagato: <<da giugno dell’anno scorso io ho mandato delle e-mail ma lei non mi ha risposto, ho mandato dei whatsapp e lei neppure l’ha letto>>.

Le versioni a confronto. Quella della vittima è coerente con i fatti accertati.

Salonia non sa spiegare perchè la suora da un certo momento non gli risponda più

Il dialogo è fitto, le domande numerose. Gli inquirenti vogliono capire come e perché i rapporti si siano interrotti all’improvviso. Conoscono la versione della querelante, cercano verifiche e riscontri in quella dell’accusato. Che fornisce un dato temporale preciso. La suora, sua ex paziente ma rimasta con lei in contatto per altri quattro anni, da giugno 2017 smette di rispondere e non legge neanche i suoi messaggi.

I pubblici ministeri vogliono capire perché secondo l’indagato. Ma la risposta non arriva. Quindi spostano l’attenzione sul perché dell’interruzione della terapia.

<<Guardi – risponde Salonia – non è che si sia interrotta nel senso brusco, è successo che, come le avevo detto all’inizio, io ho pensato di fare il lavoro più duro, di toglierla da questo stato proprio vegetativo quasi, pianto, eccetera, e già a quel punto era riuscita, parlava, il suo corpo danzava, in questi tipi di abusi non c’è mai un progresso … c’è un’altalena. Allora ad un certo punto io pensai, come era nella mia idea iniziale, di poterla affidare ad una terapeuta per un percorso più sistematico>>.

Pm: <<quindi se ho capito bene, e se non ho capito mi corregga, è stato lei a dire a suor … che era il caso di interrompere?>>

Indagato: <<no, di interrompere no, perché poi c’è stato un periodo…>>

Pm: <<oppure di modificare la terapia…>>.

Indagato: <<Si, di aggiungere una terapia sistematica con una donna, una terapeuta, e qualche volta anche con me, quasi la forma di recuperare il modello materno ed il modello paterno. Però l’aspetto più … direi puntuale, settimanale, questo lo svolgeva con una terapeuta che non era della mia scuola, però una terapeuta che pur non avendo forse grande esperienza sui traumi però è molto brava, riconosciuta>>.

Pm: <<E suor … era d’accordo, diciamo cosi, di interrompere tra virgolette la terapia con lei e di fare una nuova terapia con una nuova psicoterapeuta donna>>?

Indagato: <<inizialmente cambiare era sempre un po’ difficile, però il mio non era un interrompere e tagliare, perché c’ero sempre alle spalle, lei aveva bisogno, parlava, anche nel Pastoral… un corso nostro …nel 2015, anzi lei era molto sponsor …cioè ha cercato anche le persone, un corso di formazione per preti, frati e suore sugli aspetti teologici ed umani, lei a questo corso era molto interessata … lei si è iscritta, ha fatto tutto, era molto interessata, partecipava, ed ogni tanto come spesso accadeva, perché non avevo molto tempo, saltavo il pranzo per poter dire “come stai?” come non stava, e mai una volta qualche cosa.. che diceva: “sai nessuno mai mi ha detto …”. Ad un certo punto lei stava male perché lei aveva molti disturbi … poi a volte mi dicevano quelli che partecipavano al corso … a volte usciva, piangeva, perché si parlava anche di abuso nel corso, eccetera. Per cui lei scrisse alla direttrice di questo corso, co-direttrice perché sono io il direttore: “ho parlato con la mia superiora, sono un po’ stanca e quindi …e questo siamo seconda metà del 2017 sospendo la partecipazione al Pastoral”>>.

Riassumendo, Salonia ricostruisce così le fasi del rapporto con la suora.

Le fornisce assistenza terapeutica per quattro anni, dal 2009 al 2013 (le date coincidono). Il suo è un caso grave riconducibile all’abuso sessuale subìto, bambina di appena tre anni, dal padre. A fine 2013 inizio 2014 le dice che il lavoro difficile è compiuto e che non c’è più bisogno di lui ma può essere sufficiente l’assistenza di una psicoterapeuta donna, sua collega a lui vicina e a lui legata da collaborazione professionale, non seguace del metodo Gestalt ma brava e adatta alle esigenze della religiosa. Il rapporto tra Salonia e suora Teresa però permane: niente più incontri, né sedute (né nella versione raccontata dalla paziente, né in quella del frate) ma una comunicazione costante ed un buon rapporto testimoniato anche dall’esperienza del corso diretto da Salonia. Non solo lei partecipa, ma lo promuove, cerca i corsisti, è parte attiva. Ma solo nei primi due dei tre anni previsti. Poi scompare e addirittura tronca la sua stessa partecipazione dopo i primi due anni, sprecandoli, perché sta male. E ciò accade a settembre 2017: è Salonia a dirlo, riferendo di averlo appreso dalla psicoterapeuta sua amica che le fornisce anche dettagli significativi: in quel corso si parla anche di abusi e lei cade in una crisi profonda. Questo accade a settembre 2017. Abbiamo appreso dall’interessata (ma Salonia in quel momento non può saperlo) che l’11 settembre 2017 scopre l’orrore delle violenze subìte come paziente dal proprio psicoterapeura. Uno shock sconvolgente come abbiamo visto. E la reazione è una crisi profonda, l’abbandono del corso, il bisogno di giustizia non tanto per sé ma per la Chiesa che ama tanto. Perciò la lettera al Papa (il quale, come abbiamo visto, in privato le esprime solidarietà e le chiede perdono a nome di quella Chiesa che lei difende sinceramente) e in seguito, dopo la volgare provocazione della petizione pubblica con migliaia di firme in favore del frate – che lei ormai, dopo la verità svelatale dal nuovo psichiatra, non può non considerare il suo stupratore – la denuncia all’autorità giudiziaria.

Il sacerdote-psicoterapeuta indagato nega gli abusi e per il resto conferma

ogni sequenza dei fatti. Non conosce i dettagli della denuncia della suora

ma le sue risposte ai magistrati le conferiscono logica e convincente credibilità

Tutto coincide nel racconto della presunta vittima e del presunto violentatore: tutto, tranne l’ammissione delle violenze da parte di questi. Tutto: date, fatti, situazioni, rapporti, percorsi, motivazioni, finalità dichiarate, attività, scelte, avvio e conclusione terapie, contatti, affidamenti a nuovi professionisti. E’ Salonia a dire ai pubblici ministeri di essere stato lui a consigliare alla paziente la psicoterapeuta donna e di averla, da collega, chiamata per avere notizie quando suor … non gli risponde più. Come abbiamo visto è una professionista in piena sintonia con lui. Ma questa collega in un certo momento interrompe la collaborazione in atto con Salonia. E tale momento coincide con quello in cui la suora scopre l’orribile verità. Grazie ad un nuovo psichiatra, diverso da quello (dell’istituto diretto da Salonia) che negli anni precedenti il frate le ha consigliato.

Quando Salonia risponde alle domande dei magistrati non sa esattamente cosa suor Teresa abbia loro riferito nella querela e nelle dichiarazioni successive integrate e supportate dalla documentazione depositata e da molteplici elementi di prova.

Certo è che la sua versione coincide pienamente e puntualmente con quella della suora, eccetto il solo punto delle violenze sessuali ma, anche e particolarmente su questo elemento, fornisce involontariamente elementi di fortissima credibilità all’intera ricostruzione della religiosa, non solo nei termini della verità fattuale oggettiva, ma anche in quelli della sua consapevolezza soggettiva: ha subìto con disgusto quei trattamenti e quei rapporti sessuali perché utili a combattere il suo trauma e perché l’enorme fiducia nel sacerdote-terapeuta le ha impedito di scorgere l’inganno e la violenza.

Per questo anche dopo la decisione unilaterale di Salonia di interrompere le terapie da lui somministrate (ne abbiamo visto il perché secondo la logica degli eventi) la suora continua ad avere buoni rapporti con lui; a seguire le sue indicazioni di farsi assistere da un’altra professionista che gode della fiducia di Salonia; ad informarlo sulla sua situazione e sulla sua attività; a partecipare al corso da lui diretto e, addirittura, a promuoverlo con entusiasmo cercando iscritti. Ad un certo momento però la mostruosa verità emerge, grazie al nuovo psichiatra la cui assistenza su indicazione della nuova psicoterapeuta si rende necessaria perché con la cura-Salonia la suora non è affatto guarita. Ed anzi, al malessere più o meno latente e mai scomparso, all’improvviso si aggiunge la caduta negli abissi di un inferno prima inimmaginabile ai suoi occhi.

Riconsiderando oggi, anni dopo, le dichiarazioni rese da Salonia in procura e soprattutto le domande dei pubblici ministeri appare evidente come costoro, ad ogni dettaglio fornito dal frate cappuccino, tocchino con mano e valorizzino la genuinità assoluta, cristallina, della denuncia della suora. L’ulteriore attività d’indagine negli otto mesi successivi, unita a quella dei sette mesi precedenti e ai molteplici riscontri conseguiti sui vari piani della vicenda, li porta all’unica conclusione possibile: l’accusa è più che fondata, il processo necessario.

Salonia messo in salvo sulla via di fuga dell’improcedibilità. Incomprensibile

la tagliola del Gup che blocca il processo. Come potrebbe una vittima

denunciare una violenza sessuale che non sa (ancora) di avere subìto?

Rimane incomprensibile invece, stante anche la grave carenza di motivazione della sentenza di non luogo a procedere, come il giudice dell’udienza preliminare possa puntare sull’improcedibilità per querela tardiva. Nel racconto – limpido e coerente – della vittima, è palpabile come lei solo l’11 settembre 2017 scopra le violenze subìte. E’ nei sei mesi successivi pertanto che può utilmente denunciarle, come fa. Azione impossibile entro l’assurdo termine postulato dal gup: ovvero il 2014, entro la data compresa nei sei mesi successivi all’ultimo episodio di violenza.

Ma, comunque su questo punto la si pensi, una domanda s’impone: tutto ciò equivale all’assoluzione di Salonia? Addirittura allo smascheramento di calunnie nei suoi confronti e per suo tramite nei confronti del Papa (che – ricordiamolo – in privato chiede perdono alla suora) e dell’arcivescovo Corrado Lorefice secondo la sconcertante sua dichiarazione, nuova violenza contro la vittima di uno stupro?

Tornando al confronto tra indagato e inquirenti, costoro, nel seguito del colloquio, focalizzano due elementi: perché Salonia all’improvviso (dopo la seduta in cui si consuma quel rapporto di sesso orale raccontato da suor Teresa) decide di non curare più la paziente? E perché, al tempo stesso, mantiene per anni contatti frequenti con lei e si agita quando è la suora a tagliare drasticamente i ponti?

Ecco in proposito la sequenza di domande e risposte.

Pm: <<che è successo? E’ successo qualcosa ad un certo punto fra lei e suor … o è successo qualcosa per cui suor … si è allontanata?>>.

Indagato: <<tra me e suor … non è successo niente, soltanto non mi ha risposto>>.

Pm: << non le ha risposto a quelle mail che lei ha detto?>>..

Indagato: <<non è successo niente, non ho avuto nessun messaggio da nessuna parte di un malessere di suor …, perché dicevo quell’aspetto? Volevo anche dire, perchè a volte capita nell’esperienza clinica, raramente capita che quando le persone abusate, questo è un problema clinico, poi fate quello che volete, l’ipotesi che mi sono fatto, perché io mi devo fare un’ipotesi…>>.

Pm: <<no, però mi scusi, io non voglio che lei mi faccia ipotesi, lei mi deve dire nel momento in cui il rapporto tra lei e suor … che era proseguito abbiamo capito fino al 2017 … ad un certo punto si interrompe, e lei dice: “perché suor … non risponde più alle sue mail”, quindi c’è un momento in cui… lei si è domandato perché? Che spiegazione si è dato? E soprattutto se ha fatto qualcosa. Visto che dal 2009 avevate questo rapporto addirittura così …diciamo intenso>>.

Indagato: <<normale>>.

Pm: <<be’ io non so se è normale che uno psicoterapeuta intrattenga questo tipo di incontri, rapporti, mail, non lo so francamente, diamo per scontato che sia così. Io però le chiedo, perché ad un certo punto questo rapporto si interrompe cosi bruscamente? Lei che spiegazione si è dato e se è successo qualcosa>>.

Indagato: <<sto dicendo questo, che non ho una spiegazione>>.

Le domande dei pubblici ministeri e le risposte che Salonia non può dare

Il magistrato non s’arrende e continua a chiedere ancora, presidiando questo punto che in sintesi rappresentiamo così: <<lei, Salonia, per quattro anni ha curato la paziente, per altri quattro ha mantenuto stretti contatti con lei, cosa che appare strana. Quando all’improvviso non le risponde più e tronca con lei ogni rapporto cosa fa, visto che non riesce a darsi, o almeno a darci qui, una spiegazione?>>.

Il tentativo dei due inquirenti (nel dialogo con Salonia operano insieme, uno dei due ha acquisito la testionianza delle suore) non sortisce effetto ma il loro pressing prosegue ed ottiene qualche risultato.

Indagato: <<…una mail (l’ennesima, n.d.r.), ed in una mail ho fatto pure un’ipotesi e lei non ha risposto, allora io ho pensato che per quanto riguarda il processo terapeutico ci sono momenti in cui uno prende le distanze dal terapeuta, però ad un certo punto, perché si tratta sempre di una persona che ho seguito, ho telefonato alla sua terapeuta … e dico: “ma come sta …? Lo sai? Ma ancora viene da te?” perche io ero interessato a sapere se ancora fosse seguita, e lei mi ha detto di sì>>.

Pm: <<Le ha detto altro la psicoterapeuta in questa telefonata?>>.

Indagato: <<No, dal punto di vista del discorso di suor… no, mi ha detto però che chiudeva …. (Salonia cita una precisa collaborazione allora in atto con la collega la quale all’improvviso la interrompe, n.d.r)…lei mi disse che non aveva più tempo di seguire questa … per cui smetteva>>.

Pm: << ricorda quando è avvenuta questa telefonata?>>.

Indagato Salonia: <<si, lo ricordo perché è stato o dicembre 2017 o febbraio 2018>>.

Il magistrato sa che quella data è importante e riceve una conferma. La psicoterapeuta non chiama Salonia per comunicargli di interrompere la collaborazione con lui ma lo informa nella telefonata in cui è lui a chiamare lei per chiedere di suor ….. Su questo punto la collega è fredda, non fornisce alcuna notizia, si limita a rassicurare che tutto vada bene: cosa non vera ma la terapeuta è reticente con Salonia perché è successo qualcosa, magari di grave. Quel qualcosa che sconvolge la suora al punto da costringerla a rinunciare al terzo e ultimo anno del corso che per 24 mesi ha seguito con entusiasmo e deve turbare profondamente anche la professionista la quale interrompe la collaborazione, attività di ampia e inevitabile evidenza pubblica, con Salonia. Questi lo apprende a dicembre 2017 o febbraio 2018: sono due riferimenti temporali che è lui stesso a fornire: entrambi sono successivi a quel famoso 11 settembre 2017 che è la data nella quale la suora scopre lo stupro e le tante violenze che ha subìto.

Perciò i magistrati insistono: <<Ma lei signor Salonia con tutte le sue pazienti mantiene poi un contatto quando vanno via?>>.

Indagato: <<abitualmente, dipende come vanno via, nel senso… se il lavoro..>>.

Pm: <<visto che lei si occupa di abusi, di queste situazioni…>>.

Indagato: <<a parte che gli abusi durano a lungo, chiaramente se il discorso è chiuso, se sono ancora in corso sapere come stanno lo faccio, certo>>.

Pm: <<ci dice un po’ i nomi di queste suore con le quali lei ha intrattenuto … per un così arco diciamo lungo di tempo … ha intrattenuto… quante altre suore?>>.

Salonia prende tempo, parte da lontano, si manatiene sul generico, dice che sono diverse le suore sue pazienti e quando la domanda si fa stringente, fa due nomi di suore, solo due.

Pm: <<le terapie sono ultimate con loro>>?

Indagato: <<con una sì e con una no>>.

Pm: <<con quale è ultimata>>?

Indagato: <<è ultimata con …, con … è molto rallentata, ci vediamo una volta…>

Pm: <<ma anche loro seguono come è successo per suor … (la nostra suor Teresa, n.d.r.) una terapia parallela alla sua? Nel senso che terminato …>>. Il magistrato vuole sapere se con questa suora si comporti come con il caso oggetto d’indagine nel quale Salonia ha posto fine al proprio trattamento per affidare la paziente ad altro terapeuta, una donna nel nostro caso.

Indagato: <<no, per certi versi la terapia è andata in modo diverso nel senso che non c’è stato bisogno, un po’ hanno avuto difficoltà, ad avere una terapeuta locale>>.

Pm: <<quindi non ce l’hanno?>>.

Indagato: <<non ce l’hanno>>.

Pm: <<senta, ma anche con queste due lei ha svolto l’attività di psicoterapeuta Gestalt, praticamente con le stesse modalità con le quali…?>>.

Indagato: <<è un protocollo>>.

Pm: <<mi riferisco a quella particolarità che è data dal contatto corporeo … quindi abbracci…?>>.

Indagato: <<sì, ma non è soltanto la Gestalt>>.

Pm: <<sì o no, scusi>>?

Indagato: <<siccome lei diceva la Gestalt, questa appartiene alle terapie corporee di cui la Gestalt fa parte ma aggiunge l’aspetto verbale, ma ci sono terapie corporee che fanno soltanto l’aspetto corporeo, dodici scuole in Italia …sono approvate dal ministero …di terapia corporea. La Gestalt invece fa corpo e parola, e sono 14 …>>.

Pm: <<queste che sono approvate dal ministero è evidente che le diamo per assolutamente lecite, ammesse, non sono quelle che ci interessano, noi siamo qui per parlare invece di qualcos’altro… non è che noi facciamo il processo alla psicoterapia Gestalt della quale francamente non ci interessa granché. Senta padre Salonia, quante sono le suore o le pazienti sue che hanno subìto abusi sessuali da bambine, intra familiari o comunque da persone loro vicine che lei ha curato, ha seguito diciamo, che sono state sue pazienti e con le quali ha avuto il medesimo rapporto più o meno che ha avuto con suor…?>>.

Indagato: <<tra laici e suore o solo suore>>?

Pm: <<no, partiamo prima con le suore e poi con i laici>>.

Indagato. <<con le suore ho detto adesso…sono quarant’anni e ricordarle: le più vicine saranno queste due…>>.

Pm: <<ma io spero che non tutte le suore abbiano subito abusi sessuali dal padre perché se no veramente…>>.

Indagato: <<io … è anche vero che ho moltissimi pazienti, quindi nella moltitudine c’è il numero>>.

Pm: <<però di suore insomma… faccia mente locale, negli ultimi dieci anni lei insieme…>>.

Ad un certo punto il frate-psicoterapeuta indagato gioca la carta-Dell’Agli, il testimone sul quale ha scagliato la sua vendetta e che, al contrario, dipinge come

il regista delle denunce delle suore contro di sè. Ma i Pm sanno la verità

Salonia è generico, sta alla larga dai dettagli, dinanzi alle domande che fioccano dice di non potere ricordare. I magistrati vogliono vagliare le potenziali anomalie del racconto che Salonia fa del rapporto con la suora che lo denuncia e puntano sulla comparazione con altri casi. L’indagato in parte appare reticente, in parte conferma, anche senza volerlo, la singolarità del rapporto con suor Teresa e non riesce a dare una sola spiegazione, compatibile con la propria versione, del black out improvviso di ogni comunicazione dovuto al muro eretto, a partire da un preciso momento, dalla religiosa ex paziente.

A questo punto, mentre gira intorno alle domande, Salonia tenta di introdurre nel procedimento la sua ‘verità’ che presenta come un’ipotesi. Che la suora sia caduta vittima della macchinazione ordita da un suo collega, Nello Dell’Agli. Nel far questo parla dell’indagine canonica che ha subìto a marzo e aprile 2017 dopo la quale ha rinunciato all’ordinazione episcopale e, nello spiegare il perché di tale indagine, mentre tenta di ricondurre tutto al movente calunnioso di suoi nemici spinti da invidia per la sua nomina, racconta la relazione sessuale con un’altra suora, ormai ex, quella che in quest’inchiesta abbiamo chiamato suor Lucia. Non la definisce relazione, la derubrica a peccato di qualche momento, ma, anche in questo caso i pubblici ministeri conoscono già la versione dell’interessata, sicchè sgranano gli occhi e aguzzano le orecchie quando sentono e vedono la disinvoltura del frate-sacerdote-quasi vescovo che con nonchalance offre di sé l’immagine di un tombeur de femmes di consumata esperienza o di un sempreverde damerino nonostante i suoi – allora – settantuno anni.

Qui entriamo nella fase già in parte riportata del racconto di Salonia e della sua autodifesa in relazione ad alcuni punti chiave della vicenda: il processo canonico, l’assoluzione combinata, il Papa che lo induce alla rinuncia <<perché ti massacrano>>, i precedenti del procedimento disciplinare dell’ordine degli psicologi per abuso sessuale, la sua supposta influenza alla base dell’archiviazione, il suo asserito spirito vendicativo, ecc…

Quindi, dovendo riferire dei fatti per i quali il Pontefice lo blocca fuori dal soglio episcopale (<<ti massacrano>>) s’imbatte nei suoi rapporti con l’ex suora, sua amante quando lei appartiene con voti perpetui all’ordine religioso, e prova a  raccontarla così: << si è presentata una signora di 68 anni dicendo che io l’avevo abusata sessualmente…>>. Salonia dice che si è presentata dinanzi alla commissione canonica presieduta dal vescovo di Piazza Armerina Rosario Gisana che poi lo scagiona del tutto dall’accusa di violazione del celibato. Decisione in contrasto con l’ammissione che un anno e mezzo dopo, ovvero in questo verbale del 18 ottobre 2018 (quando per lui il caso è chiuso e anche il clamore ormai spento) Salonia rende ai pubblici ministeri: <… una mia fragilità di quando ero ragazzo di 30 anni, che ho avuto con questa: che allora era suora e poi è uscita, che aveva .. di sette anni … amicizia e poi c’è stato…>>. Ecco il succedersi di domande e risposte.

Pm: <<Ha avuto una relazione con questa signora?>>.

Indagato: <<Ho avuto una relazione con questa signora… quando io avevo 30 anni, 40 anni fa, però questo non è un problema, perchè il problema per la nomina dei vescovi non è la fragilità perché può succedere …>>.

Pm: <<scusi Salonia, mi è sfuggito, lei aveva 30 anni, era immagino un giovane sacerdote…>>.

Indagato: <<si, si…>>.

Salonia conferma la lunga relazione sessuale con la suora e cerca di accusare Dell’Agli per il fatto che la religiosa, ormai ex, abbia come terapeuta la moglie di un amico del fondatore della fraternità di Nazareth.

Pm: <<…il dato di fatto che ha un senso in questa attività è che, mi scusi Salonia, ho capito bene o ho capito male? Il fatto della relazione…  io la chiamo sentimentale che lei avrebbe avuto quando aveva lei 30 anni e la suora … ne aveva 27… è un fatto vero o falso?>>.

Indagato: <<vero>>.

Pm: <<allora tutto il resto … come è venuto fuori non ci interessa, a noi ci interessa che lei ci abbia confermato che la circostanza era vera, lei ha precisato anche che è stata una relazione consensuale come accade fra uomini e donne, e che quindi … nessun reato, nessuna violenza sessuale, e l’argomento è chiuso, poi le ragioni per le quali è venuto fuori … detto francamente … visto che lei ci dice che è vero … a noi non interessano…>>.

Segue la fase già riferita sull’esito della commissione-Gisana, con la sorpresa dei magistrati quando Salonia, rispondendo alle loro domande, chiarisce che non esiste un solo rigo di provvedimento scritto che lui abbia visto e che la notifica di quella che egli definisce la propria piena ‘assoluzione’ gli è stata fatta con una telefonata dal Papa. Così funziona la ‘giustizia’ dello Stato sovrano di Città del Vaticano e della Chiesa cattolica nel mondo!

A questo punto si torna a suor Teresa e alle accuse di violenza sessuale. Riassume il Pm: <<quindi lei dice … interrompo nel 2017, io le mando una mail, suor … non mi risponde…>>.

Indagato: <<Al che ho pensato che avesse parlato con Nello Dell’Agli perché…>>.

Pm: <<le ha scritto una mail, gli ha chiesto: “Perché non mi rispondi?”>>.

Indagato: <<Si, “hai per caso parlato con Nello Dell’Agli?” perché era l’unica ipotesi che potevo fare io, non c’erano altre allora…>>.

I magistrati chiedono perché pensi a Dell’Agli e la risposta è che suor … da un certo momento ha smesso di mettere like sul profilo fb di Salonia mentre li metteva su quello di Dell’Agli: <<è un’ipotesi – precisa Salonia – …io non ho nessun fatto: è un’ipotesi, siccome la domanda era “che ipotesi fa?”>> (in effetti non risulta alcun profilo fb di Dell’Agli: probabile che Salonia si riferisca a quello di persone che egli reputi vicine o in contatto con il sacerdote-psicoterapeuta, n.d.r.).

Così si esprime Salonia dinanzi ai magistrati il 18 ottobre 2018. Eppure, da un anno e mezzo, ed ancora in quegli stessi giorni, sui social e sulla stampa la sua tambureggiante e influente claque, alimentata dal circuito di interessi che abbiamo visto, e ambienti dell’arcidiocesi di Palermo diffondono una colossale fake che tutta la stampa prende per buona: contro Salonia una calunnia ordita da Dell’Agli. Ma questa tesi è oggettivamente e documentalmente falsa: e ora a confessarlo è lo stesso indagato che sta nel cuore dell’arcivescovo Lorefice, primate di Sicilia.

Ma quando si tratta di sciogliere gli altri nodi, gli inquirenti mentre hanno Salonia di fronte (non sono certo giudici come quelli guidati da Gisana o come lo stesso vescovo di Piazza Armerina) non riescono a farlo entrare nel merito nè a riceverne un solo elemento fattuale, perciò trovano campata in aria la sua difesa.

Pm: <<però la storia era già uscita Salonia…  (l’indagato ha riferito prima le notizie di stampa del quotidiano FarodiRoma a firma del vaticanista Antonio Grana e delle altre testate fin da marzo 2017 sul supplemento d’indagine che blocca la sua nomina a vescovo, n.d.r.), se lei mi dice che questo giornalista ha scritto queste cose, sull’uscita lei mi dice più o meno siamo ad aprile 2017, mo’ insomma lei capirà che la sua ipotesi è rispettabilissima, però non è solo suor … che ha letto l’articolo e tutto, e dopo quello che è accaduto, il procedimento amministrativo a suo carico, cioè voglio dire diciamo che suor … quello che è accaduto a lei può averlo appreso in tanti modi, non … necessariamente da…>> (il riferimento è a Dell’Agli, n.d.r.).

La storia con l’ex suora-amante. Salonia ai Pm: è vera, era suo diritto denunciarla dopo la mia nomina a vescovo. Ma intanto ha mentito in pubblico, ha dato della calunniatrice alla religiosa e ha accusato Dell’Agli (‘colpevole’ solo di verità)

Salonia cerca allora di recuperare e racconta la vicenda delle azioni contro la fraternità di Nazareth, ribaltandola: <<Dell’Agli si è convinto che è colpa mia – questo il senso – e ce l’ha con me>>.

Ma il procedimento del 2015 si è chiuso, ne abbiamo già rilevato l’indicativa sequenza temporale nel quale esso viene attivato (subito dopo la rottura nel 2014 dei rapporti professionali tra i due sacerdoti psicoterapeuti, voluta da Dell’Agli per le ragioni che abbiamo visto) e in quel momento, ottobre 2018, è solo Salonia a sapere della nuova potente ritorsione avviata contro la fraternità di Nazareth attraverso la lettera del 18 agosto 2018 al segretario della congregazione per gli istituti di vita consacrata Josè Rodriguez Carballo il quale solo il primo dicembre successivo (qui siamo al 18 ottobre) informerà il vescovo di Ragusa, mentre i provvedimenti pesanti scatteranno dal 2019 con il commissariamento.

Abbiamo visto, anche in atti documentali e sequenze dettagliate, come a muovere la ritorsione siano gli interessi di Salonia contro Dell’Agli ‘colpevole’ di testimonianza. L’influente cappuccino nega la propria responsabilità e però ne attribuisce una uguale e contraria al collega, a suo dire mosso dal fatto che egli creda erroneamente che il persecutore della fraternità di Nazareth sia lui. C’è un problema però: due suore hanno reso una denuncia-testimonianza, soggettivamente drammatica e dolorosa, oggettivamente tutta verificata e verificabile nel merito sul piano della realtà dei fatti. Il resto è fumo negli occhi.

Esaurita questa digressione, i magistrati tornano sulla relazione sessuale di Salonia con la suora … la nostra … suor Lucia.

Pm: <<senta, a proposito della … volevo una precisazione, ma questa, la vostra relazione quando è iniziata? Quando lei era suora ha detto, ho capito bene?

Indagato: <<nel ’77-’78, però io ero già sceso in Sicilia, quindi è una storia cosi…>>.

Pm: <<si, ma aspetti un attimo, lei quando l’aveva conosciuta? L’ha conosciuta quando era suora o la conosceva già da prima?>>.

Indagato: <<la conoscevo quando stava diventando suora>>.

Pm: <<in che circostanze vi siete conosciuti?>>.

Indagato: <<perché io andavo in questo istituto a via…c’era una casa famiglia allora>>.

Pm: <<quindi la donna era in casa famiglia allora?>>.

Indagato: <<no, aspetti un attimo, c’era una casa famiglia e c’erano anche le suore, e c’erano alcune che diventavano suore, però stiamo parlando del ’73…>>.

Pm: <<però scusi la …quindi quando lei la conosce era in questa casa famiglia ma non era ancora suora?>>.

Indagato: <<no, no>>.

Il magistrato chiede quindi se anche la suora per anni amante di Salonia, a dire di questi, da bambina fosse stata sessualmente abusata dal padre o da figure familiari, poi torna sulla sequenza temporale dei fatti.

Pm: <<senta, quanto è durata la relazione?>>.

Indagato: <<adesso … due anni, però chiamarla relazione è relativo perchè io non stavo a Roma ed allora venivo …stavo in Sicilia venivo a Roma di tanto in tanto…>>.

Pm: <<diciamo, scusi Salonia, perché mo’ insomma … allora noi abbiamo capito, e pare che quello che ha raccontato la …è stata pure oggetto di questo procedimento amministrativo, quindi ho motivo di pensare, io non ho gli atti ovviamente che ha il Vaticano, ma ho motivo di pensare che la … abbia raccontato la verità, siccome lei ha detto: “Effettivamente un rapporto, una relazione c’è stata”, quindi i tempi non è di poco conto … che lei ci dica i tempi di questa relazione, lei dice due anni circa?>>.

Indagato: <<si, adesso io … ripeto…>>.

Pm: <<è durata solo finchè lei era suora, lei lo sa che non è più suora, si?>>.

Indagato: <<si, no, è uscita>>.

Pm: <<quando avete interrotto i vostri rapporti definitivamente? Intendo dire che non avete avuto rapporti sessuali, Salonia?>>.

Indagato: <<allora… i rapporti sessuali …credo dopo due anni>>.

Pm: <<due anni, ma se lei mi dice ’77-’78 io devo presumere che i rapporti, la relazione, in senso di rapporti sessuali con questa … ci sono stati fino all’81… possiamo dire?>>.

Indagato: <<orientativamente… però poi continuavamo a vederci in un clima di vecchi amici diciamo, tant’è vero che lei ad un certo punto mi chiese perdono perché lei era stata quella che aveva iniziato e mi chiese perdono>>.

Pm: <<direbbe qualcuno … l’ha indotto in tentazione…>>.

Indagato: <<ed io gli ho detto che non c’era da perdonare, tutti e due eravamo … non l’ho accettato questo, ho detto che tutti e due eravamo sullo stesso…>>.

In proposito il racconto dell’ex suora è diverso: secondo lei fu Salonia a metterle gli occhi addosso al punto da avere chiesto alla madre superiora di poter fare esercitazioni di psicoterapia su di lei e da dichiararle di amarla sinceramente e profondamente (qui). Ma è ancora più stridente il contrasto tra l’ammissione piena di Salonia di questo lungo rapporto che costituisce certamente violazione degli obblighi del celibato ai sensi del codice di diritto canonico e la decisione della commissione-Gisana che, proprio nell’istruttoria avente ad oggetto tale violazione, lo scagiona totalmente falsando un dato oggettivo di verità segnalato dall’ex religiosa amante di Salonia, dileggiata dai giudici canonici guidati dal vescovo di piazza Armerina i quali ne riducono la testimonianza a ‘emotivo florilegio di pettegolezzi e calunnie’.

Pm: <<insomma lei in questo percorso… era in casa famiglia a … poi è diventata suora. Poi ovviamente la …ha raccontato la storia del rapporto con lei, ed ovviamente ha scritto al Papa>>.

Indagato: <<certo, era un suo diritto…>>.

Pm: <<Salonia era prevedibile questo…>>.

Indagato. <<ma io non mi sto lamentando…>>.

Pm: <<no, ma io da questo punto di vista credo che sia coerente il suo racconto, quello che ha fatto la … è coerente che abbia ritenuto … avendo appreso che lei era stato proposto come vescovo ausiliare di Palermo, è ragionevole che la …si sia posta qualche domanda….io prendo atto dei fatti, ha un senso che lo abbia comunicato al Papa quando la volevano …nominare vescovo>>.

Salonia ammette quindi la lunga relazione sessuale con la suora, riconosce che sia legittimo ed anche logico che ella abbia ritenuto di informare il Papa in occasione della sua nomina a vescovo ma da un anno e mezzo egli per primo, non da solo ma insieme ad un folto stuolo di sostenitori guidati dall’arcivescovo di Palermo Lorefice, negano i fatti, gridano al complotto, bolla come calunniose le drammatiche verità segnalate da un’ex suora (lunga relazione sessuale) e da una suora (violenze sessuali) e mette nel mirino il presunto mandante di tale macchinazione, il sacerdote Nello Dell’Agli il quale, al contrario, è vittima di Salonia (nel 2015 e, ben più pesantemente, lo sarà dal 2019 in poi) per avere reso testimonianza in modo non contrastante – c’è da presumere – con la verità delle due religiose che sono e rimangono le persone direttamente informate dei fatti.

L’indagato: “sono stravolto perchè di che sta parlando non lo so”. E’ tutta qui

la risposta sulle violenze denunciate in dettaglio dalla suora: nel merito nulla.

L’interrogatorio vira quindi nuovamente sull’altra vicenda, quella delle denunciate violenze sessuali da parte di suor Teresa, oggetto del procedimento. E a questo punto i magistrati danno lettura di un documento in cui è ulteriormente descritta la sequenza dei rapporti tra la presunta vittima e il presunto stupratore.

Pm: <<la domanda è qual era il motivo secondo lei che avrebbe scatenato ed avrebbe…suor ..a presentare una denuncia… lasciamo perdere dove ricostruisce gli incontri, eccetera, dove descrive la parte relativa agli abusi. Allora, guardi, suor … esordisce cosi…>>.

Il magistrato quindi legge a Salonia un brano di documenti giudiziari in cui sono rappresentate le accuse.

<<“Già dal primo incontro avvenuto il 13 febbraio 2009 la terapia si presenta molto corporea, caratterizzata da numerosi contatti fisici, quali abbracci e carezze, giustificati da padre Salonia in maniera particolareggiata. Secondo padre Salonia infatti dette tecniche avrebbero rappresentato il modo ideale per superare l’abuso subito, come peraltro testimoniato dall’addotta guarigione di precedenti pazienti. Padre Giovanni prende la scrivente in braccio, la coccola come fosse una bambina, il comportamento fisico viene accompagnato da un linguaggio altrettanto affettuoso, con l’utilizzo di appellativi come “Piccia e la sua bambina”, sconosciuto alla scrivente. Linguaggi e gesti che la sottoscritta apprende per la prima volta e che le vengono descritti in quel contesto come indispensabili per superare il trauma. Con il passare del tempo il trattamento continua nel modo indicato, si intensifica progressivamente, fino a tradursi in comportamenti sempre più invasivi. Nonostante le rimostranze e le perplessità iniziali esternate, la scrivente però non si oppose a dette pratiche, totalmente soggiogata dal ruolo di psicoterapeuta di padre Salonia sul quale … la sottoscritta riponeva grande e cieca fiducia, sulla quale proietta l’immagine del padre affettuoso mai avuto. Soccombe all’affettuosità del contesto ignorando il lato prepotentemente fisico che di seguito specifica: lo psicoterapeuta oltre ad effettuare diversi massaggi ed accarezzamenti delle zone erogene della sottoscritta la invita al contempo ad esternare le proprie sensazioni, arrivando a compiere vere e proprie masturbazioni. La costringe a baciarlo sulle labbra prendendole il volto con forza, a muoversi come un animale, e vedendola immobile e spaventata con tono suadente e persuasivo, la invita a fidarsi, a prendersi quello che lei voleva. Le si sdraia addosso inducendola a simulare un vero e proprio rapporto sessuale, e terminato l’approccio si reca immediatamente ai servizi igienici. La invita a toccarlo calandosi i pantaloni e la sollecita a palpeggiare il suo membro, invitandola a dargli un bacino… “dai che è quello che vuoi”, fino ad arrivare al rapporto orale. Come se non bastasse propone addirittura dei laboratori, in cui la sottoscritta deve dimostrare di essere attiva ponendo in essere con lui vari palpeggiamenti, strusciamenti e simulazioni di rapporti sessuali, e quando la sottoscritta cerca di opporre resistenza, dubitando legittimamente della validità terapeutica di tali pratiche viene subito messa a tacere e rimproverata. Padre Giovanni a quel punto usa parole forti: “sono io il terapeuta, decido io cosa è utile, non è necessario che tu capisca, se non lo fai poi non chiedermi più di aiutarti”,  ammorbidite machiavellicamente da espressioni  affettuose. La situazione precipita fino a che nell’ottobre 2013 padre Giovanni decide di interrompere la terapia adducendo motivazioni del tutto prive di contenuto, la scrivente tuttavia non se ne distacca perché ancora legata ad un apparente sentimento di stima nei confronti del terapeuta che gli aveva fatto dimenticare il padre maligno regalandogliene uno nuovo ed affettuoso”>>.

Pm: <<Dopodiché … io ho dato lettura di un pezzetto perché ascoltando un piccolo passaggio di quello che suor … ha scritto, ecco, diciamo che forse l’aiuta a riflettere se c’è, secondo lei, una spiegazione che non sia quella che lei già ci ha dato, cioè che ha parlato mi pare che ha detto con Dell’Agli>>.

Indagato: <<la prima cosa che dico è che sono stravolto perché veramente di che sta parlando non lo so. Quello che succede è questo, che in alcuni casi i pazienti curati nella fase della convalescenza se incontrano qualcuno che è contro il terapeuta che è di un altro modello oppure è nemico del terapeuta stravolge quello che è successo, cioè crea una rilettura totalmente stravolta, per cui chiaramente tutto diventa una rilettura che è contraria a quello che è successo…>>.

La reazione di Salonia all’enormità di queste accuse così dettagliate è tutta qui. Appena poche parole per dirsi <<stravolto … perchè veramente di che sta parlando non lo so>>. In effetti premette <<la prima cosa che dico è …>> ma non dirà mai nient’altro, solo questa generica, sommaria e fuggitiva smentita appena accennata.

I magistrati proseguono così.

Pm: <<se è nemico lei ha detto… ma se suor … ha continuato con lei fino al 2017…>>

Indagato: <<…Allora non ci siamo spiegati, quello che voglio dire io è: perché suor … da giugno 2017 ha riletto dieci anni di storia in questo senso? Cioè come si fa a pensare che per dieci anni lei era addormentata, aveva 50 anni, parlava male di gente, non gli è venuto mai il sospetto, mai l’ipotesi che qualcosa non funzionasse? Ma dico, ma stiamo parlando di una bambina? Ecco perché io ricorro all’esperienza clinica che a volte le persone che sono state abusate dopo il trattamento, se sono in convalescenza, ed incontrano…>>.

Pm: <<la mia domanda è sempre quella, perché suor … doveva accusare lei di queste nefandezze? Scusi eh, che motivo personale poteva avere?>>.

I pubblici ministeri che interrogano Salonia sono due e non di rado interviene il legale di Salonia, ma per gli inquirenti il punto centrale è sempre la non credibilità della tesi secondo cui dietro le suore che denunciano ci sia qualcuno.

Pm: <<non è casuale (si rivolge al difensore di Salonia, n.d.r.) che io lo chieda a lui. Allora, perché questo rapporto che ha questa evoluzione, queste caratteristiche tra lei e suor … ad un certo punto suor … arriva al punto di manifestare e riferire, perché è evidente che queste cose le ha riferite Salonia, prima di andare dai carabinieri a fare la denuncia querela con un avvocato … è evidente che di queste cose lei ne ha parlato in primis, come lei immaginerà, con la psicoterapeuta (quella che le ha consigliato Salonia quando ha deciso di interrompere i propri trattamenti perché a suo avviso non più necessari, n.dr.) e con il suo psichiatra, è ovvio, no? E’ scontato questo. Allora, perché ad un certo punto questa suor … che apprendo oggi, io neanche lo sapevo, è laureata in…, quindi non è proprio una persona stupida, e culturalmente attrezzata, apparentemente, lei è un sacerdote, lei una suora, ma che motivi avrebbe di accusarla, calunniarla diciamo, accusandola di queste nefandezze? Perché ad un certo punto si sveglia e dice: “Non solo io ho subìto queste cose ma io ritengo di doverle anche denunciare”. Ecco, se ho capito bene lei dice: “Sicuramente ha avuto rapporti con Dell’Agli”…>>.

Indagato: <<o con qualcuno, perchè la domanda è un’altra, perché dieci anni una persona che è laureata in …, ha 50 anni (le asserite violenze riguardano un periodo in cui la religiosa ha da 42 a 46 anni; 50 anni circa è l’età nel momento della denuncia, n.d.r.), eccetera mai percepisce che il rapporto era inquinato, non era terapeutico, e lo percepisce dopo anni …..>>.

Abbiamo esaurito lo spazio di questo sesto articolo in gran parte dedicato alla versione di Salonia così come resa agli inquirenti il 18 ottobre 2018 sui fatti oggetto del processo che lo ha visto imputato: è l’unica possibilità che abbiamo poichè al nostro invito, relativamente alla presente inchiesta, non ha risposto.

Ci sarà bisogno pertanto ancora di una puntata per dar conto di sviluppi e risultanze conclusive soprattutto in relazione ad alcuni filoni di ricerca nei quali ci siamo imbattuti muovendo dal punto di partenza che dà il titolo all’inchiesta: una sentenza ingiusta e assurda e tutte le sue spiegazioni. Ed anche per sciogliere dubbi, definire quesiti, fornire testimonianze e aggiornamenti su questioni cruciali, di grande attualità anche al di fuori dei fatti trattati, come il termine dato alle vittime per denunciare i reati di violenza sessuale e la valutazione, in sede giurisprudenziale, di tali termini di legge.

Infine ci capiterà di misurare ancora la distanza abissale tra i fatti e la ‘giustizia vaticana’ con tutte le conseguenze del caso, anche per via di efficaci orchestrazioni mediatiche, in termini di furto di verità in danno dei cittadini, ‘fedeli’ o meno, alla Chiesa cattolica, ad altre istituzioni o a valori comunque degni di fede, possibilmente in coerenza.

Intanto, anche per apprezzare criticamente in ogni loro aspetto le versioni fonte del nodo processuale rimasto definitivamente irrisolto, anche in vista delle conclusioni della prossima, ultima, puntata è bene focalizzare in sintesi i punti cruciali del racconto delle violenze sessuali da parte di suor Teresa le quali invece, in quello di ‘padre Salonia’ (come lo chiama la religiosa) sono normali attività e tecniche di psicoterapia. Punti cruciali contenuti nella parte iniziale dell’articolo e che qui richiamiamo in vista della parte conclusiva dell’inchiesta.

I brani più rilevanti, le sequenze decisive, i passaggi nodali

ai fini della verità e delle conclusioni impedite nel processo

Dopo quattro anni Salonia intende porre fine a quell’enormità la quale, nella coscienza dei due protagonisti, equivale a due realtà totalmente diverse. Per suor Teresa, pur nella sorpresa, nell’incredulità, nei dubbi, e nel senso di repulsione provocato dalle ‘terapie’ somministrate dal frate, si tratta pur sempre di metodi di cura la cui accettazione ha la propria ratio, soggettivamente, nella fiducia illimitata riposta nel sacerdote e, oggettivamente, nella specificità del proprio trauma e delle violenze subite da bambina le quali turbano la sua psiche irrisolta di adulta.

Salonia, dopo quattro anni, vuole porvi fine probabilmente per mettere un punto a quell’orrore che per lui è solo un rischio dal quale prendere le distanze per poterne meglio controllare, e magari neutralizzarne, la futura emergenza di pericoli possibili.

Adesso è utile soffermarci sulla dettagliata sequenza di forza crescente delle situazioni descritte da suor Teresa. Gli abusi e le violenze sessuali avvengono ripetutamente ad ogni seduta nel corso di quattro anni. Ma solo nell’ultima di queste sedute Salonia si spinge a chiedere e a ottenere – con l’inganno, con l’induzione della sua autorità e il peso della sua credibilità – una fellatio.

In proposito ecco un brano che bisogna tenere presente. <<Nel 2012 padre Giovanni – riferisce la religiosa – mi ha proposto durante i nostri incontri di fare delle sessioni pratiche perché io diventassi parte attiva e superassi il disgusto che provavo verso il corpo maschile. Una prima volta mi fece toccare il suo pene, dopo che si era abbassato i pantaloni e gli slip. Era un’attività finalizzata all’esplorazione secondo quanto lui mi diceva, tranquillizzandomi perché io ero molto imbarazzata e tesa. La seconda volta lui mi ha detto di baciarlo sul pene dicendomi che era ciò che io volevo ed io l’ho baciato provando un disgusto indescrivibile. Preciso che questi inviti erano fatti in maniera molto suadente e convincente nonché con modalità rassicuranti spiegandomi che era la terapia. La terza volta mi ha detto di prenderlo in bocca e per convincermi diceva che era ciò che io volevo e di non lasciarmi fermare dalla paura di farlo. Ricordo che quella volta l’ho messo in bocca provando un disgusto incredibile e rimanendo ferma. Ricordo perfettamente di avere avvertito lo stesso odore percepito con mio padre e che solo di recente ho ricollegato agli abusi subìti>>.

Dal racconto della paziente apprendiamo quale sia il suo atteggiamento in quel momento drammatico e sconvolgente: subìre quel rapporto, praticarlo rimanendo ferma, bloccata da un forte senso di repulsione, oltre che da una istintiva obiezione morale di coscienza, superata però dalla fiducia nel sacerdote-psicoterapeuta. Questo suo stato omissivo – di totale rigetto dell’atto, sia pure nella sua accettazione passiva frutto d’inganno – rappresenta un punto di svolta nella strategia del frate. Egli nelle sue aspettative avrebbe potuto trovarsi dinanzi una partner attiva, partecipe, consenziente e corrispondente la quale quindi avrebbe cambiato il corso del rapporto. Si ritrova invece sotto gli occhi una vittima ancora ignara dell’atroce violenza subìta che per lei è solo un trattamento clinico orribile e ripugnante, accettato come, in una situazione simile a tante altre frequenti, una medicina prescritta dal medico nel quale si riponga piena fiducia, disgustosa ma utile alla malattia. E’ in questo momento che l’aspettativa, e la pretesa, del cappuccino si arrestano. Ha provato ed è andata com’è andata. Egli comprende bene che sarà inutile, ed anche poco appagante, insistere in futuro. Ma soprattutto si rende conto che bisogna ‘mettere a posto’ e tenere sotto controllo un passato pericoloso che all’esito di quella seduta in fretta chiude.

Perciò lo psicoterapeuta comunica alla paziente che ormai è guarita e che non ha più bisogno delle sue cure, le consiglia un diverso psicoterapeuta, una donna, che non segue il metodo Gestalt ma le dice che lui all’occorrenza rimane disponibile, inoltre mantiene vivo e caldeggia il contatto e infine la esorta a tenerlo informato sulla nuova terapia.

Nei brani sopra richiamati e nei punti salienti delle dichiarazioni dell’indagato che occupano quasi per intero questo articolo ci sono tutti gli elementi per l’approssimazione alla verità che il processo ha impedito.

6 – continua

Le puntate precedenti sono state pubblicate il 14 ottobre 2023 (qui), 21 ottobre 2023 (qui), 28 ottobre 2023 (qui), 4 novembre 2023 (qui) e 11 novembre 2023 (qui).

Qui invece un breve articolo, del 6 novembre 2023, relativo alle dichiarazioni del Papa, lo stesso giorno, sul vescovo di Piazza Armerina Rosario Gisana.