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Comune di Modica allo sbando, tra dirigenti assunti illegittimamente, atti nulli, sfascio dei conti, disordine corrente, vuoto di competenze, violazione sistematica delle regole di corretta gestione e di trasparenza. E tra le pieghe di provvedimenti oscuri e di casualità singolari emerge una sorprendente allocazione del potere: c’è un funzionario che, nelle grazie di Abbate, ‘può’ più di chiunque. Certe assunzioni Sais, opportunità contrattuali, lo sfascio della polizia locale sulla pelle della città e di un ente costretto da malattia cronica a calpestare basilari principi di imparzialità e tutela delle risorse pubbliche. Le commistioni d’affari, la nomina indebita di fedelissimi e la persecuzione di funzionari onesti, perchè onesti. Un fitto campionario di abusi e di atti viziati: uno tra i tanti l’incarico da 110 mila euro per lo streaming delle riunioni del consiglio comunale. Ai lettori l’imbarazzo della scelta: dai fiori dell’imprenditore agricolo Ignazio Abbate alla formula segreta dell’olio del benessere del suo ‘sistema’

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Dal primo luglio scorso a Modica circolano i bus della Sais, nuovi e di colore rosso fiammante, moderni e leggeri, adatti alle strade della città per garantire al meglio il servizio di trasporto pubblico locale. Dopo quasi settant’anni subentrano a quelli, vecchi e fatiscenti, dell’Ast, l’Azienda siciliana trasporti di proprietà della Regione, da tempo incapace di garantire un servizio pubblico essenziale.

Tutto bene quindi?

Magari sì, se si potesse essere solo ‘passeggeri’ spensierati a bordo di queste corriere agili e confortevoli, e non anche cittadini.

Vediamo allora come il Comune di Modica sia giunto alla sostituzione del vecchio partner, l’azienda pubblica istituita nel 1947 dalla neonata Regione – appena due mesi dopo l’insediamento del primo governo presieduto dal Dc Giuseppe Alessi all’alba dell’Autonomia, più antica della stessa Costituzione – con il fine dichiarato, meritorio, di garantire un servizio sociale essenziale ma in effetti, da sempre, un carrozzone pubblico avente lo scopo principale di appagare appetiti politici di sottogoverno e alimentare clientele riservando solo piccole energie residuali alla circolazione degli autobus sulle strade siciliane.

Proprio Modica già allora fu beneficiata di un trattamento di grande riguardo, prescelta come sede operativa di una delle tre strutture territoriali nell’isola, quella sudorientale con Modica e Siracusa: le altre sono a Palermo e Trapani per l’area occidentale e a Catania e Messina per quella nordorientale. Inevitabile che la città della Contea si affidasse all’Ast anche per il servizio di trasporto urbano che, erogato in poche decine di comuni, non è mai stata la sua attività prevalente.

Trasporto locale, dopo l’Ast arriva la Sais: affidamento diretto

in nome di una finta emergenza. Da tempo tutto previsto: perchè non una gara? Inoltre, come al solito, i motivi di illegittimità sono plurimi

Per quasi mezzo secolo l’Azienda siciliana trasporti, di proprietà al 100% della Regione, ha operato in regime di concessione regionale. Trasformata nel 2006 in società per azioni per divenire compatibile con il mercato interno dei servizi disegnato da una direttiva Ue, la 123 dello stesso anno, ha proseguito, senza mai una gara ad evidenza pubblica, attraverso affidamenti diretti necessariamente provvisori. In Sicilia, nonostante le diffide europee, questa situazione si protrae da 18 anni, giungendo oggi al capolinea non tanto per, tardiva, spontanea capacità di rispetto degli obblighi di legge, quanto, al contrario, per incapacità – dell’impresa pubblica, priva di liquidità, più volte messa in mora dai creditori compresi i fornitori di carburante e dei servizi di manutenzione, con mezzi obsoleti – di far fronte agli impegni di servizio.

Già nel 2022 l’Ast fa sapere al Comune di Modica di non potere più garantire il trasporto urbano e con nota del 24 gennaio ’23 ribadisce tale impossibilità fissando la cessazione a fine febbraio. Il Comune fa finta di niente e, considerata l’importanza del servizio, con delibera della commissaria straordinaria Domenica Ficano, approvata il 6 marzo ’23 con i poteri della giunta, predispone un ‘atto impositivo’ in attesa che sia espletata la gara. L’Ast è costretta ad eseguire perché la normativa (l’art. 13 della legge regionale 13/19, poi parzialmente dichiarato incostituzionale e l’art. 92, 4° comma ter del decreto legge 18/20 relativo ai provvedimenti d’emergenza per la pandemia, nel frattempo superata) consente, al fine di scongiurare l’interruzione di un servizio essenziale, un affidamento diretto mediante l’imposizione di oneri di servizio pubblico nelle more dell’espletamento della gara.

Ma della gara il Comune non si occupa affatto. L’amministrazione-Abbate, fin dal suo primo insediamento nel 2013 reitera l’affidamento provvisorio avviato nel 2008 dalla precedente amministrazione-Buscema appena concluso il regime di concessione, senza mai preoccuparsi di compiere gli atti dovuti, in linea peraltro con l’inerzia della Regione che fa altrettanto, fin quando, il 15 giugno 2022, la Corte dei Conti contesta l’ultima proroga eseguita ai sensi di una norma (l’art. 13 della legge regionale 13/19) nel frattempo come abbiamo visto dichiarata incostituzionale, attestando che le prestazioni, pur indennizzabili data l’essenzialità del servizio, sono eseguite sine titulo dalle società di autolinee. La sentenza viene emessa in riferimento alle corse extraurbane ma contiene statuizioni valide anche per quelle urbane.

Sulla stessa linea procede anche la commissaria Ficano, perfino dopo la notifica da parte dell’Ast di non essere più in grado di proseguire il servizio. In continuità con Ficano, e ovviamente con Ignazio Abbate in carica per nove anni da giugno 2013 a maggio 2022 (dimessosi per candidarsi ed essere eletto all’Ars nella Dc di Totò Cuffaro), si muove anche la sindaca Maria Monisteri che il 26 febbraio ’24 continua a chiedere una proroga all’Azienda siciliana trasporti la quale non risponde ma va avanti fino a giugno.

Alcune domande s’impongono. Due anni dopo avere saputo che l’Ast non è in grado di garantire il servizio e diciotto anni dopo la presa d’atto che l’affidamento presuppone necessariamente una gara ad evidenza pubblica in piena trasparenza secondo la normativa europea, cosa fa il Comune? Finalmente è pronto a bandire la gara?

Nient’affatto. Non solo non è ancora pronto, ma non inizia mai neanche a prepararsi a tale necessario adempimento. Né con Ignazio Abbate, né con Ficano e neanche, persino tuttora, ad ottobre 2024, con Monisteri.

Ma come possono ‘lorsignori’ riuscire a non interrompere il servizio? Semplice: continuando a violare le norme. Se della gara, che richiede almeno diversi mesi di preparazione,  neanche ti occupi, ovvio che hai una sola scelta: l’affidamento diretto. Una scelta dettata dall’emergenza, la sola condizione alla quale la legge consente l’extrema ratio, ma in effetti frutto di negligenza che, poiché reiterata, consapevole e quindi ingiustificabile, diventa ben altro: volontà lucida e consapevole di violare le norme scegliendo vie diverse, forse più utili e convenienti a chi le percorre ma non certo all’ente pubblico, all’utenza e alla città.

E infatti il 23 novembre 2023 la sindaca Monisteri acquisisce una manifestazione d’interesse da parte della Sais Autolinee spa. Ne segue uno scambio di comunicazioni che porta ad un’intesa su queste basi: conferma degli elementi principali del servizio svolto storicamente dall’Ast tra i quali la percorrenza annua di 260.083 Km, prezzi invariati di biglietti e abbonamenti, mantenimento delle dieci linee in esercizio cui aggiungerne una estiva di collegamento con le località balneari di Maganuco e Marina di Modica, abbonamenti a tariffe ridotte per anziani e studenti, orari corrispondenti alle esigenze di questi ultimi in periodo scolastico, info-mobilità e ticketing. Corrispettivo per la Sais la somma annua di € 764.273,57 (di cui € 599.273,57 trasferiti correntemente dalla Regione ed € 165.000,00 a carico del bilancio comunale) cui l’azienda può sommare l’intero ricavato dalla vendita di biglietti e abbonamenti, a prezzo invariato: € 1,20 la corsa semplice (€ 1,50 con acquisto a bordo); € 5,00 il biglietto giornaliero; € 15,00 quello settimanale; € 4,00 il mensile; € 36,00 il mensile studenti.

E così la giunta municipale, con delibera del 21 marzo 2024 – presenti la sindaca Monisteri e tutti gli assessori – prende atto della cessazione dell’attività da parte dell’Ast e autorizza l’affidamento temporaneo cui provvede il 27 maggio il dirigente del primo settore, Affari generali, Rosario Caccamo con decisione a contrarre tramite trattativa diretta. Il costo per due anni è di € 1.553.588,30, cifra data dall’importo base di € 1.389.588,30 cui bisogna aggiungere l’iva, il contributo Anac, il rimborso al Libero consorzio dei comuni quale stazione appaltante e l’ulteriore somma di € 27.791,77 per incentivo alle funzioni tecniche pari al 2% del totale. Il 21 giugno 2024, cinque giorni prima dell’avvio del servizio, alla stipula del verbale d’esecuzione intervengono per Sais autolinee spa il presidente Giovanni Visicchio e per il Comune Elvira Belviglio, vice comandante della polizia locale.

Oltre alla responsabilità sostanziale di avere precostituito con la propria colpevole inerzia le condizioni utili ad invocare un’emergenza insussistente, perché nota da tempo, ed aggirare così le norme, il Comune di Modica compie almeno altre due violazioni.

La prima riguarda, nella misura della parte a proprio carico (€ 330.000,00 in due anni), la mancata copertura finanziaria perché non approntata nè attestata in conformità alle norme vigenti e alla fitta giurisprudenza che da anni martella sulla necessità del rispetto del principio di ‘competenza finanziaria potenziale’ al fine di garantire trasparenza, tutelare i creditori e prevenire il rischio di emersione di debiti fuori bilancio. Le regole sono chiare e gli obblighi inderogabili: la somma complessiva va impegnata nella contabilità di competenza e imputata ai vari esercizi. Il Comune di Modica viola ‘regolarmente’ questi principi basilari inficiando la copertura finanziaria con la conseguenza che l’eventuale relativo contratto in essere non impegna l’ente ma è stipulato dal dirigente, in proprio e sotto la propria responsabilità.

La seconda attiene alle modalità prescelte (‘corrispondenza secondo l’uso commerciale’) permesse dalla legge, l’art. 18 del Codice dei contratti, in caso di affidamenti provvisori ma – non esiste interpretazione plausibile in senso contrario –  per gli importi sotto soglia, inferiori a € 140.000,00, non certo per una cifra da oltre un milione e mezzo di euro che avrebbe richiesto la forma del contratto pubblico come univocamente chiarito in atti amministrativi, pareri delle autorità garanti, giurisprudenza italiana ed europea.

Il sistema di illegittimità permanente del Comune di Modica, più volte documentato in vari articoli precedenti (in calce l’elenco completo) nel caso dell’affidamento diretto alla Sais può forse sembrare meno grave perché coltivato all’ombra di responsabilità e opacità regionali ma non per questo lo è nella sostanza, come dimostra il fatto che altri enti locali agiscono in modo diverso.

Dalla Regione la prima procedura ad evidenza pubblica per un appalto da 883 milioni: da sempre finora, in settant’anni, soldi in mano a poche famiglie, immancabilmente le stesse; un euro a chilometro senza controlli. 

Vedremo di seguito chi è la Sais e quale il suo ruolo nel sistema del trasporto pubblico locale costruito dalla Regione, prima intorno alla propria azienda e poi – una volta messo fuori legge dall’Ue nel 2007 questo sistema lesivo dei principi di trasparenza e libera concorrenza – mantenuto attraverso una sistematica elusione di obblighi e scadenze, mediante proroghe e furbizie varie come quella escogitata diciassette anni fa, per immediata reazione, dall’allora presidente della Regione Salvatore Cuffaro la cui famiglia era ed è titolare di aziende del settore che percepiscono milioni di euro dalla Regione medesima.

Dopo lo stop europeo alla prassi delle proroghe, il capo del governo siciliano del tempo con un tratto di penna trasforma le concessioni in ‘contratti di servizio’, da allora sempre reiterati nonostante le intimazioni europee. Finora esse sono servite a lasciare immutata una situazione consolidatasi in oltre mezzo secolo e nel 2006 entrata in collisione con la normativa. Peraltro, con tali contratti di servizio, alle aziende basta presentare un programma ad inizio attività e poi dichiarare a consuntivo corse e chilometri. Zero controlli e rimborsi regionali nella misura di 1 euro a chilometro.

Dopo rinvii e diffide, in ultimo era stato fissato il 2019 come limite temporale invalicabile oltre il quale questa situazione di illegittimità avrebbe dovuto cessare. E invece siamo ancora al sistema di sempre anche se, va precisato, la gara è stata finalmente indetta, pochi mesi fa, con bando europeo del 28 marzo 2024, e il 28 ottobre prossimo scadrà il termine entro cui le aziende che hanno manifestato interesse a partecipare dovranno far pervenire le proprie offerte: è questa la prima volta in Sicilia, dopo oltre settant’anni, di una procedura ad evidenza pubblica nel settore.

Una gara, per l’affidamento per nove anni dei servizi di trasporto pubblico locale extraurbano, da quasi 900 milioni di euro, 883 per l’esattezza, un costo sensibilmente inferiore a quello sempre sostenuto finora: comunque, senza considerare i ribassi, meno di cento milioni l’anno a fronte dei 150-220 finora erogati. Le tratte da coprire previste dal bando ammontano a oltre 53 milioni di chilometri, ai quali si aggiungono gli 11 milioni 850 mila assegnati in house all’Ast, per un totale di 65 milioni di chilometri, il 4,4 per cento in più delle percorrenze attuali. La procedura prevede la divisione del territorio regionale in quattro lotti: il primo comprende il bacino di Palermo e Trapani per 13.794.400 chilometri; il secondo i territori di Catania, Ragusa e Siracusa per 10.259.863 chilometri; il terzo la provincia di Messina, per 9.877.015 chilometri; il quarto Agrigento, Caltanissetta ed Enna per 18.895.685 chilometri.

Finora abbiamo avuto 570 linee gestite da 86 aziende nel servizio extraurbano e 84 in quello urbano. Ma non inganni il numero delle imprese. Molte di loro, a decine, sono riunite nelle stesse mani, le mani capienti di poche famiglie, la più potente e importante delle quali è quella che ha in dote proprio la Sais, ‘Società Autolinee Ingegnere Scelfo’, dal nome del suo fondatore che a Enna nel 1926, quasi un secolo fa, diede inizio a questa storia imprenditoriale ancora saldamente in mano ai propri eredi. Una storia, come le altre simili, fortemente intrecciata con la politica.

Il sistema che a fine anno dovrebbe volgere al capolinea da sempre è foraggiato dai soldi della Regione, concessi praticamente a vita a questi clans, nella misura di un euro per chilometro: un bottino medio annuo da 200 milioni di euro (più alto nel decennio precedente; in diminuzione, grazie ai controlli imposti dalla normativa europea, in tempi più recenti) che ovviamente le imprese cumulano con il ricavo totale dalla vendita di biglietti e abbonamenti e da altri proventi, come quelli da pubblicità o da altre fonti.

Dagli autobus di Cuffaro a quelli degli Scelfo: un impero costruito

sulla Sais e prosperato, come l’intero settore, negli intrecci con la politica. Oligopolio capace di bloccare ogni idea di sviluppo delle Fs  

A consultare gli archivi, sia delle testate giornalistiche che dei siti istituzionali, ad ogni scadenza, dopo il 2007, emergono accuse ai vari governi in carica per la mancata preparazione della gara e il rituale rifugio nella proroga per motivi d’emergenza. Per esempio il 10 ottobre 2018, in vista della scadenza ‘ultima’ fissata al 3 dicembre 2019, è Stefania Campo del M5S a scuotere il governo-Musumeci e a diffidarlo dall’andare avanti con l’andazzo di sempre. Ma invano, tant’è che un anno dopo, il 4 ottobre 2019, la deputata all’Assemblea regionale siciliana denuncia l’ennesima proroga disposta con legge, la 13 del 2019, impugnata dal governo centrale e poi dichiarata parzialmente incostituzionale, e si scaglia contro la perpetuazione di un gigantesco trust familiare messo fuorilegge dal Regolamento europeo 1370 del 2007.

La torta media dei 200 milioni annui da tempo immemorabile è spartita, quasi per diritto dinastico, a poche famiglie il cui nome, spesso sconosciuto, si cela dietro le tante sigle societarie e le rispettive insegne che campeggiano sui pullman.

La parte del leone, il 38% del totale, spetta proprio agli Scelfo, nome su cui torneremo ancora più avanti, presente con le proprie aziende nei primi cinque posti della lista delle razioni più abbondanti di milioni distribuiti, grazie ai collegamenti tra vari capoluoghi provinciali dell’isola resi preziosi dallo stato permanente di disastro in cui è tenuto il servizio ferroviario. In proposito persino negli atti della Regione da decenni è scritto che la potente lobby degli autobus ostacola lo sviluppo dei servizi ferroviari condannando anche le merci a viaggiare sulle strade.

Altri nomi sono quelli di Lumia (5,3 milioni di ricavi, la metà dalla Regione), di Prestia e Comandè che gestisce i collegamenti fra Palermo e l’aeroporto Falcone-Borsellino (4,7 milioni di ricavi, 1,2 dalla Regione) e quello ben noto di Cuffaro, presente in due società legate e ‘imparentate’.

La più antica, fondata dal padre dell’ex presidente della Regione nel 1985, la ‘Angelo e Raffaele Cuffaro’, ha tra i soci i due fratelli Giuseppe e Silvio. Nonostante il nome ‘pesante’ e la scia di polemiche e veleni – come quando ad agosto 2009 un aumento dei finanziamenti deciso dalla giunta di Raffaele Lombardo viene percepito come un regalo utile ad un riavvicinamento con l’amico-rivale e predecessore Totò, oltre che ad un rientro dell’Udc in maggioranza – l’azienda in questione, operante soprattutto nell’Agrigentino, è solo settima per numero di linee e chilometri percorsi e quindi per contributi pubblici: 1,4 milioni di ricavi di cui un quarto dalla Regione. Più corposa l’attività della ‘Cuffaro Autoservizi’ il cui amministratore unico è Giuseppe Cuffaro: la società opera sulla linea Agrigento-Palermo e vanta una percorrenza annua di quasi un milione e ottocento mila chilometri, per un corrispettivo di altrettanti euro. Inoltre nella mole d’affari sviluppata dagli autobus di famiglia vanno annoverati anche i pullman della Lumia trasporti, l’azienda già citata, operante da quasi ottant’anni (fondata nel 1943) e associata alla Cuffaro group: legale rappresentante e direttore ne è lo stesso Giuseppe Cuffaro, fratello del politico Totò.

Del resto le commistioni tra affari privati e ruoli di pubblico potere nella famiglia dell’ex presidente della Regione, pregiudicato per reati commessi con l’aggravante di avere favorito la mafia, sono note e svariate. Lo scorso anno per esempio al fratello Silvio, dirigente generale del dipartimento Finanze della Regione, è toccato di riacquistare i palazzi, 33 edifici sede degli assessorati, che il fratello Totò da presidente aveva venduto ad un fondo immobiliare quindici anni prima: operazione discutibile che allora si risolse in un ricavo di 220 milioni e nell’affitto immediato degli stessi immobili per 20,4 milioni l’anno: nella media di mercato il valore della proprietà equivale a vent’anni di canone di locazione, mentre in questo caso la Regione ha già pagato in quindici anni oltre 300 milioni ed ora, dopo questo salasso, torna al punto di partenza. A quella vendita, al Fiprs, fondo controllato da Pirelli Re (oggi il 32,5% di quote è detenuto da Unicredit, altrettanto da Intesa e il 35 % dalla Regione), seguì l’affidamento dell’incarico di censimento del patrimonio immobiliare alla Sti dell’imprenditore piemontese Enzo Bigotti: costato 110 milioni di euro, tale servizio non è mai stato utilizzato. Come i lettori di ‘In Sicilia Report’ sanno, soprattutto quelli più attenti alle vicende della città di Modica, Silvio Cuffaro era stato il capo di gabinetto dell’assessore alle autonomie locali Marco Zambuto, attualmente genero di Totò Cuffaro, che il 7 giugno 2022 nominò la commissaria straordinaria del Comune Domenica Ficano dopo le dimissioni del sindaco Ignazio Abbate.

Tornando agli autobus e all’insegna Sais con cui stanno familiarizzando gli utenti del trasporto pubblico urbano a Modica, occorre parlare della famiglia Scelfo, il più potente dei gruppi che fanno muovere migliaia di mezzi in tutta la Sicilia e altrove.

Tutto comincia nel 1926 quando Antonio Scelfo mette in strada ad Enna un bus con il marchio Ias, acronimo dato dalle iniziali del suo titolo di ingegnere e del suo nome e cognome. Lo sviluppo e la crescita arrivano nel dopoguerra, soprattutto negli anni ’50 e ’60. Dopo la sua morte, nel 1949, sono la moglie Giovanna e il figlio, allora sedicenne, Alessandro, a dare seguito all’impresa. Con lui, che sposa una parente della famiglia Grimaldi di Monaco, ben presto si pone in prima linea anche la sorella Francesca la quale si unisce in matrimonio con un assistente dell’allora politico emergente Salvo Lima, il capo della corrente andreottiana della Dc, crocevia di traffici politico-mafiosi, ucciso a Palermo il 12 marzo 1992 probabilmente per non essere riuscito, a differenza che in passato, a fare cancellare in Cassazione gli ergastoli ai mafiosi inflitti dalle sentenze del primo maxi-processo istruito dai giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Quello riportato è un mero dato di cronaca, privo di ogni tendenziosità o retropensiero visto che peraltro in quel periodo storico degli anni ’50 il giovane Lima non era certamente conosciuto come un mafioso, ben presto protetto anche dai galloni istituzionali di luogotenente in Sicilia del poi sette volte (dalla prima nel ’72 all’ultima nel ’92) presidente del consiglio Giulio Andreotti membro e figura di rilievo di un governo, il IV di Alcide De Gasperi, già nel ’47 a 28 anni.

Il boom dell’impresa ennese dei bus arriva negli anni ’70 e a guidarlo sono Alessandro, nominato nel ’99 cavaliere del lavoro, e Francesca cui si aggiungeranno la moglie e la figlia (Giovanna Mammana e Samuela Scelfo) di un altro fratello, Leonida, morto in giovane età. L’ultima sorella, Maria Luisa, docente universitaria, rimane fuori dall’impegno diretto nelle aziende di famiglia. Oggi siamo alla terza generazione – con in prima linea Samuela Scelfo e Antonio Graffagnini (figlio di Francesca Scelfo) vice presidente e presidente regionale dell’Anav, Associazione nazionale autotrasporto viaggiatori, associata a Confindustria – di un gruppo, tra i primi in Italia, forte di decine di aziende le quali fanno viaggiare migliaia di autobus in Sicilia, in tutte le regioni italiane e in molti paesi europei, governando anche, con il marchio BusCenter, una rete presente in pratica ovunque, ed inoltre offrendo pacchetti turistico-alberghieri e servizi informatici.

Un ‘impero’ con una precisa suddivisione familiare interna.

Al ramo di Alessandro Scelfo, oggi più che novantenne, fa capo il gruppo Interbus, con Etna Trasporti, Segesta, Sicilbus, e BusCenter che oltre a far viaggiare i propri pullman di lunga percorrenza è alla testa di una rete continentale. Per i chilometri percorsi all’interno dell’isola la Regione gli corrisponde mediamente ogni anno quindici milioni di euro.

Alla sorella Francesca Scelfo Graffagnini fa capo Sais Autolinee (circa 6 milioni di km l’anno e altrettanti euro dalla Regione), mentre a Giovanna Mammana e Samuela Scelfo, eredi di Leonida Scelfo, appartiene un terzo gruppo comprendente – per citare anche in questo caso solo le aziende più importanti e le insegne più note – Sais trasporti, Giamporcaro, Gallo, Sarp (altri 6 milioni di km per un contributo pari da parte della Regione).

Modica, il peso in Comune di un funzionario di polizia locale,  imprenditore di successo e colonna del sistema-Abbate che a lui deve moltissimo. Trame e dinamiche di un potere deviato sotto traccia 

Torniamo quindi a Modica e alla gradevole sensazione che da oltre tre mesi pare accompagni i passeggeri del trasporto urbano, soprattutto quelli abituali, capaci di apprezzare la differenza dei nuovi bus rosso fiammante rispetto a quelli vecchi dell’Ast spariti la sera del 30 giugno scorso.

Un clima di soddisfazione quindi che in qualcuno raggiunge punte ben più alte e a ragion veduta. E’ il caso di uno dei vice comandanti della polizia locale il quale non viaggia sui bus della Sais ma nondimeno si trova, più di chiunque altro, nella condizione ideale per apprezzarne i servizi.

E’ Giorgio Ruta, 64 anni, dal 1987 nell’organico dei vigili urbani, oggi agenti di polizia locale. Non sorprenda la citazione per nome di chi potrebbe sembrare un dipendente comunale qualunque: egli invece è figura chiave nelle dinamiche di potere dell’amministrazione dell’ente negli ultimi undici anni e mezzo, fin da quando Ignazio Abbate si prefigge la scalata di palazzo San Domenico, peraltro con l’obiettivo futuro di spiccare il volo all’Assemblea regionale siciliana.

A quel tempo Abbate, ex consigliere provinciale Ds in carica dal 2007 al 2012 fino al commissariamento dell’allora Provincia, è un imprenditore agricolo mosso da smodata ambizione politica ma anche costretto a fare i conti con una congiuntura difficile dell’azienda di famiglia di cui è titolare: in questa qualità aveva conquistato la presidenza comunale della Cia, Confederazione italiana agricoltori, carica ricoperta ancora nel 2007 quando si candida ad un seggio nel palazzo di viale del Fante. Nel momento in cui mette nel mirino palazzo San Domenico ha bisogno di aiuti, anche economici, per la campagna elettorale. E trova il suo big sponsor, nonché fedelissimo sostenitore e grande elettore nel ‘collega’ imprenditore agricolo Giorgio Ruta.

E sì, perché Ruta, prima e più che un vigile urbano è – e non smette mai di essere – un imprenditore agricolo, peraltro di un certo successo a giudicare dai risultati conseguiti con l’azienda di famiglia, ‘Frantoio oleario Ruta’, fondata nel 1953 dal padre Francesco: ‘Don Ciccio’ nel nome e nel volto divenuti il brand di uno dei prodotti di punta della gamma commerciale sul mercato. Fin dagli anni ’80 del secolo scorso è il giovane Giorgio a portarla avanti e a farla crescere negli affari: è lui, dipendente comunale già a 27 anni, il vero dominus e artefice dell’impresa che, dopo la morte del padre-fondatore, in omaggio formale alla protezione di certe esigenze minime di parvenza del pubblico impiego, viene intestata alla moglie, Anna Valeria Cannata. E negli anni ’90 all’attività originaria di molitura di olive si aggiunge quella di produzione di olio dagli oliveti di famiglia e da una selezione di monocultivar provenienti dai territori siciliani particolarmente vocati all’extravergine di qualità.

Nel 2013 l’imprenditore agricolo Giorgio è al fianco del collega Ignazio nella sua nuova avventura politica; lo segue e lo sostiene in ogni passo; organizza gruppi di sostegno anche dentro il Comune e nel corpo di polizia locale; arruola e galvanizza dipendenti comunali da cui ottiene fedeltà assoluta alla causa prospettando loro tutti i vantaggi di un sindaco amico che saprà essere loro grato; gli infonde, e non a parole, sicurezza anche economica.

Il piano riesce e da quel momento Ruta acquista potere e influenza nelle stanze che contano a palazzo San Domenico. Un potere, il suo, che non ama i riflettori anche perché egli è un vigile urbano privo di ambizioni di carriera ed anzi non ha proprio voglia di dedicare troppo tempo alle esigenze di servizio, tutto preso dagli impegni imposti dalla cura dell’azienda di cui è il vero titolare e gestore, e dal ruolo di responsabilità in essa. Potere e influenza, pari nel reticolo dei propri interessi diretti a quelli di Abbate e superiori a quelli di ogni altra figura anche di vertice, che dentro palazzo San Domenico spende nel guadagnare le condizioni migliori per curare meglio i suoi affari. Egli è perno centrale del ‘sistema-Abbate’ ed esso, il sistema, per volere del suo capo, è sensibile a tutte le sue esigenze.

Da giugno 2013 nessuno in Comune può dirgli di no: se lo fa ne paga le conseguenze e infatti, se mai qualche volta qualcuno avesse osato non avrebbe avuto una seconda chance.

Insomma non accade che gli sia chiesto il normale rispetto dei doveri di servizio: orari d’entrata, d’uscita, presenze o assenze non lo toccano minimamente né possono riguardarlo.

Ex colleghi, dipendenti comunali ormai in pensione, raccontano che tempo fa negli uffici della polizia comunale era nata una strana anomalia, ovvero l’abitudine di organizzare pattuglie per i servizi di routine durante il giorno con ben tre operatori anziché due: meglio abbondare nel caso, pare molto frequente, di assenza di uno dei tre in turno! E a porre la domanda su quale fosse, statisticamente, la sorte operativa di quelle pattuglie, quale il numero medio di presenze effettive nella composizione in servizio, si ottiene solo un’espressione del viso unita a qualche interiezione che sembra invitare l’interlocutore ad indovinare la risposta e nel frattempo curarsi che sia quella giusta.

Quanto alla passione, e agli interessi, per l’impresa agricola che accomunano i due, va detto che anche Abbate, forse senza volerlo, ne esibisce qualche segno da sindaco in carica nella prima fase della sua amministrazione. Forse qualcuno ricorda ancora che per un periodo non breve la città potè agghindarsi con fiori ad ogni angolo e bardarsi di corolle nelle stanze comunali, in palazzi, vie e piazze: un bel vedere, durato oltre un anno, di cui ancora oggi si ignorano i costi. E ciò perchè, in dispregio delle norme e degli obblighi da esse imposti, la ricca fornitura veniva pagata con anticipazioni d’economato, con l’acquiescenza dei dirigenti del tempo e il nulla osta dei revisori in tempi in cui vigeva un sistema di comparti aperto e scambievole. Non sappiamo perchè fosse stato utilizzato un metodo singolare e non conforme, sappiamo però che esso ha impedito ogni tracciabilità della spesa: non esistono atti amministrativi a documentarla. A dire il vero qualcuno in quei fiori, anche grazie alla loro specifica qualità, riconosceva il prodotto dell’impresa agricola Abbate con sede a Frigintini. Del resto è ancora viva in alcuni la memoria di quell’imprenditore che caricava in auto i fiori prodotti dalla sua azienda e li conduceva personalmente nel mercato di Donnalucata. Poi divenne sindaco. E masse floreali abbellirono il ‘nuovo corso’: a prendere i soldi pare si presentasse un fioraio. Non ci sono documenti ad attestarne il nome, nè le somme versate dal Comune. Poi, sempre secondo la memoria di alcuni, il sindaco, a differenza dell’amico Giorgio, smise di fare l’imprenditore, pare cedendo la gestione dell’azienda, e quegli addobbi sparirono.

Quel ‘colpo di mano’ dell’allora sindaco Ignazio Abbate che costrinse

il comandante Giuseppe Pediglieri alle dimissioni. Gli effetti perversi

di privilegi e zone franche sull’intero personale dipendente

Fin dal suo arrivo a palazzo San Domenico, a giugno 2013, Abbate dedica attenzioni particolari alla polizia urbana. Subito dopo l’insediamento nomina nuovo comandante Giuseppe Pediglieri, laureato in giurisprudenza, funzionario dotato di competenza, spiccata coscienza del servizio pubblico e senso del dovere verso la comunità: in quel momento il neo sindaco lo ritiene disponibile ad una concezione del ruolo corrispondente alle proprie ambiziose aspettative, personali più che istituzionali.

In effetti Pediglieri è disponibile ed anche incline ad una certa elasticità mentale, e nell’esercizio di tale disponibilità profonde non poco impegno per esaudire i desideri del nuovo capo dell’amministrazione. Ma non fino al punto in cui questi pretende. Seguono scontri traumatici in cui il temperamento mite del comandante soccombe. Si racconta, e qualcuno assicura di avere visto di persona, certi pugni battuti con violenza sul tavolo per indurre, ‘con le buone’, Pediglieri a lasciare anzitempo l’incarico. E infatti a ottobre 2015, appena due anni dopo la nomina e tre anni prima della scadenza, abbandona, con l’amarezza di chi subisce un’angheria e la scelta dolorosa ma necessaria del silenzio per sfuggire a stress e agitazione, con lo sguardo rivolto alla pensione.

Liberata, con l’ausilio decisivo di fidi scudieri e valenti giannizzeri, la poltrona di comando che, come tutte le altre che contano, vuole totalmente piegata ai propri interessi, Abbate apre un nuovo corso sorretto questa volta – e pazienza se mancano i titoli e bisogna calpestare le norme – dalla certezza di non sbagliare. Ecco quindi un nuovo comandante e due suoi vice, uno dei quali è Giorgio Ruta: ‘vice’ solo perché fare il comandante non lo interessa affatto ed anzi è l’ultima cosa che vorrebbe, tutto preso dagli impegni nella propria azienda. Gli serve un ‘comando’ amico e acquiescente, per potere liberare il proprio talento di imprenditore e avere tutto il tempo necessario per farlo. Quello di vigile urbano, e da quel momento di vice comandante della polizia locale, non è il suo vero lavoro, non è il suo primo lavoro.

E infatti ogni anno, puntuale come le prime avvisaglie della maturazione delle olive sugli alberi – con la caratteristica invaiatura, il cambio di colorazione da verde a violacea che annuncia la raccolta – ecco scattare per il vice comandante l’astensione, anche formale, dal servizio per tre mesi, dal primo settembre al trenta novembre, grazie alla consueta, puntuale, richiesta di part time verticale accuratamente presentata per tempo e, per tempo, puntualmente accolta. E così il bravo imprenditore in quei tre mesi è libero anche dal doversi mentalmente ricordare ogni tanto del proprio status di dipendente comunale che talvolta un minimo di occupazione o di pensieri, anche in condizioni di grande favore, rischia, almeno potenzialmente, di comportarli.

Per la cronaca il ‘Frantoio oleario Ruta’ è un’impresa iscritta nell’apposito registro camerale il 23 maggio 1992 (codice Ateco ‘coltivazioni miste di cereali, legumi da granella e semi oleosi’), con sede legale a Modica in via Modica Giarratana 130 B/1, quale ditta individuale di Anna Valeria Cannata, con tre dipendenti dichiarati nel 2024.  Lo scorso anno, il 27 luglio 2023, risulta invece costituita l’omonima società a responsabilità limitata ‘Frantoio oleario Ruta’ di Francesco Ruta, con sede legale a Modica in via Modica Giarratana 45 (codice Ateco ‘attività produzione di olio d’oliva prevalentemente non di produzione propra’), cinque dipendenti, un capitale sociale di 100 mila euro, un fatturato nel 2023 di € 582.370,00, un utile nello stesso anno di € 81.056,00 e l’acquisizione per voltura il 7 dicembre 2023 del provvedimento Aua (Autorizzazione unica ambientale) rilasciata dal Libero consorzio comunale di Siracusa nel 2017 alla Frantoio oleario Ruta di Cannata Anna Valeria in relazione all’impianto di produzione olio sito in contrada Cozzo Scozzaria in territorio di Noto.

Quello della richiesta del dipendente Giorgio Ruta, sempre accolta dal Comune di Modica, di part time ‘per motivi familiari’ (espressione veritiera nella versione ‘motivi relativi all’impresa familiare’) non è l’unico titolo formale di limitazione del proprio tempo di servizio. Soccorre anche un ampio ricorso a quella norma della nota ‘legge 151’, (il Testo unico in materia di tutela e sostegno della maternità e paternità: è il decreto legislativo 151 del 2001, art. 42, quinto comma) che con le molteplici estensioni disposte negli anni dalla Corte costituzionale include anche il parente e l’affine entro il terzo grado, purchè effettivamente convivente, tra i soggetti aventi il diritto di congedo, per un periodo fino a due anni, per prendersi cura di una persona affetta da disabilità grave. E’ quel diritto, inizialmente previsto solo per il coniuge, così disciplinato dalla norma:  <<I dipendenti di datori di lavoro pubblici o privati possono richiedere, per gravi e documentati motivi familiari, fra i quali le patologie individuate ai sensi del comma 4, un periodo di congedo, continuativo o frazionato, non superiore a due anni. Durante tale periodo il dipendente conserva il posto di lavoro, non ha diritto alla retribuzione e non può svolgere alcun tipo di attività lavorativa…>>. Parole, queste ultime, che, dettate per il caso di legittima astensione dal lavoro chiesta con nobiltà d’animo dal lavoratore il quale scelga di assistere il parente convivente affetto da disabilità grave, fanno sorridere se poste in relazione ordinaria con i doveri correnti propri di un rapporto di lavoro dipendente e con i principi generali di esclusività e incompatibilità del pubblico impiego.

Ma talvolta la realtà è capace di abbattere barriere erette da ragione e diritto e, al Comune di Modica, pare che questo esercizio riesca particolarmente. Con tutte le conseguenze a cascata. Per esempio quella dei controlli. La fattispecie esaminata della legge 151 è talmente specifica, giuridicamente generosa nel beneficio e perciò rigorosa nei limiti, da richiedere necessariamente controlli scrupolosi che però a palazzo San Domenico nessuno prende in considerazione, impedito da ovvietà non dette ma ben chiare a tutti. E così chissà, tra i dipendenti comunali che si avvalgano della norma, quanti possano confidare nella certezza dell’impunità protetti da linee di confine invalicabili non tracciate per loro ma utili anche a loro! Il che, ovviamente, proietta i suoi effetti ben oltre l’ambito specifico del congedo previsto dalla legge 151, o di quello disciplinato all’origine dalla legge 104 del ’92 (tre giorni di permesso al mese) e determina un generale modus operandi dei vertici dell’ente, burocratici e politico-amministrativi, nell’intera gamma di atti, comportamenti, omissioni, inadempienze del personale tutto rispetto ai doveri di servizio.

Il disastro della dirigenza, in blocco illegittima, e quello ancora più grave della polizia locale in agonia: l’encomio per un ‘gesto eroico’ che,

complice una credibilità dell’ente ridotta a zero, fa discutere 

Situazione resa ancora più grave dalla carenza del personale e dalla situazione di disastro provocata dall’assetto della dirigenza costruito negli anni dal ‘sistema-Abbate’, esclusivamente per i suoi fini di asservimento dell’istituzione pubblica ai propri interessi privati, e confluito in quello in ultimo determinato, in totale coerenza, dai provvedimenti assunti dalla commissaria straordinaria Domenica Ficano proprio negli ultimi giorni di servizio, prima dell’insediamento della sindaca  Maria Monisteri che di questo retaggio, almeno finora, si è rivelata zelante custode e fedele garante. E’ l‘assetto che ruota intorno a tre dirigenti – Rosario Caccamo (settore affari generali), Maria Di Martino (settore finanziario e tributi) e Francesco Paolino (settore tecnico) –  nominati dalla commissaria Ficano il 23 maggio 2023 e immessi in servizio Paolino l’1 giugno 2023, gli altri due il 5 giugno proprio nel giorno del passaggio di consegne alla sindaca Maria Monisteri eletta pochi giorni prima per effetto del voto del 28 e 29 maggio. Tutti gli altri settori sono affidati a funzionari con incarichi di cosiddetta ‘elevata qualificazione’ (Eq), denominazione che ha preso il posto di quelli di ‘posizione organizzativa’: gli uni e gli altri frutto di assegnazione fiduciaria, discrezionale, a Modica anche arbitraria e mai corrispondente al bisogno dell’ente di avvalersi di competenze, bensì coincidente con quello del ‘sistema-Abbate’ di affidarsi a fedelissimi, spesso incapaci ma disposti a tutto pur di non tradire regole d’ingaggio privatissime e inconfessabili.

Peraltro proprio il settore specifico – l’ottavo, ‘Polizia municipale e sicurezza urbana’  – cui il caso Ruta si riferisce, versa in una situazione più grave degli altri, di difficoltà estrema, devastato, da una parte, da provvedimenti illegittimi come le citate nomine compiute da Abbate il 9 ottobre 2015, totalmente arbitrarie e in contrasto con i criteri che la pubblica amministrazione è tenuta ad osservare e, dall’altra, da un organico povero e anagraficamente alle soglie della pensione.

Le denunce e gli allarmi lanciati in proposito non si contano. La più documentata, molto recente, è quella di Ignazio Bonomo, funzionario di polizia locale e dirigente del sindacato Rsu-Silpol, che fa una radiografia impietosa: <<Su un organico previsto di circa 120 unità, abbiamo in atto: 1 comandante (cat. D); 4 vice comandanti funzionari di P.L. (Polizia locale, n.d.r.) (at. D); 5 funzionari di P.L. (Cat. D); 5 istruttori di P.L. (Cat. C); 5 ausiliari del traffico (Cat. B). Delle 9 Cat. D, escluso il comandante, 4 sono in possesso di certificati medici rilasciati dal medico del lavoro, in base ai quali non vengono impiegati in servizi esterni operativi e 1 gode dei benefici previsti dalle leggi 151/01 e 104/92 e del part time. Il personale che viene impiegato nei servizi esterni e nei nuclei operativi e che nello specifico si occupa di viabilità, polizia stradale, polizia amministrativa, polizia giudiziaria, pubblica sicurezza e ordine pubblico, polizia ambientale, polizia tributaria, polizia edilizia, polizia commerciale, annonaria, mercati e fiere, polizia sanitaria (ASO e TSO), supporto alla protezione civile, ufficio verbali, informazioni e notifiche, è costituito dalle seguenti unità: 2 ufficiali funzionari di P.L. (Cat. D); 5 istruttori di P.L. (Cat. C) di cui uno prossimo alla pensione; 5 ausiliarie del traffico (Cat. B) di cui una in atto in malattia. Tutto il personale ha un’età media di 60 anni>>.

Stima quest’ultima approssimata per difetto poiché se guardiamo l’anno di nascita degli operatori in organico ne troviamo più di tre quarti ben oltre l’età di sessant’anni e appena tre al di sotto, ma di poco.

Insomma, appena venti unità, compresi cinque ausiliari del traffico, invece dei 120 previsti: e del totale di 15 ben quattro non possono essere impiegate in servizi esterni operativi ed una, così come descritta nella nota sindacale, corrisponde proprio al profilo del vice comandante-imprenditore costretto a dividersi, a parte tutto il resto, anche tra la campagna di raccolta delle olive e di produzione dell’olio, la gestione e la responsabilità dell’azienda molto attiva sul mercato tutto l’anno e le superiori esigenze di assistenza a parenti conviventi affetti da disabilità grave.

Se è vero che egli si assenta dal servizio spesso e volentieri, è anche vero che talvolta – non sappiamo se per caso, per fiuto, per inclinazione o per qualche altra singolare combinazione o macchinazione – proprio quando, privato cittadino, è fuori servizio non dimentica il proprio presunto status di pubblico servitore. E’ quanto raccontano – con parole uguali sembrate uscire un po’ dal libro ‘Cuore’ e un po’ da certe veline del MinCulPop – varie testate e siti locali, ma qualcuno anche di rilievo nazionale, il 27 agosto scorso quando la sindaca Monisteri consegna al vice comandante Ruta un atto d’encomio scritto, insignendolo in modo solenne <<per avere sventato quello che poteva diventare un quasi certo fatto di sangue, bloccando un uomo armato di un grosso coltello>> ed elogiando <<l’attaccamento e il senso del dovere di chi sovrintende alla tutela dell’ordine pubblico nella nostra città anche al di là dei suoi orari di servizio>>. Parole che richiamano attestazioni simili come quelle rivolte il 23 febbraio 2021 da ufficiali e agenti di varie località italiane al comandante della polizia locale di Torremaggiore, centro di 16 mila abitanti del Foggiano, il quale aveva salvato un anziano intrappolato in casa in un incendio. Parole scritte in una lettera al sindaco del comune pugliese promossa dall’associazione di categoria ‘Fuori coro’ e firmata da centinaia di colleghi: tra questi Giorgio Ruta di Modica.

Insomma, per tornare alla cerimonia solenne del 27 agosto scorso a palazzo San Domenico, l’elogiato è il più assente in orario di servizio, ma il più presente nel tempo libero quando è l’ora del riposo e degli affetti, visto che nel momento dell’eroica impresa è a passeggio per le vie del centro con la figlia, casualmente allieva agente della Polizia di Stato e co-protagonista dell’intervento volto a disarmare una persona che, secondo quanto riferito da Ruta, pare sia un commerciante cinese titolare di un negozio.

Il gesto eroico risalirebbe al 16 agosto e, a giudicare da come, per giustificare l’encomio, viene raccontato, si presenta tutt’altro che chiaro.

Tant’è che una certa voglia di capire i fatti, sempre meno presente in gran parte della stampa – non di rado incline al ‘copia e incolla’ di veline di maniera e sensibile alla voce d’ufficio confezionata nei palazzi del potere – dopo la divulgazione di un comunicato stampa da parte del Comune muove il pensiero critico di molti cittadini semplici, ne pervade la coscienza civica e infonde loro il bisogno di esercitarsi per intelligenza logica nel commento dell’accaduto.

C’è chi lo ricostruisce così e osserva: <<Due giovani sono entrati nel negozio del cinese, non si sa cosa hanno fatto, però ad un tratto si sono sentite urla di donne provenire dal negozio, dopo di che sono usciti di corsa i due giovani inseguiti dal cinese armato di coltello. I due eroi non hanno bloccato i due giovani, ma il cinese che aveva ‘assicutatu’ i due malandrini fuori dal negozio…>>. Chi aggiunge: <<ho letto su una testata giornalistica locale che il soggetto bloccato era il proprietario dell’attività commerciale che aveva appena subìto un furto da parte di malviventi che sono fuggiti indisturbati. Quindi, fatemi capire, hanno immobilizzato il proprietario che stava inseguendo i ladri?>>. Chi sentenzia: <<Onore al gesto meritorio, ma resta oscuro il motivo che ha tanto indignato il cinese da renderlo così furioso…>>. Chi dimostra di conoscere le persone coinvolte e rileva: <<È un gesto meritevole. Il signore del negozio e la moglie sono persone per bene, disponibili e gentili, sicuramente ha avuto una forte provocazione che gli ha fatto perdere le staffe…>>. Chi suggerisce: << Forse bisognava spiegare che c’era stato un furto e che il proprietario derubato si era messo a rincorrere i ladri… La sindaco tranquillizza i cittadini che la città è sicura, forse a casa sua… dubbi ce ne sono e i fatti smentiscono le sue certezze. Con molta tempestività ha consegnato l’elogio! I problemi possono aspettare……>>. Chi obietta: <<Dopo le indagini e dopo aver capito chi è la parte lesa e chi la parte malavitosa, allora potevate fare l’articolo e i relativi complimenti…>>. E chi, infine, non perde di vista un punto non secondario: <<Si aspetta di sapere, quantomeno, che fine hanno fatto le persone inseguite…… pericolosamente in circolazione per un’altra impresa. La sindaco che ne dice?>>.

Il nuovo servizio di trasporto urbano piace alla città ma in particolare soddisfa qualcuno, più di tutti: la fortuna, le assunzioni e gli affari che casualmente toccano il dipendente comunale-imprenditore

Tornando ai nuovi bus della Sais in circolazione a Modica, sono almeno due i motivi di soddisfazione del vigile urbano – poi ispettore di polizia locale, quindi funzionario e vice comandante della stessa – Giorgio Ruta.

Il primo riguarda la fortuna sfacciata per l’assunzione di suoi parenti da parte dell’azienda, la Sais Autolinee spa, impegnata nel servizio di trasporto urbano per affidamento diretto, totalmente discrezionale, del Comune: discrezionale l’affidamento, senza gara né selezione comparativa, a causa dell’emergenza; discrezionale l’assunzione: insomma una … discrezione tira l’altra.

Il secondo attiene invece all’utilizzo, da parte della Sais, di terreni di proprietà della famiglia del dipendente comunale per il parcheggio dei bus in servizio in città. Un rapporto contrattuale che secondo indizi di mercato può rivelarsi particolarmente redditizio.

Questo è solo un affare collaterale, al pari di altri che per casuale evenienza si sono determinati nel tempo come i proventi derivanti dall’uso, in questo caso da parte del Comune di Pozzallo, di un’area di 20 mila metri quadrati adibita a discarica di rifiuti solidi urbani, in contrada Graffetta, a ridosso dei confini tra Modica, Ispica e Pozzallo. Un rapporto di vecchia data, nato il 20 luglio ’92 con contratto d’affitto tra Rosario Ruta e il Comune di Pozzallo, mutato da un atto di requisizione il 6 novembre 1996 rimasto però dal 31 marzo 2000 senza proroghe nè pagamenti, quindi divenuto una forma di utilizzazione senza titolo da parte dell’ente. Da qui un contenzioso, con citazione del Comune – per la restituzione del terreno e il pagamento di somme ingenti per il danno subìto dal mancato possesso e dall’inutilizzabilità nei dieci anni successivi nonchè per la necessità della bonifica – da parte di Anna Valeria Cannata, legale rappresentante del Frantoio oleario Ruta e proprietaria dell’area dal 6 marzo 2006. Dopo una proposta di transazione per € 165.000,00 che il 18 dicembre 2020 il consiglio comunale non approva, l’ente – la cui posizione in giudizio risulta indebolita da errori commessi nel tempo come la mancata costituzione di parte civile a maggio 2012 nel periodo dell’avvicendamento tra le amministrazioni di Giuseppe Sulsenti e di Luigi Ammatuna – provvede al pagamento.

Tornando invece alle due situazioni riferite – la prima relativa ad assunzioni, la seconda all’uso di terreni da parte della Sais – esse vanno tenute distinte. In quest’ultima ad essere chiamata in causa è soltanto l’autonomia contrattuale di un’impresa privata, ovviamente non passibile di obiezioni o limiti, anche se relativa al soddisfacimento di esigenze strumentali all’erogazione di un servizio pubblico proprio al Comune di Modica che l’ha prescelta con un provvedimento di mero arbitrio riconducibile, come tutti gli atti più importanti dell’ente da oltre undici anni, al ‘sistema-Abbate’ del quale alcuni dei fatti oggetto di questo articolo rivelano dinamiche sommerse e spiegano trame altrimenti oscure.

Ovviamente si deve alla singolare rilevanza e alla forte incidenza, nella gestione del Comune, dei fatti e delle situazioni descritte, la necessità giornalistica, in questo articolo, di citare figure aventi all’interno dell’ente pubblico, formalmente e in apparenza, profilo secondario: con l’avvertenza di non perdere di vista, da una parte, la necessaria distinzione tra gesti e comportamenti rientranti nella sfera privata dai fatti e dagli atti ricadenti in quella pubblica; e, dall’altra, soprattutto, la corretta imputazione delle responsabilità che, per quanto qui ci riguarda, attengono unicamente all’ambito degli atti di disposizione della cosa pubblica: sindaco, giunta, dirigenti comunali innanzitutto. E’ su questo piano che va esplicata l’azione critica, necessaria per contestare, mettere in discussione e possibilmente modificare, o far cessare, comportamenti lesivi dell’interesse pubblico e del bene supremo della comunità di cittadini amministrata dall’ente. Ed è su questo piano che, purtroppo, come anche in precedenza abbiamo documentato, emerge la patologia che corrode il Comune da oltre un decennio, cioè da quando il sindaco eletto la prima volta nel 2013 vi insediò il ‘sistema’ in oggetto, ancora oggi forte e condizionante.

Il Comune di Modica campione di inadempienze e violazioni. Il sito istituzionale, omertoso e fuorviante, vetrina di omissioni e trucchetti utili ad aggirare le norme, nascondere gli atti, ingannare i cittadini

Nel caso della nuova gestione del servizio di trasporto urbano il problema non risiede nella qualità delle prestazioni, probabilmente tra le migliori sul mercato secondo il costo pubblico corrente, ma – a parte certe ricadute private e opportunità contrattuali emergenti, analogamente private: le une e le altre forse non casuali, né certo irrilevanti – consiste piuttosto nella sistematica violazione di norme di legge da parte del Comune; innanzitutto quella, dolosa quanto meno nella fattispecie del ‘dolo eventuale’, di non agire sul versante dovuto dell’espletamento delle procedure di gara per poi dichiarare di ‘dovere agire’ su quello, non dovuto ma appositamente prescelto  – in nome dell’emergenza speciosamente creata – dell’affidamento diretto, discrezionale e arbitrario. Peraltro con atti illegittimi dal punto di vista della copertura finanziaria, emessi da dirigenti assunti illegittimamente – con provvedimenti della commissaria straordinaria Ficano – e, al di là di questa mai sanata illegittimità, immessi in servizio e rimasti in carica sotto il peso di cause, ulteriori, di nuova illegittimità.

E’ la situazione denunciata in un precedente articolo (qui) e che si collega al problema più generale dell’intero sito istituzionale del Comune di Modica il quale, in violazione degli obblighi di legge, nega sistematicamente la trasparenza dovuta alla città, rubando ai cittadini-contribuenti (è il furto più grave che si possa commettere) la conoscenza dei propri atti, sui quali perciò ne impedisce il controllo, e depredandoli del fattore costituzionale primario di cittadinanza e democrazia.

Non sembri codesta una questione secondaria o di mera ‘estetica civica’. Al contrario è sostanziale e decisiva. Se un ente pubblico – l’intero apparato o un ufficio di vertice o anche un singolo funzionario – vuole lasciarsi mani libere nel commettere reati, violare le norme, distorcere l’imparzialità dovuta, insomma fare ciò che gli pare, ha bisogno di disattendere, con apparente innocenza e la parvenza di tenuità del fatto, proprio l’obbligo di tracciabilità degli atti e di pubblicazione, corretta e puntuale, di ogni documento adottato.

Di tutto ciò, come più volte rilevato, nel sito del Comune di Modica non c’è nulla. E non c’è neanche chi possa eccepire tale sistematica e colossale violazione perché tutte le figure di vertice sono, esse per prime, inadempienti.

La condizione di illegittimità di tutti i dirigenti, già segnalata, si deve innanzitutto alla loro assunzione, illegittima perché operata, a giugno 2023, da un ente che non si era dotato, allora come ora, degli strumenti finanziari la cui approvazione è condicio sine qua non della possibilità di assumere personale, con la conseguenza che tale illegittimità non risulta sanata dall’approvazione successiva, peraltro mai avvenuta nel Comune di Modica che ancora oggi, a ottobre 2024, non è dotato del bilancio di previsione 2024, del conto consuntivo 2023, del bilancio consolidato 2021 e 2023. Anche una sola di queste inadempienze, invece tutte attualmente operanti, comporta l’impossibilità assoluta di assunzione di personale, anche a tempo determinato, ad eccezione di quello addetto alla polizia locale.

Nell’articolo citato abbiamo segnalato anche l’ulteriore illegittimità della funzione dei dirigenti per il loro inadempimento all’obbligo di pubblicazione, peraltro da tenere costantemente aggiornato, dei curricula e delle dichiarazioni – di insussistenza di cause di incompatibilità e di inconferibilità, quelle attestanti nomine, incarichi, emolumenti, missioni, scadenze – previste dalla normativa di prevenzione e repressione della corruzione, nonchè di garanzia della trasparenza: il decreto legislativo n. 39 del 2013.

Tutti obblighi disattesi dai tre in organico – e dall’allora segretario generale Giampiero Bella nel frattempo transitato nel Libero consorzio comunale di Ragusa – con la conseguente inefficacia, anche ai fini del trattamento economico, della loro funzione e la nullità di tutti i provvedimenti da loro prodotti: nullità che non risulta sanata ex ante dall’eventuale rimozione dell’inadempienza la quale esplica i suoi effetti solo sulle determinazioni successive. Come attestato dall’Anac e sancito concordemente dalla giurisprudenza non vi è ex post alcuna possibilità di sanatoria ab initio in quanto il tardivo adempimento di pubblicazione conferisce efficacia alla funzione dal momento in cui esso viene posto in essere legittimando quindi solo gli atti futuri.

Peraltro l’inadempienza del dirigente del primo settore, Affari generali, autorizzava tutta l’ironia del caso, un’ironia amara, considerato il suo ruolo – attribuitogli il 23 luglio 2023 dalla sindaca Maria Monisteri – anche di responsabile anticorruzione, ovvero di funzionario prescelto dal Comune proprio per prevenire la corruzione e garantire la trasparenza attraverso la vigilanza, sull’osservanza da parte di tutti, degli obblighi da lui disattesi per primo.

Successivamente il curriculum del dirigente è comparso (molte altre pubblicazioni dovute rimangono assenti) ma ciò, se possibile, peggiora la situazione autorizzando domande, dubbi e congetture sul perché del ritardo: trattandosi di un dirigente nominato sulla base del necessario possesso di requisiti previsti dalla legge, proprio in ordine a tali requisiti viene in rilievo la genericità della loro attestazione, priva di dati documentali di riscontro e quindi più simile ad un’autodichiarazione non suscettibile di verifiche.

Nel nostro caso il c.v. oggetto di obbligo di pubblicazione è quello che, a fronte di titoli dichiarati, qualifiche acquisite o incarichi ricoperti – elementi necessari ad integrare i requisiti minimi di legge – indica i rispettivi provvedimenti di attribuzione, perciò verificabili. Invece nulla di tutto questo.

Si può osservare che la cosa rischi inevitabilmente di apparire una ‘pagliuzza’ in un Comune come Modica schiacciato e sepolto dalle ‘travi’ installate da un sistema che ha bisogno della protezione del buio, del silenzio e di complicità diffuse per vivere e sopravvivere, ma ciò non vuol dire che essa non sia importante e allarmante.

La vasta gamma degli atti ‘fuori legge’: violate le regole sulla copertura finanziaria e sull’affidamento degli incarichi. Illegittimo quello da 110 mila euro per il servizio di web streaming dei consigli comunali

A proposito dello stato di illegittimità dei vertici burocratici e della sistematica inadempienza agli obblighi di legge negli anni da parte del citato ex segretario generale Giampiero Bella uscito da palazzo San Domenico a fine gennaio ’24, va detto che in pochi mesi ha già avuto due successori: Maria Grazia D’Erba e Giuseppa Silvana Puglisi. La prima è velocemente andata via probabilmente appena constatata l’estrema difficoltà di operare senza dovere cedere a tutte le richieste del ‘sistema’, anche a quelle aventi l’effetto, su persone non assistite da fiducia cieca in un certo senso d’impunità, di turbare il sonno la notte. La seconda, in carica, pare stia dando prova di competenza e di ‘schiena dritta’: lecito quindi chiedersi quanto possa durare.

Tornando agli atti in questione, anche l’affidamento alla Sais è privo di copertura finanziaria correttamente indicata, almeno per la parte a carico del Comune.

Nella determinazione del già citato dirigente del settore affari generali del 27 maggio 2024 (‘decisione a contrarre’) si legge infatti che <<la somma stimata per l’anno in corso risulta impegnata nei capitoli …. mentre il restante importo relativo agli anni 2025-2026 sarà impegnato con successivo provvedimento a valere sui successivi atti di programmazione finanziaria e contabile>>. E’ uno dei tanti casi di violazioni più volte segnalati, per esempio (qui e qui) in relazione alla gara ‘fuorilegge’ da quasi dieci milioni di euro (€ 9.357.680,00) per l’affidamento della riscossione dei tributi e a tanti altri atti amministrativi.

In proposito non si contano le sentenze che, concordemente, sanciscono e da tempo ribadiscono che nella determinazione a contrarre, ai fini dell’approntamento della copertura finanziaria, non basta dare atto che in bilancio sia prevista la somma occorrente e che l’impegno di spesa sopravvenga successivamente: <<l’impegno di spesa è elemento necessario e indispensabile della procedura d’affidamento e deve sempre precedere la procedura>>. E ancora: <<…ai Comuni è vietato eseguire qualsiasi spesa senza impegno contabile anche quando essa è totalmente finanziata da altro ente pubblico…>>.

Stessa situazione, in forma ancora più grave perché riguarda quasi l’intera totalità della somma, è quella relativa all’affidamento del servizio di diretta web streaming delle sedute del consiglio comunale. Un affidamento da € 109.787,80 per dieci anni (di cui gli ultimi due gratuiti) ma con copertura finanziaria correttamente approntata solo per il primo anno, per la somma di € 13.723,47. Vale anche in questo caso il fatto che la somma complessiva va impegnata per intero nella contabilità di competenza con imputazione ai vari esercizi. Pure questo quindi, per quanto sancito dalla Corte dei Conti, è un contratto che l’impresa prescelta ha stipulato con il dirigente e non con l’ente: <<…l’art 194, c.1, lett. E, (del Testo unico enti locali) è una disposizione peculiare in ragione della quale si imputano ex lege alla sfera giuridica diretta e personale dell’amministratore o funzionario gli effetti dell’attività contrattuale dallo stesso condotta in violazione delle regole contabili… si tratta in pratica di un’interruzione ope legis del rapporto di immedesimazione organica tra l’amministratore e l’ente pubblico che preclude il perfezionamento del rapporto obbligatorio nei confronti di quest’ultimo…>>. Ovviamente queste sono le norme a tutela della correttezza gestionale e contabile, della trasparenza e degli interessi della città. Tutt’altra cosa è la realtà di un comune i cui dirigenti applicano quelle compatibili con la prassi e con il ‘sistema’ che li ha scelti, li protegge e se ne avvale in tutti i propri affari, sicchè mai accadrà che l’ente diretto dal sistema non riconosca i loro atti di loro ‘fedeli servitori’.

Anche per la fornitura di web streaming il Comune di Modica ha percorso la via dell’affidamento diretto, senza gara né selezione o valutazione comparativa. L’azienda prescelta è la Microvision srl, con sede a Pietraperzia nell’Ennese. Iscritta dal 2015 nel registro delle imprese, capitale sociale attuale di 30 mila euro, un utile nel 2023 di € 605,962.00, settore ‘produzione di software, consulenza informatica e attività connesse’ (codice Ateco ‘produzione di software non connesso all’edizione’), 23 dipendenti dichiarati nell’anno in corso e un fatturato in crescita: da € 621.932,00 nel 2020 a € 1.313.330,00 nel ’21; a € 2.919.665,00 nel ’22; a € 2.381.690,00 nel ’23.

L’aspetto più critico di questo provvedimento, una determinazione del dirigente del primo settore, Affari generali, su immancabile inputrectius, per ordine – del vertice politico dell’ente, o per meglio dire del ‘sistema’ anzidetto, non è solo, la scelta dell’arbitrio – in questo caso consentito dalla legge, trattandosi di importo sotto soglia – ma l’illegittimità formale data dalle violazioni in esso contenute. Abbiamo già detto della mancanza di copertura finanziaria. Bisogna aggiungere un elemento ancora più grave: la mancata verifica dell’assenza nell’organico comunale di professionalità in grado di espletare il servizio.

Come prima considerazione si può – anzi si deve – obiettare che il Comune ha al suo interno varie figure di dipendenti capaci di assicurare, quindi senza costi per l’ente, la fornitura acquistata al prezzo di 110 mila euro. Basterebbe citare lo stesso identico servizio prodotto con risorse interne, già diversi anni fa, nel collegamento audio-video tra le aule universitarie dell’ateneo di Catania e quelle di palazzo San Martino a Modica sede di corsi di laurea; o, più di recente, quello, ancora più intenso e impegnativo, servito ad assicurare lo svolgimento di tutte le riunioni degli organismi (commissioni consiliari, giunta, consiglio), le conferenze, gli incontri, i collegamenti e le comunicazioni del Comune durante la pandemia. Siamo cioè in presenza della prova della radicale illegittimità del provvedimento sancita dall’art. 7 del decreto legislativo 165/2001.

In proposito la Corte dei conti (sez. Lazio, n. 1868 del 6 ottobre 2009) è chiara: <<il mancato avvalimento di idonee risorse interne non può non rappresentare un colpevole dispregio delle norme organizzative dell’ente e dei parametri posti dal legislatore nazionale, con la conseguente responsabilità amministrativa del dirigente per danno erariale derivante dall’indebito conferimento all’esterno di incarichi di consulenza, dovendosi, peraltro, determinare il quantum da risarcire, tenendo conto dell’utilità rappresentata, per il Comune e per la stessa collettività, dalla prestazione seguita>>. Di recente una sentenza ancora più vincolante, per la capillarità dettagliata della disciplina dettata (Emilia Romagna, del. 241 del 16 novembre 2021) redige un prontuario sull’assegnazione di incarichi di collaborazione e consulenza.

Ecco le linee guida che gli enti pubblici devono osservare nell’esecuzione delle verifiche necessarie per l’affidamento di incarichi, al fine di emettere atti legittimi:

  1. esigenza straordinaria: per poter affidare un incarico si deve presentare una esigenza “straordinaria ed imprevista” che non può essere gestita con il personale interno in servizio, per mancanza delle necessarie conoscenze tecniche che richiede la gestione dell’evento straordinario;
  2. oggetto della prestazione: l’oggetto della prestazione conferita deve rientrare nell’area istituzionale dell’ente. Pertanto “deve corrispondere alle competenze attribuite dall’ordinamento all’amministrazione conferente, a obiettivi e progetti specifici e determinati e deve risultare coerente con le esigenze di funzionalità dell’amministrazione stessa. L’attività svolta dal professionista incaricato deve essere ben delineata, con elevato grado di professionalità di tipo intellettivo e non deve avere “carattere generale e astratto”;
  3.  impossibilità oggettiva di poter utilizzare risorse umane interne all’ente: è necessario che l’ufficio conferente deve aver verificato se all’interno dell’intera struttura del Comune non ci sia una figura consona, con la giusta professionalità in grado di svolgere l’incarico straordinario. Si precisa, ancora una volta, che l’incarico deve essere affidato a professionalità esterne solo per esigenze straordinarie. Ad esempio non è possibile ricorrere ad affidamenti esterni per attività che l’ente non riesce a svolgere per carenza di personale. L’amministrazione deve essere in grado di motivare l’affidamento e di dimostrare l’impossibilità di utilizzo di personale interno;
  4. temporaneità e alta qualificazione: l’incarico deve essere a tempo determinato e la prestazione deve essere altamente qualificata. È necessario, pertanto, che l’incaricato abbia delle conoscenze specialistiche con un percorso formativo universitario. L’incarico può essere prorogato, ma solo nell’ambito del progetto affidato (completamento dell’attività avviata).
  5. predeterminazione preventiva della durata, dell’oggetto e del compenso: nella proposta dell’affidamento deve essere indicata la durata dell’incarico, la descrizione dell’oggetto e il compenso riconosciuto. La mancanza dei requisiti citati comporta l’illegittimità dell’atto. Inoltre, l’ente deve limitarsi a definire criteri direttivi e impartire istruzioni in relazione all’attività che il professionista andrà a svolgere, con il solo scopo di rendere la prestazione del professionista utile e funzionale. Infine, non è più necessario indicare il luogo di svolgimento dell’attività perché sarebbe “evidente l’imperio del committente nel disporre il modo col quale svolgere la prestazione, incompatibile con la ratio e la lettera delle nuove disposizioni introdotte dal Dl 75/2017”.
  6. procedura comparativa del collaboratore: l’affidamento viene effettuato attraverso procedura di avviso pubblico, successivamente si procede all’analisi delle domande pervenute. In generale non è possibile procedere con affidamento diretto. Solo in alcuni casi l’ente può procedere all’affidamento diretto ed avviene quando la procedura di avviso va deserta, quando la prestazione presenta elementi di unicità e per motivi di assoluta urgenza.

Risuonano le parole di Cicerone (‘Quousque tandem abutere … patientia nostra?’) che a Modica 2068 anni fa venne per raccogliere le prove

di malversazioni e ruberie che la città subìva da chi la governava

Insomma a chi voglia scorgere motivi di illegalità dell’atto si pone solo l’imbarazzo della scelta. Tra i vari presupposti di legittimità indicati, tutti ineludibili, conviene soffermarsi sulla verifica preliminare della mancanza di personale interno. Leggi e sentenze sono chiare: <<le risorse in organico non devono essere soggettivamente indisponibili, ma oggettivamente non rinvenibili all’interno dell’amministrazione. Non integra i presupposti … la circostanza che le risorse presenti siano già impegnate a tempo pieno: l’incarico, infatti, deve rispondere ad esigenze di natura eccezionale e straordinaria, oggettivamente non sopperibili dalle professionalità interne, non già ad

esigenze ordinarie e permanenti, seppur rese urgenti da mancata, errata o tardiva valutazione e/o programmazione dei fabbisogni di personale…Sono perciò da considerare illegittimi tutti i provvedimenti che nel decidere il conferimento di un incarico non rechino un siffatto corredo motivazionale (come pure, ovviamente, quelli in cui quest’ultimo sia insufficiente, se incongruo o apparente), anche se precisazioni in proposito risultino aliunde da atti successivi o da atti precedenti o coevi che siccome non richiamati non valgano come motivazione per relationem...

Ne deriva che al fine di procedere al conferimento di un incarico esterno, l’amministrazione non potrà limitarsi a mere enunciazioni generali circa l’impossibilità di utilizzo delle risorse in servizio, ma è tenuta a dimostrare con una congrua ed esaustiva motivazione, anche con richiami di atti e determinazioni approvate dall’ente, l’effettiva impossibilità di utilizzo del personale dipendente>>.

Del resto nulla di nuovo. Tra i tanti precedenti potremmo citare la nomina del Dec, il direttore dell’esecuzione del contratto avente ad oggetto il servizio di riscossione dei tributi: Piervincenzo Tripoli scelto ‘ad personam’, per una spesa di € 125.000,00 in cinque anni, e in violazione della verifica di assenza nel proprio organico di risorse idonee all’espletamento dell’incarico (qui).

In questo caso la dirigente, del settore finanziario e tributi Maria Di Martino, dà atto che è stato emesso un avviso per l’individuazione di una figura interna, ma ciò non basta perchè in proposito l’ente non ha alcuna discrezionalità: <<l’amministrazione deve avere preliminarmente accertato l’impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umane disponibili al suo interno>> (Corte dei conti Emilia Romagna, deliberazione n. 241 del 2021) a nulla rilevando l’eventuale sondaggio compiuto sul libero intendimento del personale di occuparsi volontariamente della materia in oggetto. Dinanzi ad un avviso, chi avesse la professionalità richiesta non ha alcun obbligo di dare la propria disponibilità, mentre, ai fini che qui interessano, l’ente ha l’obbligo di verificare l’esistenza oggettiva delle risorse idonee e, in caso positivo, nominare il soggetto o i soggetti invididuati i quali non possono sottrarsi all’espletamento di incarichi rientranti nelle proprie mansioni.

Insomma non basta interpellare i dipendenti e prendere atto che nessuno risponda o si dichiari in grado di espletare il servizio (se questo rientra oggettivamente nelle mansioni e competenze in organico: non è la gentile concessione del personale o la sua libera scelta a venire in rilievo) ma occorre un accertamento oggettivo, effettivo, rigoroso e di esso è obbligo attestare nell’atto amministrativo piena, convincente e coerente motivazione perché ad integrare la responsabilità per danno erariale è sufficiente la sola mancata citazione della verifica, o la carenza di motivazione, anche nel caso che oggettivamente l’accertamento vi sia stato o possa comunque avere dato l’esito convergente.

Tutto questo vale in generale perché, nel caso dell’affidamento del servizio di web streaming, non c’è bisogno di alcun cimento. Il dirigente, del settore Affari generali Rosario Caccamo, autore della determinazione in oggetto si limita ad omettere ogni riferimento alla ‘verifica’, senza neanche dare atto di averla vagamente considerata, semplicemente come se le norme vigenti non valessero dentro palazzo San Domenico, cinto e protetto da un ‘sistema’ intangibile di zona franca. Ma c’è qualcuno tra i cittadini onesti di Modica cui non vengano in mente le parole, note e popolari, pronunciate, rivolgendosi a Catilina che congiurava contro la repubblica, 2061 anni fa da Marco Tullio Cicerone il quale peraltro proprio a Modica sette anni prima era venuto per raccogliere prove delle tante malversazioni, concussioni e ruberie commesse dal propretore di Sicilia Caio Verre contro gli aratores siciliani, soprattutto nell’agrum Motycensem citato dal grande oratore, politico e filosofo romano perchè Mothyce era stata ridotta alla fame e aveva perduto per fallimento 101 dei suoi 187 aratores, gli imprenditori agricoli dell’epoca.

Mutatis mutandis … la storia si ripete ma se oggi non si vede all’orizzonte un Cicerone, scarseggiano anche i cives che sappiano vedere le vessazioni e le angherie sulla comunità e non siano disposti a subirle in silenzio. Difficile quindi che un Verre dei nostri giorni, se c’è, magari con il suo Teomnasto, possa scegliere l’esilio volontario, senza neanche una voce pubblica corale, forte e chiara.

Non ci sarebbe bisogno, ma ecco le parole di Cicerone a Catilina: <<Quousque tandem abutere, Catilina, patientia nostra? Quamdiu etiam furor iste tuus nos eludet? Quem ad finem sese effrenata iactabit audacia?» («Fino a quando dunque, Catilina, abuserai della nostra pazienza? Quanto a lungo ancora codesta tua follia si prenderà gioco di noi? Fino a che punto si spingerà la tua sfrenata audacia?»).

 

Gli articoli precedenti

In Sicilia Report ha pubblicato articoli, sul ‘Sistema Abbate’ e temi collegati, il 12 dicembre 2022 (qui); il 16 gennaio 2023 con riferimento soprattutto ad una gara ‘fuori legge’ da otto milioni di euro (qui); il 17 gennaio 2023, su richiesta di molti lettori, per precisare e chiarire in dettaglio il tipo di favoreggiamento offerto da Cuffaro alla mafia (qui); il 6 febbraio 2023 sull’inquietante lascito di Abbate (qui); il 15 febbraio 2023 ancora sul ‘sistema’ e su affari connessi (qui); il 26 maggio 2023 su un ‘vero e proprio manuale’ del voto di scambio (qui); il 9 giugno 2023 sulla nuova amministrazione definita ‘Abbate ter’ (qui); il  23 dicembre 2023 (qui) e il 5 gennaio 2024 (qui) sul ruolo del segretario comunale Giampiero Bella in quasi nove anni d’attività a Palazzo San Domenico; il 20 arile 2024 (qui) su una transazione da 13 milioni di euro che raddoppia i costi del Comune, altre gravi illegittimità e l’avvio del nuovo regime di riscossione dei tributi. Affrontano vicende riguardanti il ‘Sistema Abbate’ e il Comune di Modica anche quelli concernenti l’attacco alla libertà di stampa, pubblicati il 9 maggio 2023 (qui) e il 15 giugno 2023 (qui).