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Il vescovo mancato ammette ai pubblici ministeri una lunga relazione sessuale con una suora. Che ai giudici ecclesiastici (commissione-Gisana) dice il vero ma la testimonianza viene stravolta in ‘emotivo florilegio di pettegolezzi e calunnie’. E’ invece quel tribunale canonico a ‘calunniare’ la teste. La vicenda dolorosa e drammatica della religiosa che lascia il convento per un diktat della coscienza (“non sono una brava suora” confessa alla superiora) e che trent’anni dopo vede il suo ex amante diventare vescovo. Ai magistrati racconta il forte ricatto emotivo del sacerdote-psicoterapeuta che le dichiarava di amarla: “se non vuoi avere rapporti sessuali con me devo andare a prostitute e rischio di prendere malattie”. La sua lettera-appello al Papa per una Chiesa pulita impedisce l’ordinazione episcopale del frate ma… nel puzzo del compromesso e della menzogna pubblica e giudiziaria, non certo nel profumo della giustizia e della verità

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Le figure incontrate, soprattutto quelle con un ruolo di rilievo, lungo la nostra inchiesta scaturente dalla sentenza-Dell’Agli e dall’affaire-Salonia che la precede e ne sta alla base (qui la prima parte pubblicata il 14 ottobre scorso) ci hanno indotto a soffermarci sulla commissione, di fatto un organo giudicante, nominata dal Papa per risolvere il caso di Giovanni Salonia, il frate – sacerdote, teologo e psicoterapeuta – da lui nominato vescovo e subito motivo di scandalo e indignazione in ambienti religiosi per via di suoi precedenti segnalati allo stesso pontefice da alcune persone tra le quali una suora e un’ex suora. Il singolare verdetto della commissione, costituita su pressione dell’arcivescovo di Palermo Corrado Lorefice e presieduta dal vescovo di Piazza Armerina Rosario Gisana, ha reso necessario allargare la sfera d’indagine, focalizzandone nel contempo alcuni cerchi concentrici, per meglio comprendere i fatti connessi: qui la seconda parte pubblicata il 21 ottobre, ampiamente centrata sull’azione e sulla figura di Gisana, da due anni nell’occhio di un ciclone giudiziario che spira ancora forte spinto dal sistema capillare di copertura, nella sua diocesi, degli abusi sessuali del clero in danno di minori.

Torniamo dunque alla cronologia dei fatti, laddove l’abbiamo lasciata nella prima parte: ovvero al 27 aprile 2017 quando Giovanni Salonia, nominato vescovo il 10 febbraio precedente, a meno di due settimane dalla scadenza del termine di tre mesi in cui può essere consacrato, rinuncia con una lettera ampiamente illustrata nel primo articolo. Un gesto in apparenza libero, volontario e generoso, in realtà frutto di un serrato confronto con il Papa che l’avverte del peso di quelle denunce e di fatto gli ordina il passo indietro.

Abbiamo ricostruito la vicenda nei dettagli e riferito della narrazione pubblica che vede i media recepire acriticamente la finta soluzione ‘onorevole’ del caso la quale, apparecchiata sul tavolo della commissione-Gisana voluta da Lorefice, calpesta la verità dei fatti falsando di conseguenza l’applicazione delle norme: è lo stesso Salonia ad attestarlo, un anno e mezzo dopo, non più dinanzi a ‘giudici’ amici come Gisana ma ai pubblici ministeri della procura di Roma che lo indagano per il reato di violenza sessuale aggravata e che, a conclusione delle indagini, ne chiedono il rinvio a giudizio.

Tornando all’ambito della giurisdizione canonica, l’esito della commissione-Gisana, di proscioglimento di Salonia, prepara e sorregge la futura condanna di Nello Dell’Agli inflittagli sei anni dopo a giugno 2023 – a chiusura di un dossier già aperto nel 2015 (vedremo come e perchè) – da un tribunale ecclesiastico ad hoc con sentenza connotata, come dettagliatamente documentato, da palpabile assurdità giuridica, logica e fattuale, probabilmente frutto di azione ritorsiva contro il sacerdote due volte teste sul caso-Salonia e ‘dimesso dallo stato clericale’ attraverso l’applicazione della pena massima prevista dal Codice di diritto canonico.

La menzogna ecclesiastica sul caso-Salonia e lo scudo del Papa

Il 27 aprile 2017 quindi, con la lettera al clero Salonia lancia la sua versione che tutti prendono per buona: egli è innocente, vittima di calunnie, e però rinuncia per il bene superiore della Chiesa che vuole proteggere da polemiche, veleni e strumentalizzazioni.

E con lui pare schierarsi perfino il Papa il quale nelle segrete stanze gli impone di togliere il disturbo o comunque lo spinge e lo accompagna a questo passo obbligato, ma in pubblico sembra difenderlo e gratificarlo: non fa nomi, ma che intenda riferirsi all’accidentata sua nomina in pochi hanno dubbi. E’ il 27 maggio 2017, esattamente un mese dopo la ‘rinuncia’ che ha avuto una forte eco sulla stampa: il pontefice è a Genova, in cattedrale per un incontro da tempo programmato con <<sacerdoti, consacrati e seminaristi>> come riferisce la comunicazione vaticana.

Un lungo intervento il suo. Ad un certo punto (qui la documentazione audiovisiva nella quale il brano riportato dura sei minuti, da 35’25″ a 41’25”) testualmente dice …

  • <<… Noi siamo i discepoli del Signore, e dobbiamo aiutarci gli uni gli altri. Anche litigare, come litigavano i discepoli quando si domandavano chi fosse il più grande di loro. Anche litigare. E’ bello anche sentire discussioni nelle riunioni sacerdotali, perché se c’è discussione, c’è libertà, c’è amore, c’è fiducia, c’è fraternità! Non avere paura. Piuttosto, bisogna avere paura del contrario: non dire le cose, ma poi, dietro: “Hai sentito cosa ha detto quello scemo? Hai sentito che idea stravagante?”. La mormorazione, lo “spellarsi” l’un l’altro, la rivalità… Vi dirò una cosa… Ho pensato tre volte se posso dirla o no. Sì, la posso dire. Non so se devo dirla, ma la posso dire. Voi sapete che per fare la nomina di un vescovo si chiedono informazioni ai sacerdoti e anche ai fedeli, alle consacrate su questo sacerdote, e lì, nel questionario che manda il nunzio, si dice: “questo è segreto”. Non si può dire a nessuno, ma questo sacerdote è un possibile candidato a diventare vescovo. E si chiedono informazioni. Alcune volte si trovano vere calunnie o opinioni che, senza essere calunnie gravi, svalutano la persona del prete; e si capisce subito che dietro c’è rivalità, gelosia, invidia… Quando non c’è fraternità sacerdotale, c’è – è dura la parola – c’è tradimento: si tradisce il fratello. Si vende il fratello. Per andare sù io. Si “spella” il fratello. Pensate, fate un esame di coscienza, su questo. Vi chiedo: quante volte ho parlato bene, ho ascoltato bene, in una riunione, fratelli sacerdoti che la pensano diversamente o che non mi piacciono? Quante volte, appena hanno incominciato a parlare, ho chiuso le orecchie? E quante volte li ho criticati, “spiumati”, “spellati” di nascosto? Il nemico grande contro la fratellanza sacerdotale è questo: la mormorazione per invidia, per gelosia o perché non mi va bene, o perché la pensa in un’altra maniera. E dunque è più importante l’ideologia della fraternità; è più importante l’ideologia della dottrina… Ma dove siamo arrivati? Pensate. La mormorazione o il giudicare male i fratelli è un “male di clausura”: quanto più siamo chiusi nei nostri interessi, tanto più critichiamo gli altri. E mai avere la voglia di avere l’ultima parola: l’ultima parola sarà quella che viene fuori da sola, o la dirà il vescovo; ma io dico la mia e ascolto quella degli altri…>>.

La distanza tra la foto-opportunity e la scabrosa realtà nota al Pontefice

Bergoglio non fa nomi ma mentre affronta il tema dello spirito di fraternità nel clero ed esprime concetti generali di mero buon senso cristiano, ad un certo punto si ferma e decide di irrompere in un caso preciso come segnala egli stesso quando annuncia e in premessa spiega <<vi dirò una cosa, ho pensato tre volte se dirla o no>> e poi con mimica scenica e talento di comunicatore aggiunge <<sì, la posso dire, non so se devo, ma posso>>.

E se questa teatrale incursione non bastasse, il Papa restringe il campo e usa parole che lasciano pochi dubbi, raccontando di fatto un episodio ben determinato riguardante la procedura di nomina dei vescovi e le informazioni raccolte sui cadidati le quali a volte sono calunnie o maldicenze.

Poiché l’affaire-Salonia si consuma in pubblico, dal 19 marzo 2017 quando FarodiRoma rivela lo stop papale alla consacrazione, al 27 aprile quando il vescovo in pectore comunica anche alla stampa la rinuncia sottoscritta e inviata in San Pietro dieci giorni prima, è difficile pensare che il pontefice a Genova parli d’altro. Il suo è un atto pubblico che il capo della Chiesa decide di compiere anche a vantaggio del beneficiato, il vescovo che in privato costringe a rinunciare, ma a cui concede in apparenza l’onore delle armi. Le sue parole in ogni caso rimangono un monito generale contro invidie e gelosie nel clero, tra sacerdoti e aspiranti vescovi, che possono essere lette in tutte le direzioni in questa vicenda come in altre. Ma siccome l’effetto interpretativo prevalente è quello pro Salonia, si deve ritenere che egli lo faccia per qualche ragione che avremo modo di analizzare nell’ambito suo proprio, che lo chiama in causa come capo assoluto di uno Stato e delle strutture che ne sono emanazione, rispetto a cui detiene ogni potere di legge, di governo e di giustizia.

E’ utile tenere presenti queste parole pubbliche pronunciate da Bergoglio a Genova, almeno nell’esegesi supposta, logicamente la più probabile a nostro avviso, per confrontarle con quelle private che da atti e testimonianze si possano desumere nello stesso periodo che ci interessa, ovvero dalla nomina episcopale di Salonia del 10 febbraio 2017.

Le denunce per violazione degli obblighi del celibato e per violenza sessuale

Lo vedremo incrociando la linea tenuta dal Papa, da quando il giorno dopo scatta l’allarme appena a Santa Marta arriva una lettera a lui indirizzata da un’ex religiosa di una regione dell’Italia centrale che per anni – lei suora e lui sacerdote – è stata amante di Salonia; ai giorni in cui il capo della nunziatura apostolica in Italia Adriano Bernardini (allora in procinto di lasciare per limiti d’età: cesserà dalla carica pochi mesi dopo, il 12 settembre) notifica all’arcivescovo di Palermo Lorefice il blocco, per un necessario sopravvenuto supplemento d’indagine, della consacrazione del suo ausiliare da lui indicato e fortemente voluto; alle settimane successive in cui giungono altre lettere tra le quali quella di una suora di una regione del Nord Italia, molto stimata e tuttora in servizio nella propria congregazione, la quale racconta di essere stata violentata da padre Giovanni Salonia; alla fase di lavorìo interno che ne consegue nella comparazione degli interessi in campo in cerca di una via d’uscita.

E’ in questo contesto che Corrado Lorefice, artefice della nomina di Salonia, si precipita in Vaticano per parlare con Bergoglio. A quest’incontro, a Santa Marta, è presente anche Salonia che l’arcivescovo porta con sé nel tentativo di salvarne la berretta violacea con il via libera alla consacrazione e quindi all’insediamento. E’ il 15 febbraio 2017: l’operazione non riesce ma il pressing prosegue. A quel primo incontro ne seguono altri a febbraio e a marzo, sempre a Santa Marta, tra il Papa e Salonia, ma in assenza di Lorefice il quale non può fare di più: Bergoglio è fermo nella propria posizione ma decide di impugnare il fioretto del dialogo anzichè agitare la sciabola del comando e convoca più volte il vescovo sospeso per spiegargli l’impossibilità della consacrazione.

Come abbiamo visto negli articoli precedenti, in sede canonica la sola accusa ad essere trattata è quella di violazione del celibato, obbligo vigente e nodo ultra millenario sul quale il Papa ha potestà assoluta perchè esso non è una <<dottrina di fede>> ma una legge della Chiesa che come tale egli può abrogare o modificare in qualunque momento.  In effetti se il celibato, per dirla con i teologi, <<non viene dalla parola di Dio>> la stessa cosa non può dirsi dell’obbligo della continenza che gli è connaturato, ritenuto invece <<di origine apostolica e radicato nella figura stessa di Gesù, il quale non si è sposato e ha chiesto ai suoi apostoli una scelta radicale>>.  In ogni caso, proprio il Sinodo globale in corso da quattro settimane a Roma, per la prima volta aperto non solo ai vescovi, in chiusura domani 29 ottobre 2023 – centrato anche su temi come la pastorale omosessuale, l’ordinazione femminile e, appunto, l’obbligo di castità – ci racconta che neanche papa Francesco, come peraltro chiarito in un libro intervista uscito di recente (Non sei solo. Sfide, risposte, speranze, Salani editore) intende aprire al sacerdozio femminile nè allentare l’obbligo canonico del celibato dei preti: «un Papa potrebbe disporre che diventi opzionale» ha detto, ma non sarà lui a farlo: «Che lo disponga, se lo ritiene opportuno, il mio successore».

Il Papa a Salonia: ti massacrano. Stop all’episcopato, non rinuncia volontaria

Ma qui ci interessano solo i fatti oggetto della nostra inchiesta e, in particolare, la netta posizione del Papa sullo stop alla nomina di Salonia.

La rinuncia è la via d’uscita con tutti gli onori, anche a costo di marcare una distanza imbarazzante tra la verità privata e la finzione pubblica. Distanza misurata da tante domande. Eccone una, intanto.

Se quelle contro Salonia sono calunnie secondo le parole di Bergoglio a Genova nell’interpretazione più logica e credibile che se ne possa dare, c’è un fatto preciso a minare questa congettura. In Vaticano qualcuno sa per certo che la suora, dopo avere inviato alla Congregazione per gli istituti di vita consacrata la lettera nella quale denuncia di essere stata violetata dal sacerdote nominato vescovo, riceve le scuse da parte del Pontefice che le chiede perdono a nome della Chiesa, scuse accompagnate da affermazioni, sul conto del frate-psicoterapeuta, di segno opposto a quello che sorregge la concordata soluzione onorevole.

In proposito ci guida lo stesso Salonia, pur nella versione resa da diretto interessato e da indagato per violenza sessuale il quale parla ai pubblici ministeri e può farlo in totale libertà, anche di mentire, perché l’imputato non ha alcun obbligo di dire la verità e può benissimo raccontare solo ciò che gli fa comodo. Ecco, se anche nelle sue dichiarazioni ci fosse solo ciò che egli ritenga conveniente per sè,  il dato inoppugnabile è che in quei giorni – riferisce ai magistrati – il Papa lo chiama più volte per affrontare il caso spinoso e, dopo averlo ascoltato, per ripetergli: <<comunque ti massacrano>>.

<<Appena eletto – racconta Salonia ai pubblici ministeri – due giorni dopo il Papa chiama e mi dice: “Abbiamo delle lettere che parlano di abusi ed altre cose”, io vado ed il Papa dice: “Sai ti massacrano”, il Papa dopo dieci minuti – sostiene Salonia – capisce subito che sono calunnie perché lo dice lui: “Io capisco, però ce l’hanno contro di te e ti massacreranno con i giornali anche se non c’è niente di vero… Queste lettere rendono difficile consacrarti, anche se – così Salonia sintetizza il pensiero del Pontefice – non c’è niente di reato, però c’è molta gente contro di te e ti massacreranno con i giornali”>>.

In passato un’altra denuncia contro Salonia per abuso sessuale,

l’appello al Papa: altro che farlo vescovo, dovrebbe andare in ritiro

L’interrogatorio è fitto, i magistrati gli pongono tante domande per dipanare i fili dei nodi intrecciati. Salonia racconta loro che il Papa mentre gli parla non ha in mano le lettere ricevute ma un foglio che ne sintetizza gli elementi principali in quanto le persone denuncianti non vogliono esporsi perchè – spiega – dicono che <<sono un tipo potente, capace di fare insabbiare tutto ciò che è contro di me, e vendicativo>>. Si riferiscono in particolare – spiega Salonia – ad un precedente di diverso tempo prima, quando un’allieva lo denuncia all’Ordine degli psicologi del Veneto per abusi sessuali e il procedimento – questo il senso della segnalazione al Papa – viene archiviato in Sicilia per l’influenza dell’allora ministro provinciale dei frati cappuccini <<che bisogna temere perchè è anche vendicativo>>. In quel foglietto che tiene in mano il Pontefice focalizza anche la notazione, presente nelle denunce, che egli<< distrugge vite, rovina famiglie e piuttosto che fare il vescovo dovrebbe andare in ritiro>>.

In proposito, per la cronaca, Salonia ai magistrati, citando le cariche pubbliche ricoperte, ricorda di essere stato componente del consiglio dell’Ordine degli psicologi di Sicilia nel 1994 per tre anni. Poi, richiesto di dire a quale periodo risalga la denuncia trattata dai due ordini contro di lui per abuso sessuale, risponde <<1994 o 2004>>; spiega di non ricordare quale tra le due date sia quella giusta e, tornando sull’argomento, lascia definitivamente aperto il dubbio e conclude di non essere sicuro se era l’anno 1994 o 2004. Insomma del momento della carica ricoperta piena memoria, di quello della denuncia degli abusi no! Eppure le vicende hanno un contesto e un terreno comune: il consiglio dell’Ordine degli psicologi del quale in un periodo Salonia è componente (1994 per tre anni: non ha dubbi) e in un altro (1994 o 2004? non riesce a ricordare) ne è incolpato e sottoposto a procedimento disciplinare.

A questo punto, tornando al senso e al fine di quegli incontri di Bergoglio con il vescovo appena nominato e subito incagliatosi, due osservazioni s’impongono.

E’ risibile, perfino utilizzando la sola versione di parte di Salonia, che egli  volontariamente e liberamente rinunci. Come abbiamo visto, il Vaticano, preposto al governo della Chiesa cattolica attraverso la Santa Sede, è una monarchia assoluta, con un capo che detiene ogni potere al di sopra delle stesse leggi che egli emana e che in ogni momento può cambiare. Ritenere che Salonia possa farsi consacrare vescovo da Lorefice, già sponsor della sua infausta nomina, contro il volere del Papa è fuori dalla realtà. E quale sia questo volere risulta chiaramente dalle stesse parole che Salonia riferisce ai magistrati italiani quando è indagato per violenza sessuale: <<ti massacrano>> gli fa presente il Papa già il 15 febbraio 2017 e glielo ribadisce ad ogni occasione fino alla rinuncia e anche dopo, a settembre e ottobre 2017 quando è in corso una petizione (vedremo meglio più avanti) in suo favore. E’ sempre Salonia a sottolinearlo riferendo la posizione del Pontefice: <<sono ancora sul versante che ti massacrano sui giornali>>. In effetti i giornali a quel tempo lo hanno già assolto e ‘beatificato’ come martire e vittima di calunnie, ma il Papa utilizza comunque questo argomento per mantenere il suo fermo no all’episcopato del frate cappuccino.

Del resto perché Bergoglio dovrebbe convocarlo più volte, già il 15 febbraio 2017 e nei giorni e settimane seguenti,  se non per spiegargli quale sia l’unica exit strategy dal pasticcio in cui con quella nomina si è cacciato e giungere alla via d’uscita nel modo meno dannoso possibile, appunto la parvenza dell’atto di rinuncia utile a sorreggere la tesi dell’infondatezza di accuse di competenza della magistratura canonica?

Tesi falsa come inconfutabilmente documenta la piena confessione resa dallo stesso Salonia, un anno e mezzo dopo, ma in un’altra sede come abbiamo visto, dove quelle accuse non hanno rilievo. Ovvio che allo Stato italiano interessi accertare se Salonia abbia violentato qualcuno, in questo caso una suora, ma non se da sacerdote abbia intrattenuto relazioni sentimentali e sessuali – con un’altra suora, che poi, schiacciata da una crisi di coscienza, abbandona la tonaca – sia pure in violazione delle norme del diritto canonico. Relazioni sessuali da lui confessate e rilevanti nella sfera della giurisdizione della Chiesa che però, come abbiamo visto, lo scagiona attraverso la commissione presieduta da Gisana il quale, senza dello stop papale, è pronto nelle vesti di officiante anche a consacrarlo, nella cerimonia in cui l’imposizione delle mani tocca – rectius! sarebbe toccata – al celebrante principale Lorefice.

Da aggiungere che se, per assurdo, Salonia realmente volesse e potesse non rinunciare, non sapremmo quale ‘bolla papale’, pergamena incisa con sigillo e firma del pontefice, potesse materialmente avere in mano Lorefice per procedere all’impossibile consacrazione, atto che comunque porrebbe i disobbedienti fuori dal legittimo potere vaticano.

Salonia ammette ai Pm la lunga relazione sessuale con una suora,

ma “non conosce” Gisana, il giudice canonico che l’ha scagionato

e che egli ha prescelto al fianco di Lorefice per la sua consacrazione

A proposito di Gisana che abbiamo visto in azione come l’insabbiatore seriale degli abusi sessuali del clero in danno di minori nella sua diocesi, non passa inosservata la dichiarazione resa da Salonia ai pubblici ministeri di Roma colpiti dal fatto che della sua assoluzione canonica egli non abbia neanche una notifica o una comunicazione scritta, nè una parola di motivazione documentale, e può solo raccontare di averne appreso l’8 aprile 2017 dalla voce del Papa il quale gli comunica il proscioglimento ma non per questo dà via libera alla sua ordinazione: anzi ne affretta la rinuncia. In questo frangente, rispondendo a domande, Salonia chiarisce alcuni dettagli sulla commissione che lo assolve. Ne fanno parte – dice – <<due vescovi ed un giurista, il presidente del processo, di questo processo, non so come si chiama … il presidente di questo collegio – riferisce – telefonava di volta in volta a me, ai testimoni, a quelli che gli chiedevano…>>.

Salonia quindi dichiara di avere parlato al telefono con il presidente di questa commissione e di essersi poi presentato a lui per rendere le proprie dichiarazioni e rispondere delle accuse ma di non conoscerlo e di non sapere neanche come si chiami. Come i nostri lettori ben sanno, questo misterioso presidente, ‘sconosciuto’ a Salonia, è Rosario Gisana il quale non solo presiede la commissione voluta da Lorefice per scagionarlo, ma è anche il vescovo che Salonia, appena eletto, sceglie per la sua consacrazione al fianco dello stesso Lorefice celebrante principale. E i due momenti, attività della commissione che deve giudicarlo e scelta del co-consacrante, sono vicini nel tempo e pressochè contestuali: marzo 2017. Per non dire della più che quarantennale attiva presenza di Salonia negli ambienti clericali di Modica e della diocesi di Noto dove Gisana, sacerdote sin dall’86, costruisce la sua carriera, esattamente come negli stessi anni e negli stessi luoghi fa il futuro arcivescovo di Palermo Lorefice. Ma un anno e mezzo dopo quella doppia esperienza (commissione che lo giudica e consacrazione poi mancata) il 18 ottobre 2018, quando l’indagato Salonia è in procura, di Gisana non ha memoria perchè per lui il vescoco di Piazza Armerina è un perfetto sconosciuto.

Il perchè della foto-opportunity con Salonia e Lorefice, artefice del pasticcio:

l’arcivescovo rimasto senza ausiliare, Bergoglio gli nega una seconda possibilità

La seconda notazione. Oggettivamente, dall’esterno, possiamo e dobbiamo ravvisare la contraddizione della doppia verità del Papa che però, osservata dall’interno e con l’ausilio dell’ormai più che decennale esperienza del suo ministero, ha anche un’altra spiegazione: la sua vicinanza a chiunque venga a trovarsi in difficoltà, compresi cardinali e vescovi colpiti duramente dai suoi stessi provvedimenti. La casistica è ampia e ci racconta di un Pontefice fisicamente e platealmente vicino, in momenti appositamente da lui creati o comunque concessi, a sacerdoti e prelati nei loro momenti critici, anche per loro colpa a giudicare dalle sue determinazioni punitive.

In questa più ampia ottica di lettura sorretta da numerosi esempi, le parole di Bergoglio a Genova e la foto-opportunity concessa a Palermo un anno e mezzo dopo al ‘vescovo mancato’ acquistano un altro significato. Comunque pienamente compatibile con il nucleo essenziale di ogni ricostruzione credibile che dall’intero puzzle si possa desumere: Salonia non può mai essere vescovo con quel fardello sul suo capo, ma è già nominato, per effetto di un grave infortunio istruttorio, complice anche la reticenza di chi nel clero, ben prima delle lettere dell’ex suora sua amante e della suora che lo denuncia al Papa per violenza sessuale, sa di certi precedenti scabrosi e dovrebbe farli presenti a chi di dovere ma tace. Proprio tale inciampo – una nomina ormai pubblicata – induce Francesco a concedere al nominato tutti i comfort di un’uscita onorevole, ma nessuna opzione diversa da quella che di fatto è un azzeramento della nomina, mascherata da rinuncia.

Del resto un fatto è evidente. Oggi, quasi sette anni dopo quel clamoroso infortunio, Corrado Lorefice non ha ancora un vescovo ausiliare. Da allora Bergoglio non gli ha più concesso una seconda possibilità, nonostante l’ufficio dell’arcivescovo di Palermo, data la dimensione e l’importanza della diocesi, sia stato sempre assistito da questa figura. Sui tanti risvolti e sulle anomalie dell’improvvida designazione del suo ausiliare da parte dell’ex parroco di Modica – promosso all’improvviso otto anni fa primate di Sicilia – avremo modo di soffermarci più avanti. Ma intanto la stroncatura papale, dopo quello scivolone evidente e rovinoso, è nei fatti: più forte di qualunque congettura, tentata autodifesa o alternativa spiegazione.

Sulla falsa assoluzione di Salonia la stampa si presta o ci casca

ed anche FarodiRoma s’allinea: la breve vita della direzione-Grana

Affronteremo anche le vicende segnalate dall’ex suora con la lettera che, già il giorno dopo la nomina, l’11 febbraio 2017 anniversario dei Patti lateranensi, attiva un ‘codice rosso’ in Vaticano, nonché quelle, più gravi, oggetto di altre denunce costituenti le notitiae criminis alla base del processo penale promosso nei confronti di Salonia dalla procura di Roma nel 2018, sfociato l’anno dopo nella richiesta di rinvio a giudizio e arrestato, prima del dibattimento, nel 2020 da una sentenza di non luogo a procedere avente una sola motivazione: la tardiva presentazione della querela da parte della religiosa, la stessa alla quale – assicura la nostra fonte in Vaticano- per i medesimi fatti che ne sono oggetto il Papa chiede scusa e perdòno a nome della Chiesa.

Vedremo anche come tale sentenza sulla stampa e nella narrazione corrente sia travisata e falsata nel suo contenuto, pur chiarissimo, da numerosi esternatori, alcuni dei quali ben qualificati nelle gerarchie ecclesiastiche come l’arcivescovo di Palermo Corrado Lorefice. Esternatori ai quali soggiacciono acriticamente, con supina acquiescenza, tutte le testate che se ne occupino, al punto che perfino FarodiRoma – il quotidiano on line che come abbiamo visto ha il merito di dare per primo la notizia, vera, sull’alt papale all’infausta nomina episcopale e sul giallo che ne consegue – si adegua, addirittura con tanto di scuse all’influente frate cappuccino per avere tre anni prima (la sentenza penale del Tribunale di Roma è del 28 febbraio 2020) osato … scrivere la verità.

Ma andiamo con ordine. Del FarodiRoma, attivo dal 2015, abbiamo dato qualche cenno. Il suo nome è ispirato al Faro del Gianicolo, il monumento che domina la città eterna, eretto nel 1911 in occasione del cinquantesimo dell’Unità d’Italia nel luogo degli scontri del 1849 per la Repubblica romana, finanziato dalla comunità italiana in Argentina: scelta spinta dall’emozione per l’elezione di Jorge Mario Bergoglio, nato da padre piemontese e da madre argentina figlia a sua volta di una piemontese e di un argentino con papà ligure. L’imponente monumento in pietra bianca dalle forme neoclassiche, installato per illuminare la ‘giusta rotta dei naviganti’ e proteggerli da insidie e tentazioni, viene scelto come motivo ispiratore dell’iniziativa editoriale.

Sulla testata, edita in quattro lingue, a scrivere del caso-Salonia, fin dalla prima notizia il 19 marzo 2017, è Francesco Antonio Grana, vaticanista de ilfattoquotidiano.it da oltre dieci anni, esattamente dal momento delle dimissioni di papa Benedetto XVI annunciate l’11 febbraio 2013, e già dall’anno prima in possesso di accredito permanente presso la sala stampa della Santa Sede. Il 12 marzo 2023 Il Fatto pubblica un’intervista di Grana a papa Francesco in occasione dei dieci anni di pontificato, mentre sono numerosi nel tempo i libri a sua firma su temi e vicende del Vaticano.

Quando Grana rivela con uno scoop lo stop papale alla consacrazione di Salonia è direttore del FarodiRoma, incarico che esercita per un periodo breve, appena otto-nove mesi. Con le successive direzioni la testata cambia linea e di Salonia si occuperà solo per riportare la sua versione e, addirittura, per porgergli le scuse quando il frate cappuccino sarà prosciolto penalmente, ignorando o travisando, come tutta la stampa del resto, il fatto che quella non è un’assoluzione, ma un proscioglimento per mera asserita improcedibilità e non per infondatezza delle accuse: anzi, tutt’altro, stando alla richiesta di rinvio a giudizio della procura di Roma.

Le ‘grane’ di Francesco: lo scandalo del revisore silurato, l’arcivescovo col vizietto,

il neo cardinale con 12 milioni di euro in conti segreti e il caso-Salonia

Tornando ai fatti immediatamente seguenti la ‘rinuncia’ di Salonia, dal profilo fb ‘Provincia Frati Cappuccini di Siracusa’ apprendiamo di una lettera, datata 10 luglio 2017, firmata da Gaetano La Speme, ministro provinciale dei frati minori cappuccini di Siracusa, carica a lungo esercitata in precedenza dal‘vescovo mancato. ‘Fra Gaetano’, che si qualifica come il superiore provinciale di padre Giovanni Salonia, si rivolge al direttore de ilfattoquotidiano.it Peter Gomez per chiedere la rettifica di un articolo di Grana del 28 giugno precedente dal titolo “Vaticano, tra dimissioni, soldi e molestie” in cui il giornalista tratta di non poche … grane che negli stessi giorni capitano a papa Francesco.

Tre in particolare: la prima è quella delle dimissioni forzate del revisore generale dei conti vaticani Libero Milone; la seconda è quella <<dell’arcivescovo col vizietto>> che molesta sessualmente turisti di passaggio e militari in servizio davanti a uno dei più affollati ingressi in Vaticano, Porta Sant’Anna; la terza è la bufera mediatica che investe il neo cardinale Jean Zerbo arcivescovo di Bamako nel Mali, del quale, appena nominato, si scopre che sono nelle sue mani i codici d’accesso ai conti correnti segreti che nascondono 12 milioni di euro tenuti in una banca privata, la Hsbc Private Bank di Ginevra (perché non lo Ior se si tratta di fondi per le attività della Chiesa?) svelati da un’inchiesta di Le Monde che travolge il neo porporato proprio alla vigilia del concistoro d’esordio in cui il protocollo gli assegna il compito d’intervenire anche a nome delle altre nuove ‘berrette rosse’. Per la cronaca, segue pasticcio tragicomico e figuraccia internazionale con l’annuncio vaticano di assenza per malattia del prelato costretto ad un ricovero a Parigi, ma il cardinale in quelle ore viene visto passeggiare tranquillamente a Roma nelle vie dello shopping e qualche giornalista lo scrive. In effetti Zerbo in concistoro c’è ma in deroga al protocollo fa scena muta: insomma cardinale sì, ma in silenzio e – se l’imbroglio riuscisse – in incognito.

Lo scandalo sessuale è più pesante di quello finanziario:

il cardinale salvato, il vescovo Salonia deve invece rinunciare

Questo caso ci racconta di una nomina infelice o sciagurata come quella di Salonia con la quale l’analogia è lo scandalo che scoppia a pubblicazione avvenuta: la differenza è che Zerbo, con i suoi 12 milioni trattenuti di nascosto, può rimanere cardinale mentre a Salonia, sia pure con la carezza delle dolci tecniche esperite, il soglio episcopale viene precluso. In entrambi i casi per volere e comando del solo che può: sempre e comunque il Papa.

Nel suo articolo su Il Fatto, del quale il ministro provinciale dei frati cappuccini dichiara su fb di chiedere la rettifica, Grana in effetti cita il mancato vescovo siciliano solo per scrivere che un altro dei casi riferiti, quello dell’arcivescovo col ‘vizietto’ <<avrebbe creato ulteriore irritazione nei sacri palazzi anche perché il presule apparterrebbe allo stesso ordine religioso di padre Giovanni Salonia, il cappuccino nominato da Francesco vescovo ausiliare di Palermo, il 10 febbraio 2017, e poi costretto dallo stesso Bergoglio alle dimissioni prima di ricevere l’ordinazione episcopale. Le motivazioni di questo durissimo provvedimento – annota il 28 giugno 2017 il vaticanista – non sono mai state chiarite del tutto. C’è perfino chi ha ipotizzato che il cappuccino abbia disobbedito al voto di castità. Ma Salonia ha sempre respinto con forza tutte le accuse>>. L’articolo de Il Fatto riporta poi un ampio brano della lettera di rinuncia di Salonia ma, per quanto nella nostra inchiesta possa rilevare, il riferimento al vescovo mancato è tutto qui. E tanto basta per ispirare il testo della lunga lettera del suo ‘superiore’ che troviamo pubblicata sul profilo fb dei Frati minori dell’allora provincia di Siracusa (qui).

La lettera contesta che Salonia sia stato costretto a rinunciare, rilancia la tesi del gesto volontario e per il resto presenta un campionario di imbarazzanti luoghi comuni a scudo dell’intolleranza verso la libera stampa che pubblica notizie non gradite, in un pedante e contorto esercizio di aggiramento elusivo della verità. Oggi, a rileggerli nel post sopra richiamato e in altri che lo rilanciano, sorprendono e fanno impressione certi commenti alla lettera del frate: il riferimento è soprattutto a persone le quali, alla luce di una certa credibilità pubblica loro riconosciuta, c’è da sperare siano allora in buona fede.

Il vaticanista autore dell’articolo peraltro, proprio per rappresentare correttamente e in aderenza ai fatti la gravità dello scandalo che blocca la consacrazione del frate-psicoterapeuta, annota che <<c’è perfino chi ha ipotizzato che il cappuccino abbia disobbedito al voto di castità>> aggiungendo che però <<Salonia ha sempre respinto con forza tutte le accuse>>. Illuminanti i lacci di questo nodo: in quel ‘perfino’ riferito all’ipotizzata violazione del voto di castità c’è la percezione della gravità canonica del delitto, neutralizzata solo dal fatto che l’accusato respinga con forza le accuse. Ma questo ‘respingimento’ – ammetterà proprio Salonia un anno e mezzo dopo – è una menzogna utile in quel momento a dargli una via di fuga che egli percorre calpestando la verità, nella finzione imbastita tra Roma, Palermo e Ragusa con grave pregiudizio, oltre agli effetti calunniosi contro chi dice la verità, anche della dignità della giurisdizione canonica.

Un giallo la rettifica contro il vaticanista de Il Fatto Quotidiano: pubblicata su fb

dai frati cappuccini solidali con Salonia, mai arrivata però alla testata

C’è poi un dato. Su ilfattoquotidiano.it non c’è traccia di questa lettera scritta da ‘fra Gaetano’ dichiaratamente per essere indirizzata alla testata. Non risulta pubblicata e in redazione non si trova chi ne sappia qualcosa. Lo stesso Grana, ora come allora vaticanista de Il Fatto, certamente verrebbe quanto meno interpellato, ai fini di una valutazione e della relativa trattazione, subito all’arrivo della missiva in redazione. Ma egli non ne sa nulla. In ogni caso rimane la domanda: perché chi chiede la rettifica (pubblicarla è un obbligo di legge in presenza dei presupposti) accetta l’omissione senza neanche accertarsi che la domanda pervenga al destinatario?  Se la lettera viene effettivamente inviata e Il Fatto la ignora, perché tutto finisce lì?

Siamo a luglio 2017 e ciò che non finisce lì è la campagna con toni da stadio in favore di Salonia. Infatti ben presto parte una mobilitazione a sostegno di una petizione (qui) perché <<il Papa non accetti la sua rinuncia>>: una frase totalmente priva di senso per lanciare e dare in pasto all’opinione pubblica un’aspettativa impalpabile perché il Pontefice è capo assoluto e in nessun caso il suo può essere un potere condiviso o ‘concorrente’ come la fantasiosa (non) accettazione di un atto altrui tende ad evocare.

Riannodando i fili e sistemando ogni tassello del puzzle al suo posto, una volta di più emerge che la rinuncia, obbligata e senza alternative, è semplicemente la ‘trovata’ concessa per la via di fuga: basterebbe non dar luogo alla consacrazione ma, a nomina pubblicata, occorrono una spiegazione e una narrazione.

Petizione pro-Salonia con migliaia di firme di fedeli, molti in buona fede.

Cosa racconta a loro il vescovo ‘sospeso’, di diverso che ai magistrati?

Invece ad ottobre 2017 scatta questa esilarante petizione che, accompagnata da articoli di stampa, pubbliche dichiarazioni, incursioni social con accenti da curva sud ad opera di fans e attivisti di varia estrazione, raggiunge cinque mila firme, spinta da un argomento scombiccherato: il Papa non ha ancora firmato l’accettazione, dunque non vuole che Salonia rinunci. E così egli, il Pontefice – secondo questi agit-prop votati ad una missione impossibile – dovrebbe essere più chiaro e coerente, vergando magari un atto di esplicito rifiuto della rinuncia. Pretesa fumosa e irreale anche se in tanti sembrano crederci, magari molti in buona fede, ma occorre chiedersi: cosa ha raccontato loro Salonia per averli così dalla sua parte? Di sicuro non quello che, indagato per violenza sessuale, dirà un anno dopo ai pubblici ministeri di Roma: basterebbero le dichiarazioni da lui rese in procura a stroncare ogni velleità di episcopato e a mettere in dubbio anche la dignità del suo presbiterio se questo fosse un tema sul tavolo. Altro che fregiarsi di un atto di libera e volontaria rinuncia, con la conseguenza, in questo caso, di alimentare anche tra tanti firmatari in buona fede la campagna suddetta! Che poi sbatte contro un altro dato di realtà.

Perché il Papa, appena a Santa Marta giunge la prima lettera l’11 febbraio 2017, ne chiede conto a Lorefice e a Salonia, spiega a questi che verrebbe massacrato sui giornali e, nonostante i tentativi di autodifesa, glielo ribadisce negli incontri successivi? Forse per indurlo a tenere duro e a non mollare correndo verso la consacrazione e l’insediamento o, al contrario come l’epilogo dei fatti ben dimostra, per sbattergli in faccia la realtà (<<ti massacrano>>) e quindi rimuovere o attutire quello scandalo nell’unico modo possibile?

Infatti ancora oggi, sei anni dopo quella mobilitazione, tutto è come allora: niente episcopato per Salonia ed exit strategy di comodo e confortevole, concessagli attraverso la via di fuga resa praticabile dalla pubblica narrazione basata su un falso. Peraltro oggi il sempre attivo psicoterapeuta ha 76 anni e da uno sarebbe comunque a riposo, se anche fosse riuscito, a settant’anni, a coprirsi il capo con zucchetto paoanazzo.

Nel periodo di quella mobilitazione, ottobre 2017,  la stampa senza alcuna eccezione (al FarodiRoma non c’è più Francesco Grana) pompa la notizia dell’assoluzione incondizionata di Salonia in sede canonica, frutto come sappiamo dei servigi particolari della commissione-Gisana, promuove la tesi che egli sia vittima di calunnie e segnala la necessità di una riparazione alla mancata ordinazione episcopale, conseguenza di generoso sacrificio e ingiusta ‘rinuncia’.

L’inchiesta penale per violenza sessuale scatta a marzo 2018: la notizia

sui giornali a settembre 2018 dieci giorni dopo la visita del Papa in Sicilia

Ma la realtà è completamente diversa e con essa devono misurarsi ben presto i magistrati della procura di Roma i quali però possono trattare – fin quando viene loro consentito, ovvero fino al 28 febbraio 2020 – i reati di violenza sessuale di cui è imputato Salonia, non certo le accertate, e dallo stesso ammesse, violazioni degli obblighi del celibato che sono materia della giurisdizione canonica.

I pubblici ministeri entrano in scena a marzo 2018, quando una suora del Nord Italia, il 9 marzo per l’esattezza, si presenta dinanzi ad un ufficio di polizia giudiziaria per depositare una querela che in pochi giorni è sul tavolo dei magistrati inquirenti a piazzale Clodio. Pubblicamente se ne avrà notizia solo sei mesi dopo.

E’ ‘la Repubblica’ a scriverla per prima il 25 settembre 2018, a firma di uno dei suoi più bravi e attenti cronisti giudiziari a Roma, Giuseppe Scarpa il quale riferisce di un fascicolo aperto con l’iscrizione di Salonia per il reato – previsto dall’art. 609 bis, commi 1 e 2, del codice penale – di violenza sessuale aggravata in danno di una suora. La notizia è ripresa da varie testate e, soprattutto in Sicilia, trattata nel solco della tesi (falsa, elaborata nell’unica sede possibile, quella canonica, per i delitti di competenza) delle ‘calunnie, frutto di invidia’, di cui è vittima Salonia già ‘assolto’, appunto, dal Vaticano attraverso la commissione-Gisana. A sorreggere questa narrazione, a volte tendenziosa altre esplicita, la contingenza temporale della visita del Papa a Palermo.

Soffermiamoci allora in breve su questo evento.

Il 15 settembre 2018 papa Francesco – per la seconda volta, cinque anni dopo la scenografica irruzione a Lampedusa all’esordio del suo pontificato – è in Sicilia nel venticinquesimo anniversario dell’assassinio di don Pino Puglisi, parroco limpido ed eroico, fedele ai ‘canoni’ fino al martirio, ucciso a Brancaccio il 15 settembre 1993 nel giorno del suo 56° compleanno.

Un quarto di secolo dopo nell’isola è un sabato di sole. Il Papa arriva di buon mattino ed ha in programma due sole tappe: Piazza Armerina e Palermo, dove ad accoglierlo ci sono i due vescovi diocesani con i quali in quest’inchiesta ci siamo più volte imbattuti: Rosario Gisana e Corrado Lorefice.

E’ un sabato di sole come dicevamo e Francesco, atterrato in elicottero nel campo sportivo di Piazza Armerina, appena sale sul palco in piazza Europa lo sottolinea salutando i quaranta mila fedeli che l’attendono: <<Sono contento di trovarmi in mezzo a voi, è bello il sole della Sicilia>>.

Per Gisana è un grande giorno, come per Lorefice il quale due ore dopo accoglie il Pontefice a Palermo, al Foro italico, dinanzi a centomila fedeli. Poi visita nella missione ‘Speranza e carità’ di Biagio Conte dove il ‘Papa venuto dalla fine del mondo’ pranza tra migranti, ex detenuti e diseredati di ogni tipo parlando a tu per tu con loro e rispondendo ad ogni loro domanda: momento toccante da cui il regista Pasquale Scimeca trae un film, povero all’apparenza come ‘fratel Biagio’, ma ricco di intensità emotiva e di cifra artistica tanto quanto il missionario laico lo è di spirito e di opere. Il grande pubblico lo scopre solo di recente, a gennaio 2023, quando Biagio muore e la Rai mette in onda il film: qui la testimonianza del regista sul quotidiano la Repubblica quattro giorni dopo, il 19 settembre 2018, con un breve filmato dell’esperienza vissuta.

Due sole destinazioni nell’isola per papa Francesco, Piazza Armerina e Palermo:

il grande giorno di Gisana e Lorefice, la gratifica di questi a Salonia

Tornando a quel sabato di cinque anni fa, prima di chiudere la giornata siciliana, a Brancaccio per la commemorazione del beato Puglisi e in piazza Politeama affollata di giovani, Francesco va in cattedrale per un incontro riservato, come da programma stilato a maggio, <<con il clero diocesano e religioso: parroci, sacerdoti, seminaristi di tutta la Sicilia, superiori e superiore delle comunità religiose dell’isola>>.

E’ in questo momento che il Papa concede un minuto in sacrestia a Salonia al fianco di Lorefice ed entrambi posano accanto a lui per l’immagine poi pubblicata da Vatican Media, il sito del servizio fotografico della Santa Sede che da oltre novant’anni documenta le visite e i viaggi del Pontefice in ogni luogo del mondo. Per la cronaca quando Salonia è con il Papa a Palermo, gratificato dalla foto (e dalla solenne citazione pastorale di un suo scritto, da parte di Lorefice come vedremo più avanti), da tre giorni sa di essere indagato a Roma per violenza sessuale: l’avviso di garanzia risulta notificato il 12 settembre 2018.

Lo scatto fa il giro delle redazioni, soprattutto quelle siciliane che lo offrono ai lettori come l’assoluzione di grado più alto e la riabilitazione definitiva del cappuccino che generosamente e liberamente rinuncia alla mitra. Narrazione condita con un ricco corollario di insinuazioni e teorie complottistiche per via della sequenza temporale degli eventi.

La notizia del procedimento penale come abbiamo visto esce sulla stampa dieci giorni dopo la visita del Papa in Sicilia. E qui in prevalenza ne viene dipinta come effetto reattivo, prodotto da uno scarico di bile di quegli stessi ‘corvi’ di Ragusa che da un anno e mezzo tramerebbero contro il frate per oscuri interessi.

A questo livello di analisi nessuno si cura del fatto che, molto più semplicemente, oltre sei mesi prima, il 9 marzo 2018, una suora decide di scrivere e presentare all’autorità giudiziaria una querela, mettendoci la firma e la faccia, con tutta la sofferenza autentica che traspare dagli atti di due anni di indagini e dallo shock per l’arresto improvviso del processo, che sa di giustizia negata.

Ciò che in effetti accade, semplicemente, è che dopo l’apertura del fascicolo con la relativa iscrizione dell’accusato nel registro degli indagati, e dopo che la procura interroga alcuni testimoni, un cronista giudiziario lo venga a sapere, quale che ne sia la fonte la quale, come di consueto, può risiedere anche in una delle parti che abbiano diritto di esserne informate o in qualsivoglia altra figura ne risulti a conoscenza.

E se da Roma, con l’articolo di Scarpa come abbiamo visto, esce la notizia, a Palermo a tracciare la rotta mediatica ci pensano quella foto-opportunity e le parole pronunciate da Lorefice al Foro italico quando nel suo intervento pastorale decide di citare proprio un passo di Salonia, il frate che avrebbe voluto come vescovo ausiliare ma del quale, in ‘ausilio’ dogmatico alle sue tesi prende ora, in un momento così solenne sotto gli occhi del Papa, qualche brandello di esegesi teologico-psico-sociale: <<l’Eucarestia rappresenta la vera esperienza relazionale che forma e trasforma nello Spirito i legami affettivi». Parole di Giovanni Salonia, tratte da Odòs, una delle sue tante pubblicazioni, che ora viene voglia di esplorare anche alla luce della testimonianza della suora la quale riferisce di certe pratiche relazionali e terapeutiche, somministrate dal teologo in nome della Gestalt, pratiche che per quattro anni le infliggono violenze sessuali.

La menzogna offensiva del ‘giudice-Gisana’ contro

l’ex amante di Salonia, allora suora, che dice la verità.

Il ‘florilegio di calunnie’  è della commissione ecclesiastica

Ci occuperemo in seguito del processo che scaturisce dalla querela del 9 giugno 2018 e si chiude – con mero stop d’improcedibilità per denuncia tardiva – il 28 febbraio 2020, dopo una richiesta di rinvio a giudizio depositata il 7 luglio 2019 dai pubblici ministeri i quali pervengono a tale conclusione dopo avere interrogato la religiosa-vittima, il religioso-indagato, altri testimoni ed inoltre esperito un incidente probatorio per cristallizzare le prove: tutto inutile perché secondo il giudice chiamato a decidere la suora avrebbe dovuto denunciare prima.

La giornata siciliana del Pontefice, con quella foto e quella citazione che Lorefice dedica a Salonia, serve ad alimentare la narrazione confezionata, che la stampa recepisce integralmente e acriticamente, pronta così a depotenziare dieci giorni dopo la notizia dell’inchiesta penale. Come poi farà, soprattutto in Sicilia o in chiave siciliana, un anno dopo, a luglio 2019, della richiesta di rinvio a giudizio, per potersi infine scatenare dal 28 febbraio successivo quando il processo finisce. E per tutti, o quasi, la notizia (falsa) è che Salonia sia stato assolto e che egli sia stato vittima di una macchinazione.

Per chiarire ogni passaggio della vicenda cerchiamo di riprendere il filo dei fatti rilevanti che fanno scattare le indagini, nel 2017 ad opera del Vaticano in ambito canonico, e dello Stato italiano, l’anno dopo, in quello penale, seguendo per quanto possibile un criterio temporale. Delle prime, sfociate nel non luogo a procedere disposto dalla commissione presieduta da Rosario Gisana, l’insabbiatore seriale degli abusi dei sacerdoti in danno di minori nella sua diocesi, abbiamo detto.

E’ utile qui richiamare alla memoria la motivazione addotta a sostegno del non luogo a procedere ecclesiastico nei confronti di Salonia: le denunce (di un’ex religiosa e dei testimoni che le confermano) per il vescovo-giudice Gisana sono solo un <<emotivo florilegio di pettegolezzi e calunnie>>. E tanto – questa sua personale, arbitraria e apodittica conclusione – basta perché quella che fin dal titolo abbiamo definito ‘InGiustizia Vaticana’ si arresti falsificando la realtà, con effetti di subdola e velenosa violenza sull’ex suora la quale invece dice la verità. Qui la sola calunnia è quella commessa da Gisana e da chi in quella commissione imbastita allo scopo (il vescovo di Trapani Pietro Maria Fragnelli e il presbitero dell’arcidiocesi di Catania Adolfo Longhitano) la avalla e la sostiene perché sortisca l’effetto determinato fin da quando l’organismo, su pressione dell’arcivescovo di Palermo Corrado Lorefice, viene costituito e investito del mandato da espletare.

Le ammissioni di Salonia ai magistrati italiani non lasciano alcun dubbio.

 

Ovviamente la contestazione mossa su questo punto a Salonia riguarda la violazione del canone  277 che stabilisce l’obbligo di «osservare la continenza perfetta e perpetua per il Regno dei cieli» sul quale si fonda l’obbligo del celibato. Questa è materia esclusiva della giurisdizione canonica sicchè Gisana a capo di quello specialissimo tribunale ha il potere di mettere la parola fine su ogni conclusione di giustizia, con licenza di calunniare chi – la donna denunciante – invece dice la verità.

Questo è un dato certo e oggettivo, acquisito grazie alla verifica compiuta da una procura della Repubblica, quella di Roma, la quale dovendo indagare su altre vicende – le violenze sessuali che Salonia è accusato di avere commesso in danno di una suora, tuttora tale – raccoglie la piena confessione di Salonia su questo punto. Che è un punto senza alcun rilievo nell’inchiesta aperta a piazzale Clodio mentre l’aveva certamente (eccome!) in quella in ambito canonico affidata dal Vaticano al vescovo, Gisana, che copre i pedofili e intrattiene ottimi rapporti con Lorefice – il quale di fatto lo investe della missione – e con Salonia che lo sceglie per la sua consacrazione.

La verità dell’ex suora da una parte e le menzogne, calunniose, della commissione-Gisana dall’altra sono scolpite nelle dichiarazioni rese da Salonia ai pubblici ministeri di Roma il 18 ottobre 2018. A tempo debito, per conveniente metodologia cronologica, ci arriveremo. Intanto diamo atto di cosa l’ex religiosa segnali al Papa l’11 febbraio 2017, il giorno dopo la nomina episcopale di Salonia, e che a marzo il tribunale predisposto per l’occasione, la commissione-Gisana, ritiene falso e calunnioso mentre è tutto vero.

Il coraggio, la dignità, il dolore della suora che ama la Chiesa e la vuole pulita

La donna è una fervida credente che ama la Chiesa e che con la morte nel cuore decide di abbandonare la tonaca dopo una lunga relazione con Salonia: una relazione sentimentale e sessuale durata diversi anni quando lei è suora e lui sacerdote.

Da molto tempo ormai è una laica, ha lasciato spontaneamente l’ordine religioso dicendo alla sua superiora <<non sono una brava suora>> e ha fatto i conti con la sua coscienza nella fede. Quando il 10 febbraio 2017 apprende della nomina a vescovo del suo ex amante, avverte un urgente bisogno interiore di confidare la verità al Papa perché con la sua nomina inconsapevolmente non faccia male alla Chiesa nella quale ella crede fortemente e sinceramente, tanto da avere voluto spontaneamente pagare il proprio debito morale abbandonando la vita consacrata della quale, avendo violato il voto di castità, non si è sentita degna.

Successivamente in Vaticano giungerà un’altra lettera, da parte della suora del Nord Italia che tuttora vive pienamente nella congregazione nella quale ha preso i voti: al Pontefice segnala, per il bene della Chiesa alla luce di quella nomina, che lei è stata violentata dal neo vescovo nei panni in questo caso del religioso-terapeuta che professionalmente se ne prendeva cura. Ma questa è la vicenda poi entrata nel processo penale. Qui ci soffermiamo sulla prima lettera.

Possiamo desumere i fatti che l’ex suora espone al Papa dalle dichiarazioni che un anno dopo, nelle vesti di testimone, renderà ad uno dei pubblici ministeri che indagano Salonia per violenza sessuale aggravata.

L’ex suora: “ero in casa famiglia, padre Salonia che studiava psicologia

chiese alla superiora di fare test sulla mia persona come esercitazione”

Ecco in sintesi il racconto della teste che chiameremo Lucia, una donna di alcuni anni più giovane di Salonia.

<<Durante il percorso che ho svolto per prendere i voti, esattamente prima di prendere i voti perpetui, all’incirca all’inizio degli anni ’80, ho conosciuto Giovanni Salonia. Io mi trovavo in una casa famiglia, ove erano alloggiate ragazze dai 14 anni in su; lui accompagnò alcune ragazze provenienti da un’altra casa famiglia. Io avevo all’incirca 25-26 anni. Lui studiava psicologia all’Ateneo Salesiano a Roma e chiese alla suora superiora la possibilità di fare test sulla mia persona come esercitazione>>.

Le dichiarazioni spesso rispondono a domande precise del magistrato e in alcuni momenti investono anche il drammatico vissuto personale della teste.

“Padre Salonia diceva di amarmi, ho iniziato ad avere rapporti sessuali

con lui quando avevo già preso i voti, anche quelli perpetui”

Quindi il racconto prosegue così.

<<Con Padre Salonìa avevo contatti frequenti; lui veniva in casa famiglia anche due o tre volte a settimana, per andare a trovare le ragazze e per celebrare messa>>…

<<Negli anni ’80, dopo un paio di anni di conoscenza, ho cominciato a pensare che lui mi volesse davvero bene. Lui aveva iniziato ad inviarmi dei bigliettini in cui asseriva di amarmi>>…

<< Ho iniziato ad avere rapporti sessuali con padre Salonia dopo il mio noviziato, quando avevo già preso i voti, anche quelli perpetui>>…

Le pressioni psicologiche e il ricatto emotivo: “Mi diceva che se non avessi avuto rapporti sessuali con lui sarebbe andato a prostitute ed avrebbe contratto malattie”

Lucia rievoca poi i punti più dolorosi della relazione con il sacerdote …

<<Padre Salonia, in un certo senso ha fatto su di me delle pressioni psicologiche: io percepivo le sue parole come un ricatto perché mi diceva che se non avessi avuto rapporti sessuali, lui sarebbe andato a prostitute ed avrebbe contratto malattie di natura sessuale. Ma ciò che ha avuto maggiore influenza su di me è stato il ricatto affettivo, ossia lui diceva di volermi bene e di amarmi per cui, finalmente, c’era qualcuno che mi voleva bene. Lo dico in quanto da bambina avevo vissuto dalle suore in quanto sia mia madre che mio padre non mi volevano a casa. Eravamo quattro figli: due sorelle sono state messe in un collegio e mio fratello in un altro.

Sacerdote e suora: relazione sentimentale e sessuale durata diversi anni

Sulla durata della relazione con Salonia, Lucia afferma…

<<La relazione con padre Salonia è durata parecchio, anche dopo che ho lasciato il convento nel 1987-1988, quando ho ottenuto la dispensa e sono andata a vivere per conto mio. Lui veniva a trovarmi a casa mia fino a quando ho iniziato a fare la terapia psicologica che mi ha aiutato a non essere più succube in quanto lui, con la sua personalità forte mi dominava>>…

“Ho deciso io di troncare il rapporto con padre Salonia”

Rispondendo a varie domande degli inquirenti Lucia afferma…

<<Ho deciso io di troncare con Padre Salonia, dopo avergli detto cosa in realtà pensassi di lui>>…

<<La relazione tra me e Salonia è iniziata proprio perché lui era riuscito a farmi sentire che avevo diritto a vivere, quando, fino a quel momento, avevo sempre pensato il contrario>>…

“Quando ho saputo che doveva diventare vescovo ho pensato che non fosse giusto”

Lucia spiega perché scrive la lettera al Papa…

<<Quando ho saputo che Salonia doveva diventare vescovo di Palermo ho pensato che non fosse giusto>>…<<ho scritto una lettera a papa Francesco che ha bloccato la nomina, dopo di che è iniziato il processo canonico>>…

<<Ricordo che mi hanno interrogata due vescovi siciliani i cui nomi, in questo momento, non ricordo>>…

<<Nello Dell’Agli è un altro sacerdote che è andato a testimoniare in quel processo canonico, il cui esito è stata la mancata nomina a vescovo di padre Salonia>>…

Quando parte il processo canonico, Salonia cerca più volte di contattare l’ex amante

Ancora Lucia dinanzi al magistrato…

<<Quando ha saputo del processo canonico padre Salonia ha provato più volte a contattarmi telefonicamente, ma io non ho mai risposto>>…

“Con Salonia la mia prima e unica relazione con un uomo”.

Poi la rottura e la scelta di coscienza “perchè non ero una brava suora”.

Una certezza: “se non fosse accaduto non avrei mai lasciato la vita consacrata”

 

Lucia risponde ad ogni domanda…

<<L’esperienza con padre Salonia è stata l’unica della mia vita perché non ho più avuto alcuna relazione con altri uomini. Mi sono sentita strumentalizzata o meglio mi sento violata da lui. Sicuramente questa esperienza ha inciso negativamente sul mio percorso religioso in quanto, se non fosse accaduto, sarei sicuramente rimasta all’interno del convento. Ricordo infatti che quando ho deciso di lasciare il convento sono andata dalla madre generale del mio ordine e le ho detto “non sono una brava suora”>>…

“Con Salonia amante non riuscivo più a distinguere il bene dal male”. Da allora

non sono capace di stare vicina ad un sacerdote, nè entrare in un confessionale”

Per amore di verità, rispondendo alle domande, Lucia mette a nudo un dolore forte, una ferita ancora aperta, una sofferenza attuale…

<<Quando frequentavo padre Salonia non riuscivo più a distinguere quale fosse il bene e quale fosse il male. Posso dire che, da allora non riesco più a stare a contatto con un sacerdote né entrare in un confessionale; quello che voglio dire è che non posso stare più in spazi chiusi perché gli incontri con Salonia avvenivano in spazi chiusi all’interno del convento>>.

3 – continua

Le puntate precedenti sono state pubblicate il 14 ottobre 2023 (qui) e il 21 ottobre 2023 (qui).