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Modica, il manuale dello scambio che dopo dieci anni di raggiri e di maneggi, d’inganni e garbugli, menzogne e traccheggi, strangola la città. Viaggio alla scoperta del ‘sistema’ e delle sue carte coperte. A mantenerlo è una minoranza di cittadini: per tutti gli altri vietato astenersi

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Nei trent’anni di elezione diretta dei sindaci, Modica solo all’inizio – con i due mandati di Carmelo Ruta, centrosinistra, il quale nel ’93 vinse il ballottaggio contro un altro candidato di sinistra, Giorgio Colombo – ha conosciuto un’amministrazione così longeva come quella del decennio appena trascorso di Ignazio Abbate, di fatto pronto ad un ‘tris’ se la sua candidata, Maria Monisteri, come egli si dice più che sicuro, avrà il via libera del 40% (purtroppo, tra le tante scellerate riforme che hanno distorto la buona legge del ’93 vi è anche questa) dei cittadini che riterranno di andare alle urne e che esprimeranno un voto valido scegliendo uno dei tre candidati in lizza (Monisteri appunto, Ivana Castello e Nino Gerratana).

Il parallelo finisce qui perché nient’altro accomuna i due sindaci. A Ruta successe Piero Torchi (di centro destra, in carica sei anni) e a questi Antonello Buscema non ricandidatosi per il secondo mandato. Quindi, nel 2013 inizia ‘l’era Abbate’ che non si è chiusa con le sue dimissioni un anno fa e, ancor meno, si chiuderebbe con l’elezione di Monisteri che egli ha scelto e ne è il capo, il mentore, la guida ferma e indiscutibile, il maestro, l’educatore politico. Un elemento, quest’ultimo, entrato nel dibattito elettorale quando l’erede designata (o, meglio, l’esecutrice a tempo, investita con vincolo di mandato) il 20 maggio scorso in un democratico confronto pubblico con gli altri due candidati organizzato dalla Società Carlo Papa di Modica Alta (qui articolo de Il Domani ibleo) ha scelto la scorciatoia della fuga dal merito dei fatti per affermare: <<Ho difficoltà a dialogare con il candidato Castello perché abbiamo due storie, due educazioni così differenti che non riesco a dialogare con una persona come lei>>. Dunque … l’educazione come categoria della politica.

Quanto al filo di ferro  – che nessuno può piegare o spezzare e che lega l’aspirante sindaca ad Abbate – non serve un’indagine psico-relazionale per poterlo accertare in tutta sicurezza. Basta osservare i fatti pubblici sotto gli occhi di tutti, gli atti amministrativi prodotti dal sindaco e dalla giunta di cui Monisteri ha fatto parte, le parole pronunciate dalla candidata nella ricerca del consenso necessario nella sua corsa al quaranta per cento.

E così Abbate, che mai ha smesso nei fatti di essere a capo del Comune, continuerebbe a decidere ogni cosa, pronto magari a tentare, senza deleghe né eterodirezioni, il suo ‘quarto’ mandato tra cinque anni.

Sarebbe un bene per la città?

La risposta è semplice e ciascuno, di qualsivoglia orientamento politico-culturale, a due giorni dal voto che deciderà il governo della città nei prossimi cinque anni, può cercarla e trovarla nei dieci appena trascorsi.

Sono dieci e non nove perché un anno di gestione straordinaria, nonostante il formale trasferimento dei poteri del sindaco e della giunta alla commissaria Domenica Ficano, prescelta dall’assessore regionale alle autonomie locali e alla funzione pubblica Marco Zambuto, non ha cambiato nulla nel dominio e nella presa assoluti di Abbate sul Comune e quindi sulla città. Per la cronaca Zambuto, quando decise chi inviare a Modica a prendere in carico il retaggio di Abbate, aveva al suo fianco, come capo di gabinetto oculatamente prescelto e fortemente voluto, il sindaco di Raffadali Silvio Cuffaro, fratello del più noto ‘Totò’. 

Un dominio e una presa a piene mani esercitati da Abbate all’insegna esclusiva dell’utilità personale fin dall’insediamento a giugno 2013, in qualunque fase della vita della città e anche contro qualunque situazione, anche oggettiva, che ostasse all’esercizio del suo potere così disinvolto, spregiudicato, assoluto, illegittimo, nefasto e devastante per la comunità, umiliata e oltraggiata negli elementi basilari di libertà e democrazia, di coscienza civile e di propensione al bene comune.

Niente e nessuno lo hanno fermato in questa ubriachezza permanente e nel suo delirio da podestà, complici i numeri del consenso formale che una minoranza complice di cittadini gli ha riversato, nell’indifferenza, nell’inerzia e nel silenzio colpevoli della restante maggioranza, lacerata al suo interno tra pochi onesti coraggiosi e molti tra pavidi, ignavi, opportunisti.

Una debacle civile nella quale un ‘cancro’ della democrazia si è propagato a dismisura per l’assenza o la resa immediata degli anticorpi naturali: forze politiche e sindacali, stampa, istituzioni di garanzia, organi di controllo amministrativo, associazioni culturali di varia ispirazione e natura, organizzazioni rappresentative degli interessi economici, professionali e produttivi. 

Qualunque verità evidente si sia frapposta, netta e chiara dinanzi ad Abbate ed ai suoi disegni (anche quella matematica dei conti economici) egli ha tirato dritto per la sua strada, una strada di menzogne e di traccheggi, di imbrogli e di maneggi, di espedienti e di raggiri, di garbugli e di inganni. Insomma un decennio di potere assoluto da parte di … Ignazio La Qualunque, nel senso di … capace di qualunque cosa e inflessibile contro qualunque verità e necessità pubblica imponesse ad un sindaco di essere tale.

Nei dodici mesi trascorsi da ‘ex’, Abbate è stato ed è, ancora, sindaco come e più di prima. E tutta la città lo sa. Lo attestano i corridoi e le stanze di palazzo San Domenico; l’operato complice e servile delle figure di comando insediate per ‘meriti di fedeltà’ alla res privata del capo; il contenuto degli atti e l’iter delle pratiche che invece dovrebbero obbedire ai criteri costituzionali di imparzialità, efficienza e buon andamento della pubblica amministrazione; il racconto di cittadini e dipendenti comunali che ancora oggi appagano le loro aspettative nutrite nei confronti dell’ente rivolgendosi all’inner circle privato del ‘sempre in carica’.

In effetti, subito dopo l’insediamento dell’amministrazione straordinaria, anche in concomitanza con una delle tante visite negli uffici comunali di operatori di polizia giudiziaria delegati ad attività d’indagine, certi modelli di comportamento sembravano meno evidenti. E in quei giorni accadeva che dipendenti comunali super-fedeli ricevessero a Frigintini, e recapitassero a palazzo San Domenico, buste di ‘pizzini’ (nel senso di pezzi di carta contenenti comunicazioni o istruzioni sul da farsi) destinate alle figure dell’apparato comunale funzionali ai bisogni e ai comandi del dante causa.

‘Prudenze’ ben presto scemate perché, evidentemente, chi tutto decide ha ritenuto, a torto o a ragione, che non ve ne fosse più necessità. E così tutto è ricominciato anche nella forma: la sostanza da dieci anni è inossidabile. Come prima e più di prima. Finora e… ancora oltre se quella ‘minoranza’ di cittadini cui accennavo prima lo vorrà, ben sapendo che lo potrà solo se la maggioranza restante glielo consentirà ancora, in quella che sarebbe una rinuncia alla dignità civica, una diserzione democratica, un rifiuto di libertà e quindi di progresso materiale e immateriale, di benessere, di migliore qualità della vita: e ciò a prescindere dal merito di ogni prodotto dell’attività istituzionale e amministrativa il quale è sempre di gran lunga superiore in condizioni di trasparenza, di partecipazione, di linearità degli atti, di verificabilità dei processi decisionali, di correttezza gestionale.

Anche a prescindere da quanto ‘In Sicilia Report’ possa testimoniare sulle dinamiche appena narrate e sulla quotidiana vita di palazzo, la semplice analisi documentale degli atti ufficiali dimostra la totale continuità dell’amministrazione straordinaria con quella ordinaria.

Prima di accennare ad alcuni fatti che possano fornire elementi nuovi a chiunque voglia partecipare attivamente, in piena libertà critica e consapevolezza democratica – quindi partendo dai dati di realtà – alla scelta nelle urne sul futuro della città, chi lo ritenga opportuno potrà trovare utile leggere o recuperare alla memoria fatti e opinioni contenuti negli articoli pubblicati da dicembre scorso in questa stessa rubrica (quiquiquiquiqui, qui). 

Le notizie che la città dovrebbe conoscere per utilizzare al meglio l’arma micidiale, potentissima e invincibile – che può essere suicida o salvifica – del voto del 28 e 29 maggio, ovviamente nell’interesse e per il bene di tutti (e quindi di ciascuno degli onesti) sono tante, troppe e sarebbero molte di più se il Comune di Modica rispettasse gli obblighi di legge in fatto di trasparenza, di comunicazione istituzionale, di accessibilità, negata e ostacolata – in una pratica costante di eversione democratica – non solo ai cittadini, fatto gravissimo, ma perfino ai loro eletti dotati di prerogative istituzionali ma ‘colpevoli’ di non essere asserviti al potere abnorme e oppressivo radicato in quello che è divenuto il ‘Palazzo d’Inverno’ di una città di tradizioni democratiche, da un decennio infiltrata, spolpata, svuotata, spogliata e depredata anche della bellezza immateriale dei suoi sentimenti: libertà, democrazia, bene comune, pluralismo, diversità nel rispetto di valori costituzionali condivisi, gentilezza, inclusione sociale, solidarietà, confronto culturale, voglia e senso di futuro.

Purtroppo l’istituzione comunale non rispetta i suoi obblighi istituzionali e molti fatti e atti di interesse pubblico sono occultati.

Qualcosa però possiamo raccontarla, limitandoci a qualche cenno – data l’enormità delle devianze sistematiche dell’operato amministrativo, prodotto esclusivo del comando sempre intatto in mano al ‘Sindaco La Qualunque’ – al vertice amministrativo, al corpo burocratico coinvolto nelle decisioni prese prima e altrove e che solo in apparenza sono il risultato di regolari procedimenti amministrativi, viziati nella realtà dall’essere fondati sull’esclusione di funzionari competenti e integerrimi, colpevoli di non essere ‘allineati’ a… la qualunque delle derive connaturate a quello che gli articoli richiamati e ormai una certa coscienza della città definiscono ‘sistema’.

In quegli articoli sono documentati e descritti alcuni dei tanti affari privati utili ad Abbate e ai suoi sodali, ma costosissimi per la città, messi in carico a tutti i contribuenti per l’acquisto del consenso dalle mani di quella minoranza che, per le dinamiche descritte, conferisce al satrapo un potere enorme e assoluto.

Uno dei tratti tipici di questo modus operandi è lo scambio affaristico-elettorale. Il campionario è lunghissimo, emerso già nelle precedenti elezioni, proseguito anche, in una delle due gambe costitutive del sinallagma, attraverso una lunga sequenza di provvedimenti amministrativi per l’erogazione di soldi pubblici, sottratti ai contribuenti onesti per essere destinati agli attivisti dello scambio che ha sfregiato la dignità civile della città.

Anche al di là della legittimità formale degli atti, nell’ottica comunque del suo merito intrinseco, dell’opportunità e del buon senso, un piccolo capitolo è quello riguardante gli affidamenti diretti e i contratti del Comune con un’impresa di Frigintini, in relazione anche alla più o meno casuale attività di un consigliere comunale, familiare dei due soci, che sono anche amministratori e componenti di quell’impresa.

Parliamo dell’azienda agricola ‘Verde agricoltura’, società semplice, ovvero la forma più elementare di società, di persone e non di capitali, avente sede a Frigintini in piazza del Mulino 1, con conferimenti complessivi di mille euro da parte dei due soci Antonello Covato e Damiano Covato.

L’azienda inizia l’attività il 4 giugno 2018, quando il sindaco Abbate è lanciatissimo verso la riconferma, e risulta iscritta alla Camera di Commercio di Ragusa il 22 ottobre successivo. Il suo codice Atecori, attribuito dall’Agenzia delle entrate, è quello previsto per la <<coltivazione di ortaggi, inclusi i meloni>> (e non è un riferimento a prodotti di stagione, neanche … politica, n.d.r.) in foglia, a fusto, a frutto, in radici, bulbi e tuberi in piena area, escluse barbabietole da zucchero e patate>>.

La cosa singolare è che quest’azienda agricola, così piccola e limitata nella sua missione produttiva al punto che non può neanche coltivare patate, viene però incaricata dal Comune innumerevoli volte per eseguire lavori per svariate decine di migliaia di euro nonostante le riserve della Corte dei Conti sulla possibilità che ad imprese agricole sia destinato anche uno solo di tali affidamenti.

Impossibile documentare in modo completo la serie di tali contratti per le ragioni accennate sulla scarsa trasparenza del Comune. Vero è che vi sono precisi obblighi di legge, ma essi spesso vengono nella sostanza disattesi e, quando in apparenza assolti, in effetti trattati in modo tale da vanificarne la funzione. E quando ciò non basta può accadere che passaggi cruciali siano bruciati ed oscurati per sempre (tragiche ‘casualità’ o beffe del destino) da incidenti irrimediabili come la rottura del Centro elaborazione dati. Anche questo è avvenuto a palazzo San Domenico, in relazione ai flussi finanziari milionari, causa della disastrosa gestione dei conti e del disallineamento dal piano di riequilibrio, che Abbate, appena insediato, avrebbe dovuto rispettare e invece ha eluso, aggirato, disatteso e violato ponendo oltre duecento milioni di debiti sul groppone di circa ventimila cittadini contribuenti effettivi.

In ogni caso qualche dato amministrativo documentato e inconfutabile ci consente di formarci un’idea di massima.

I titolari dell’impresa, Antonello e Damiano Covato, sono rispettivamente padre e fratello di Giammarco Covato, consigliere comunale eletto cinque anni fa nella lista Modica Est a sostegno di Abbate ed oggi candidato in ‘Siamo Modica’ a supporto di Monisteri.

Con o senza incidenze della casualità di questi rapporti, l’azienda agricola viene di recente incaricata dei lavori di scerbatura di cigli stradali, spazi pubblici, aiuole del centro urbano di Modica, Marina di Modica e Maganuco per l’importo di quasi 50 mila euro (49.600 per l’esattezza). La determinazione è del 19 aprile scorso, ad opera del responsabile del settore ecologia Vincenza Di Rosa. La Agricola Verde viene prescelta in seguito all’invito di tre imprese due delle quali non offrono disponibilità: fanno parte dello stesso giro di imprese prescelte e beneficiarie di una quota dello stesso tipo di incarichi.

La lettera invito è del 14 aprile 2023, con scadenza per la comunicazione della disponibilità e la presentazione di offerta economica, fissata alle ore 14 del 17 aprile. L’azienda poi incaricata risponde, unica a farlo, alle 11.33 dell’ultimo giorno offrendo un ribasso del 3,84% (125 euro/Km oltre iva) sul prezzo base di 130/km dei 320 chilometri totali indicati nel procedimento. Ecco alcune delle condizioni fissate per l’affidamento: che l’azienda disponga, oltre ai titolari, di almeno tre dipendenti assunti alla data d’inizio lavori; che tre operai siano effettivamente in servizio sei giorni su sette; che i lavori siano eseguiti entro 40 giorni dall’inizio. La visura camerale della Agricola Verde attesta nessun dipendente in forma stabile e segnala qualche sporadico trimestre con tre dipendenti, verosimilmente proprio in occasione degli affidamenti del Comune di Modica, unico committente.

Questo incarico è solo l’ultimo di una lunga serie che comincia proprio nel 2018, cioè nel periodo al quale risale la costituzione della società e l’inizio dichiarato d’attività, mentre l’iscrizione alla Camera di Commercio, in data 22 ottobre ’18, è perfino successiva al primo incarico ricevuto.

Affidamenti aventi lo stesso oggetto l’azienda della famiglia Covato ne riceve continuamente. Uno dei tanti, nei procedimenti amministrativi e nelle determinazioni riporta questa motivazione: << fino al 7 luglio 2021 il servizio di scerbatura dei cigli stradali, degli spazi pubblici e delle aiuole del centro urbano di Modica, Marina di Modica e Maganuco era compreso nel capitolato d’appalto d’igiene ambientale dell’Igm>> che però destinandovi solo tre dipendenti non riusciva ad espletarlo in maniera sufficiente. In quella data il Comune lo esclude dall’appalto e, in attesa di un bando, lo affida all’Agricola Verde che – ricordiamo – è solo un’azienda agricola, familiare e senza dipendenti, dedita, in teoria, alla coltivazione di ortaggi in un terreno di Frigintini in contrada Pozzo Denaro.

Tale affidamento riguarda la prima di quattro zone nel periodo luglio-agosto ’21 e, sempre in attesa di una procedura selettiva, viene prorogato, con determinazione del 30 maggio ’22, anche fino al 30 giugno ’22 con il solito importo (limite annuale) di 24.800 euro, dopo avere espletato analogo servizio anche in primavera, dal 28 marzo al 30 aprile dello stesso anno. E ciò perché – spiega la determinazione del 30 maggio dello scorso anno della responsabile del settore Ecologia – <<nelle vie e nelle aree scerbate dalla ditta nella zona assegnata>> (proprio quelle scerbate dalla ditta in questione, n.d.r.), <<in particolare quelle scerbate dalla fine del mese di marzo alla prima metà dello scorso mese d’aprile, le erbe infestanti a causa degli eventi piovosi in tale periodo, sono velocemente ricresciute per cui si rende necessario un ulteriore passaggio a partire dal prossimo mese di giugno>>: il tutto per la somma di dieci mila euro + iva, ovvero il consueto modulo semestrale da € 12.400, in una sistematica … collezione autunno-primavera.

Stessa emergenza in fotocopia il 16 novembre ’22 quando il responsabile del settimo settore (la commissaria ha cambiato i numeri dei settori, ma non gli uomini – o le donne che siano – nè le ‘regole d’ingaggio’ e così il prodotto finale è lo stesso) attesta che <<l’ultimo intervento è stato eseguito durante la scorsa stagione estiva … ma nel frattempo erbe infestanti rigogliosamente cresciute …>> ne rendono necessario la ripetizione in due macro zone, la prima e la seconda, con inizio dei lavori già a novembre: altri 24.800 euro. 

Un’altra filiera avente ad oggetto <<il servizio di scerbatura e pulizia dei detriti ed arbusti di bordi, banchine e di relitti stradali ricadenti lungo le strade comunali>> con previdenti linee guida e convenzione con le organizzazioni agricole nella primavera elettorale del 2018, è quella delle origini, cui abbiamo già accennato a proposito delle date del primo incarico, precedente l’iscrizione dell’impresa alla Camera di Commercio. Lungo questo asse ben congegnato si collocano una procedura indetta il 21 agosto 2018 sulla base di tali linee guida varate il 12 aprile ’18 (appunto nell’imminenza delle elezioni di giugno) e un protocollo d’intesa stipulato il successivo 25 luglio con le organizzazioni agricole Coldiretti, Confagricoltura e Unsic.

Quindi il 21 agosto il responsabile del settore manutenzioni Giorgio Scollo invita 65 ditte con termine fissato al 31 agosto, poi prorogato al 6 settembre, per l’inoltro di offerte. A questo fine il territorio comunale è suddiviso in undici zone ognuna delle quali contenente mediamente circa 40 km di strade, con il limite di lavori per 24.800 euro annuali per ciascuna impresa. La Agricola Verde risulta la vincitrice nella zona di Frigintini con un ribasso del 70,29%, il che non le impedisce di ricevere sistematicamente ogni anno, di proroga in proroga, l’intera somma del massimale per i lavori eseguiti nei due periodi indicati, primavera e autunno.

E così, con questa causale, ovvero l’oggetto dell’incarico del 2018 descritto, troviamo, tra proroghe, rinnovi, integrazioni e affidamenti-fotocopia, pressochè ogni anno l’erogazione di questa sorta di indennità fissa di € 24.800 (a volte i conteggi finali a consuntivo la riducono di qualche decina di euro) alla Agricola Verde, beneficiaria anche di altri incarichi.

La gamma delle operazioni che solo la preziosa Agricola Verde può eseguire è molto vasta. Ed infatti eccola impegnata nei <<lavori di potatura di alberi di ficus benjamin lungo viale Manzoni, piazza San Giovanni, via Silla, viale delle Medaglie d’oro per € 6.100,00 (determinazione del 24 marzo 2020 del responsabile settore manutenzioni Scollo), ancora per € 5.869,19 <<vista la necessità urgente di intervenire in altri siti comunali>> secondo una logica di richiami come un… ‘booster’ prezioso per la salute.

I puntuali servigi dell’azienda di Frigintini sono richiesti anche nei lavori di scerbatura e pulizia degli spazi interni e adiacenti alla piscina comunale: il 24 marzo ’21, affidamento diretto per € 4.931,30 con ribasso del 3%; il 31 maggio ’22 altri € 7983,87; il 2 settembre ’21 integrazione della spesa di € 3.545,67 con € 4.931,30 per l’estensione dello stesso servizio in altre zone. Infatti per non intaccare mai quella sorta d’indennità fissa, spesso le determinazioni del Comune si premurano di assegnare l’incarico in aree non previste nel progetto originario. Per esempio il 26-2-21 € 12.189,59 di cui € 2.971,00 <<come da progetto e € 7.020,47 su strade e aree pubbliche non previste nel programma originario>>.

Il 31 luglio 2020 è la volta dei <<lavori di somma urgenza a salvaguardia pubblica e privata dell’incolumità relativa ai lavori di scerbatura in esecuzione d’ufficio delle ordinanze emesse dall’avvocatura nei confronti di proprietari di lotti e terreni non ottemperate>> (€ 28.011, 20).

Ci fermiamo qui con questo caso illustrato solo a mo’ di esempio, ma l’elenco potrebbe essere molto più corposo e riguardare svariati altri aspetti dell’ordinaria amministrazione quotidiana.

Dinanzi a questa tipologia di atti e di procedimenti, come potrebbe mai essere possibile alla città controllare l’utilità della prestazione e la sua stessa esecuzione per il Comune che dispone qualunque variazione ex post rispetto a precedenti linee operative e programmi, quasi a volere perseguire l’unico obiettivo di erogare somme ai beneficiari prescelti … in cambio d’altro da ciò che sembra?

Dall’affaire appena documentato possiamo trarre, sempre a titolo di esempio, un elemento utile: i tempi di pagamento.

Ecco le performances realizzate dal Comune con la Agricola Verde: quest’anno, fattura presentata il 21 marzo, pagamento il 7 aprile: 17 giorni, non male!

Nel 2022, per esempio, in pieno agosto, fattura del 4 (€ 9.722,79) pagata il 26.

Nel 2021, una fattura presentata dall’azienda il 6 luglio risulta pagata il 15 (€ 12.187,78); appena otto giorni sono sufficienti per quella del 14 luglio (€ 9.941,93); diciassette giorni sotto ferragosto bastano per la fattura presentata il 10  (€ 4.859,34); tredici per quella del 9 settembre ’21 (€ 3.488,48).

Nel 2020 fattura del 7 dicembre da € 11.956,19 pagata il 16 dicembre, solo sette giorni dopo; nove giorni bastano per quella del 7 dicembre ’20 (€ 11.956,19).

L’esempio illumina la distanza siderale che intercorre tra questa casistica e quella riguardante altri contraenti, divenuti tali non perché ‘merce’ elettorale prelibata per Abbate ma in quanto fornitori di servizi di effettiva utilità per il Comune, spesso prestazioni obbligatorie per legge: fornitori costretti ad inseguire l’ente con centinaia di decreti ingiuntivi per somme milionarie, accresciute di un carico spaventoso di costi legali e di interessi. E’ la legge dell’arbitrio e dell’ascia discriminante che degrada la pubblica amministrazione a strumento di lucro in termini, quanto meno, di fedeltà assoluta ad interessi privati e di scambio elettorale.  

Su un altro fronte preoccupa il pessimo andazzo in atto da dieci anni, fatto di disordine finanziario, indebitamento incontrollato e incontrollabile in mancanza di dati documentali certi, perché inesistenti o perché occultati.

E nel frattempo tutto procede come nulla fosse.

Di recente avevo segnalato, in uno degli articoli sopra richiamati, la procedura allarmante della gara da otto milioni di euro per la riscossione dei tributi.

In proposito è stata in seguito adottata la scelta della procedura aperta ed è avvenuta di recente la pubblicazione sulla gazzetta europea. Ma non per questo sono finite le singolarità, le anomalie, certe bizzarrie pervicaci secondo un’indomabile coazione a ripetere.   

La determinazione del 21 marzo scorso con la quale è stata indetta la gara dei tributi viola le norme contabili e il Testo unico degli enti locali.

In proposito ’art. 165 disciplina <<la quota di competenza costituita dal fondo pluriennale vincolato, destinata alla copertura degli impegni che sono stati assunti negli esercizi precedenti con imputazione agli esercizi successivi e degli impegni che si prevede di assumere nell’esercizio con imputazione agli esercizi successivi>>. Con riferimento a tale quota <<non è possibile impegnare e pagare con imputazione all’esercizio cui lo stanziamento si riferisce. Agli stanziamenti di spesa riguardanti il fondo pluriennale vincolato è attribuito il codice della missione e del programma di spesa cui il fondo si riferisce e il codice del piano dei conti relativo al fondo pluriennale vincolato>>.

C’è poi il principio della competenza finanziaria costituente <<il criterio di imputazione agli esercizi finanziari delle obbligazioni giuridicamente perfezionate attive e passive (accertamenti e impegni). Il principio è applicato solo a quei documenti di natura finanziaria che compongono il sistema di bilancio di ogni pubblica amministrazione che adotta la contabilità finanziaria, e attua il contenuto autorizzatorio degli stanziamenti del bilancio di previsione>>. Le ‘previsioni’ del bilancio di previsione finanziario <<hanno carattere autorizzatorio per ciascuno degli esercizi cui il bilancio si riferisce, costituendo limite agli impegni e ai pagamenti, fatta eccezione per le partite di giro/servizi per conto di terzi e per i rimborsi delle anticipazioni di cassa. La funzione autorizzatoria fa riferimento anche alle entrate, di competenza e di cassa per accensione di prestiti. Gli stanziamenti del bilancio di previsione sono aggiornati annualmente in occasione della sua approvazione>>.

Tutte le obbligazioni giuridicamente perfezionate attive e passive, che danno luogo a entrate e spese per l’ente, <<devono essere registrate nelle scritture contabili quando l’obbligazione è perfezionata, con imputazione all’esercizio in cui l’obbligazione viene a scadenza. E’ in ogni caso, fatta salva la piena copertura finanziaria degli impegni di spesa giuridicamente assunti a prescindere dall’esercizio finanziario in cui gli stessi sono imputati>>. Tutte le norme vigenti in materia concorrono univocamente al disposto secondo cui <<le previsioni di competenza finanziaria rappresentano le entrate e le spese che si prevede saranno esigibili in ciascuno degli esercizi considerati, anche se la relativa obbligazione è sorta in esercizi precedenti. L’esigibilità di ciascuna obbligazione è individuata nel rispetto del principio applicato della contabilità finanziaria. La previsione delle entrate rappresenta quanto l’amministrazione ritiene di poter ragionevolmente accertare in ciascun esercizio contemplato nel bilancio, anche nel rispetto dei principi contabili generali dell’attendibilità e della congruità, e rappresenta contabilmente il programma che l’organo di vertice assegna all’organo esecutivo per il reperimento delle risorse finanziarie necessarie al finanziamento delle spese di funzionamento e di investimento>>.

Ed ancora:  <<Al fine di garantire una corretta gestione del fondo pluriennale vincolato è fondamentale che il sistema informativo contabile dell’ente sia in grado di individuare, per ciascun programma, gli impegni finanziati dal fondo pluriennale vincolato, distinguendoli per esercizio di imputazione. Tra le tecniche che è possibile adottare, la più semplice è una sorta di estensione delle procedure previste per la “prenotazione della spesa”, che prevede, all’avvio delle procedure di spesa riguardanti un particolare programma, la prenotazione sia dello stanziamento del fondo pluriennale in corso di esercizio sia degli stanziamenti di spesa degli esercizi successivi. A seguito della formalizzazione dell’obbligazione, gli stanziamenti di spesa sono impegnati e la prenotazione del fondo pluriennale è confermata con l’iscrizione degli estremi dell’impegno (importo, numero e data dell’impegno, esercizio di imputazione)>>. Pertanto i fondi pluriennali vincolati prenotati sono iscritti tra le entrate del bilancio di previsione dell’esercizio successivo, alla voce “fondo pluriennale”, distintamente per la parte corrente e in conto capitale. In sede di elaborazione del rendiconto, i fondi pluriennali vincolati non prenotati costituiscono economia del bilancio e concorrono alla determinazione del risultato contabile di amministrazione>>.

Alla luce di alcuni dei punti salienti della normativa vigente velocemente passati in rassegna non solo risulta incredibile l’operato dell’amministrazione comunale di Modica negli anni scorsi ma anche il presente non è meno allarmante, come in relazione alla gara indetta, adesso finalmente aperta e con avviso sulla gazzetta europea, ma in violazione di questi principi basilari. Infatti la determinazione afferma genericamente di <<procedere con separati provvedimenti all’impegno delle somme occorrenti per l’espletamento della gara e la gestione del servizio>>, ma ciò non è consentito dalle norme in quanto già nell’anno corrente ci sarebbe voluta la chiara imputazione della spesa con relativa prenotazione secondo i principi richiamati.

E invece il Comune di Modica bandisce una gara quest’anno, per un servizio quinquennale dal costo di oltre nove milioni di euro (€ 9.357.680,00 per l’esattezza) senza copertura finanziaria. Né è consentito dalla legge che la relativa provvista sia approntata dal prevedibile ricavato della riscossione.

La somma di € 9.357.680,00 è data dal costo dell’appalto di € 7.5550.000,00, da € 1.661.000,00 d’Iva, da € 120.800,00 d’incentivo per le funzioni tecniche, € 20.000,00 di compensi per la commissione giudicatrice, € 5.000,00 di spese per la pubblicità, € 880,00 per il contributo Anac.

Sembra il metodo ‘Ignazio La Qualunque’. Siccome la gara ‘s’ha da fare’ … ‘qualunquemente’ si fa e, pazienza, se bisogna violare innumerevoli norme. Del resto come potrebbe il Comune di Modica gravato da oltre, forse molto oltre, duecento milioni di debiti, sostenere nel 2023 un impegno di spesa di quasi dieci milioni di euro?

La vicenda è drammatica e al tempo stesso inquietante, incrociando anche quel particolare rapporto oggetto di uno degli articoli sopra richiamati, con la Tripoli & Partners Consulting, ditta individuale di un commercialista di Bagheria, Piervincenzo Tripoli, per l’attività di supporto specialistico al Comune di Modica in materia di entrate tributarie e per l’indizione della gara. Questo particolare rapporto è costato trentamila euro: un esborso ingiustificato essendo servito, nella migliore delle ipotesi, a remunerare un’attività che dovrebbe essere assicurata dai dirigenti di settore o, qualora mancanti, dalle posizioni organizzative facenti funzione. In organico ci sono, senonchè le competenze necessarie non sono in dotazione ai fedelissimi di Abbate ma a stimati dirigenti e funzionari vocati al rispetto delle norme e alla correttezza del loro operato. Quindi esclusi, emarginati, talvolta perseguitati.

E sarà ancora tutto da vedere e da scoprire il risultato di tale gara alla luce del percorso che lo ha ispirato fin da quella sorta di ‘gemellaggio’ con la città della Conca d’oro illustrato in uno degli articoli dei mesi scorsi sopra richiamati. La gara da oltre nove milioni, i ‘supporti’ appositamente importati, la nomina della commissione giudicatrice e la selezione appena espletata per la nomina di tre dirigenti potrebbero svelare punti di contatto in apparenza invisibili.

In proposito anche quest’ultima procedura non sembra presentare alcun elemento di novità rispetto allo schema collaudato in un decennio di ‘sistema’. Attività a porte chiuse, una commissione di natura fiduciaria, risultati per nulla difformi – a prescindere da caratteristiche personali, trascorsi di varia natura, esperienze dei prescelti – rispetto all’andazzo consolidato.

Il cahiers de doléances potrebbe continuare all’infinito, ma per adesso ci fermiamo qui e torniamo alla premessa del valore del voto: mai come ora netto, secco, bipolare, rispetto alla madre di tutte le opzioni che si abbraccia e si scioglie in una sola domanda. Si può continuare così? Modica vuole veramente continuare così?

Nella malaugurata ipotesi in cui una parte rilevante della città, per qualunque ragione, ritenesse di rispondere di sì, sono necessari e vitali uno slancio e un sussulto di dignità da parte di tutti gli altri affinchè non cedano al fatalismo, alla rassegnazione, all’indifferenza. ‘Tutti gli altri’ sono infatti certamente un’ampia maggioranza che però una carente convinzione e una massiccia astensione renderebbero insufficiente e perdente.

In questo contesto non è tempo di estendere il vaglio delle ragioni della scelta al di sotto del quesito drammatico e tranciante che i dieci anni del ‘sistema Abbate’ ci pongono di fronte. Ciò andrebbe bene in tutte le situazioni ordinarie nelle quali è sempre opportuno valutare, senza pregiudizi, ogni elemento di un programma o di una proposta e compiere la scelta conseguente.

Qui, al contrario, c’è un’emergenza che assorbe e annienta tutte le altre. E che impone di voltare pagina.

Io non ho mai creduto che un candidato o una proposta elettorale con concrete possibilità di successo potessero non mettere al centro l’elemento propositivo proprio, pur nell’evidenza di disastri eclatanti imputabili ad un ipotetico avversario, magari uscente nella titolarità della carica oggetto della scelta elettorale.

Lo credo ancora ed è bene che anche oggi, a Modica, questa centralità vi sia.

Ma se anche qualcuno – che non abbia deciso di votare la continuità – dovesse ritenere insufficiente o insoddisfacente tale elemento nelle due sole alternative in campo, in questo caso s’impone comunque e nettamente l’urgenza della rottura con questa fase pericolosa e opprimente della vita della città. Ora è il momento di spezzare questa deriva pericolosa per fermare la slavina e guadagnare così un punto di partenza sul quale poi ricostruire il percorso della risalita. Senza questa cesura urgente e questo passaggio obbligato null’altro è possibile.

Occorre aria nuova e pulita a palazzo San Domenico.

Senza, la vita della città – secondo  norme di convivenza civile, protese verso libertà, democrazia, partecipazione, buon governo, progresso economico di comunità e benessere sociale – non sarebbe possibile.

Primum vivere, deinde … dirimere aut etiam …. litigare .

Invertire la necessità temporale di questa sequenza ricostruttiva equivarebbe a mettere sullo stesso piano l’urgenza di rimuovere un cancro prossimo a metastasi per salvare un corpo e l’utilità di interventi di chirurgia estetica.

Ce lo insegnano i padri della nostra Costituzione. Dinanzi ad un pericolo e contro un male così grande per la democrazia superarono ogni diversità, unirono le forze e non si astennero: tutti, ‘preti’ e ‘mangiapreti’, democristiani (quelli di allora, da non confondere con quelli di oggi!) e comunisti, atei e cattolici. E tra di loro, tutti antifascisti, seppero trovare l’elisir del dialogo per il domani, necessario, anche se per alcuni sgradevole, per abbattere un mostro orribile. Se allora riuscì l’Italia, oggi nel suo piccolo può farlo più facilmente anche Modica.

Dialogo tra tutti coloro che non siano, o non siano più disposti, a consentire e favorire lo stupro democratico della città, per un domani degno della città e di una delle sue voci libere come, appunto, il Domani ibleo.

Dialogo come la palestra di democrazia che la città deve al mensile di Piero Vernuccio ed oggi di Nele Vernuccio, Paolo Oddo e tanti altri.

Palestra di democrazia che non a caso Ignazio La Qualunque vorrebbe chiudere e mettere alla sbarra.