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Modica e il “lascito” di Abbate: strade e affari privati con lavori e soldi pubblici. Sono tutti atti illegittimi e nulli ma chi rifonderà le casse comunali? Presentata una denuncia, l’ennesima, alla magistratura: l’ombra del voto di scambio

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Gli articoli pubblicati di recente (leggibili qui, qui e qui) sul caso-Modica hanno suscitato l’invio di innumerevoli lettere in redazione – di apprezzamento, sostegno, opinione critica – alcune delle quali contenenti segnalazioni e denunce di fatti rientranti nel tema posto all’attenzione: ovvero il Comune di Modica, la sua gestione, le tante anomalie e violazioni ravvisabili in numerosi atti amministrativi – modus operandi nei nove anni di sindacatura Abbate, ma ancora il problema persiste – tali da degradare la massima istituzione cittadina a cosa privata e, perfino, personale.

Senza più tornare su quanto finora pubblicato che chiunque può rileggere anche attraverso i rimandi sopra, ecco qualche cenno ad alcune delle segnalazioni pervenute anche perchè, unitamente a coraggiose denunce alle autorità preposte, esse sono esempio di impegno civico per la verità, la trasparenza, la responsabilità di chi – politico o pubblico funzionario – dispone della cosa pubblica e, quindi, ha l’obbligo inderogabile di farlo nel rispetto delle norme, in conformità alle procedure fissate secondo i principi costituzionali di imparzialità ed efficienza (quindi, nell’estensiva declinazione giurisprudenziale, di legalità e buon andamento) della pubblica amministrazione e, soprattutto nell’esclusivo interesse pubblico e non in quello di privati.

Una di queste segnalazioni, oggetto anche di denuncia all’Autorità giudiziaria, alla Corte dei Conti e all’Anticorruzione, riguarda un gigantesco affaire consistente in soldi pubblici, tanti, spesi per compiacere privatissimi interessi di persone nel cuore di Ignazio Abbate, all’epoca sindaco (ormai ‘ex’ da nove mesi, ma pare non essersi accorto nella mutata condizione!) e attualmente deputato all’Ars eletto nella ‘Dc Nuova’ di Salvatore Cuffaro del cui gruppo parlamentare è vice presidente, oltre a presiedere, sempre per concessione e decisione di Cuffaro, la Commissione Affari istituzionali dell’Assemblea regionale siciliana nota anche come il più antico parlamento del mondo. E, oggi, tutto il mondo sa che Cuffaro, artefice politico indiscusso nel centrodestra – che in Sicilia è netta maggioranza – e con le mani nel governo della Regione, è un pregiudicato per reati commessi con l’aggravante mafiosa, cioè commessi con l’intenzione e al fine di favorire la mafia (avvisò il cognato di Matteo Messina Denaro di indagini coperte da segreto), tant’è che, tuttora, non può votare, né essere candidato.

Tornando al Comune di Modica, quei soldi pubblici oggetto di denuncia risultano spesi non solo per fini privati, ma anche in totale illegittimità degli atti assunti e dei procedimenti utilizzati. E’ l’affaire della bitumazione e illuminazione di strade private: servizio regalato ai diretti beneficiari accuratamente prescelti e posto a carico dei cittadini contribuenti. Si tratta di opere realizzate anche e soprattutto nell’imminenza o durante le campagne elettorali, sì da ingenerare la concreta possibilità che il vantaggio attribuito a quei privati con atto della pubblica amministrazione possa essere stato maneggiato come merce di scambio, quanto meno elettorale, quindi per fini estranei e in contrasto con i vincoli posti dalla legge a tutela degli interessi generali e della corretta destinazione del danaro dei contribuenti.

La casistica di tali interventi è molto ampia e per certi versi ricade in quel fitto, ‘fantastico’, capitolo delle manutenzioni, vera e propria specialità dell’ex sindaco, illustrato in uno degli articoli sopra richiamati.

Senza alcuna pretesa d’esaustività possiamo fare qualche esempio, utilizzando la dichiarazione resa dal Comune di Modica alla richiesta di cittadini richiedenti notizie sullo status di alcune strade, solo alcune rispetto alla totalità dei casi, e prescelte nell’istanza anche per il fatato paradossale che di alcune di esse risultano proprietari o residenti componenti o ex della Giunta-Abbate e loro familiari, dipendenti comunali e appartenenti al suo ‘cerchio magico’ lungamente e ripetutamente beneficiati da arbitrari trattamenti di favore.

Per esempio, rispondendo alla richiesta di Francesco Militello e Antonino Gerratana, ex consiglieri di maggioranza ed ex assessori comunali durante la sindacatura di Piero Torchi (2002-2008), autori di recenti denunce anche all’Autorità giudiziaria, il Settore Urbanistica Gestione Patrimonio dell’ente, con nota del suo responsabile Vincenzo Terranova, chiarisce che alcune delle strade destinatarie delle opere eseguite dall’ente risultano <<di pubblica fruizione, non rilevandosi altro e/o diversi carichi catastali>>; di altre che <<propedeuticamente all’acquisizione è stato dato incarico per il frazionamento delle aree costituenti detta traversa: in atto le particelle risultano regolarmente frazionate ma non è stato ancora formalizzato l’atto di acquisizione>>; di altre ancora <<è stata adottata la delibera con la quale la Giunta comunale ha acquisito tale traversa e disposto l’inoltro al Consiglio comunale per l’adozione definitiva>>; altre infine risultano <<inserite nell’elenco delle strade vicinali di uso pubblico>>.

A benefico dei lettori e soprattutto dei cittadini di Modica direttamente interessati, proviamo a comprendere e interpretare il contenuto di questo documento il cui rilascio è frutto dell’iniziativa di Militello e Gerratana.

In tutti i casi presi in esame nella nota in oggetto, proprio dall’attestazione del responsabile di settore del Comune, emerge con certezza incontrovertibile un dato: tutte quelle strade sono private e su di esse mai e poi mai il Comune allo stato degli atti avrebbe potuto eseguire interventi a proprie spese.

Per adesso prendiamo per buona (ci torneremo dopo, nel merito) l’attestazione di ‘strade di pubblica fruizione’ operata dagli uffici comunali e chiediamoci: che strade sono quelle di ‘pubblica fruizione’? La risposta è netta, chiara, certa: sono strade private; diversamente non vi sarebbe alcun bisogno di definirle di ‘pubblica fruizione’ in quanto ciò sarebbe connaturato all’essere di proprietà del Comune o di altri enti pubblici. Peraltro questa tipologia di strade, private ma di pubblica fruizione, è stata oggetto nel tempo di una vasta giurisprudenza che chiarisce in ogni dettaglio status, competenze, poteri, responsabilità, oneri. Secondo la Corte di Cassazione, II sezione Civile, univoca su questo punto, <<la sussistenza di una servitù di uso pubblico non esclude certo la proprietà privata del terreno su cui essa grava, anzi presuppone il carattere privato del fondo servente>>.

Per inquadrare bene il tema è necessaria una premessa. Per la legge e la giurisprudenza <<in base alla proprietà del suolo, si opera la distinzione tra strade pubbliche, ossia di proprietà di enti pubblici, e strade private; in base alla destinazione, si distingue tra strade ad uso pubblico e strade ad uso privato. Le strade di proprietà pubblica sono destinate all’uso pubblico. Le strade di proprietà privata possono essere destinate all’uso pubblico, ossia possono essere gravate da una servitù pubblica di passaggio, oppure possono essere destinate all’uso esclusivo dei proprietari>>.

Assodato che in tutti i casi analizzati si tratti di strade private, limitiamoci, e per adesso prendiamolo per vero, all’elemento funzionale della destinazione: l’uso pubblico, la cui sussistenza presuppone tre requisiti così come ribadito nel tempo da decine di sentenze della magistratura di legittimità. I tre requisiti sono: la destinazione al servizio di una collettività indeterminata di cittadini portatori di un interesse generale inteso come utilizzo al transito da parte di una collettività indiscriminata di cittadini iure servitutis publicae; l’oggettiva idoneità a soddisfare le esigenze di interesse generale, ad esempio mettendo in comunicazione due strade pubbliche o consentendo di raggiungere spazi pubblici non altrimenti accessibili; un titolo valido a sorreggere l’affermazione del diritto di uso pubblico. Tale affermazione può essere sorretta da uno dei seguenti elementi: un atto pubblico o privato (provvedimento amministrativo, convenzione fra proprietario ed amministrazione, testamento); usucapione ventennale; protrazione dell’uso da tempo immemorabile; dicatio ad patriam, ossia il comportamento del proprietario che mette volontariamente e con carattere di continuità un proprio bene a disposizione della collettività.

Se mai in tutti i casi in cui il Comune di Modica abbia eseguito a proprie spese opere e lavori su proprietà privata le strade interessate fossero veramente di pubblica fruizione secondo i principii sopra richiamati (contenuti in norme di legge e in centinaia di sentenze delle giurisdizioni superiori, ordinaria, amministrativa e contabile) comunque tali interventi sarebbero totalmente illegittimi.

Per due ragioni.

La prima, di merito, è di indubbia evidenza fattuale. Il Comune non può provvedere, come invece ha fatto, ad opere di manutenzione su strade private anche se di uso pubblico.

Anche nel caso in cui ricorressero tutti quei presupposti che abbiamo richiamato prima (e vedremo che non è affatto così, anzi è tutt’altro che così) il Comune non potrebbe mai farsi carico totalmente delle spese di manutenzione. Ecco invece cosa potrebbe o dovrebbe fare. La risposta è nella normativa vigente, di vecchia data ma ripresa e confermata nel 2009 (legge n. 9, di conversione del decreto legge 200 dell’anno precedente) la quale disciplina la possibilità, per gli utenti di tali strade, di costituirsi in consorzi per consentirne la gestione, manutenzione e ricostruzione con una ripartizione di costi tra i soggetti consorziati. Tale costituzione è facoltativa per le strade private ad uso privato, mentre è obbligatoria per quelle ad uso pubblico nel senso chiarito in precedenza.

In questi casi il Comune può – in certi casi deve – <<concorrere nelle spese di manutenzione, sistemazione e ricostruzione delle vie soggette al pubblico transito, in misura variabile da un quinto alla metà della spesa, secondo il grado di importanza della strada. Il Comune partecipa altresì alle decisioni del consorzio, con voto proporzionale alla misura del concorso>>.

Peraltro i consorzi per la gestione di strade private soggette a uso pubblico assumono inoltre natura di enti pubblici e ad essi si applicano le norme sulla contrattualistica pubblica, a differenza dei consorzi per la gestione di strade ad uso privato che hanno natura di soggetti privati. Se poi la strada è privata <<ma concorre l’uso pubblico, ovvero è gravata da un transito pubblico, la manutenzione è a carico del privato>>.

Ma fermiamoci all’ipotesi più vicina alla parvenza documentale (anche se, in verità, lontana dalla realtà) in cui il Comune possa o debba intervenire a proprie spese in quanto le strade in questione siano ‘di pubblica fruizione’. Chiediamoci: il Comune lo ha fatto nella misura di un quinto, o – al massimo – della metà, o, come invece risulta, lo ha fatto a proprio totale carico in violazione di ogni norma di legge? La risposta è che lo ha fatto interamente a proprie spese. Anche perché, i relativi consorzi dove sono? Quali ne sono gli atti costitutivi e le regole di partecipazione, nonché le delibere da cui si evinca la partecipazione finanziaria del Comune? Nulla di nulla.

Se mai quelle strade fossero effettivamente state di uso pubblico nei termini chiari in cui tale condizione è fissata dalle leggi, ci sarebbero voluti appositi consorzi regolarmente costituiti rispetto ai quali il Comune avrebbe potuto contribuire nella misura consentita.

Se poi tale uso pubblico fosse così ampio, conclamato, diffuso a tal punto da determinare un’esigenza avvertita dalla comunità, il Comune potrebbe deliberare l’acquisizione al proprio demanio, con correttezza e trasparenza. In questo caso, ovviamente in presenza di tutti i presupposti di fatto e di diritto, sarebbe necessaria inderogabilmente una deliberazione del Consiglio comunale, organo al quale le leggi vigenti alle quali lo Statuto si è esplicitamente conformato assegnano la competenza, con esclusione di qualsiasi altro organo comunale, anche in situazioni d’urgenza e d’emergenza (art. 32 legge 142/90; art. 50 Statuto comunale), sicchè tutti gli atti amministrativi addotti a supporto delle spese assunte dal Comune per asfaltare e illuminare strade private, oltre che illegittimi sono anche radicalmente nulli (art. 21 septies legge 241/90) e i responsabili dovrebbero rifondere le casse comunali.

Infatti, in tutta la saga degli atti che qui ci interessano, del Consiglio comunale non v’è traccia. Non un solo intervento di quelli mirati, con i soldi del Comune, al beneficio dei sodali dell’ex sindaco, risulta sottoposto alla valutazione del massimo consesso cittadino. Peraltro è lo stesso Comune, nella nota del Settore ‘Urbanistica, Gestione Patrimonio’, a riferire, per alcune delle strade oggetto dell’informativa, che <<è stata adottata la delibera con la quale la Giunta comunale ha acquisito tale traversa e disposto l’inoltro al Consiglio comunale per l’adozione definitiva>>.

Ma le leggi vigenti sono chiare: nessuna acquisizione può essere fatta, ovviamente in presenza di tutte le condizioni e i presupposti di legge, se non con atto del Consiglio comunale. Pertanto la Giunta non ha ‘acquisito’ (sic!) alcuna ‘traversa’ e non può esistere alcuna adozione ‘provvisoria’ propedeutica ad una ‘definitiva’.

Quindi è tutto abusivo, illegittimo, arbitrario, frutto d’un arbitrio consistente nel trattare la cosa pubblica (quindi le risorse della città e il danaro dei cittadini-contribuenti) come cosa privata, anzi come cosa propria dell’ex sindaco, e utilizzarla come merce da donare – a propri amici, sodali, membri o ex della giunta, dipendenti comunali di comprovata fedeltà, loro familiari, elettori sensibili – non sappiamo se per pura compulsiva liberalità d’animo o come gesto utile a coltivare l’aspettativa di scambio elettorale. Fin qui abbiamo preso atto di quanto comunicato dagli uffici preposti, ovvero la pubblica fruizione delle strade in questione. Ma ciò non risponde al vero.

Infatti se mettiamo a confronto l’attestazione contenuta nella citata nota del Comune con i dati di realtà, anche ad una semplice visione su Google Maps emerge lampante un contrasto stridente. Per esempio nel caso della procedura di accorpamento (comunque insufficiente e inidonea a legittimare la situazione prodotta e i soldi spesi dal Comune), la norma di riferimento, contenuta nei commi 21 e 22 dell’art. 31 della legge 448/1998,  consentirebbe il provvedimento nel caso di strade che per oltre venti anni siano state utilizzate dalla generalità dei cittadini alla stregua di strade pubbliche. La vanella in questione, che ha la particolarità di accogliere l’immobile di un membro della Giunta-Abbate come proprietario e/o residente, risulta utilizzata esclusivamente dai residenti e da coloro che per ovvie finalità private si recano a visitarli. Peraltro tale strada privata, come altre su cui il Comune è intervenuto a proprie spese, su Google Maps risulta senza uscita. Il che esclude, sempre e categoricamente, ogni possibilità di riconoscimento di uso pubblico. In ogni caso innumerevoli sentenze (per es. il Consiglio di Stato, n. 728/2012) sanciscono che <<deve escludersi l’uso pubblico quando il passaggio venga esercitato unicamente dai proprietari di determinati fondi in dipendenza della particolare ubicazione degli stessi, o da coloro che abbiano occasione di accedere ad essi per esigenze connesse alla loro privata utilizzazione, oppure, infine, rispetto a strade destinate al servizio di un determinato edificio o complesso di edifici>>.

Quanto poi al concetto di ‘pubblica fruizione’, normativa vigente, dottrina e giurisprudenza sono univoche: <<L’area privata può ritenersi sottoposta ad una servitù pubblica di passaggio qualora, oltre all’intrinseca idoneità del bene, sia comprovato che l’uso avvenga ad opera di una collettività indeterminata di persone e per soddisfare un pubblico generale interesse, non essendovi invece uso pubblico qualora il passaggio venga esercitato unicamente dai proprietari dei fondi in dipendenza della particolare ubicazione degli stessi>> (In ultimo anche il Consiglio di Stato, sez. V, sentenza n. 311/2021).

La nota del responsabile del VI settore, Urbanistica-Gestione patrimonio, del Comune di Modica è del 12 gennaio scorso ed è stata allegata da Militello e Gerratana ad un esposto inviato anche all’Autorità giudiziaria. Uno dei tanti nel corso degli anni: esposti debitamente firmati e diligentemente consegnati alla magistratura inquirente, i quali, pur segnalando in modo dettagliato possibili notitiae criminis – e in ogni caso fatti meritevoli di essere accertati perché, se sussistenti, potrebbero integrare condotte, da parte di pubblici amministratori e/o pubblici dirigenti e funzionari, di rilevanza penale – non hanno mai prodotto nulla, almeno finora per quanto sia di pubblica conoscenza.

A noi compete solo di far conoscere tutto ciò che sia di pubblico interesse e un mezzo prezioso per provvedere, come in questo caso peraltro in piena continuità tematica con quanto documentato negli articoli precedenti sopra richiamati, ci viene dato dalla segnalazione (in proposito l’indirizzo è: redazione@insiciliatv.it) di cittadini, con o senza incarichi o ruoli in ambito istituzionale, politico, sociale.

Alla nuova amministrazione comunale compete, sempre e comunque, di tutelare gli interessi dell’ente, anche dal danno ingiusto prodotto, tanto più se per atti illegittimi e nulli, dai predecessori. Una revoca in autotutela e l’immediato recupero delle somme indebitamente spese sarebbero il minimo dovuto, per far cessare un evidente abuso, riparare i danni inflitti alla città ed escludere forme di corresponsabilità complice.