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La crisi socio economica e l’anno che verrà. La provincia di Ragusa ha i redditi più bassi di Sicilia malgrado la vivacità imprenditoriale del territorio. La nota della CGIL iblea

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Per il 2023 che si chiude, l’anno che verrà sarà particolarmente impegnativo. Una crisi economica e sociale investe la nostra società catalogando lo spirito del nostro tempo come uno dei peggiori, privo di aspettative e carico di incognite.

Il segretario generale della CGIL di Ragusa, Peppe Scifo, fa il punto della situazione con una riflessione ad ampio raggio sul territorio ibleo e commenta:

“Il 2024 sarà un anno molto impegnativo e pesante per il sindacato, nel contesto di una grave crisi sociale ed economica che si muove parallelamente sul piano nazione ed internazionale. Ormai subire direttamente gli effetti di situazioni di crisi anche geograficamente lontane è una costante

E a subire gli effetti negativi sono soprattutto le persone deboli, i territori già fragili con molteplici criticità. In questo scenario, il contesto ragusano già dai tempi della pandemia e della guerra in Ucraina ha avuto forti ripercussioni economiche negative sul tessuto produttivo territoriale, fortemente interconnesso con il resto del Paese e con i paesi esteri. L’effetto della crescita dell’inflazione, soprattutto sul paniere dei beni di prima necessità , sta mettendo in ginocchio le famiglia a basso reddito.

Si tratta di lavoratori, persone attive che svolgono un lavoro povero nella retribuzione. Sono i precari, i giovani, persone che guadagnano salari molto al di sotto di quanto stabilito dai contratti, nell”enorme area del “grigio” che da anni caratterizza il nostro mercato del lavoro a livello territoriale.

Non è un caso se negli ultimi anni la provincia di Ragusa si posiziona su scala nazionale negli ultimi posti per livelli di retribuzione. Ultima anche in Sicilia.

Eppure il nostro sistema produttivo mantiene sempre un certo tenore di vivacità, grazie ad un sistema d’impresa che ricopre posizioni rilevanti, in alcuni comparti come l’agricoltura, l’industria agroalimentare e di settori legati all’innovazione.

Vivacità confermata anche dai dati sull’occupazione. Eppure i salari sono tra i più bassi e l’impatto dell’inflazione alta in questo contesto ha conseguenze ancora più dure.

Questa è la questione su cui la CGIL ,a tutti i livelli, durante questo ultimo anno ha condotto una battaglia per chiedere interventi di controllo e repressione del lavoro irregolare, in tutte le sue forme, a partire dai finti part time e dalle false partite iva.

Occorre strutturare modalità di controllo sistematico per far rispettare i livelli salariali e tutti gli istituti contrattuali, come le ferie, gli straordinari, le mensilità aggiuntive. Molte lavoratrici e lavoratori percepiscono solo un salario mensile onnicomprensivo di tutto, con il risultato finale di una retribuzione oraria inferiore ai 5 euro. Pensiamo al potere di acquisto di tali salari, soprattutto oggi con una inflazione ai livelli massimi come non si vedeva da decenni.

La legge finanziaria del Governo non affronta minimamente questa emergenza, soprattutto dopo aver rigettato la proposta del sindacato, sull’istituzione di un salario minimo legale. Non si prevede nel documento di programmazione finanziaria alcuna misura strutturale per far crescere il potere d’acquisto di salari e pensioni. Sul fronte delle politiche sociali c’è un ulteriore restringimento del perimetro del welfare, a partire dai tagli alla sanità pubblica, che giorno dopo giorno, dimostra l’inefficienza di un sistema a corto di personale, soprattutto di medici, con enormi liste di attesa e una ridotta capacità di dare le dovute risposte di salute ai cittadini.

La crisi della sanità pubblica aggravala crisi economica delle famiglie, che devono fare enormi sacrifici per poter pagare prestazioni al sistema sanitario privato, quando già si registra una grande fetta di popolazione che rinuncia a curarsi per mancanza di soldi.

Le prospettive per il futuro non sono per nulla incoraggianti, soprattutto di fronte a una situazione afflitta da enormi diseguaglianze sociali, con un Paese spaccato tra nord e sud , la cui frattura è destinata ad acuirsi con la realizzazione del progetto di Autonomia Differenziata, fortemente penalizzante proprio per le regioni meridionali. Il 2024 sarà un anno complicato, durante il quale servirà un grande lavoro da parte del sindacato, e la Cgil deve, ancora di più, essere nella condizione di guidare il movimento sindacale su un terreno di rivendicazioni e battaglie che devono tornare ad essere leva di cambiamento per il Paese, a partire dalle urgenze come l’innalzamento dei salari, la difesa di una sanità pubblica e di qualità, un sistema educativo in grado di contrastare le diseguaglianze del futuro ed per gli investimenti in infrastrutture utili a migliorare la condizione dei territori e delle comunità che li vivono”.