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A Ragusa la commemorazione delle vittime del 9 aprile 1921 a 103 anni dalla strage fascista

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Il Comitato Antifascista di Ragusa, costituitosi in occasione dell’ultima riproposizione del ritorno della statua a Filippo Pennavaria nella città di Ragusa, promuove la commemorazione dei tre braccianti uccisi il 9 aprile 1921 in piazza S. Giovanni, a Ragusa, nel corso di una aggressione fascista contro un comizio socialista.
L’episodio di Ragusa seguiva a breve scadenza altri momenti luttuosi verificatisi a Vittoria, Comiso e in altri comuni, e precedeva di poco la strage di Passo Gatta a Modica del 29 maggio, con 9 morti. Assassinii e violenze che nel biennio 1920-1921 segnarono l’ascesa del fascismo ibleo a scapito del movimento contadino ed operaio e delle amministrazioni socialiste, costrette alle dimissioni dalla forza delle armi.
Il prossimo 9 aprile torneremo in piazza per ricordare questi fatti, cui Filippo Pennavaria e Biagio Pace non furono estranei, ed oggi queste due figure sono al centro di progetti di revisione storica e di recupero da parte di ambienti, anche istituzionali, legati alla destra estrema.
Una statua a Pennavaria, l’intitolazione del Museo Archeologico Ibleo a Pace rappresentano non solo operazioni di facciata, ma nascondono la sostanza di una rivalutazione di un periodo storico nefasto per le sue implicazioni dittatoriali, guerrafondaie, razziste. Un’operazione sfacciata che da tempo viene attuata anche con l’intitolazione di vie a soggetti responsabili del ventennio e del successivo neofascismo stragista, o con il mantenimento, a Ragusa, di uno pseudo museo che tesse le lodi del brutale colonialismo italiano in Africa.
Non si tratta di fatti secondari, né si può sottovalutare la loro portata, perché quando l’antifascismo abbassa la guardia, i rigurgiti reazionari tornano provando ad inquinare o cancellare la memoria storica, affinché non venga colta nel suo reale significato la sostanza dell’emergenza fascista attuale, e dei suoi tentacoli avvinghiati nel mondo dell’istruzione, dell’informazione, della politica interna ed estera, in particolare per quanto riguarda il tema delle migrazioni e quello dei conflitti che si vanno svolgendo in Ucraina, a Gaza e non solo.
Il caso di Ilaria Salis dimostra come, opporsi ai rigurgiti neonazisti oggi, in paesi come l’Ungheria, può costare caro; ma in Ungheria c’è un governo amico di quello italiano, che ne condivide parte dei valori e per tale motivo lascia che Ilaria marcisca da 13 mesi in una galera e venga mostrata incatenata alle mani e ai piedi.
Noi non abbassiamo la guardia, restiamo vigili, e invitiamo – anche a nome dei braccianti Rosario Occhipinti, Carmelo Vitale e Rosario Gurrieri – a tenere vivi i valori dell’antifascismo e della resistenza partigiana e popolare, sempre più attuali e sempre più necessari.