Verrà presentato mercoledì 13 dicembre al Dipartimento degli Studi letterari, filologici e linguistici dell’Università degli Studi di Milano il libro del professore Giovanni Di Stefano “I Greci di Sicilia. Le città”. L’introduzione sarà affidata al professore Massimo Cultraro. Le immagini sono curate da Luigi Nifosi, fotografo esperto del patrimonio monumentale e del paesaggio.
Di Stefano nel suo volume racconta l’epopea delle popolazioni che migrarono dalla Grecia in Sicilia, nell’ottavo secolo avanti Cristo, e qui trovarono le condizioni ideali per fondare nuove città, prima sulla costa orientale e poi nell’entroterra dell’isola, per coltivare terre fertilissime e per dare vita a ricchi commerci con le popolazioni dell’area mediterranea. Il libro è da lui presentato come un viaggio verso la comprensione della grande rivoluzione che i greci hanno compiuto nell’isola con il loro insediamento e con l’introduzione dell’innovativo modello di città.
Fino al secondo quarto dell’VIII secolo, data in cui inizia la colonizzazione greca, il paesaggio siciliano si caratterizzava per la presenza di agglomerati di capanne circolari all’interno di mura di recinzione, concepiti come unità di tipo tribale o inter familiare. L’apporto dei coloni greci invece, con introduzione di un modello di città che non ha precedenti nella storia del mediterraneo occidentale, sarà rivoluzionario non solo sotto l’aspetto urbanistico, perché darà origine alla trasformazione del paesaggio, ma anche sotto l’aspetto socio economico e istituzionale nel rapporto tra città e campagna. La città greca, si legge nel libro dell’archeologo, nasce dalla naturale deduzione di un gruppo di persone che inizia ad occupare un territorio secondo delle regole precise a cominciare da quella che si basa sul principio democratico di uguaglianza di fronte alla legge e che si concretizza nella adeguata ed equa distribuzione del territorio. Lo spazio abitativo, infatti, veniva diviso in lotti affidati poi ad ognuno dei coloni lasciando una parte dedicata alle attività commerciali. Gli edifici costruiti oltre la strada centrale che divide in due l’abitato non hanno più una forma circolare e sono di grandi dimensioni. Le mura della città sono concepite come elementi di difesa ma anche di identità. Per i Greci vivere dentro le mura significava essere cittadino, godere di privilegi istituzionali che chi vive nella campagna non ha. La città rappresenta il cosmo ordinato che si contrappone a una campagna caotica selvaggia, priva di leggi eppure utile per la sopravvivenza e pertanto da antropizzare, coltivare, addomesticare. Le stesse popolazioni indigene, i Siculi, saranno viste come risorse di sopravvivenza con cui dialogare per giungere a un compromesso necessario ad avere la terra da coltivare e da lì l’inizio di un processo di acculturazione degli indigeni
Le bellissime foto aeree di queste città, presenti nel volume, ci restituiscono la vera dimensione urbanistica dell’innovazione urbana delle città greca che, normalmente, una visita dall’interno, in orizzontale non è in grado di far comprendere nella sua interezza. Nifosì ha fornito al lavoro, grazie alle immagini aeree, un’idea precisa sugli insediamenti in Sicilia.
La scelta metodologica che ha guidato Di Stefano non è stata quella di raccontare la Sicilia greca ma quella di divulgare le conoscenze certe che la storiografia ci ha consegnato sul movimento migratorio dei greci di Sicilia anche se non mancano gli interrogativi rimasti irrisolti.
L’AUTORE
E’ nato a Ragusa il 18 febbraio 1953 e si è laureato in lettere nel 1976 con 110 su 110 e lode, all’Università degli studi di Catania. Dal 1983 è dirigente tecnico, archeologo classico, dell’ Assessorato Regionale per i Beni culturali ed ambientali, assegnato alla Soprintendenza di Siracusa, quale responsabile della provincia iblea. Nel 1986, l’Assessore Regionale ai Beni culturali gli conferisce la direzione del Museo Regionale di Camarina e nel 1988 la direzione della Sezione Beni Archeologici della Soprintendenza ai Beni Culturali ed Ambientali di Ragusa. Il dottore Di Stefano è il responsabile degli scavi dell’antica città greca di Camarina, ha svolto, dal 1991, seminari di studi presso varie università italiane e straniere ed è stato nominato dall’Università di Palermo, negli anni accademici 1993/94 e 1994/95 professore per l’insegnamento della storia delle produzioni artigianali e della cultura-materiale nella scuola per i beni culturali di Agrigento. E’ stato relatore in vari congressi nazionali ed internazionali tra cui il Symposium di Haifa su “Cities on the sea”; il congresso di Berlino sugli insediamenti neolitici ed eneolitici dell’Europa, e la conferenza di archeologia italiana di Oxford. Nel 1993 è stato chiamato a dirigere una missione archeologica in Francia nel santuario gallo-romano di Champlieu (Oise-Com di Orrovy) e dal 1999 è stato scelto quale direttore della Missione Archeologica Italiana a Cartagine. Nell’anno accademico 1999/2000 è stato nominato dall’Università della Calabria, Professore Cultore di Archeologia.
Intensissima sempre, lungo le tante tappe successive, la sua attività sempre volta, da dirigente della Regione alla tutela inflessibile e amorevole del territorio e dei suoi beni archeologici; da studioso, alla produzione di testi scientifici che sono autentiche pietre miliari nella letteratura specialistica; da archeologo, alla conduzione di missioni, campagne di scavi e di studi di grande rilievo per i risultati prodotti.
Di Stefano, da tempo associato anche al prestigioso Istituto Archeologico Germanico di Roma, è stato proclamato socio dell’Association Historique et Archeologique de Carthage.
Tante le missioni archeologiche come quella di quest’anno a Cartagine la cui direzione italiana (in collaborazione con l’équipe tunisina diretta dal prof. Hamden ben Romdhane. ) è stata affidata a Giovanni Di Stefano coadiuvato dal suo gruppo: Stefania Fornaro, Lorenzo Zurla, Dominique Di Caro, Salvo Micciché, Elia Fiorenza, Maurizio Paoletti.