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Nel Veneto, Premio “Le Pietre di Anuaria” al poeta Domenico Pisana

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Nella splendida location del Teatro Accademico di Castelfranco Veneto, il poeta e scrittore modicano Domenico Pisana, Presidente del Caffè Letterario Quasimodo, riceverà, il prossimo 18 novembre, il Premio Letterario Internazionale “Le Pietre di Anuaria”, ( Sezione “Paolo da Venezia”  dedicata alla Saggistica), al quale hanno partecipato 1013 autori.

Il Premio Letterario Internazionale “Le Pietre di Anuaria”, patrocinato dalla Provincia di Padova, dal Comune di Castelfranco Veneto, dalla Provincia di Treviso e dalle Edizioni Setart, nasce da una idea dell’estetica e dell’arte intesa come mezzo espressivo e dunque comunicativo, che, pur legato a necessarie abilità tecniche, tuttavia non si realizza pienamente se manca uno spirito speciale, un impulso creativo che si manifesta in chi ricerca la bellezza in tutte le sue forme.

“Ringrazio la giuria – afferma Domenico Pisana – per aver premiato il mio saggio sul libro della prof.ssa Maria Sgouridou, ordinaria di Letteratura Italiana all’Università di Atene, dal titolo  Foscolo: L’amante della patria  Raffigurazioni, echi, riflessi dell’opera nell’area ellenica,  e che lo scorso agosto è stato oggetto della mia presentazione al  Festival della Lingua, della Cultura e dell’Arte che si è svolto in Grecia, e al quale ho partecipato per ricevere il Premio  alla cultura “Romas Award of Outstanding Personality”.

 

Domenico Pisana, può darci qualche elemento sul saggio premiato?

 

Certamente! Ciò che mi è piaciuto di quest’opera magistrale bilingue(greco-italiano) di 530 pagine, è proprio quel processo di indagine critica  inserito in un “continuum” tra passato e presente; il passato – dice Maria Sgouridou  citando Orestis Alexakis –  “viene valorizzato realmente quando trova delle vie d’uscita verso il futuro. Solo tramite la continuazione viene nutrito di vita e si muove. Diversamente finisce per essere un oggetto da museo senza vita e non certamente una fonte emergente di energia creativa”. E non si può non essere d’accordo con la Sgouridou.  Il mio saggio fa una lettura di poeti e scrittori ateniesi del XIX e XX sec. fino ai nostri giorni, tutti passati in rassegna dall’autrice   perché riflettono la  memoria del Foscolo; tra questi Dionisys Serra, Miltiadis Malakasis, Omiros Bekes, Kostis Palamas, Georgios Athanas, Angeliki Palli-Bartolomei, Theodoros Brikkos, Alexiou, G. Kentrotis e N. Papadopoulos con una particolare attenzione anche alla presenza di Foscolo in scritti femminili contemporanei, fra i quali si trova quello della poetessa Sofia Skleida, che la Sgouridou analizza citando anche  un mio studio su di essa.

Nel mio saggio focalizzo in particolare i temi della patria, della Grecia, dell’esilio; il Foscolo  nella figura di Jacopo  rappresenta in fondo se stesso e la sua storia interiore, cioè l’esilio, che ha  una valenza metaforica ed è espressione di una condizione esistenziale di disagio. Foscolo proietta nelle sue opere la condizione personale di sradicato, di cittadino con tante patrie al quale le circostanze negano una vera appartenenza.

 

Ci incuriosisce il riferimento del saggio alla poetessa greca contemporanea Sofia Skleida. Cosa ci può dire a riguardo?  

 

Sofia Skleida viene giudicata dalla Sgouridou una poetessa piuttosto “coraggiosa” perché entra in un dialogo dialettico con il Foscolo proprio attraverso la sua composizione Ode alla luce (titolo che richiama Ode all’amica risanata del Foscolo), dalla cui analisi critica emergono alcuni aspetti storico-biografici.

Sofia Skleida omaggia il Foscolo in forma semplice ed epigrammatica, creando una “scrittura di luce” sulla vita, la spiritualità umana, l’amore di Foscolo…E con il coraggio e l’originalità della scrittura femminile, afferma  Maria Sgouridou.  Nelle sue pennellate liriche, la poetessa riesce infatti “a dedicare pochi versi in più alla questione dell’amore in relazione al Foscolo, ma senza riferimenti alle donne che lo ispirarono”.

La poetessa Skleida è per la Sgouridou un caso unico, perché  “La sua scelta di onorare il Poeta con versi che rimandano all’arte semplice, concentrata ed epigrammatica dell’Hai-ku, non ha davvero precedenti. Si allontana da qualunque sorta di scrittura tradizionale greca e si collega più fortemente al presente, nonostante si differenzi sensibilmente anche dagli autori contemporanei di Zante e non”

 

Qual è stato l’obiettivo del suo saggio che verrà premiato a Venezia?

Quello di far vedere come a circa due secoli dalla scomparsa di Foscolo, ci siano ancora, nell’hic et nunc della cultura greca,  “autori che – rileva la stessa Maria Sgouridou – lo trattano non semplicemente come un elemento della tradizione ma come una presenza funzionale, come una parte inscindibile della loro vita  valorizzando in maniera rinnovativa la sua eredità; questo è un dato che  dà conforto ed apporta un messaggio pieno di speranza nei tempi difficili in cui ci troviamo a vivere”. Io concordo pienamente con questa considerazione dell’autrice, perché credo che l’eredità del poeta di Zante che riverbera nella contemporaneità è quella di un poeta che sentì la poesia non come leggiadro ornamento, ma come impegno morale di fronte alla realtà; egli amò l’antica bellezza immettendovi la sua passione di uomo cosciente del suo tempo, il fervore e l’entusiasmo per una vita libera da compromessi, degna e coraggiosa. Il Foscolo non giunse apertamente al bisogno della comprensione di Dio, ma nell’esaltazione della bellezza di cui si fece artefice e di cui Zante fu simbolo, traluce quella Bellezza trascendente che non è sottoposta alle leggi mutevoli del tempo e dalla quale scaturiscono i valori autentici, quelli che realmente valgono ed elevano lo spirito umano verso la “pittrice melodia”, quella “arcana armoniosa melodia pittrice” del poeta di Zante, senza la quale non rimane altro che il caos, la solitudine, l’incomprensione, l’inimicizia e il terrore.

L’eredità che Foscolo ha lasciato è quella di un poeta consapevole del fatto che se anche non è possibile compiere azioni eroiche, l’uomo che ha un animo elevato deve scrivere, gridando la verità ai posteri. In questo modo conseguirà quella gloria, che altrimenti è negata dallo squallore del presente. Così afferma giustamente il Foscolo, assegnando al poeta il compito di educare l’umanità.

Io odo la mia patria che grida: – Scrivi ciò che vedesti. Manderò la mia voce dalle rovine, e ti detterò la mia storia. Piangeranno i secoli su la mia solitudine; e le genti s’ammaestreranno nelle mie disavventure… (Da: Ultime lettere di Jacopo Ortis)