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Il caso Regeni e Angelino Alfano, socio in affari dell’allora vice premier del governo egiziano golpista di Abdel al-Sisi, ‘appassionato cercatore della verità’ secondo l’ex ministro. E’ anche questo uno dei meriti del ‘cavaliere di gran croce’ della Repubblica ora insignito dal presidente Mattarella?

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Devo fare i complimenti ai mei lettori o, quanto meno, ad alcuni di essi.

Pochi giorni fa, prendendo spunto dalla notizia dell’onorificenza (la più alta della Repubblica) concessa da Mattarella ad Angelino Alfano, ho ripescato il brano, riguardante il neo ‘cavaliere di gran croce’, di un mio testo, inedito, scritto oltre due anni fa e rimasto sospeso in attesa di nuova ricerca, verifica, documentazione. La redazione di In Sicilia Report mi ha chiesto di consentirne la pubblicazione e ho dato volentieri il mio assenso, nello stato in cui si trova, ovvero datato ad oltre due anni fa e non aggiornato.

Nel testo, di oltre 10 mila parole, ci sono appena cinque righe (neanche cinquanta parole) peraltro a metà della stesura, che potevano facilmente sfuggire e invece ciò non è accaduto. Ho ricevuto diverse e-mail e messaggi privati sui social di persone, anche non di mia conoscenza, che si sono soffermate su quelle cinque righe e vogliono saperne di più, chiedono che si indaghi e che si sviluppino certe connessioni. Il che peraltro era, ed è, il mio intento fin da quando cominciai a scrivere quel testo.

Ecco quelle cinque righe sulla ‘vita e le opere’ di Angelino Alfano che lo raccontano appena cessato dalle funzioni di ministro degli Esteri, nonché di parlamentare e di dirigente politico.

…. A settembre 2018 diviene consulente dello studio legale Bonelli Erede Pappalardo (Belex) di Milano, nella sezione Africa, in squadra con l’ex politico egiziano Ziad Bahaa-Eldin vicepremier con Al-Sisi e a capo dell’authority finanziaria egiziana durante la presidenza di Mubarak per la cui ‘nipote’ (così è scritto in un documento da lui votato in Parlamento e approvato grazie al voto compatto dell’armata berlusconiana) ‘si spese’ Silvio Berlusconi……

In proposito devo dare atto a Salvatore Petrotto – scrittore, giornalista e attivista instancabile per la giustizia, la legalità, l’informazione, la trasparenza della res pubblica e quindi la democrazia – di essere stato attento e tempestivo nell’avere rilanciato con un articolo su Italyflash ciò che, ben oltre il lessico testuale, quelle cinque righe contengono.

Scrive Italyflash: <<…Alfano accetta l’incarico di collaborare con uno studio legale metà italiano e metà egiziano, la cui metà egiziana è riconducibile al vice di Al-Sisi. Ed Alfano accetta di lavorare assieme al vice di Al-Sisi malgrado gli ultimi due dicasteri da lui retti dal 2013 al 2018, Interni ed Esteri, erano stati messi a conoscenza, dalla magistratura e dai servizi segreti italiani, del fatto che proprio il figlio del presidente egiziano Al-Sisi, nella sua qualità di capo dei servizi segreti egiziani, era ritenuto, sin dai primi mesi del 2016, uno, se non il principale responsabile dell’uccisione del giovane ricercatore italiano Giulio Regeni, come potete leggere di seguito…

<<Tra i passi falsi compiuti dal primogenito del presidente, il più grave – ricostruisce Italyflash – ricondurrebbe all’omicidio del ricercatore italiano Giulio Regeni, avvenuto a inizio 2016, sul quale il governo egiziano si ostina a fare ostruzionismo. Nel luglio dello stesso anno L’Espresso, citando delle segnalazioni arrivate alla sua rete protetta RegeniLeaks, ha collegato Mahmoud al-Sisi all’uccisione di Regeni in quanto, per il ruolo che ricopriva al Gis, non poteva non sapere della sua “scomparsa”.

<<Inoltre, come sottolinea sempre Jeune Afrique, i 5 sospettati identificati nel 2018 dagli inquirenti italiani sono tutti membri del controspionaggio egiziano e, dunque, sotto la sua direzione. Questa pista è stata confermata a Nigrizia da una fonte egiziana, un ricercatore costretto da anni a vivere all’estero e che per motivi di sicurezza chiede di rimanere anonimo: La linea di difesa nei confronti degli accusati dell’omicidio Regeni da parte del governo egiziano è ormai chiara. Io credo – concludono L’Espresso e RegeniLeaks – che ci sia una relazione diretta di Mahmoud al-Sisi con l’assassinio di Giulio».

Rilevo che quelle cinque righe da me inserite a suo tempo nel testo ancora in gran parte inedito rivelano una notizia mai pubblicata prima da alcuno. Non se ne trova traccia e ciò mi fa sentire in colpa per non avere potuto due anni fa completarlo e pubblicarlo, il che avrebbe reso più tempestiva la diffusione di quella notizia e delle tante altre in esso contenute.

Chi ha letto il capitolo-Alfano di quel testo (qui)  può trovarvi tutte le trame e le connessioni lungo le quali per oltre vent’anni ha operato il politico agrigentino. Qui aggiungo, per il momento, solo qualche considerazione.

Alfano è ministro dell’Interno fino al 12 dicembre 2016; da questa data e fino all’1 giugno 2018 è ministro degli Esteri. Giulio Regeni viene rapito il 25 gennaio 2016 e ritrovato cadavere il 3 febbraio successivo, dopo essere stato seviziato e torturato.

Sulle responsabilità politiche di quell’assassinio, fin dall’inizio vi sono pochi dubbi, e anche su quelle personali ben presto il cerchio si stringe dentro il gruppo di potere ai vertici dello Stato e del Governo egiziani intorno alla figura del presidente-dittatore Abdel Fattah al-Sisi e agli uomini a lui più vicini.

Il 5 febbraio 2016, appena due giorni dopo il ritrovamento del cadavere di Giulio, il ministro dell’Interno Alfano si dice convinto che <<al-Sisi non si sottrarrà alla collaborazione>>. Così quel giorno la Repubblica riferisce le parole del capo del Viminale: <<Sulla morte di Giulio Regeni “noi abbiamo un solo obiettivo: la verità. Stanno partendo squadre di investigatori italiani per collaborare con la polizia egiziana e sono convinto che al-Sisi non si sottrarrà alla collaborazione e che i buoni rapporti con l’Egitto siano un fluidificante per aiutare nella ricerca della verità”. Il ministro dell’interno Angelino Alfano, al programma Agorà su Raitre, è convinto che “tutte le procedure saranno attivate – ha aggiunto – perché la giustizia sia severa con i responsabili della morte del ricercatore”.

<<Lo sdegno, la rabbia per quello che è successo a Giulio – riferisce ancora la Repubblica – non può limitarsi ad essere tale, deve tradursi nello sforzo della verità, nell’ottenere la verità”, ha insistito. Quanto a un’eventuale richiesta di estradizione, “tutte le procedure dovrebbero essere attivate – assicura Alfano – perché la giustizia sia severa e senza indulgenza nei confronti di chi ha realizzato tutto questo; ci sono trattati bilaterali, bisogna vedere che cosa c’è scritto in quello tra Italia e Egitto, ma certamente l’interesse della giustizia italiana sarà forte”.

Quando Alfano pronuncia queste parole è ministro dell’Interno da tre anni e, in quel momento, è ancora caldo il corpo martoriato di Giulio. Il 12 dicembre 2016 il politico agrigentino trasloca alla Farnesina. Ecco cosa dichiara un anno dopo, il 9 novembre 2017, quando sono ancora più chiare le responsabilità dell’assassinio e si tocca con le mani il muro di gomma – uno scherno istituzionale ed un insulto alla richiesta di verità dello Stato italiano – opposto da al-Sisi e dai suoi uomini.

<<Siamo convinti – dichiara Alfano in un’apposita conferenza stampa – che il presidente egiziano Abdel Fatah al Sisi sia un interlocutore appassionato nella ricerca della verità sul caso di Giulio Regeni>>. Così in proposito riferisce e contestualizza quelle parole Askanews: <<… E’ quanto ha detto oggi il ministro degli Esteri Angelino Alfano, durante una conferenza stampa congiunta alla Farnesina con l’omologo palestinese Riad al Malki, commentando le ultime dichiarazioni del capo di Stato egiziano a proposito dell’uccisione del giovane ricercatore italiano. “Confidiamo che le parole di al Sisi spingano ancora di più l’apparato egiziano nella ricerca della verità”, ha aggiunto il ministro. Alfano ha ricordato inoltre la “cooperazione giudiziaria” tra i due Paesi. “Stiamo seguendo anche il canale della collaborazione con l’università di Cambridge, e quello diplomatico, avendo parlato io stesso di recente con il mio omologo britannico Boris Johnson”, ha concluso Alfano>>.

Insomma Alfano, in due diversi momenti a distanza di quasi due anni l’uno dall’altro, esprime una duplice convinzione. Egli nell’immediato si dichiara certo che al-Sisi collaborerà alle indagini, e 22 mesi dopo – quindi sulla base dell’esperienza concreta che da ministro dell’Interno e degli Esteri ha potuto acquisire direttamente – riconferma questa certezza e addirittura la estende fino a qualificare il dittatore egiziano un “ricercatore appassionato” della verità su Regeni.

Il giorno dopo la conferenza stampa, il 10 novembre 2017, ‘Osservatorio Repressione’ in un articolo dal titolo ‘Il depistaggio dell’appassionato al-Sisi (e di Alfano) condanna duramente le parole del ministro (articolo leggibile qui) e ricorda come poco prima dell’estate il Comitato delle Nazioni unite contro la tortura aveva testualmente scritto nel proprio rapporto sull’Egitto: «La tortura segue spesso gli arresti arbitrari ed è usata per ottenere confessioni o per punire e minacciare i dissenzienti politici. La tortura avviene nelle stazioni di polizia, nelle prigioni, nei luoghi di Stato, nelle caserme delle forze di sicurezza. La tortura è perpetrata da poliziotti, militari, guardie penitenziarie. I torturatori quasi sempre godono di piena impunità, sebbene la legge vieti la tortura, evidenziando una grave distonia tra la legge e la pratica. Alla luce di tutto ciò, si giunge alla conclusione che la tortura è una pratica sistematica in Egitto».

Sappiamo benissimo a quale stadio di verità (zero totale) il ministro degli Esteri Angelino Alfano lasci, sul tavolo dello Stato italiano, la pratica-Regeni il primo giugno 2018 quando cessa dalla carica e dice di abbandonare la politica.

Ed eccolo, appena tre mesi dopo, a settembre 2018, nelle trame dei suoi ‘nuovi’ affari scolpite in quelle cinque righe.

Dismessi i panni dello statista che cerca la verità e che si dice certo di poterla trovare a braccetto con il dittatore al-Sisi (il quale – mette la mano sul fuoco Alfano dal Viminale – collabora e – garantisce, sempre Alfano, dalla Farnesina – è un cercatore appassionato della verità) l’ex enfant prodige della politica di Arcore mette a frutto le sue certezze entrando, privatamente, in società con Ziad Bahaa-Eldin. Chi è costui? Un avvocato, economista e politico che ricopre la carica di vice primo ministro e di ministro della cooperazione dal 16 luglio 2013 al 30 gennaio 2014, ovvero nella prima fase di presa e consolidamento del potere da parte di al-Sisi con il golpe militare che scatta il 3 luglio quando il feldmaresciallo depone il presidente eletto Mohamed Morsi, sospende la Costituzione, dà vita ad una sanguinosa repressione del dissenso, dichiara terroristico e mette al bando il partito che ha democraticamente vinto le elezioni, insedia il primo ministro Adli Mansur a capo del governo e per sette mesi Baha-Eldin è vice primo ministro in predicato di essere nominato premier.

E’ bene tenere presente che al-Sisi, divenuto presidente dittatore è, in Egitto, il capo di tutti e, a maggior ragione, di quel vice primo ministro da lui voluto e che pochi anni dopo diventerà socio di Alfano; al-Sisi è anche il padre di Mahmoud al-Sisi, capo dei servizi segreti egiziani e ritenuto, sulla base di varie segnalazioni a ‘RegeniLeaks’ e di molteplici indizi, il principale o tra i principali responsabili del sequestro, delle torture e dell’assassinio di Giulio.

Ma che rapporto c’è tra l’Alfano ministro che sembra un fan del dittatore-golpista al-Sisi capo di uno Stato che ha fatto sequestrare e uccidere un cittadino italiano innocente e l’Alfano che, appena divenuto ex ministro, si mette in affari con un uomo, Ziad Bahaa-Eldin, così vicino ad al-Sisi da essere nominato vice primo ministro nel governo golpista di questi?

Su quali fatti ed esperienze il primo (Alfano-ministro) ha potuto fondare la pubblica rassicurazione all’Italia che il dittatore al-Sisi collabori con le indagini e sia un cercatore appassionato della verità? Su quali fatti ed esperienze il secondo, Alfano ex ministro, ha deciso meno di un anno dopo di entrare in affari con un uomo di stretta fiducia di al-Sisi posto da questi ai vertici del governo da lui insediato?

Per la cronaca i due ex ministri – quello italiano cresciuto all’ombra di Berlusconi così sensibile alle esigenze del presidente egiziano Hosni Mubarak costretto alla fuga dalla primavera araba e alla (più o meno presunta) nipote Ruby, e quello egiziano al fianco di al-Sisi nel golpe che porta il pugno militare al potere – entrano insieme, nel 2018, nel già citato studio legale Belex per prestare i loro servizi.

Abbiamo titolato il capitolo dedicato ad Alfano ‘i meriti del cavaliere di gran croce…’ proprio per provare a cercare tutti i perché Sergio Mattarella abbia avuto l’idea, e soprattutto avvertito il bisogno, di fregiarlo della più alta onorificenza della Repubblica.

Tra i possibili perché forse quello appena esaminato (se è stato uno dei perchè) meritava più delle cinque righe finora spese.

… Ma, se posso pregare i miei lettori di scusarmi, quel testo era incompleto. E tale ancora rimane. Però l’attenzione suscitata è il modo migliore per proseguire l’opera e provare a colmare la lacuna.