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Dopo il patteggiamento di Dispenza, la Corte dei Conti ora condanna gli altri sei responsabili: Termini e D’Erba della triade prefettizia, il dirigente Basile e i tre revisori. Forte sconto di pena grazie allo scudo erariale per tutti i casi di colpa grave: scatta l’impunità per ben dodici dei sedici pagamenti illeciti, quelli eseguiti dal 17 luglio ’20, ma il Comune può agire in giudizio per recuperare quasi 700 mila euro: Aiello lo farà? Inoltre riduzione del 25% per … recidività dell’ente. La difesa degli incolpati suona patetica più che giuridica, e l’ex poliziotto, esilarante, si rifugia nella privacy: copre il suo nome per nascondersi

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Leggendo l’atto di citazione della Procura della Corte dei conti sorgevano pochi dubbi: accuse granitiche, scolpite negli atti oggetto del giudizio e, ad ogni approfondimento o verifica, e perfino dinanzi alle argomentazioni difensive degli interessati, l’unico risultato era il rafforzamento della domanda inquietante di fondo: ma come hanno potuto i sette incolpati fare tutto ciò? Sono così ignoranti (di elementari norme giuridiche innanzitutto), così negligenti, così incapaci di intendere dati inequivocabili o così ciecamente posseduti dall’arroganza di un potere impune che credono di potere esercitare al di sopra della legge?

Oppure, se tutto ciò appare poco plausibile, c’è dell’altro?

Quale che sia la risposta giusta o più vicina al vero, l’esito non poteva essere diverso. Costoro sono stati tutti condannati.

E costoro sono i tre componenti della commissione straordinaria che ha amministrato – con i poteri del sindaco, della giunta e del consiglio – per tre anni e tre mesi, da agosto 2018 ad ottobre 2021, il Comune di Vittoria: Filippo Dispenza, Giovanna Termini e Gaetano D’Erba; poi il dirigente di maggior fiducia della triade, Alessandro Basile attualmente in servizio nel Comune di Ragusa; quindi i tre membri del collegio dei revisori: Ignazio Napoli, Alessandro Lentini e Francesco Basile.

Tutti e sette, ciascuno per il proprio ambito di competenza e per gli atti compiuti, cagionarono un danno di oltre un milione di euro all’ente e quindi agli incolpevoli cittadini-contribuenti vittoriesi vittime di un operato che certa pervicacia degli atti, voluti innanzitutto dal dominus assoluto di quell’amministrazione straordinaria, l’ex poliziotto Filippo Dispenza amico e cliente del noto Antonio Calogero Montante, fa apparire irredimibile: sia detto con il senno del poi, nel rispetto dei dati di realtà e senza alcun pregiudizio di reazione o cedimento a polemica malevolenza.

Lettrici e lettori di In Sicilia Report conoscono la vicenda, ampiamente trattata in un mio articolo del mese di marzo scorso (leggibile qui), del ‘patteggiamento’ chiesto ed ottenuto da Dispenza, sicché adesso mi limito ai pochi elementi nuovi contenuti nella sentenza depositata il 6 maggio scorso dopo la trattazione in camera di consiglio il 22 gennaio precedente: tali elementi sono la condanna di tutti gli altri convenuti che hanno scelto il rito ordinario.

Come appare chiaro (il testo integrale della sentenza depositata e pubblicata è leggibile qui) le argomentazioni difensive – spesso inconferenti e in qualche caso infantili, risibili e patetiche – non hanno cambiato di una virgola l’impietosa ricostruzione documentale della sequenza degli atti compiuti dalla triade prefettizia Dispenza-Termini-D’Erba, e dal dirigente Basile con l’avallo dei tre revisori. Però i sei incolpati incassano un cospicuo ‘risparmio di pena’ che sostanzialmente li allinea alla sorte di Dispenza il quale tale risparmio, nell’ordine del 70% (ha pagato appena il 30%) lo ha conseguito per via diversa: per la scelta, unico tra i sette, di ‘patteggiare’, ammettendo così, di fatto se non nella purezza delle astrazioni giuridiche, le proprie responsabilità e le proprie colpe, tanto da scegliere di sfuggire preventivamente al giudizio.

Prima di lasciare alla redazione di In Sicilia Report il compito di offrire a lettrici e  lettori i passi salienti della sentenza, alcune considerazioni si impongono.

La forte riduzione della pena si deve a due fattori.

Il primo, che incide di più, è lo scudo erariale eretto per decreto-legge a luglio 2020 e operante, per i fatti che qui ci interessano, fino all’ultimo pagamento del 24 febbraio 2023. Dispone il secondo comma dell’art. 21 del decreto legge n. 76 del 16 luglio 2020, così come in seguito prorogato: <<Limitatamente ai fatti commessi dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino al 30 aprile 2025, la responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica per l’azione di responsabilità …è limitata ai casi in cui la produzione del danno conseguente alla condotta del soggetto agente è da lui dolosamente voluta…>>.

E’ un provvedimento del governo ‘Conte due’ poi prorogato fino al 2025. Esso consente solo per dolo, mentre la esclude per colpa grave, la punibilità per danno erariale provocato con atti, pur gravissimi e illeciti come quelli compiuti in questa vicenda dai sette – amministratori, dirigenti e revisori – in aperta e reiterata violazione delle norme di legge,

La categoria del dolo è qualcosa di giuridicamente irraggiungibile nella giurisdizione contabile in quanto occorrerebbe la prova, anche sotto il profilo psicologico dell’elemento soggettivo, che il fine degli atti sciagurati compiuti in serie dai sette fosse proprio quello di danneggiare l’ente: <<La prova del dolo richiede la dimostrazione della volontà dell’evento dannoso>>. Neanche una ‘macchina della verità’ capace di vagliare i pensieri e non solo le parole potrebbe riuscire nell’impresa. Eppure non v’è dubbio alcuno che i sette sapessero di violare le norme e di danneggiare l’ente ma ciò non basta perchè non c’è prova che questo, esattamente questo, fosse il loro fine. E se anche esso non fosse il loro fine, non è che cambi la gravità delle loro responsabilità: anzi, si potrebbe dire che ne sia accresciuta, avendo riguardo, se del caso, alla destinazione delle risorse illegittimamente sottratte al Comune.

Insomma nel nostro caso c’è la prova che quegli atti siano illeciti, di un’illiceità della quale gli autori sono pienamente consapevoli, avvertiti se non altro da quel funzionario vigile e integerrimo ch’era il segretario generale dell’ente Antonello Fortuna, ma ciò non basta. Ci vorrebbe una prova … impossibile!

Perciò pur di fronte all’oggettiva evidenza di decisioni tracotanti, prese con proterva noncuranza degli interessi dell’ente e delle norme di legge scientemente e reiteratamente violate, Dispenza, Termini, D’Erba, Basile e gli altri sono responsabili … solo per ‘colpa grave’. Il che è – anzi sarebbe – appunto cosa molto grave se nel frattempo non diventasse cosa non seria per effetto di quella norma di legge approvata dal governo ad uso e consumo dei tanti Dispenza che, così come ministri, burocrati, presidenti di regione, sindaci, assessori, dirigenti vari della pubblica amministrazione, maneggiano i soldi dei cittadini.

Questo scudo sottrae alla cognizione della Corte dei conti ben dodici del sedici pagamenti eseguiti per un ‘regalo’ di € 694.500,58 sul totale di € 1.017.612,01 equivalente al danno prodotto dai sette – commissione straordinaria, dirigente e revisori – al Comune di Vittoria e loro contestato all’origine.

Poi c’è il secondo fattore: la riduzione del 25% applicata dai giudici contabili quale ‘attenuante’. E perché? Perché la colpevole, gravemente colpevole, condotta della triade prefettizia Dispenza-Termini-D’Erba, del dirigente Basile e dei revisori era in continuità con l’amministrazione comunale degli anni precedenti!

Insomma se quello contabile in questione fosse un processo penale si potrebbe dire che ‘delinquere aiuta a delinquere’. Scrive infatti la Corte dei conti: <<gli organi di governo, di gestione e di controllo del Comune di Vittoria hanno nel tempo tollerato le condotte di “mala gestio” degli organi dell’azienda speciale contribuendo ad alimentare la cultura del soccorso finanziario ad ogni costo da parte dell’Ente locale nei confronti della propria Azienda speciale che è stato il contesto nel quale sono emersi i fatti dannosi oggetto di causa… Dagli atti di causa emerge, infatti, una generale non adeguata considerazione della valorizzazione di una gestione razionale delle aziende partecipate e strumentali del Comune di Vittoria. Tali circostanze inducono il Collegio ad applicare nella misura del 25% il potere riduttivo dell’addebito nei confronti di tutti i suddetti convenuti ai quali, quindi, va imputato soltanto il 75% del danno non oggetto di scudo erariale come indicato nel precedente punto …>>.

Vedremo come, tranne nel solo caso del richiamo allo scudo – uno scudo d’impunità per tutti i casi di colpa grave, come se la ‘colpa grave’ non fosse, appunto … colpa grave –  da parte di Basile che salva se stesso, e gli altri, da una pena più pesante, le argomentazioni difensive siano inconsistenti, vuote, prive di senso, estranee al merito delle accuse, in alcuni casi buffe e puramente lamentose come quando s’invoca il proprio curriculum o il proprio status che in effetti, se hanno un rilievo, esso dovrebbe operare al contrario, come aggravante.

E così la vice prefetta Termini, la quale per tutto il resto si allinea alle tesi difensive di D’Erba, ritiene utile far sapere ai giudici contabili che lei abbia avuto la cittadinanza onoraria di Corleone dove è stata amministratrice straordinaria (e speriamo che abbia trattato gli affari di quel Comune meglio di quelli di Vittoria) o che, per la Prefettura di Agrigento, come vicaria si sia occupata delle procedure di accoglienza dei migranti a Lampedusa: era il suo lavoro e speriamo che lo abbia svolto con diligenza e nel rispetto delle norme. E in questa saga dell’arrampicamento sugli specchi fa capolinea qualche encomio, come se nei contesti simili a quello che affiora nel giudizio in questione, la regola non fosse quella per cui esso venga attribuito per fedeltà, spesso prestata a colpevoli potenti e prepotenti inclini all’arbitrio e al sopruso nonchè a impenitenti dissipatori di risorse pubbliche, e non per altre virtù.

Ma in ogni caso che c’entra tutto ciò con la difesa per gli illeciti commessi a Vittoria e le reiterate violazioni di legge pur dopo il dissenso, le segnalazioni e gli ammonimenti di autentici servitori della cosa pubblica come il segretario generale Antonello Fortuna e l’allora vice prefetto Giancarlo Dionisi del quale Giovanna Termini prende il posto dopo che egli è costretto a lasciare proprio per non firmare gli atti illeciti che Dispenza gli impone e che lei, appena arrivata, firma senza fiatare?

Con la stessa grottesca singolarità D’Erba fa sapere ai giudici che la Procura di Ragusa ha citato a giudizio alcuni soggetti che, sommariamente, vengono definiti autori di esposti contro la commissione straordinaria. La citazione concerne il procedimento per diffamazione a mezzo stampa che vede imputati il sottoscritto per due articoli pubblicati nel 2020 e alcuni lettori che hanno avuto l’ardire di … leggerli e di mostrarli sui social, con o senza propri commenti. Uno di tali lettori, Salvatore Messina, avvocato, come è ben documentato nell’articolo del 15 marzo scorso sopra richiamato (leggibile qui), è stato anche in vari momenti autore di esposti che nulla hanno a che fare con i due articoli dei quali egli stesso è stato semplicemente lettore e tanto gli è bastato per divenire co-imputato con il sottoscritto, come altri lettori; esposti che la Corte dei conti, come rilevato nell’articolo di marzo scorso, in questo procedimento contro i sette ha giustamente valorizzato, al pari delle segnalazioni del segretario generale Fortuna, in quanto attinenti ai fatti oggetto di contestazione; mentre la Procura presso il Tribunale di Ragusa ha qualificato gli stessi esposti come reati contro l’ex poliziotto-prefetto Filippo Dispenza, perseguendo il whisthleblower che si batte per l’accertamento della verità e che così facendo disturba chi vorrebbe nasconderla.

I miei articoli riferiscono fatti veri e di pubblico interesse sul conto di Dispenza come – ne sono certo – dovrà prendere atto il Tribunale e come avrebbe potuto fare la Procura se in sede di indagini preliminari avesse voluto verificare la veridicità o meno del contenuto, anziché procedere ad un’immediata, automatica, acritica, citazione a giudizio in meccanica acquiescenza all’assunto della triade querelante, falso, che tale contenuto sia diffamatorio anziché corretto, legittimo e doveroso esercizio del diritto di cronaca e di critica.

C’è poi un elemento di questa sentenza della Corte dei conti che merita di essere segnalato. In essa trovate il nome per esteso di tutte le persone coinvolte, tranne quello di Dispenza, menzionato solo con le iniziali D.F, e dei soggetti terzi. La stessa cosa era avventa nel procedimento avente ad oggetto il suo patteggiamento in cui egli, e gli altri sei corresponsabili perché in quel caso erano ‘terzi’ in quanto il procedimento non trattava le loro incolpazioni, sono menzionati solo con le iniziali.

Perché questa differenza di trattamento?

Perché Dispenza, solo lui, ha chiesto ai giudici di non menzionarne il suo nome, a tutela della privacy!

Nella parte finale della sentenza troverete il seguente decreto presidenziale: <<Il Collegio giudicante, ravvisati gli estremi per l’applicazione dell’art. 52 del D.lgs. n. 196/2003 dispone a cura della segreteria, nel caso di diffusione, di omettere le generalità e gli altri dati identificativi anche indiretti del convenuto D.F. e dei terzi ivi menzionati>>.

Il decreto legislativo invocato è il Codice della Privacy il cui articolo 52 prevede che <<l’interessato può chiedere per motivi legittimi, con richiesta depositata nella cancelleria o segreteria dell’ufficio che procede prima che sia definito il relativo grado di giudizio, che sia apposta a cura della medesima cancelleria o segreteria, sull’originale della sentenza o del provvedimento, un’annotazione volta a precludere, in caso di riproduzione della sentenza o provvedimento in qualsiasi forma, per finalità di informazione giuridica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, l’indicazione delle generalità e di altri dati identificativi del medesimo interessato riportati sulla sentenza o provvedimento…>>.

Sembra incredibile ma è accaduto che un ‘servitore dello Stato’ come è solito autodefinirsi Dispenza abbia invocato la privacy non sulla sua vita privata ma sugli atti di gestione della cosa pubblica, sui provvedimenti da lui adottati nell’amministrazione del Comune di Vittoria e, in questo caso, su quelli per cui, citato dai magistrati contabili quale responsabile di innumerevoli illeciti e violazioni che hanno procurato per sua colpa grave un danno erariale milionario all’ente pubblico, egli abbia chiesto di potere patteggiare la pena!

Ciascuno definisca liberamente questa condotta come ritiene, cercando le parole giuste che, bisogna ammettere, si fa una certa fatica a trovare. Il prefetto-poliziotto che non vuole far sapere di essere stato citato quale responsabile di violazioni di legge così dannose per la città, dopo essersi rifugiato nello sconto di pena ammettendo le proprie colpe, ricorda chi cerchi le tenebre per non farsi vedere, o il ladro che si nasconda per non farsi riconoscere o comunque chi anteponga il suo interesse privato, privatissimo, a quello pubblico della conoscibilità dei suoi misfatti da parte delle vittime. Più che servitore dello Stato sembra un servitore del suo ‘stato’ … di colpevole, gravemente colpevole, in assoluta mala fede come dimostra ogni dettaglio della documentazione oggetto del giudizio.

La presidente del collegio della Corte dei Conti, Anna Luisa Carra, ha accolto la richiesta di Dispenza e si potrebbe molto obiettare visto che per la norma del Codice della Privacy <<l’interessato può chiedere per motivi legittimi …>> e in questo caso non ci sembra legittima l’invocata prevalenza di un interesse privato in contrasto con il bene pubblico superiore protetto dall’articolo 21 della Costituzione.

In ogni caso è compito di ciascun giornalista onorare il proprio diritto-dovere di informare i cittadini su tutto ciò che, come questo procedimento e questa sentenza, sia di pubblico interesse: questo è un fondamento della nostra Costituzione, quale presidio del carattere democratico di uno Stato in cui il controllo, e quindi la conoscenza, da parte dei cittadini degli atti compiuti da ogni pubblico potere, devono avere la massima ampiezza, fino al limite costituito da un bene almeno equivalente nella protezione sancita dalla Costituzione. Perciò in questo articolo, come in quello di marzo scorso, abbiamo menzionato per nome e cognome Dispenza e i suoi ‘complici’ chiamati a rispondere dei fatti commessi.

Infine, prima di lasciarvi ai passi salienti della sentenza selezionati dalla redazione di In Sicilia Report, una notazione.

Nel … fare i conti la Corte, dovendo ‘abbuonare’ l’ampia cifra coperta dallo scudo erariale sui casi di ‘colpa grave’ e applicare inoltre la riduzione del 25% sulla parte restante, quantifica nella misura lieve che abbiamo visto le somme dovute dai sei colpevoli (Dispenza era già uscito dal procedimento patteggiando una sanzione dello stesso tenore), ma aggiunge …  <<fermo restando che l’Amministrazione per tale danno erariale di importo pari a euro 694.500,58 ben può agire per il risarcimento particolare in via civilistica>>.

Si, il Comune, come ente ‘di proprietà’ dei cittadini tutti, anche ‘solo’ per colpa grave può chiedere conto ai responsabili e agire in giudizio per il pieno risarcimento. Ovviamente può farlo il legale rappresentante che da oltre tre anni e mezzo è il sindaco Francesco Aiello, come per i tre anni e tre mesi precedenti era stato Filippo Dispenza con la sua triade da lui manovrata, tant’è che l’integerrimo Dionisi dovette lasciare il posto alla Termini, dimostratasi in tutto e per tutto allineata a Dispenza, anche nelle violazioni di legge oggetto del processo contabile.

E’ diritto dei cittadini che ciò avvenga. E’ dovere del sindaco e dell’intero corpo amministrativo-dirigenziale che i responsabili siano chiamati a rispondere per l’intero e non solo per meno di un terzo come è avvenuto nel giudizio contabile.

Abbiamo menzionato il sindaco Aiello e aggiungiamo il ruolo della dirigente dell’avvocatura Angela Bruno il cui nome ricorre ampiamente nell’articolo di marzo scorso per i fatti e gli atti che la riguardano. Con lei dirigente dell’avvocatura comunale al suo fianco, Dispenza potè presentare – a spese dell’ente e quindi dei cittadini contribuenti – un numero incredibile di querele, almeno 76 ci ha confermato tempo fa il sindaco Aiello, contro giornalisti ‘colpevoli’ solo di fare il loro dovere e, soprattutto, cittadini semplici ‘colpevoli’ di essere tali, ovvero cives, i quali esprimevano un’idea, una critica o chiedevano conto di una scelta o di un atto come è normale e salutare in ogni comunità democratica della quale si faccia parte.

Ad Aiello, alla sua giunta, alla dirigenza a partire dalla responsabile dell’avvocatura, spetta ora di compiere un atto elementare e doveroso a tutela della città: recuperare per intero  il maltolto.

Non meno doveroso sarebbe compiere un’operazione-verità su quella persecuzione di massa scatenata dall’ex prefetto-poliziotto contro la democrazia e contro ogni atto di critica compiuto da onesti cittadini. E anche in questo caso, oltre alla verità servirebbe un briciolo di giustizia, per esempio citando i responsabili per danno, erariale e non solo, al Comune e recuperare le spese sostenute.

La sentenza

Ecco il dispositivo per i sei a giudizio con rito ordinario: i due membri della triade, la vice prefetta Termini e il funzionario di Prefettura D’Erba sono condannati al pagamento di € 31.351,95 ciascuno, somma che equivale a meno di un terzo della quantificazione contenuta nell’atto di citazione e ciò come abbiamo visto per effetto di due fattori: l’applicazione dello scudo erariale, che è uno scudo d’impunità per tutti i casi di colpa grave, e la riduzione del 25% sulla parte restante: uno sconto dovuto alla … recidività dell’ente la quale, in questo caso, viene considerata un’attenuante per i responsabili pro tempore a giudizio rispetto ai predecessori che avevano agito nella stessa maniera.

Dello stesso beneficio di riduzione del 25% si è giovato il dirigente Alessandro Basile ma con lui lo scudo erariale è stato ben più generoso visto che si trova a dover pagare appena € 54.226,22 a fronte di una somma originaria quantificata dalla Procura della Corte dei conti in € 432.573,44.

La sentenza, in 74 pagine, scritte in modo semplice e chiaro come è nello stile dei magistrati contabili, ripercorre la vicenda fin dall’atto di citazione del 28 dicembre 2023 con la richiesta di condanna dei sette al pagamento di € 1.017.612,01 <<per il danno erariale derivante dagli asseriti indebiti pagamenti effettuati nel periodo novembre 2019-febbraio 2023 da parte del suddetto Ente locale in favore della propria azienda speciale “AMFM” (Azienda Municipale Fiere e Mercati) già posta in liquidazione con delibera di C.C. n. 174 del 12.09.2017 in violazione del divieto di soccorso finanziario. La contestazione del suddetto danno erariale era ripartita nel modo seguente: 1) euro 682.545,00 con ripartizione interna di 1/7 pari a euro 97.506,43 a carico di ciascuno dei suddetti sette convenuti; 2) euro 335.067,01 a carico del solo convenuto Basile Alessandro>>.

Come riporta la sentenza e come rappresentato dal Pubblico ministero <<il procedimento istruttorio traeva origine dalla denuncia di danno erariale prot. n. 4028/SG del 12.12.2018 con la quale il Segretario generale p.t. del Comune di Vittoria (Antonino Maria Fortuna, n.d.r.) segnalava che, con le determinazioni dirigenziali n. 1169 del 01.06.2018 e n. 2386 del 26.10.2018, l’Ente locale aveva disposto diversi pagamenti in favore dei creditori della suddetta Azienda speciale in liquidazione in violazione del divieto di soccorso finanziario degli organismi partecipati dalla P.A., applicabile anche alle aziende speciali soprattutto se poste in liquidazione>>.

Il P.M. rilevava che <<tale delibera veniva approvata su proposta del dirigente Alessandro Basile, che vi apponeva anche i pareri favorevoli di regolarità tecnica e di regolarità contabile nonché l’attestazione della copertura finanziaria e con il parere favorevole del collegio dei revisori dei conti (Ignazio Napoli, Alessandro Lentini e Francesco Basile) reso con verbale n. 46 del 26.09.2019>>.

Dalla visione degli atti e dalle indagini esperite emergeva come <<la delibera n. 43/2019 di riconoscimento del suddetto debito fuori bilancio fosse causa di danno erariale da contestare a titolo di colpa grave nei confronti dei componenti della commissione straordinaria che l’avevano approvata, del dirigente responsabile che l’aveva proposta apponendovi i pareri favorevoli di regolarità tecnica e contabile nonché dei componenti del collegio dei revisori dei conti del Comune che sulla stessa avevano espresso parere favorevole. A riprova della sussistenza dell’elemento soggettivo dell’illecito erariale contestato il P.M. richiamava per il dirigente responsabile e per i componenti della Commissione straordinaria il fatto che, nonostante fossero stati già allertati dal Segretario con la citata relazione prot. n prot. n. 4028/SG del 12.12.2018 in ordine alla inammissibilità di trasferimenti in favore della AMFM in liquidazione e sulle conseguenze in termini di danno erariale, avevano rispettivamente proposto e approvato la suddetta deliberazione sulla base di una motivazione estremamente lacunosa e superficiale e con la fictio iuris di considerare i debiti dell’azienda in liquidazione come disavanzi da fatti di gestione rientranti nel ciclo ordinario di bilancio di un’azienda ancora operativa, al fine di eludere i vincoli imposti dalla normativa di riferimento>>.

Inoltre <<on riferimento alla posizione del dirigente responsabile Alessandro Basile, il P.M. prospettava che lo stesso aveva disposto pagamenti in favore della AMFM in liquidazione di importo di gran lunga superiore a quelli che erano stati autorizzati con la suddetta deliberazione n. 43/2009, procedendo ad una serie incontrollata di impegni e/o liquidazione di spese e relativi mandati di pagamento per un importo complessivamente pari alla somma di euro 1.017.612,01 nel periodo ottobre 2019-febbraio 2023, che veniva esplicitata in modo analitico in un’apposita tabella>>.

Con memoria trasmessa il 20 luglio 2024 <<il convenuto Basile chiedeva di respingere tutte le domande di condanna con ogni conseguente statuizione sulle spese del procedimento e, in estremo subordine, di fare uso del potere riduttivo. La difesa del convenuto richiamava in premessa le deliberazioni C.C. nn. 174 e 175 del 21-9-2017 e 67 del 6-4-2018 che avevano disposto rispettivamente la messa in liquidazione dell’AMFM con conseguente risoluzione del contratto di servizio, e l’approvazione della due diligence di AMFM e l’adeguamento del redigendo bilancio comunale pluriennale 2018-2020 ai risultati d’esercizio quale impegno straordinario dell’Ente proprietario volto a consentire il prosieguo della procedura di liquidazione, evidenziando che tali delibere non erano mai state oggetto di rilievo e avevano sempre mantenuto la loro efficacia>>.

Anche d’Erba chiedeva <<di respingere le domande formulate dalla Procura Regionale per l’inesistenza del danno e/o dell’elemento soggettivo della condotta e, in subordine di compensare il danno ed eventualmente di esercitare il potere riduttivo. In via preliminare la difesa del convenuto richiamava l’importanza strategica del mercato ortofrutticolo di Vittoria e del Polo fieristico vocato alla realizzazione di fiere non solo di carattere agricolo ma anche di rilevanti eventi culturali per la comunità locale con una superficie espositiva coperta di ben 38.000 mq, suddivisa in 437 stand coperti e modulabili, distribuiti su tre padiglioni…>>.

Segue un lungo elenco di fatti e situazioni privi di ogni attinenza con il merito delle accuse e perciò irrilevanti. Infine d’Erba chiedeva l’ applicazione <<della compensatio lucri cum damno (art. 1, co. 1-bis della L. n. 20/1994) derivante dal vantaggio ottenuto dalla comunità amministrata dall’intervento del soccorso finanziario che aveva permesso la continuità di un servizio pubblico vitale per l’economia locale e provinciale a cui si aggiungeva il vantaggio conseguito dalle altre Amministrazioni creditrici di AMFM che erano state soddisfatte grazie al disposto soccorso finanziario visto che la somma riconosciuta di euro 682.545,00 era costituita in modo pressoché integrale da debiti privilegiati verso l’erario per imposte, tasse ed oneri contributivi. Inoltre, si faceva riferimento anche al vantaggio ottenuto dall’Amministrazione di appartenenza in termini di maggiore patrimonio residuo risultante dalla liquidazione grazie al disposto soccorso istruttorio che aveva permesso l’accesso alla rottamazione fiscale e l’affitto dei capannoni In ultimo, si chiedeva l’esercizio di un congruo e ampio potere di riduzione considerato che il convenuto aveva svolto diversi e delicati incarichi anche negli Enti territoriali oltre che su delega della Procura contabile che aveva ritenuto di conferire un encomio all’esito di due di essi>>.

Con tesi e argomenti-fotocopia, a Gaetano d’Erba si accoda l’altro membro della triade guidata da Dispenza, Giovanna Termini, <<chiedendo di respingere le domande formulate dalla Procura regionale per l’inesistenza del danno e/o dell’elemento soggettivo della condotta e, in subordine di compensare il danno ed eventualmente di esercitare il potere riduttivo. La memoria riportava un contenuto del tutto sovrapponibile a quella del convenuto D’Erba ad esclusione della motivazione della richiesta di esercizio di un congruo e ampio potere di riduzione per la quale si deduceva che la convenuta era stata vice-prefetto vicario della Prefettura di Agrigento dove era stata impegnata nelle procedure per l’accoglienza dei migranti sbarcati a Lampedusa ed aveva presieduto la commissione straordinaria di Corleone ricevendone la cittadinanza onoraria…>> (sic!).

Ricostruendo in ordine temporale si rilevava che <<il 6 settembre 2024 il convenuto Basile Alessandro depositava una breve memoria per l’udienza evidenziando che con determinazione n. 1779 del 4-7-2023 erano state rettificate le determinazioni di liquidazione ivi citate, in numero di otto, dando atto dell’errore materiale contenuto nel loro dispositivo che faceva riferimento alla deliberazione della Commissione straordinaria n. 43/2019 anziché alla deliberazione C.C. n. 67 del 06.04.2018 che aveva autorizzato il pagamento delle spese di funzionamento di AMFM in liquidazione. La difesa del convenuto ribadiva che nessun pagamento era stato disposto da Basile se non diretto alle necessarie spese di funzionamento connesse all’attività di liquidazione, al pagamento delle rate della “rottamazione ter”, al pagamento di somme liquidate a seguito di giudicati o di conciliazioni sindacali riguardanti crediti di lavoro di dipendenti dell’AMFM>>.

Il collegio attesta poi che <<in data 20 dicembre 2024 il convenuto Basile Alessandro depositava memoria per l’udienza del 22 gennaio 2025. In primo luogo, la difesa del resistente richiamava la disciplina dell’art. 21 co. 2 D.L. n. 76/2020 e s.m.i. (scrutinata favorevolmente dalla Corte costituzionale con sentenza n. 132/2024) la quale dalla sua entrata in vigore (17.07.2020) ha escluso la responsabilità amministrativa a titolo di colpa grave … A tal proposito, richiamando la tabella dei pagamenti contestati inseriti nell’atto di citazione, veniva dedotto che 12 dei 16 pagamenti contestati erano successivi al 17 luglio 2020, per cui su un totale di pagamenti contestati pari a € 1.017.612,01 erano stati effettuati solo pagamenti per € 323.111,43 prima dell’entrata in vigore del D.L. 76/2020>>.

Veramente imbarazzanti le tesi difensive. Anche a volere tralasciare gli encomi, l’avere operato nell’accoglienza dei migranti e l’incomprensibile allegazione della citazione a giudizio di cui s’è detto, esse non contengono un solo elemento utile né a contestare le violazioni di legge operate dai sette né a fornire una spiegazione plausibile. Tant’è che la Corte dei conti, tra le tante altre cose, perfino leggendo le memorie dei convenuti, deve rilevarne l’ammissione << che in tal modo il Comune di Vittoria, rinunciando ingiustificatamente al beneficio del limite legale della responsabilità, si è fatto carico del soccorso finanziario della propria azienda speciale in liquidazione senza alcuna giustificata motivazione di razionalità economica considerata la procedura di liquidazione in atto ancora in corso di svolgimento… A ciò si aggiunga l’ambiguità di richiamare alcuni pareri della giurisprudenza contabile in sede di controllo sui “limiti del soccorso finanziario per la copertura dei deficit di liquidazione, delle perdite gestionali, del riconoscimento dei debiti di fuori bilancio ai sensi dell’art. 194 lett. b TUEL” senza alcuna specificazione del rilievo di tali pronunce rispetto al caso di specie contribuendo a fare apparire il rispetto di tali limiti quando in realtà essi erano palesemente violati. Di contro, dalla lettura dei pareri richiamati risulta manifesto che… analoga motivazione apparente e oscura risulta essere presente nel verbale n. 46 del 26.09.2019 recante il parere favorevole del collegio dei revisori dell’ente locale (cfr. doc. 3 memorie di convenuti D’Erba e Termini) e nella proposta del dirigente p.t. Basile Alessandro e nel parere di regolarità contabile dello stesso in cui si attesta la copertura finanziaria con l’aggiunta della seguente ambigua clausola “salvo accertamenti procedimentali e oneri di responsabilità e rivalsa per danni patrimoniali generati, fatte salve le statuizioni in ordine alle limitazioni del soccorso finanziario alle aziende speciali in… liquidazione ed ai pareri della Corte dei Conti”…>>.

Nessun dubbio quindi sul danno erariale come quantificato dalla Procura ma qui, almeno in un punto, ha buon gioco la difesa di Basile che invoca lo scudo erariale eretto da una norma contenuta in un decreto legge approvato dal governo Conte II e applicabile <<a tutti i trasferimenti a fondo perduto effettuati dal 17 luglio 2020, data di entrata in vigore della suddetta normativa. L’art. 21, co. 2, del d.l. n. 16 luglio 2020, – rileva la Corte – per come modificato dalla legge di conversione 11 settembre 2020, n. 120, ha stabilito che “Limitatamente ai fatti commessi dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino al 31 luglio 2021, la responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica per l’azione di responsabilità di cui all’articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, è limitata ai casi in cui la produzione del danno conseguente alla condotta del soggetto agente è da lui dolosamente voluta. La limitazione di responsabilità prevista dal primo periodo non si applica per i danni cagionati da omissione o inerzia del soggetto agente.” Con successivi interventi normativi tale termine finale del 31 luglio 2021 è stato prorogato ripetutamente e, in ultimo, fino al 30 aprile 2025. La citata disposizione, quindi, con riferimento esclusivo ai fatti dannosi derivanti da condotte commissive ha introdotto un regime straordinario derogatorio e temporaneo limitando la responsabilità amministrativo-contabile alle sole condotte dolose mentre per le condotte omissive o inerziali continua ad applicarsi anche durante tale periodo il regime generale della responsabilità amministrativa a titolo di dolo o colpa grave ex art. 1, co. 1, primo periodo della L. n. 20/1994>>.

Poiché anche la Corte costituzionale nel 2024 ha salvato questa norma ritenendo non fondata la questione di legittimità posta in relazione ad essa per violazione degli art. 3 e 97 della Costituzione <<nel caso di specie sono stati contestati agli odierni convenuti fatti dannosi derivanti da condotte commissive a titolo di colpa grave che hanno causato sedici trasferimenti a fondo perduto dal Comune di Vittoria a AMFM in liquidazione in violazione del divieto di soccorso per cui i fatti contestati si pongono parzialmente sotto la vigenza della suddetta disciplina transitoria per gli esborsi effettuati nel periodo dal 17 luglio 2020 al 24 febbraio 2023. Conseguentemente, per le disposizioni di pagamento realizzate nel suddetto periodo la domanda attorea va rigettata in quanto la richiamata disciplina transitoria ha esentato da responsabilità amministrativa gli agenti pubblici che hanno causato un danno erariale con condotte attive gravemente colpose, fermo restando che l’Amministrazione per tale danno erariale di importo pari a euro 694.500,58 ben può agire per il risarcimento particolare in via civilistica stante la sussistenza del doppio binario come da giurisprudenza consolidata della Corte di cassazione. Conseguentemente, nell’odierno giudizio lo scrutinio della responsabilità amministrativa dei suddetti sei convenuti è limitato al danno erariale relativo ai primi 4 pagamenti per come riportati nell’atto di citazione (pagg. 17-18) e nella seguente tabella dove è indicata anche la motivazione di pagamento per come risulta dagli atti di causa.. Tale danno non coperto dallo scudo erariale ammonta a euro 323.111,43 di cui l’importo dei primi tre pagamenti aventi causa nella suddetta delibera di riconoscimento del debito fuori bilancio è pari a euro 292.611,43 il quale secondo la domanda attorea è da imputare a titolo di colpa grave nella quota di 1/7 a ciascuno dei sette convenuti indicati in epigrafe per cui ciascuno dei sei convenuti la cui posizione processuale è ancora aperta sono chiamati a rispondere di un danno di euro 41.801,63 (1/7 di euro 292.611,43). Con riguardo al quarto pagamento di euro 30.500,00 secondo la domanda attorea esso è da imputare esclusivamente e per intero al convenuto Basile in quanto trova esclusiva causa nella determina n. 2378 del 30.10.2019 dallo stesso adottata, per cui quest’ultimo è chiamato a rispondere del danno complessivo di euro 72.301,63 (euro 41.801,63 + euro 30.500,00)…>>.

<<… Così delineato il danno erariale azionato nell’odierno giudizio e non coperto dallo scudo erariale, il Collegio ritiene che sussistano tutti gli elementi della contestata responsabilità amministrativa per il danno da violazione del divieto di soccorso finanziario nei confronti dei convenuti Termini Giovanna e D’Erba Gaetano n.q. di componenti p.t. della commissione straordinaria ex 144 TUEL i quali hanno partecipato con voto favorevole all’adozione della del. n. C.S. n. 43/2019 di riconoscimento del debito fuori bilancio ex art. 194, co. 1 lett. b) TUEL, dei convenuti Napoli Ignazio, Lentini Alessandro e Basile Francesco n.q. di componenti p.t. dell’organo di revisione economico-finanziario dell’Ente locale che ha formulato parere favorevole sulla proposta di riconoscimento del suddetto debito fuori bilancio e nei confronti del convenuto Basile Alessandro n.q. di dirigente comunale che ha formulato ed espresso parere di regolarità contabile sulla suddetta proposta di riconoscimento del debito fuori bilancio, eseguendo tutti i successivi pagamenti ivi compreso quello di cui a n. 4 che non ha trovato causa nel suddetto riconoscimento del debito fuori bilancio. Il Collegio ritiene che i fatti contestati ai suddetti convenuti si configurino quali condotte illecite imputabili agli stessi a titolo di colpa grave causative del suddetto danno erariale non coperto dallo scudo erariale sulla base delle considerazioni già formulate nel punto 4.1. e delle ulteriori considerazioni di seguito riportate…>>.

<<… Il Collegio condivide la prospettazione che le suddette condotte illecite causative di danno siano state poste in essere con colpa grave considerato che tutti i convenuti, nonostante il notevole livello di cultura professionale, hanno citato in modo acritico alcune pronunce sui limiti del soccorso finanziario adottate poco prima dei fatti di causa dalla giurisprudenza contabile in sede consultiva senza preoccuparsi di verificare in modo critico i principi ivi formulati, che non giustificavano l’adozione delle condotte illecite sopra illustrate, e senza declinarli in modo specifico rispetto al caso di specie con una motivazione chiara, espressione dell’applicazione di tali principi al caso di specie. D’altronde, la regola del divieto assoluto di soccorso finanziario e della possibilità della sua deroga solo in via eccezionale a fronte della dimostrazione di un prevalente interesse pubblico era ben conosciuta dagli odierni convenuti, cosa che avrebbe richiesto una maggiore perizia, diligenza e prudenza nel tutelare gli interessi finanziari del Comune di Vittoria considerato che già nel corso nel 2018, come dimostrato dal P.M., la relativa disciplina era stato oggetto di un contrasto interpretativo fra il segretario generale p.t. dell’Ente locale e il dirigente locale odierno convenuto, tanto che quest’ultimo aveva prudenzialmente sospeso alcuni pagamenti in favore di AMFM in liquidazione per poi riattivarli come nel caso del pagamento relativo alla determina n. 2378 del 30.10.2019 che infatti ha ad oggetto la revoca della precedente determina di sospensione>>.

Se lo scudo erariale eretto dal governo-Conte e prorogato fino al 2025 dai successivi governi Draghi e Meloni ha consentito un grande risparmio consentendo ai sei incolpati di farla franca per tutti i pagamenti dal 16 luglio 2020, bizzarra e singolare è la motivazione dello sconto del 25% sulla parte restante del danno: le violazioni erano in linea con una lunga prassi negli anni precedente!

Scrive infatti il collegio giudicante: <<…la gestione del rapporto del Comune di Vittoria con l’Azienda speciale “AMFM” precedente alla sua messa in liquidazione non appare connotata dall’adeguato esercizio dei poteri di vigilanza e controllo intestati all’Ente dominus, considerato che l’Azienda speciale aveva conseguito sistematicamente perdite di gestione dal 2012 senza che sia mai stata adottata alcuna azione di accertamento delle eventuali responsabilità per tali risultati negativi. Infatti, gli organi di governo, di gestione e di controllo del Comune di Vittoria hanno nel tempo tollerato le condotte di “mala gestio” degli organi dell’azienda speciale contribuendo ad alimentare la cultura del soccorso finanziario ad ogni costo da parte dell’Ente locale nei confronti della propria Azienda speciale che è stato il contesto nel quale sono emersi i fatti dannosi oggetto di causa… Dagli atti di causa emerge, infatti, una generale non adeguata considerazione della valorizzazione di una gestione razionale delle aziende partecipate e strumentali del Comune di Vittoria. Tali circostanze inducono il Collegio ad applicare nella misura del 25% il potere riduttivo dell’addebito nei confronti di tutti i suddetti convenuti ai quali, quindi, va imputato soltanto il 75% del danno non oggetto di scudo erariale come indicato nel precedente punto …>>.

Pertanto – conclude la sentenza – <<va dichiarata la responsabilità amministrativa dei convenuti Termini Giovanna, D’Erba Gaetano, Basile Alessandro, Napoli Ignazio, Lentini Alessandro e Basile Francesco per il danno non oggetto di scudo erariale che va ridotto nella misura del 25%. Conseguentemente il convenuto Basile Alessandro va condannato al pagamento in favore del Comune di Vittoria della somma di euro 54.226,22 mentre i convenuti Termine Giovanna, D’Erba Gaetano, Napoli Ignazio, Lentini Alessandro e Basile Francesco al pagamento, in favore del Comune di Vittoria, della somma complessiva per ciascuno di essi
di euro 31.351,95 …>>.