Papa Francesco, gigante politico fuori dalla sua Chiesa, ma incapace all’interno di distinguere il bene dal male
La settimana prossima con ogni probabilità ci sarà un nuovo papa e, se anche così non fosse, si tratterebbe del ritardo di qualche giorno, ma tutto lascia pensare che ben presto gli almeno 89 voti necessari per la fumata bianca potrebbero convergere su una figura già nei primi giorni di votazione. E ciò a prescindere dall’eletto: che sia il filippino Tagle o l’italiano Parolin, tanto per citare due opzioni – lo scenografico interprete della canzone Imagine di John Lennon o il curiale vicentino – tra le varie possibili, almeno una decina e forse più.
In queste ore fa una certa impressione in chi, per difetto di fede, non si senta parte della Chiesa cattolica osservare che tra gli elettori chiamati a scegliere il capo assoluto di una comunità di un miliardo e mezzo di seguaci sparsi in tutto il mondo vi siano un cardinale che falsifica la data di nascita per non perdere lo status di elettore, o l’ex vescovo di una capitale sudamericana condannato per pedofilia e spogliato del porporato il quale però si presenta come nulla fosse, mentre conforta il gesto dell’altro cardinale che fa un passo indietro perché condannato in primo grado per peculato e abuso d’ufficio dal Tribunale del Vaticano, ma con una sentenza ingiusta frutto di trame di potere interne per fortuna smascherate e ciò si spera possa bastare a ripristinare la verità nel successivo giudizio.
Cosa sia, e cosa sia stata durante il pontificato di Francesco, la ‘giustizia Vaticana’ è un tema che richiede qualche cenno specifico, anche perché vorrei rispondere alle tante domande che mi sono pervenute dopo la morte di Bergoglio da parte di lettrici e lettori dell’inchiesta ‘InGiustizia Vaticana’ da me pubblicata tra ottobre e novembre 2023, memori delle storture inquietanti che quei sette articoli documentano.
Prima però, per quel poco che possa valere il mio pensiero di non seguace di alcuna confessione religiosa – e di cittadino del mondo che osserva la realtà credendo profondamente nel valore del rispetto intangibile della persona umana e della sua dignità, nei principi di libertà, uguaglianza, fratellanza, giustizia sociale, solidarietà, controllo democratico su ogni forma di potere – vorrei esprimere una breve considerazione sui 12 anni dell’ultimo pontefice il quale, come i suoi predecessori, in virtù di quell’atto del governo fascista che sono i Patti lateranensi sciaguratamente entrati nella bellissima Costituzione italiana, è il ‘Sovrano assoluto dello Stato della Città del Vaticano’: un potere privo di ogni controllo com’era prima del ‘secolo dei lumi’ e che dispiega i suoi effetti ben al di fuori degli angusti confini territoriali, sul miliardo e mezzo di ‘sudditi-fedeli’ e, in senso lato, sull’intera comunità mondiale.
Tralasciando le questioni dogmatiche, dottrinali e teologiche sulle quali non ho competenze e che comunque non mi interessano, la mia sensazione è che Bergoglio lasci un’impronta profonda, ampiamente positiva e in molti campi esemplare, su svariati temi importanti per l’intera umanità.
Innanzitutto la forza, la nettezza e la radicalità del messaggio evangelico, nella percezione laica e universale capace di parlare a chiunque, testimoniate anche con gesti coerenti di semplicità e di rifiuto di certe forme grevi di ricchezza, esercitata e ostentata, cui non pochi alti prelati sono ancora legati. Una forza in grado di offrire risposte balsamiche nel vuoto spaventoso di politiche di sinistra nello scenario globale.
Poi alcuni contenuti centrali del suo messaggio e della sua azione. Due su tutti, corrispondenti ad altrettanti capolavori del suo pontificato: le encicliche ‘Laudato Sì’ e ‘Fratelli tutti’, capaci di dettare, ben oltre l’orizzonte dei cattolici, i principi basilari di quell’ecologia integrale e di quella fratellanza che, oggi – dinanzi alle alterazioni climatiche che rendono urgente la necessità di salvare il pianeta e alla tragedia della gestione criminale, anche da parte di Stati cosiddetti democratici, dei flussi migratori – sono questioni politiche cruciali dell’umanità. L’enciclica ‘Fratelli tutti’ è ovviamente anche un atto d’accusa a tutti i promotori di guerre che fanno strage di persone innocenti e su questi temi Bergoglio, a differenza di molti capi di Stato e di governo, ha sempre avuto il coraggio della verità, come sul genocidio in corso a Gaza che tale rimane anche se si scelga di usare un termine diverso.
Papa Francesco è stato un gigante politico fuori dalla ‘sua Chiesa’, mentre nell’esercizio di potere interno si è segnalato per due aspetti: l’accentramento nelle sue mani di ogni potestà di governo e la concessione di deleghe solo per fiducia diretta e personale. Bergoglio si fidava solo di coloro che, a torto o a ragione, egli riteneva che meritassero la sua fiducia e su tale azzardo ha fatto e disfatto istituzioni, modellato organismi, promosso e bocciato prelati, costruito o distrutto carriere. Ciò non gli ha impedito di rivoltare prassi e ordinamenti, di innovare e sorprendere, spesso di fare pulizia ma non di rado ciò lo ha visto sbagliare decisamente – sostenendo impostori e bugiardi, disonesti e opportunisti – e perseguitare vittime innocenti delle loro trame.
Non è il caso qui di ricordare in dettaglio le vicende trattate nell’inchiesta InGiustizia Vaticana (leggibile in ogni sua parte attraverso i link alla fine) che non esauriscono la gamma delle ombre del pontificato di Bergoglio, tutte legate alle scelte di potere interno rispetto alle quali però – è doveroso sottolineare – mai viene in rilievo un suo interesse privato di sistema, ma semplicemente l’oggettività dell’errore frutto probabilmente della pretesa di infallibilità delle proprie scelte di fiducia personale, invece spesso clamorosamente sbagliate e – questa è un’aggravante – pervicacemente reiterate anche dinanzi all’evidenza dell’errore.
Questo tratto di Bergoglio è tra i meno considerati nella narrazione post mortem del suo pontificato, per l’ovvia ragione che la forza del suo messaggio politico nel mondo ha il sopravvento. Nondimeno esso va tenuto presente, soprattutto se la memoria torna ai fatti di quell’inchiesta giornalistica di un anno e mezzo fa.
L’ingiusta condanna del sacerdote Nello Dell’Agli, ‘colpevole’ solo di verità e giustizia e perciò perseguitato da una cricca di potenti e prepotenti, tali perchè forti della fiducia del Papa, rimane una macchia indelebile resa ancora più grave dalla scelta del pontefice di blindare quell’impostura giudiziaria con il crisma dell’inappellabilità.
La difesa pubblica di figure di quella cricca rimane una colpa inescusabile, così come è impossibile rintracciare una qualunque attenuante nella protezione assoluta, incondizionata e perenne concessa al vescovo responsabile di avere insabbiato per anni, reo confesso, denunce di violenza sessuale. Ancora oggi è al suo posto, a capo della diocesi di Piazza Armerina, imputato – per fortuna dinanzi ad un Tribunale della Repubblica e non di quello del Vaticano – di falsa testimonianza: reato che emergeva con chiarezza dal racconto giornalistico di InGiustizia Vaticana e per il quale in seguito magistrati dello Stato italiano hanno proceduto.
In questo contesto, oltre alla sequenza inquietante delle connessioni e degli intrecci di Ingiustizia Vaticana, due nomine sotto il potere di Bergoglio vanno segnalate: nel 2018 quella di Vincenzo Morgante a capo della Tv del Vaticano e l’anno dopo quella di Giuseppe Pignatone al vertice del Tribunale del Vaticano.
Il primo, giornalista, costretto a lasciare la Rai per l’onta dei propri stretti rapporti d’affari e di complicità con Antonio Calogero Montante – il falso alfiere ‘antimafia’ pregiudicato e pluri-imputato di reati gravi – trova porte aperte e tappeti rossi nella Chiesa di Francesco: come è stato possibile?
Il secondo, altro sodale di Montante, era l’ormai ex magistrato italiano noto per avere, nel tempo, pubblico ministero nel cuore dell’allora procuratore di Palermo Pietro Giammanco (mafioso secondo Paolo Borsellino) concorso ad insabbiare il dossier mafia e appalti caro a Falcone e Borsellino; per non essersi astenuto quando in quell’inchiesta era coinvolto il padre, Francesco Pignatone, politico Dc; per avere tenuto comportamenti simili in vicende, poi entrate nella corruzione giudiziaria del ‘sistema-Siracusa’, che coinvolgevano altri suoi parenti; per avere cogestito con l’allora collega Luca Palamara i traffici dello scandalo per nomine e poltrone di togati senza scrupoli, salvo beneficiare del troian ‘intelligente’ che smette miracolosamente di funzionare quando entra in campo lui; per avere archiviato l’inchiesta sulla mega-truffa di una cinquantina di dirigenti e giornalisti del Tg1 in danno della Rai; per avere cancellato anche il filone investigativo sulla scomparsa di Emanuela Orlandi, scippando, appena nominato procuratore di Roma negli anni dello strapotere del concittadino Montante, l’inchiesta al magistrato Giancarlo Capaldo che stava scoprendo scenari nuovi i quali smascheravano certe coperture criminali in Vaticano, e poi archiviandola. Perchè un magistrato di questa biografia al vertice del Tribunale del Vaticano, chiamato dal pontefice?
Un’altra considerazione sul papato di Francesco in chiave generale, quindi sul suo lascito ampiamente positivo, è opportuna: è stato definito, con malevolenza, un comunista e, senza di tale sentimento, anche un progressista.
Non è stato un ‘comunista’ ma, semplicemente, ha vissuto e testimoniato con coerenza i principi cardine del Vangelo i quali, con gli ideali del comunismo (quando estraneo all’imposizione violenta delle sue forme di governo e alla repressione della libertà, anche di culto) ha molto in … comune, per esempio nel rifiuto radicale del capitalismo senza regole e senza limiti con tutto il suo carico di oppressione e di sfruttamento dell’uomo sull’uomo che Jorge Mario Bergoglio evangelicamente, come Karl Marx filosoficamente e politicamente, aborrivano.
Non è stato neanche un progressista perchè in politica, come detto, si è semplicemente ispirato al Vangelo, e all’interno ha riformato un po’ ma non abbastanza, dando piccoli segnali di novità progressiste come nella chiamata di alcune donne, laiche, in ruoli importanti ma senza aprire al sacerdozio femminile, e senza toccare quel caposaldo di tutte le forme di menzogna, di delitto e di corruzione del clero che è l’obbligo di celibato.
Sulle questioni dogmatiche e dottrinali nessuna impronta particolare: ha mostrato benevola tolleranza verso gli omosessuali (meglio di niente) e ha definito sicari i medici che consentono alle donne di abortire (peggio di così … ma è comprensibile, da un papa purtroppo non ci si aspetta altro).
Infine una riflessione. Quando, a marzo 2013, Bergoglio fu eletto, ebbe i voti, anche, da parte della chiesa statunitense, potente e danarosa (di miliardi spesi anche per tacitare le tante vittime di violenze sessuali commesse da membri del clero) e, però, molto conservatrice. Infatti il suo sostegno fu spiegato così: se deve essere un papa sudamericano (si era fatta strada questa ipotesi in chiave geopolitica, come ora potrebbe essere la volta di un pontefice asiatico) almeno che sia di destra.
Così era conosciuto Bergoglio: un prelato di destra del quale peraltro non si ricorda una sola parola di condanna della dittatura criminale degli anni ’76-’83 che in Argentina fece torturare e uccidere svariate decine di migliaia di persone: 30 mila è il numero certo dei desaparecidos, ma la cifra reale è di gran lunga superiore. Allora Bergoglio era solo un importante sacerdote ed anche provinciale dei Gesuiti, molti dei quali furono perseguitati perchè sostenitori della ‘teologia della liberazione’. Lui no, perchè a quella teologia non aderì mai fino in fondo, cercando di tenere buoni rapporti con le autorità militari golpiste e sanguinarie, e di proteggere in questo modo i suoi confratelli più esposti e perciò braccati e oppressi.
Diversi anni dopo, nel ’92, fu nominato vescovo; nel ’98 arcivescovo titolare di Buenos Aires; nel 2001 cardinale; nel 2005 presidente della Conferenza episcopale argentina.
Dal sacerdote, dal vescovo e dal cardinale Bergoglio mai una parola di critica al potere della Chiesa: per tutti perciò era un conservatore.
Una spiegazione recente della sua ‘conversione’, credibile, data da chi lo ha conosciuto bene, è questa: fin quando doveva ubbidire (da sacerdote al vescovo, da vescovo ai cardinali, e da cardinale al papa) lo faceva senza fiatare. Quando non ebbe più nessuno al di sopra di lui, tirò fuori la sua anima e il suo carattere, quindi la radicalità della sua testimonianza evangelica, la sua battaglia per i poveri, la condanna del capitalismo e del potere che concentra la ricchezza, il disprezzo della stessa chiesa che cura i conti in banca: chapeau per tutto questo ma la realtà va indagata in ogni suo aspetto e la verità va detta tutta.
Uno dei tratti migliori di Bergoglio appare quello rivelato dalla recente testimonianza del nipote Pablo Narvaja-Bergoglio cui lo zio, da influente cardinale e poi da pontefice, era solito raccomandare: “non usate il cognome e comportatevi bene”. Una lezione per tutti gli uomini e le donne di potere circondati da famigli, affaristi e approfittatori.
Da pochi giorni le spoglie del 266° papa della Chiesa cattolica riposano a Santa Maria Maggiore, vicine a quelle del fascista, golpista e criminale Junio Valerio Borghese. Lo ha ricordato con ghigno di scherno (alla sinistra) il politico della Lega Roberto Vannacci, quasi che tale vicinanza potesse togliere qualcosa a Francesco, o dare qualcosa al comandante della X Mas che tanto piace all’ex generale. Le ragioni per cui Bergoglio ha scelto questo luogo di sepoltura sono di fede e di distanza dai fasti del potere vaticano (marcata anche in vita fin dall’elezione, decidendo di abitare a Santa Marta) e nulla hanno a che vedere con quelle del piduista stragista sepolto nella tomba di famiglia degli avi principi di Sulmona e dei più remoti ascendenti di casato tra i quali un pontefice, Sisto V, morto di malaria 435 anni fa.
L’idolo di Vannacci deve l’ubicazione delle sue spoglie alla genesi plurisecolare della sua stirpe ma è noto per fatto proprio: per gli orrendi crimini commessi, svelati per intero solo nel 1994 dall’apertura dell’armadio della vergogna, dopo essere stati per decenni occultati in processi farsa da un’Italia incapace di fare i conti con la propria storia.
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L’inchiesta InGiustizia Vaticana è stata pubblicata in sette puntate il 14 ottobre 2023 (qui), 21 ottobre 2023 (qui), 28 ottobre 2023 (qui), 4 novembre 2023 (qui), 11 novembre 2023 (qui), 18 novembre 2023 (qui), 25 novembre 2023 (qui).
Qui invece un breve articolo, del 6 novembre 2023, dopo le dichiarazioni del Papa, lo stesso giorno, sul vescovo di Piazza Armerina Rosario Gisana.