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Ispica, il sindaco scampa alla sfiducia per un voto ma non è una vittoria dell’antimafia. Nelle carte processuali tutta la verità sul caso Gali Group: fatti, documenti, dinamiche, sequenze. All’improvviso Leontini, come un performer trasformista sulla scena, fa suonare l’allarme infiltrazioni in un Comune devastato dopo oltre quattro anni di sua gestione, con un dissesto senza via d’uscita in mancanza di bilancio riequilibrato (la scadenza era di tre mesi). In 24 ore silurata la segretaria comunale Torella ‘colpevole’ di richiamarlo al rispetto delle norme, subito rimpiazzata dal famigerato Giampiero Bella, l’uomo di Ignazio Abbate che ha disastrato Modica ed ora è ‘titolare’, promosso, alla Provincia. Dentro l’azienda ‘in odor di mafia’ il sindaco si riuniva con il titolare, accolto ‘come padrone di casa’ fino a qualche giorno prima della conferenza stampa: Galifi lo ha querelato. Dall’arresto di Concetta Galifi nel 2019, al sistema delle bancarotte fraudolente in capo allo studio-Pogliese, alla crescita della Gali Group, ai rapporti con il mafioso intercettato. Galifi indagato fino al 2021 quando Leontini lo difendeva, perfino, ancora due anni dopo, per il post inneggiante a Cutolo. Da tre anni la sua posizione è archiviata. Ecco la verità sull’amministrazione giudiziaria

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Se ‘per un punto Martin perse la cappa’, per un punto, o un voto, Leontin, o Innocenzo se si preferisce, l’ha salvata.

Il paragone e la relativa citazione non sembrino fuori luogo, né inappropriati. Martino era un uomo di potere, priore, il quale perse la cappa, il mantello simbolo della carica, per un errore tutt’altro che banale o secondario: un punto, ovvero un segno di punteggiatura, messo al posto sbagliato che stravolge il senso di un messaggio importante e lo trasforma nel suo contrario.

La frase, un ordine solenne affisso cinquecento anni fa sulla porta del monastero, luogo di potere anche politico come e più di quanto oggi sia un Comune, avrebbe dovuto essere Porta patens esto. Nulli claudatur honesto. Cioè “La porta resti aperta. Non sia chiusa a nessun uomo onesto”.

Ma il punto al posto sbagliato, ritardato di una parola, ne stravolge il contenuto: Porta patens esto nulli. Claudatur honesto. Cioè “La porta non resti aperta per nessuno. Sia chiusa all'(uomo) onesto”.

Per questo punto fuori posto il priore di Asello viene rimosso e consegnato al ludibrio della storia, ma l’abbazia nel Chianti di cinque secoli fa non è il palazzo Bruno di Belmonte di Ispica, gioiello Liberty – seppur realizzato, mai completato, in forma di castello, su progetto di Ernesto Basile del 1906 – e Innocenzo Leontini, suo comandante in capo ormai da quattro anni e quattro mesi, per un voto se non per un punto salva la poltrona, nonostante … tanti punti fuori posto.

Mercoledì scorso, 29 gennaio 2025, il consiglio comunale ha bocciato, per un voto appunto, la mozione di sfiducia nei suoi confronti.

Niente di che, si potrebbe dire. Ispica conta appena 16 mila abitanti, è uno dei quasi otto mila comuni italiani e, pur fregiata di una storia importante – il sito è abitato sin dall’età del bronzo e la sua esistenza accertata di città sfiora il millennio – nell’anno 2025 una riunione di consiglio comunale dedicata ad una mozione di sfiducia andrebbe confinata tra le notizie di cronaca locale, nella sottocategoria di certe beghe di bassa politica.

Ma la mozione di sfiducia ha assunto, più o meno indebitamente, toni e significati diversi: quasi un guanto di sfida lanciato dalla mafia ai tutori della legalità arroccati nell’insigne palazzo. Perciò vale la pena analizzare i fatti, ripercorrere le vicende e misurarle con i riscontri.

La mozione di sfiducia viene depositata il 30 dicembre 2024 da otto consiglieri su sedici, numero sufficiente per l’esame e la votazione. Per l’approvazione invece, che azzererebbe gli organi comunali in carica, servono dieci voti ma nel momento della resa dei conti ne arrivano solo nove: perciò per un punto Innocenzo Leontini si salva.

Più che un guanto di sfida della mafia lanciato contro il sindaco antimafioso, la mozione è una faida tutta interna al centro destra. Appartengono alla maggioranza delineatasi nelle urne a sostegno di Leontini tre degli otto firmatari della sfiducia, senza dire dei vari passaggi di campo, talvolta a doppio senso di marcia, che fanno apparire l’amministrazione del sindaco neo forzista, pendolare di consumata esperienza come vedremo in seguito, una stazione di servizio.

Che c’entrano allora la mafia e l’antimafia?

C’entrano, almeno in teoria, perché primo promotore della sfiducia nella mozione depositata è il vice presidente del consiglio comunale Angelo Galifi, eletto nella lista ‘Leontini sindaco’ e al quale il 29 luglio scorso proprio Leontini chiede di dimettersi accusandolo di possibili collusioni con la mafia. Cinque mesi dopo, da lui e dal suo gruppo parte la mozione di sfiducia che, come abbiamo visto, il 29 gennaio 2025 è bocciata solo per un voto.

L’irruzione dell’allarme mafioso si deve al fatto che Galifi sia legale rappresentante e amministratore della Gali Group srl, azienda di trasporto e logistica alla quale procacciava contratti un collaboratore, Giuseppe Caruso, arrestato a maggio 2021 e condannato tre anni dopo per associazione mafiosa, in quanto ritenuto responsabile di tre atti di estorsione nei confronti di produttori agricoli che egli avrebbe costretto ad avvalersi dei servizi delle imprese per le quali operava come mediatore commerciale: tra queste non c’è la Gali Group, poichè in tutti e tre gli episodi per i quali Caruso è stato riconosciuto colpevole sono altre le aziende con cui mediava, mentre nei casi in cui il rapporto sussisteva con Gali Group il Gip, eseguite le indagini, ha disposto l’archiviazione.

Ma poichè Leontini accusa Galifi di possibile collusione mafiosa – e lo fa solo il 29 luglio 2024 quando da pochi giorni è divenuto suo avversario politico, da alleato fedelissimo qual’era sempre stato – occorre ripercorrere e ricostruire dati, date, vicende e sequenze in maniera precisa.

Ecco dunque i fatti e i loro protagonisti, a partire dal più importante: Leontini.

Innocenzo Leontini ha all’attivo quasi mezzo secolo di militanza e di potere politico: un pendolarismo continuo, talvolta di andata e ritorno, dal Psi, a Fi, al Pid dei cuffariani irriducibili, a FdI. Ed una condanna definitiva per danno erariale

Da premettere che la vicenda giunge a quasi un anno e mezzo dalla scadenza prevista della consiliatura e dell’amministrazione in carica. Innocenzo Leontini infatti è eletto sindaco nell’autunno 2020, l’anno dell’esplosione della pandemia, nelle elezioni del 4 e 5 ottobre, sicché il suo mandato, schivata la sfiducia, potrà dispiegarsi per otto-nove mesi oltre i cinque anni previsti dalla legge.

Leontini, 66 anni a maggio prossimo, già sindaco da febbraio 1992 a marzo 1993  sul finire della ‘prima Repubblica’, poco più di quattro anni fa riassume la carica questa volta per elezione diretta, dopo quasi mezzo secolo di militanza fin dall’impegno giovanile e una più che quarantennale carriera politica cominciata negli anni ’70 nel Psi che in quel periodo ha nell’ispicese Salvatore Stornello un esponente di punta nel panorama provinciale e regionale: deputato all’Assemblea regionale siciliana dal ’76 al ‘91 e più volte assessore regionale, una legislatura anche alla Camera dal ’92 al ‘94 nonchè sindaco per oltre 17 anni, di cui 14 senza interruzioni, nel ventennio ’64-84, Stornello ricopre anche questa carica quando, da vice presidente della Regione la notte dell’epifania ’84 viene arrestato, (poi assolto) per corruzione. Il giovane Leontini ne diventa anche genero per il matrimonio con la secondogenita, sicché, almeno in quel periodo intreccia rapporti familiari e militanza politica. Nel ’94 mentre il suocero dopo oltre quarant’anni lascia la politica, egli invece, dopo venti, abbandona il Psi come tanti altri dirigenti del partito per costruire più brillanti carriere in Forza Italia.

Eccolo per sedici anni di seguito, dal 1996 al 2012, deputato all’Ars, con incarichi di rilievo: assessore alla sanità nel governo del modicano Giuseppe Drago nel ’98; capogruppo di Fi dal 2001 al 2004; assessore all’agricoltura nel governo-Cuffaro dal 2004 al 2006 quando l’esponente Udc è già indagato, dal 2003, per concorso in associazione mafiosa e, nel 2005, rinviato a giudizio per favoreggiamento e rivelazione di segreti d’ufficio con l’aggravante mafiosa. Leontini è ancora capogruppo – del Pdl, ‘Popolo della libertà’, partito nato dalla fusione di Forza Italia con Alleanza nazionale – dal 2008 al 2012; quindi abbandona Fi e approda nel Pid, Popolari Italia domani – falange dei cuffariani irriducibili quando Cuffaro è in carcere, condannato con sentenza definitiva e perciò pregiudicato per mafia – nelle cui liste però manca sia il ritorno a Sala d’Ercole a ottobre 2012 che pochi mesi dopo, a febbraio 2013, l’elezione al Senato. Torna quindi in Forza Italia e a maggio 2014 corre per le europee dove arriva solo terzo alle spalle di Salvo Pogliese e Gianfranco Miccichè: posizione che a settembre 2018 con un colpo di fortuna gli frutta un seggio a Strasburgo.

A giugno infatti Pogliese, eletto sindaco di Catania, si dimette e gli subentra Miccichè che è anche membro e presidente dell’Ars ma s’insedia ugualmente e anziché optare per una delle due cariche, secondo uno stile collaudato occupa entrambe le poltrone: un mese dopo però è dichiarato decaduto per incompatibilità. Ed ecco quindi il turno, l’ennesimo, di Leontini  il quale per un mese è già stato europarlamentare, a maggio 2008, subentrato a Francesco Musotto ma, rieletto un mese dopo a Sala d’Ercole con il Pdl, preferisce restare a Palermo dove per l’intera legislatura, fino a ottobre 2012, guida il più grande gruppo parlamentare forte di 34 deputati su 90.

Tornando al 2018 quando Leontini dopo sei anni di astinenza riconquista, ancora più fortunosamente di prima, uno scranno nell’europarlamento con Forza Italia,  appena due mesi dopo lascia il partito di Berlusconi, e conseguentemente il Partito popolare europeo, per aderire – lui che per vent’anni si è detto socialista – a Fratelli d’Italia e al gruppo dei ‘Conservatori e riformisti europei’ dove è collocata Giorgia Meloni al fianco di partiti razzisti, anti-immigrazione, iperclericali, omofobi e illiberali come quello, tanto per fare un esempio, che in quegli anni governa la Polonia.

Con ogni probabilità Leontini fa tutto ciò sperando nel 2019 in un un posto in lista alle europee con FdI, che però non arriva e quindi lascia anche questo partito, in vista di un futuro cambio di casacca, magari al momento opportuno. Ed eccolo un anno dopo dichiararsi indipendente e venire eletto sindaco di Ispica al primo turno, contro l’uscente Lucio Muraglie del Pd. Per la cronaca più recente, da novembre 2024 – evidentemente il nuovo ‘momento opportuno’ – Leontini è nuovamente in Forza Italia.

Una così lunga storia di impegno politico e di occupazione di importanti posti di potere s’intreccia con traversie giudiziarie dalle quali, penalmente, Leontini esce intonso, mentre ad una condanna della Corte dei Conti insieme a Cuffaro e ad altri 15 tra colleghi di giunta e deputati non riesce a sfuggire: è la vicenda delle assunzioni illegittime, inutili per la collettività e dannose per l’erario, di 512 autisti del ‘ servizio 118’ – dovute solo a <<pressioni lobbistiche e a motivi clientelari per fini elettorali>> (in vista delle elezioni del 2006 in cui Cuffaro, pur sotto processo per favoreggiamento della mafia, straccia nelle urne Rita Borsellino, n.d.r.) – per la quale 17 tra membri di quella giunta e componenti della commissione sanità sono condannati con sentenza definitiva per un danno erariale prima stimato in 37 milioni, poi ridotto in appello a 12 milioni  (circa 700 mila euro a testa), quindi, da parte di un collegio diverso dopo un ricorso in Cassazione, ad appena 600 mila euro, poco più di 30 mila euro per ciascuno dei responsabili.

Due procedimentii penali per Leontini in carriera: truffa all’Inps e ‘spese pazze’ all’Ars. Nel primo il procuratore Puleio ne chiede l’arresto (anche di Riccardo Minardo) e quando il Gip decide non c’è più la Procura e neanche il Tribunale

Due invece i procedimenti penali che investono Leontini.

Il primo lo vede imputato in relazione ad una supposta truffa ai danni dell’Inps per concessione illecita di pensioni d’invalidità all’esito di un’inchiesta della Guardia di finanza con 197 indagati – tra politici, dirigenti dell’Azienda sanitaria provinciale di Ragusa, medici e beneficiari – e la richiesta da parte della Procura di Modica di sei ordinanze di custodia cautelare. Due di queste nei confronti, tra gli altri, di Innocenzo Leontini e Riccardo Minardo in quel momento – è il 2013 – ex deputati regionali. Il Gip nega l’arresto poiché, pur in presenza di gravi indizi di colpevolezza, il delitto associativo (contestata infatti l’associazione per delinquere finalizzata alla truffa e a vari altri reati come il falso) si sarebbe concluso nel 2010 e quindi non sussisterebbero più le esigenze cautelari. Contro tale diniego all’arresto, di Leontini e Riccardo Minardo, e contro l’analogo rifiuto del Tribunale a disporre un sequestro di beni per il danno equivalente, a giugno 2013 si appella il procuratore Francesco Puleio. Quando, a gennaio 2014, giunge la decisione, che conferma quella del Gip, non c’è più Puleio e non ci sono più neanche la Procura, né il Tribunale di Modica: cancellati a settembre 2013 con un tratto di penna.

Da decenni lo storico Tribunale della Contea era a rischio in quanto ‘minore’ ma ogni volta veniva salvato: bastava la voce di un parlamentare ed era fatta. Quella volta, alla Camera, per l’area territoriale interessata, c’è il modicano Nino Minardo, Pdl-Fi, al Senato Venerina Padua, Pd: silenzio assoluto. Ma occorre precisare che la decisione è già stata presa con il decreto legislativo n. 155 del 7 settembre 2012 (governo-Monti) emanato a sua volta sulla base della legge n. 148 del 14 settembre 2011 (governo Berlusconi): atti legislativi approvati entrambi nella legislatura precedente nella quale l’unico parlamentare del territorio è Nino Minardo perchè Drago, eletto nel 2008 con l’Udc, condannato con sentenza definitiva per peculato e costretto alla decadenza, lascia lo scranno alla Camera il 17 novembre 2010.

Dei 197 indagati, ben 121 diventano imputati e tra questi anche componenti dello staff politico di Leontini e Riccardo Minardo ad alcuni dei quali un ufficiale della Guardia di finanza, anch’egli imputato, è accusato di rivelare notizie delle indagini.

A ottobre 2016 la sentenza di assoluzione per tutti: misteri della giustizia. Non sappiamo se perché essa sbagli prima o dopo, ma, in questo caso leggendo le carte appare certo che uno dei due errori lo commetta di sicuro e quale sia, almeno rispetto alla sostanza dei fatti, fuori da certi arrocchi o accrocchi sempre possibili nello scacchiere della giurisdizione, è materia di esame, anche di coscienza, individuale.

Il secondo procedimento è quello per le spese pazze all’Ars nel quale Leontini, nella qualità di presidente del gruppo parlamentare Pdl, è condannato in primo grado a due anni di reclusione per peculato consistente nell’utilizzazione per fini non istituzionali delle somme destinate al gruppo. A ottobre 2019 Leontini è assolto dalla Corte d’Appello di Palermo.

Spese pazze all’Ars, Leontini assolto in appello. Salvo Pogliese, suo vice nel gruppo Pdl, invece condannato decade da sindaco di Catania: grazie alla sua elezione nel 2018 l’attuale sindaco di Ispica, allora senza scranno, diviene europarlamentare. Intrecci, incroci e certe bizzarie nel destino dei due

Il procedimento che in appello assolve Leontini somiglia a quello per cui nel 2020 viene invece condannato Salvo Pogliese il quale, proprio per effetto della condanna, decade dalla carica di sindaco di Catania, la stessa per la cui elezione a giugno 2018 si dimette da parlamentare europeo cedendo di fatto il seggio proprio a Leontini.

Per alcune singolari casualità i destini dei due politici sembrano intrecciarsi.

Anche Pogliese, 53 anni a marzo prossimo, oggi senatore in carica di Fratelli d’Italia, si getta giovanissimo nell’agone politico nelle file del Msi, Movimento sociale italiano, il partito fondato nel 1946 dai reduci di Salò, il governo-fantoccio di Mussolini al servizio di Hitler, per dare seguito al fascismo dentro la Repubblica e dal quale proviene il capo attuale del governo italiano Giorgia Meloni la quale porta l’anello di Frodo al dito (assicura la sorella Arianna) e la fiamma che arde sulla tomba di Mussolini nel cuore, oltre che nel simbolo del suo partito attuale: tra i morti da ricordare ogni anno, per lei Giorgio Almirante – dirigente del Partito nazionale fascista, ideologo e propagandista delle leggi razziali, capo manipolo della Rsi e rastrellatore di ebrei e partigiani – deceduto il 22 maggio 1988 viene prima, non solo nei giorni di calendario, di Giovanni Falcone ucciso dalla mafia nella strage del 23 maggio 1992.

Pogliese è deputato all’Ars, prima con An e poi con il Pdl, dal 2006 al 2014 quando si dimette per andare a Strasburgo, europarlamentare appunto dal 2014; eletto nel 2018 sindaco di Catania, a luglio 2020 viene sospeso dalla carica, condannato per peculato a 4 anni e 3 mesi di reclusione, ridotti in appello a due anni e tre mesi. Deve la sentenza di colpevolezza, e la decadenza da sindaco, all’uso dei soldi destinati al gruppo parlamentare Pdl all’Ars del quale è vice presidente dal 2008 al 2012, lo stesso periodo in cui presidente ne è proprio Leontini, anch’egli imputato in un processo che parte prima ma, come abbiamo visto, per lui più fortunato in quanto, sia pure in appello, si conclude con l’assoluzione.

Analogie, intrecci e certi capricci del destino si manifestano nelle vicende incrociate dei due politici i quali sia pure in modo diverso attraversano le stanze del potere entrandovi, e a volte uscendone, attraverso le porte di Fi, Pdl, FdI: Leontini lo fa con maggiore mirata frequenza, e nella sua collezione aggiunge anche il partito dei cuffariani, il Pid, proprio quando, come abbiamo visto, Cuffaro è rinchiuso a Rebibbia perchè condannato con sentenza irrevocabile per avere favorito la mafia.

Per verità di cronaca il percorso politico di Pogliese non può vantare lo stesso numero dell’ispicese di salite e discese dagli autobus dei partiti più attraenti e dotati in più ampia misura di poltrone confortevoli. Come abbiamo visto, l’attuale senatore di FdI comincia nel Msi nel quale è segretario provinciale a Catania del Fronte della Gioventù, quindi An, poi Pdl, nel 2013 sceglie Fi anziché la neonata formazione di FdI ma nel 2019 abbandona il partito di Berlusconi per approdare a quello di Giorgia Meloni. La militanza giovanile di Leontini è invece tutta nel Psi di cui, analogamente, conquista il vertice provinciale, in questo caso a Ragusa, del movimento giovanile: quindi il continuo girovagare da Fi, Pdl, Pid, Fi, FdI, ancora Fi.

Nel 2019 l’arresto, per un sistema di bancarotte fraudolente, del commercialista Pogliese, padre dell’allora sindaco di Catania estraneo ai fatti, e di Concetta Galifi (che ammette e patteggia) sorella di Angelo e titolare della Prima Trasporti, la bad company di famiglia che tira la volata alla good company ‘Gali Group’

Per una bizzarra casualità della sorte, il nome di Pogliese, non quello del politico ma del proprio genitore Antonio, oggi ottantenne, commercialista titolare di uno degli studi più importanti di Catania, campeggia nell’inchiesta, denominata dagli inquirenti ‘Pupi di pezza’, basata sull’accusa di una serie di bancarotte fraudolente per 220 milioni di euro e sfociata il 13 febbraio 2019 nell’arresto di undici persone tra le quali, appunto, il padre dell’allora sindaco di Catania, altri professionisti suoi associati e imprenditori. Tra questi ultimi Concetta Galifi di Ispica, allora trentanovenne, sorella di Angelo Galifi, consigliere e vice presidente del consiglio comunale ispicese, eletto nel 2020 al fianco di Leontini e, quattro anni dopo, come abbiamo visto, promotore della mozione di sfiducia nei suoi confronti. La sua germana in quel momento, sei anni fa, è legale rappresentante e amministratrice di Prima Trasporti srl, azienda fallita e in liquidazione coinvolta in quella ‘fabbrica di bancarotte fraudolente’ che secondo la Procura di Catania e i finanzieri del Gico è orchestrata dallo studio Pogliese (qui).

Per la Guardia di Finanza, per la Procura etnea che porta avanti l’inchiesta e per il Tribunale di Catania  che emette i provvedimenti di custodia cautelare quello scoperto è un <<sistema affaristico diretto dallo studio associato Pogliese e alimentato dall’opera di liquidatori prestanome e imprenditori sleali, i quali, adottando fittizi progetti di riorganizzazione aziendali straordinari o predisponendo bilanci non veritieri, riuscivano sistematicamente a frodare l’erario per un totale di oltre 220 milioni di euro, rendendo vana qualsiasi azione esecutiva. Tale vantaggio competitivo criminale, frutto di sistematiche distrazioni dei valori patrimoniali più redditizi, consentiva ai gruppi imprenditoriali indagati di continuare a operare nel mercato in costante dispregio degli obblighi di legge, frodando il fisco, gli enti assistenziali e quelli previdenziali nonché arrecando danni economici alle imprese concorrenti operanti nel medesimo segmento commerciale>>.

Un sistema articolato che in varie fasi funzionava così. <<Una società in stato palese di deficit finanziario, soprattutto per debiti erariali, si affidava allo studio Pogliese al fine di eludere eventuali procedure fallimentari e di riscossione. Nello specifico, i professionisti indagati subentravano formalmente quali intermediari abilitati alla trasmissione telematica delle dichiarazioni fiscali dei gruppi societari ma, di fatto, fornivano un illecito pacchetto di servizi per condurre le imprese sotto-patrimonializzate al riparo da possibili investigazioni delle autorità preposte.
Con il subentro dello studio Pogliese, le imprese venivano poste in liquidazione, ancorché la loro situazione patrimoniale imponesse il deposito delle scritture contabili in tribunale per l’avvio della procedura fallimentare, affidando il ruolo di liquidatore a persona di fiducia dello studio Pogliese, priva di competenze professionali, il cui compenso mensile, di qualche centinaio di euro, era corrisposto dagli effettivi amministratori della società. Il liquidatore prestanome favoriva l’effettuazione di indebiti pagamenti preferenziali e la distrazione degli asset patrimoniali più significativi a favore di ulteriori società riconducibili agli stessi amministratori di quella posta in liquidazione:nei fatti, una società “specchio” con oggetto sociale similare, sedi coincidenti nonché il medesimo personale dipendente e stessi fornitori e clienti, che attraeva dalla società decotta gli elementi patrimoniali positivi acquisendoli a condizioni economiche di assoluto vantaggio. Il tutto a danno dell’erario che restava l’unico creditore non soddisfatto. Quindi avveniva la chiusura della liquidazione e cancellazione dal registro delle imprese della società originaria, nel frattempo svuotata di tutto tranne che delle imposte iscritte a ruolo che restavano le uniche passività finanziarie non soddisfatte. Si evidenzia che, trascorso un anno dalla cancellazione, il pubblico ministero, ai sensi della legge fallimentare, non può più chiederne il fallimento>>.

La posizione dell’imprenditrice ispicese è così delineata: <<.. tra i beneficiari c’è anche Concetta Galifi destinataria della misura degli arresti domiciliari, nella sua qualità di amministratore della ‘Prima Trasporti srl’, esercente l’attività di trasporto merci su strada, avente sede in Paternò (Ct), in liquidazione dal 2015, dichiarata fallita nel febbraio 2018. Nello specifico, nel 2011 il conseguimento di una perdita d’esercizio determinava l’azzeramento del capitale sociale e poneva la ‘Prima Trasporti‘ in uno stato evidente di insolvenza. La Galifi, supportata dallo studio Pogliese e dal liquidatore ‘testa di legno’, proseguiva l’attività d’impresa aggravando il dissesto e sottraendosi al pagamento di debiti erariali superiori a 2 milioni di euro, favorendo, già negli anni antecedenti alla liquidazione, il passaggio di forza lavoro, automezzi, avviamento e portafoglio clienti/fornitori alla ‘Gali Group srl’, avente sede a Ispica (Rg), esercente l’attività di trasporto merci su strada, amministrata dalla cognata di Concetta Galifi…>>.

Il marchio e il complesso aziendale appartenente alla Prima Trasporti, così come quelli delle altre imprese coinvolte, vengono sequestrati. La vicenda non ha nulla a che vedere con quella che, due anni dopo, porterà gli inquirenti a fare arrestare a Siracusa Giuseppe Caruso e a misurarsi con le sue parole circa i propri rapporti con l’ispicese Gali Group. Parole pronunciate e intercettate nel 2018, quando gli investigatori riservatamente al lavoro a Catania sul sistema-Pogliese, in quel momeno ritenuta un’associazione per delinquere attiva almeno dal 2015, sanno che l’operazione-bancarotta in atto sulla ‘Prima Trasporti’, una bad company  ‘di servizio’, serve a spingere gli affari della Gali Group, una good company amministrata in quel momento come abbiamo visto dalla cognata di Concetta Galifi: due società parallele nelle stesse mani e una sola linea d’interesse nel solco dell’azienda di famiglia da anni ormai guidata dal fratello Angelo.

Ciò che all’esterno tutti vedono è la crescita, poderosa e sorprendente, della Gali Group, ma chi conosce i fatti custoditi nell’inchiesta di Catania associa l’aggancio della Prima Trasporti nel sistema dello studio-Pogliese ad una fase di crescita economica alimentata da questo capitolo catanese della storia dell’impresa familiare e dall’arrivo di forze nuove o risorse fresche. La Prima Trasporti insomma è l’azienda cattiva, quindi preziosa per il business di famiglia e per la gemella ‘buona’, perchè si fa carico dei debiti frodando i creditori.

L’arresto della titolare di Prima Trasporti e gli atti d’accusa sono del 2019. Oggi, sei anni dopo, il processo a Pogliese e ad altri imputati è ancora in corso ma Concetta Galifi da molto tempo ne è fuori perchè sceglie subito il patteggiamento. L’imputata ammette le sue responsabilità, patteggia due anni di reclusione (dopo che una precedente richiesta di un anno e dieci mesi è rigettata dal Gip perché non congrua) e risarcisce con centinaia di migliaia di euro la curatela fallimentare danneggiata dagli atti commessi e qualificati come bancarotta fraudolenta, reato punito con la reclusione da tre a dieci anni. In questa vicenda, per le responsabilità riconducibili a ‘Prima Trasporti’, Concetta Galifi è l’unica imputata in quanto formalmente amministratrice e legale rappresentante dell’impresa. Ad una visura camerale l’azienda, ormai cessata, risulta domiciliata a Paternò, proprio in ragione del pieno coinvolgimento nel sistema ruotante intorno allo studio Pogliese e alla rete di professionisti associati e di liquidatori fittizi.

Dall’impresa del padre Felice Galifi che si scontra con il sindaco Rosario Gugliotta, al fallimento, con bancarotta fraudolenta, della Prima Trasporti della sorella Concetta, ai successi della Gali Group Trasporti & Logistica di Angelo Galifi: nel 2018 l’intercettazione velenosa che crea il caso

Quello chiuso con il fallimento della Prima Trasporti e le descritte conseguenze penali per la sua titolare è un capitolo di storia dell’azienda di famiglia nata con Felice Galifi, padre di Angelo e Concetta, a lungo imprenditore nel settore con la ditta individuale ‘Galifi Trasporti’ con sede a Ispica, in contrada Chiusi, lo stesso luogo in cui negli ultimi anni, sulle ceneri della ‘Prima Trasporti’, quasi d’incanto nasce un’imponente e modernissima struttura imprenditoriale, con ostello per camionisti, impianto per lavaggio degli animali trasportati e servizi avanzati, la Gali Group, la quale, iscritta nel registro delle imprese l’8 febbraio 2010 come ‘Gali Group Trasporti & Logistica srl’, oggi, con un capitale sociale di appena 100 mila euro, viaggia a vele spiegate, si espande, macina utili e cresce nell’organico dei propri dipendenti. Nel 2025 i dati camerali ne attestano 285, mentre nell’ultimo esercizio disponibile, il 2023, il fatturato supera i 50 milioni (50.136.624,00) e l’utile è di € 1.628.797,00.

Felice Galifi negli anni in cui cura la sua azienda non sceglie mai l’impegno politico diretto o quanto meno non assume ruoli o incarichi. Sempre vicino al centrodestra e in particolare a fianco di Innocenzo Leontini, anche nei suoi vari passaggi di partito, nel proprio orizzonte vede solo l’attività di piccolo imprenditore che talvolta incrocia il luogo delle decisioni politiche e istituzionali. Come quando pare sia interessato all’apertura di un Centro revisioni auto che necessita di una delibera comunale. Ad avversarla Rodolfo Pisani, storico e battagliero esponente della sinistra locale, al quale probabilmente Galifi imputa il niet del consiglio comunale. Forse non la prende bene, non è certo cosa accada ma si parla di minacce e di una denuncia dello stesso Pisani, poi rimasta senza esito, probabilmente ritirata.

Per la cronaca il periodo è quello della sindacatura di Rosario Gugliotta: ex militante del Psi vicino a Stornello nella ‘prima Repubblica’, poi in Forza Italia, a maggio 1998 viene eletto sindaco a capo di una coalizione di centro destra ma rompe bruscamente con il partito di Leontini il cui potere nel frattempo è molto cresciuto: dal 2001 è capogruppo di Fi all’Ars e da agosto 2004 assessore all’agricoltura nel governo-Cuffaro. Gugliotta conclude il mandato e a giugno 2003 viene rieletto, sostenuto da una coalizione di centrosinistra di cui fanno parte Ds e Margherita. In questa fase andrebbe collocato l’episodio descritto. A novembre 2004, meno di un anno e mezzo dopo la seconda elezione, nascono crepe nella maggioranza e Gugliotta, sfiduciato dal consiglio comunale (vent’anni dopo come abbiamo visto a Leontini andrà decisamente meglio) esce di scena. A maggio 2005 gli succederà Pietro Rustico, dopo sei mesi di gestione commissariale retta da Claudio Sammartino, allora vice prefetto vicario di Ragusa, in seguito nel 2009 prefetto (di Savona, poi Taranto negli anni caldi dell’emergenza-Ilva, quindi Reggio Calabria), dal 2016 commissario dello Stato per la Regione siciliana, nel 2018 – ultimo incarico prima della pensione – prefetto di Catania accolto dal sindaco Salvo Pogliese. Molti a Ispica ricordano ancora positivamente quei sei mesi di amministrazione commissariale irritualmente affidati ad un viceprefetto piuttosto che ad un funzionario della Regione alla cui nomina avrebbero provveduto la giunta Cuffaro e il suo influente assessore Leontini.

Per curiosità di cronaca, Sammartino è zio di di Luca Sammartino, campione di preferenze in Sicilia quale che sia il partito in cui si candidi, Udc, Pd (recordman con 32 mila voti personali nel 2017) o Lega (21 mila nel 2022). Però con queste performances costruite nel mondo della sanità privata e della formazione più che il buon nome dello zio paterno Claudio, c’entrano quello dello zio materno Giuseppe Sciacca e della madre stessa Annunziata Sciacca a capo delle cliniche catanesi del gruppo Humanitas, nonchè quello della compagna, Valeria Sudano, oggi senatrice in carica della Lega, figlia e nipote d’arte rispettivamente di Vincenzo e Domenico Sudano, nonchè erede designata della loro rete capillare intessuta nei decenni dentro la Cisl e nei partiti post Dc di centrodestra. Luca Sammartino è assessore all’agricoltura e vice presidente della Regione ad aprile 2024 quando è sospeso dalla carica perchè colpito da misura interdittiva in un’inchiesta per corruzione e voto di scambio, accuse da cui il 10 gennaio 2025 è assolto.

Tornando a Ispica e alla fase recente lungo il filo dei fatti che ci occupano, a tante realizzazioni imprenditoriali con Gali Group e al tempo di lavoro necessario per sostenerle Angelo Galifi riesce ad unire anche l’impegno politico: consigliere comunale con ‘Leontini sindaco’ da ottobre 2020, vice presidente del consiglio dal dicembre 2022, coordinatore provinciale del Mpa, il partito quasi personale di Raffaele Lombardo, da ottobre 2023.

In questa fase di profitti e di successi, scandita anche dalla manifestazione visibile di strutture e aree di servizio di grande impatto nel territorio e nell’utenza di mercato ben al di sopra dei concorrenti preesistenti, talvolta molto vicini fisicamente, proprio uno dei dipendenti, anzi un ex dipendente divenuto collaboratore esterno, nel 2018, intercettato e loquace, finisce per incoccare e scagliare sulla Gali Group una freccia avvelenata.

E’ il mafioso Giuseppe Caruso, così definito dall’autorità giudiziaria inquirente e giudicante, che lo arresta l’11 maggio 2021 e lo condanna, il 14 settembre 2024, con sentenza di primo grado impugnata dall’interessato, a 17 anni e mezzo di reclusione per associazione mafiosa, estorsione e truffa. Con lui giudicati colpevoli tutti gli altri dodici imputati, arrestati nell’ambito della stessa operazione denominata Robin Hood, e ritenuti appartenenti al clan mafioso del boss Antonio Trigila: 190 anni complessivi di reclusione – 24 anni la pena più alta, 16 quella più lieve –  suddivisi tra gli affiliati, tutti nati a Noto o Avola, tranne Rosario Agosta a Modica. Caruso, 61 anni, di Avola, è dipendente di Gali Group, addetto al settore commerciale, nel periodo 2014-2015 mentre negli anni seguenti, fino all’arresto l’11 maggio 2021, continua a collaborare come mediatore pagato a provvigione, titolare di partita iva e iscritto alla Camera di commercio.

Tutti gli appartenenti alla cosca sono condannati perché ritenuti responsabili, tra l’altro, del taglieggiamento estorsivo imposto ad imprenditori operanti nel trasporto e nel commercio dei prodotti ortofrutticoli nell’area sud del Siracusano e nel Ragusano.

Per la Gali Group quel dardo velenoso è costituito dai rapporti intrattenuti con Caruso, proprio quale mediatore commerciale, e dalle parole che il mafioso, intercettato, dice al suo interlocutore. Ecco come il cronista Francesco Nania, il 12 luglio 2024 ne riferisce su La Sicilia: <<…Caruso, secondo quanto sostenuto dalla polizia, lavorando per conto della Gali Group Trasporti & Logistica Srl, nella quale si era imposto come mediatore accreditandosi presso le aziende concorrenti quale responsabile commerciale della stessa, avrebbe impedito agli altri trasportatori, che dalla zona sud delle province di Siracusa e Ragusa avrebbero dovuto raggiungere i mercati italiani, di lavorare liberamente in quello che egli stesso definiva il ‘suo territorio’. In sostanza, avrebbe costretto gli autotrasportatori e le aziende ad avvalersi della sua attività di intermediazione o a versargli somme di denaro, forte della propria appartenenza alla mafia: ‘…sono il responsabile commerciale dell’azienda Gali Group di Galifi’, si legge in una conversazione intercettata e trascritta dagli investigatori…>>.

Contesta la sentenza, per quanto qui ci riguarda in relazione al proprio assistito Giuseppe Caruso, il legale Antonino Campisi: <<sono tre episodi isolati quelli per i quali Caruso è stato condannato, a mio avviso senza riscontri nella realtà perchè la sua condotta ha una spiegazione ben diversa da quella che viene in rilievo nella sentenza. Confido nel giudizio d’appello. Il rapporto di Caruso con le varie imprese di trasporto e logistica era di tipo professionale, alla luce del sole. Le parole dell’intercettazione vanno collocate nel loro contesto e ricondotte al loro significato. Caruso con la sua agenzia di mediazione legalmente operante cercava clienti per varie aziende, a seconda delle esigenze degli imprenditori agricoli interessati a fare viaggiare i loro prodotti nel modo e alle condizioni migliori>>. E in ogni caso in nessuno dei tre episodi per i quali Caruso è condannato c’entra la Gali Group la quale figura invece in due imputazioni contestate al mediatore, ma entrambe archiviate già in fase di indagini preliminari. Secondo il Gip, in quei due casi in cui è l’azienda ispicese quella cui procaccia i clienti, Caruso nei confronti di questi non comette estorsione.

Il clan mafioso di Antonio Trigila, il suo affiliato Giuseppe Caruso e i rapporti di questi con la Gali Group che fanno scattare le indagini su Angelo Galifi: il Pm ne chiede l’arresto oltre al sequestro preventivo dell’azienda, il Gip dice no ad entrambe e già nel 2021 la sua posizione è archiviata

Il 2 luglio 2024 il Tribunale di Catania dispone l’amministrazione giudiziaria della Gali Group e pochi giorni dopo, con le richieste di condanna del pubblico ministero nei confronti dei tredici imputati di associazione mafiosa tra i quali Caruso, e per effetto delle notizie di stampa sui rapporti di questi con l’impresa di Ispica, la vicenda comincia a deflagrare: in città, nell’opinione pubblica, nel mondo politico e sociale, tra i consiglieri d’opposizione in Comune, ma non nella stanza del sindaco il quale ‘scopre’ il problema solo il 29 luglio e indice una conferenza stampa.

Vedremo tra poco in che termini ma prima, per focalizzare i fatti e la loro percepita gravità, è bene fare un passo indietro.

Tre anni prima quindi, l’11 maggio 2021, la Direzione distrettuale antimafia di Catania fa arrestare i tredici affiliati al clan mafioso Trigila (il capo, Giuseppe Trigila, è già in carcere) tra i quali Giuseppe Caruso in quel momento attivo nella mediazione commerciale anche per la Gali Group in un settore e in un ambito d’affari coincidenti con quelli in cui le pratiche di intimidazione e di assoggettamento mafioso cui secondo l’accusa è dedito l’indagato, unitamente agli atti di violenza fisica, di aggressione e pestaggio imputati alla cosca, fanno suonare un campanello d’allarme.

Le notizie di stampa documentano ampiamente le risultanze investigative sul conto del boss Giuseppe Trigila che dal carcere, attraverso la moglie, il figlio e la figlia, dirige, oltre a vari altri traffici criminali, anche le estorsioni agli imprenditori agricoli, a modo suo per ‘fare giustizia’ tant’è che sembra proclamarsi una sorta di Robin Hood quando, intercettato, spiega alla nipote: <<Mafiosità? Sono un contrasto dello Stato>> attribuendosi il merito di porre rimedio a quelle che a lui sembrano storture della realtà.

La cosca  – riferiscono a maggio 2021 gli inquirenti  – controllava i trasporti su gomma. <<Nutrito il numero di fiancheggiatori e facilitatori di cui il sodalizio poteva avvalersi nella gestione delle proprie attività. Alla base c’erano i soggetti con mansioni prettamente esecutive, a disposizione per la propria opera sul territorio: intimidazioni, pestaggi, richieste estorsive. Le forze dell’ordine avevano capito che il raggio d’azione delle attività era particolarmente ampio e che, all’occorrenza, il sodalizio avesse a disposizione un arsenale di armi. Entrando nel dettaglio, il gruppo dominava nei comparti del trasporto su gomma di prodotti orto-frutticoli, della produzione di pedane e imballaggi e della produzione e commercio di prodotti caseari, influendo e alterando le regole della concorrenza. L’attività d’indagine, avviata nei mesi conclusivi dell’anno 2016 e condotta sino alla stagione estiva del 2018, ha consentito di accertare come avesse un ruolo di primo piano anche il figlio di Giuseppe Trigila, come anche la moglie e la figlia. Poi c’erano uomini di assoluta fiducia…. Importante nell’organigramma del gruppo la figura di Giuseppe Caruso, detto ‘u caliddu’. Era lui che, grazie ai contatti con le aziende di autotrasporto che operavano nella zona sud della provincia e in quella della limitrofa Ragusa, raccoglieva i versamenti di denaro imposti agli operatori del settore per poter lavorare senza incorrere in problemi. Le indagini effettuate dai Carabinieri hanno accertato la consumazione di tre episodi di estorsione ai danni di operatori del settore del trasporto merci per conto terzi. Con le minacce, avrebbe impedito ai trasportatori di lavorare liberamente in quello che egli stesso definiva il suo territorio. Spesso costringeva autotrasportatori e aziende ad avvalersi della sua attività di intermediazione o a versargli somme di denaro (“ma chi ve l’ha data questa autorizzazione?” – “ io sto prendendo i bins e gli sto dando fuoco ora stesso, subito. E qua non ci deve entrare nessuno, se prima non ve lo dico io, perché il padrone (…) sono io”>>).

Se tutto ciò risulta di conoscenza pubblica l’11 maggio 2021, è solo in seguito che,  fuori dalla cerchia dei diretti interessati o degli addetti ai lavori, diventa nota l’attività svolta da Caruso per la Gali Group e, in mancanza in quel tempo di notizie sull’archiviazione delle accuse riguardanti Caruso quale mediatore con la Gali Group, si pongono quindi le domande del caso sulla natura dei rapporti intrattenuti dal mafioso con l’impresa fino al momento del suo arresto. Abbiamo già visto che il quotidiano La Sicilia ne scrive il 12 luglio 2024 e la notizia, lo stesso giorno, è rilanciata da vari altri mezzi d’informazione.

Ma fermiamoci ancora al periodo dell’inchiesta e a quello in cui avvengono i fatti che ne sono oggetto. Le indagini sono condotte tra la fine del 2016 e l’estate del 2018. Risale a quest’ultima fase l’intercettazione di Caruso che accende i fari degli inquirenti sulla Gali Group il cui titolare, Angelo Galifi, viene coinvolto: il pubblico ministero ne chiede l’arresto oltre al sequestro preventivo dell’azienda ma il Gip nega entrambe le misure perché, valutati gli elementi d’indagine, ritiene che <<non vi siano i presupposti per qualificare la Gali Group come un’impresa mafiosa>>.

Spiega il giudice che <<le intercettazioni non hanno permesso di svelare quale fosse il ruolo dei titolari delle due società (si riferisce anche ad un’altra impresa, la Casmene Trasporti, cui estende le stesse conclusioni, n.d.r.) non essendo chiaro in particolare se fossero imprenditori collusi che avevano instaurato rapporti di vantaggi reciproci con il referente dell’associazione mafiosa, consistenti nell’imporsi sul territorio in posizione dominante in cambio di risorse economiche in favore dell’associazione, o se invece fossero intimiditi e strumentalizzati da Caruso Giuseppe e costretti ad avvalersi della sua attività. Peraltro non si evince dagli atti d’indagine neanche se davvero tali società avessero assunto una posizione dominante nei confronti dei concorrenti. Caruso Giuseppe era il sodale al quale era stata affidata una lucrosa attività che assicurava al sodalizio guadagni e controllo del territorio e per svolgere la quale Caruso Giuseppe si avvaleva in qualche modo della Gali Group e forse anche della Casmene trasporti, tuttavia non è stato accertato quale fosse l’accordo di lavoro tra Caruso Giuseppe e le società, non è chiaro se realmente le società potessero essere considerate uno strumento nelle mani di Caruso o se invece l’indagato agisse come mediatore esterno alle stesse, non è stato appurato quale fosse il rapporto economico, considerato che l’indagato risultava comunque svolgere un’attività ufficiale di procacciatore d’affari per conto della Gali Group che, come già visto analizzando le singole contestazioni dei delitti di estorsione, non consente di escludere una spiegazione alternativa del contenuto delle conversazioni intercettate, soprattutto di quelle in cui si faceva riferimento al pagamento di provvigioni commisurate al numero di pedane trasportate che dunque non possono essere univocamente interpretate come estorsioni tanto che anche la richiesta di applicazione della misura cautelare è stata accolta soltanto per tre degli episodi contestati. Inoltre non risulta acquisito alcun elemento per affermare che i proventi delle estorsioni confluissero nelle casse della società, confondendosi con quelli dell’attività commerciale regolarmente svolta, e non fossero invece trattenuti direttamente dall’indagato, tanto che non sono stati ritenuti sussistenti gravi indizi di colpevolezza a carico di Caruso Giuseppe, Galifi Angelo e … dei delitti di riciclaggio e autoriciclaggio di cui ai capi … La mancanza di elementi investigativi aggiuntivi rispetto alle non univoche intercettazioni telefoniche non consente, allo stato, di qualificare Gali Group e Casmene Trasporti come imprese mafiose ai sensi dell’art. 416 bis c.7 e dunque la richiesta di sequestro preventivo va rigettata>>.

Angelo Galifi, patron riconosciuto della Gali Group sempre più in espansione,  in quel momento da sei mesi consigliere comunale in carica e fedelissimo di Innocenzo Leontini, viene indagato in stato di libertà ma non sarà mai imputato perché lo stesso pubblico ministero prende atto delle parole del Gip e rinuncia nei suoi confronti ad esercitare l’azione penale che invece rivolge ai tredici indagati poi processati e di recente condannati. E’ dunque nei primi mesi del suo mandato di consigliere comunale, fedelissimo a Leontini, che su Galifi pendono le richieste d’arresto e di sequestro dell’azienda, entrambe negate dal Giudice delle indagini preliminari.

Nelle carte giudiziarie i fatti accertati, l’analisi degli inquirenti, la natura e il fine dei provvedimenti. Dal 2 luglio 2024 alla Gali Group il titolare Angelo Galifi è affiancato per un anno da un amministratore giudiziario con mandato circoscritto, soprattutto di controllo sul personale 

L’impresa però non può sfuggire alle misure previste dal Codice antimafia, in particolare l’amministrazione giudiziaria o il controllo giudiziario previsti dall’art. 34 e 34 bis e ritenuti, in dottrina a giurisprudenza, <<strumenti di bonifica aziendale fondamentali per la protezione dell’attività di impresa dal fenomeno mafioso>>.

E così il 2 luglio 2024, il Tribunale di Catania, sezione misure di prevenzione, emette il decreto (Proc. 97/24 contro Gali Group Trasporti & Logistica srl) di amministrazione giudiziaria in una delle forme meno invasive ammesse dalla nuova legislazione. Infatti – si legge nel provvedimento – <<non si ritiene necessaria la sostituzione degli organi di amministrazione in quanto gli stessi, come evidenziato, non sono stati totalmente attratti nell’orbita della consorteria mafiosa. Al fine di contemperare, nel rispetto del principio di proporzionalità, gli obiettivi della procedura con il diritto all’iniziativa economica privata, pertanto si ritiene sufficiente affiancare la figura dell’amministratore giudiziario agli attuali organismi amministrativi della società. L’amministratore in particolare dovrà attuare, non in sostituzione ma in collaborazione con il management della società, una serie di compiti volti alla neutralizzazione della rilevata infiltrazione e a munire l’impresa dei presidi necessari per scongiurare in futuro comportamenti aziendali analoghi a quelli censurati. In questi termini si dispone che: gli ordinari poteri di gestione rimangano in capo agli amministratori in carica al momento dell’applicazione della misura; che gli atti di straordinaria amministrazione siano soggetti ad autorizzazione da parte dell’amministratore giudiziario; che i pagamenti, a qualunque titolo, di importi superiori ai 5 mila euro, siano soggetti ad autorizzazione da parte dell’amministratore giudiziario; che sia di competenza esclusiva dell’amministratore giudiziario ogni decisione in materia di personale…>>.

Segue una lunga serie di prescrizioni soprattutto in ordine al controllo del personale (<<effettuare una mappatura completa di tutto il personale impiegato dalla società, con rapporto di lavoro subordinato o con prestazioni d’opera di carattere autonomo, e di tutti i contratti di fornitura di beni e servizi in essere>>) proprio per rimuovere il pericolo rappresentato dalla condotta di Caruso che, quale mediatore, procacciava alla Gali Group contratti di trasporto e logistica con imprenditori verso i quali, presumibilmente, esercitava un potere di intimidazione mafiosa, come l’inchiesta e il processo hanno documentato. Peraltro se è vero che Caruso, in carcere da quasi quattro anni (e condannato a 17 anni e mezzo) per la Gali Group, quando a luglio scorso ne viene disposta l’amministrazione giudiziaria, non è più un pericolo, ovviamente nulla impedirebbe al clan mafioso cui è ritenuto affiliato o ad altri di tentare di sostituirlo con nuove figure. Perciò la materia del personale e dei contratti di fornitura di beni e servizi è affidata esclusivamente all’amministratore giudiziario, il commercialista e revisore legale Filadelfo Alessandro, nato a Lentini e residente a Catania, con studio professionale a Catania e Caltagirone.

Non vi è dubbio che il tipo di ‘amministrazione giudiziaria’ disposto per un anno a partire dal 2 luglio 2024 ‘contro la Gali Group’, in mancanza di una totale sostituzione dell’organo di gestione, sia del tipo meno grave e risenta delle novità portate dalla legge 161 del 2017 la quale, tra l’altro, ha introdotto la misura ben più lieve del controllo giudiziario (art. 34 bis del Codice antimafia) che però in questo caso il tribunale ha deciso di non applicare preferendo quella, appunto, dell’amministrazione giudiziaria il cui presupposto è <<la ricorrenza di sufficienti indizi per ritenere che il libero esercizio di determinate attività economiche sia direttamente o indirettamente sottoposto alle condizioni di intimidazione e assoggettamento previste dall’art. 416 bis c.p. o possa agevolare l’attività di persone indiziate di reati riconducibili alla criminalità organizzata>>.

E’ sicuramente quest’ultima fattispecie a venire in rilievo, in riferimento a Caruso e alla sua gestione dei rapporti con i ‘clienti’ che procacciava a Gali Group i quali in effetti più che liberi contraenti secondo le risultanze del processo, in tre casi risultano, secondo la sentenza di primo grado, vittime assoggettate al suo potere di intimidazione mafiosa.

La Gali Group impugna il decreto di amministrazione giudiziaria che peraltro fissa in data 18 giugno 2025 l’udienza di trattazione del procedimento, a quindici giorni dalla conclusione del periodo di un anno previsto e in vista delle decisioni future alla luce della relazione dell’amministratore giudiziario e dei risultati che ne scaturiranno  in ordine alla rimozione del rischio di infiltrazione di interessi mafiosi nell’azienda.

<<Abbiamo chiesto la revoca del decreto – spiega il legale di Angelo Galifi, Salvatore Cannata – non perchè fosse pregiudizievole per l’azienda la quale anzi in piena trasparenza, e nella continuità di gestione semplicemente affiancata dall’amministratore giudiziario per finalità precise e circoscritte come il controllo del personale, può dimostrare la totale limpidezza da sempre del proprio operato. Bensì perchè il provvedimento è stato travisato e strumentalizzato a fini di lotta politica, tanto che ho cercato di fornire in ogni sede tutti i chiarimenti necessari. La condotta di Galifi – afferma Cannata – non si presta a dubbi di sorta. Caruso era un procacciatore d’affari, iscritto legalmente come mediatore commerciale alla Camera di Commercio, legittimato quindi ad intrattenere con la Gali Group il rapporto per il quale espletava l’attività in autonomia, regolarmente retribuito mediante una provvigione. Era uno dei tanti mediatori della Gali Group e prestava la sua opera anche per altre aziende. Secondario e irrilevante il suo apporto al fatturato: poche decine di migliaia di euro su un volume di oltre cinquanta milioni. E in ogni caso già in sede di indagini preliminari è stato accertato che nessuna estorsione fosse imputabile a Caruso nei casi in cui operava attraverso la Gali Group; sono altre le imprese con le quali Caruso ha operato nei tre episodi per i quali è stato condannato. Nessuna base di verità nelle sue affermazioni intercettate, tant’è vero che il mio assistito, il legale rappresentante e amministratore dell’azienda Angelo Galifi, è stato subito scagionato da ogni accusa, già alle prime indagini come attestato dal Gip ed è intervenuto come testimone nel processo a carico dei vari imputati di associazione mafiosa fornendo tutti gli elementi utili in suo possesso. Tra tanti testi – osserva l’avvocato Cannata – è stato uno dei pochissimi per i quali non siano stati trasmessi gli atti alla Procura per falsa testimonianza. L’impresa inoltre ha messo a frutto la sfortunata esperienza per scongiurare ogni rischio futuro. Si sta dotando del modello organizzativo e gestionale previsto dal decreto 231 (il decreo legislativo 231 del 2001 che disciplina la responsabilita degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato, n.d.r.) e l’attività commerciale non è più affidata a mediatori ma solo a personale dipendente, in linea con le nuove direttive europee che chiedono l’esclusione della figura dei mediatori nei rapporti commerciali. Anche l’andamento dell’affiancamento giudiziario è più che positivo. Il limite di cinque mila euro per i pagamenti per i quali in questa fase di un anno è richiesta l’autorizzazione dell’amministratore giudiziario è stato innalzato a 35 mila euro, segno della limpida e serena collaborazione in atto, in piena trasparenza>>.

Per la cronaca il professionista, difensore di Galifi e della Gali Group, dopo la conferenza stampa di Leontini interviene in consiglio comunale per respingere le accuse. Molti, dopo, storcono il naso ma in effetti in quel momento dai banchi del civico consesso nessuno obietta alcunchè. In ogni caso, conferma il legale, le parole di Leontini in conferenza stampa vengono trascritte in un atto di querela per diffamazione di cui vedremo gli sviluppi.

Non si conosce ancora l’esito della doppia azione svolta dalla difesa di Gali Group contro il decreto di amministrazione giudiziaria. Per una presumibilmente si devono attendere i 45 giorni previsti dall’udienza tenutasi l’8 gennaio scorso dinanzi al Tribunale, mentre per l’altra, in Corte d’Appello, si attende la decisione dopo la camera di consiglio ancora più recente, del 21 gennaio.

L’amministrazione giudiziaria alla Gali Group e l’attenzione tardiva di Leontini, interessato all’appoggio di Milana e Galifi e del Mpa locale tenuto a battesimo da Raffaele Lombardo: i suoi rapporti con Ispica e certe peripezie giudiziarie

Il decreto di amministrazione giudiziaria del 2 luglio 2024 piomba sul sistema camerale informatico delle imprese e sulle banche che concedono il credito con l’effetto di uno tsunami, considerato il volume d’affari di oltre 50 milioni annui sviluppato dall’azienda. Inoltre, come abbiamo visto, già il 12 luglio la stampa parla anche dei rapporti tra la Gali Group e l’imputato di associazione mafiosa Caruso del quale il pubblico ministero ha già chiesto la condanna a 18 anni di reclusione. Eppure a palazzo Bruno di Belmonte tutto procede come sempre tra scazzi e lusinghe, ripicche e richieste, ricatti e manfrine, trattative e sgambetti, secondo il classico rituale del traccheggio politico di piccolo cabotaggio.

Leontini, insediatosi a ottobre 2020 con dieci consiglieri di maggioranza su sedici, ben presto ne perde tre per strada: Serafino Arena e Antonella Denaro di ‘Rinascita ispicese’ lista di sostegno al sindaco eletto, e Paolo Monaca di ‘Cambiamo davvero Ispica’ movimento collegato a ‘Sud chiama Nord’ di Cateno De Luca con le cui insegne è capace di insidiare seriamente, fino al rush finale nelle urne, il seggio di Ignazio Abbate nelle elezioni regionali del 25 settembre 2022. Monaca, consigliere comunale nel 2010 a 29 anni, candidato a sindaco senza partiti nel 2015 quando va al ballottaggio con Lucio Muraglie e perde con il 42,3%; quindi nel 2020 nuovamente consigliere, ed assessore della giunta-Leontini, carica quest’ultima che a marzo 2022 è costretto a lasciare perché il sindaco – ex suocero di Stornello del quale Monaca, figlio della primogenita, è nipote abiatico (ma queste sono casualità secondarie dei corsi della vita) non gli perdona la candidatura con De Luca.

Leontini è quindi senza maggioranza e teme i colpi di una nuova doppia defezione: quella di Salvatore Milana e Angelo Galifi, eletti nel 2020 con la lista ‘Leontini sindaco’, poi fondatori nell’estate 2023 del movimento ‘Fattispica’, brand elettorale portato in dote ad Ignazio Abbate, ras cuffariano nel proprio feudo elettorale insediato nella contea, al quale danno sostegno rimanendo in piena sintonia con Leontini. Sintonia, quest’ultima, che rimane immutata anche quando i due decidono di aderire al Movimento per le autonomie (Mpa) di Raffaele Lombardo. Il passaggio avviene ad ottobre 2023 quando l’ex presidente della Regione giunge appositamente a Ispica, il pomeriggio di sabato 28, nel Casale Graffetta per tenere a battesimo il presidio ibleo del movimento da lui fondato: in primo piano Milana e l’imprenditore di successo Galifi il quale, da dicembre 2022 anche vice presidente del consiglio comunale, del Mpa diventa coordinatore provinciale: tema dell’incontro ‘le sfide della Ragusa autonomista’.

In quest’ennesima fase di sfide Lombardo si lancia fresco d’assoluzione. Infatti la Cassazione a marzo 2023 mette fine alle sue imputazioni per concorso in associazione mafiosa per le quali nel 2012 ha lasciato palazzo d’Orléans, poi condannato in primo grado con rito abbreviato a 6 anni e otto mesi, a due anni per solo voto di scambio in appello, quindi assolto nel processo d’appello-bis con sentenza confermata definitivamente. Nello stesso processo, più lento per il rito ordinario, l’8 gennaio 2025 il pubblico ministero chiede la condanna a 10 anni di reclusione per Angelo Lombardo, il fratello di dieci anni più giovane, già deputato all’Ars e alla Camera e a capo della segreteria politica del potente congiunto fino al momento del pesante comune coinvolgimento nell’inchiesta sfociata a maggio 2010 nella richiesta di arresto di entrambi, avanzata dalla Procura di Catania e rigettata dal Gip: in quel momento Angelo, e non il più influente fratello maggiore presidente della Regione in carica, è protetto da immunità parlamentare.

Raffaele Lombardo, che è di Grammichele, con Ispica coltiva un rapporto antico, per via di frequentazioni risalenti ai primi due mandati parlamentari all’Ars, 1986-’91 e ’91-’96: per otto mesi da agosto ’91 ad aprile ‘92 è anche assessore regionale agli enti locali quando, prima ancora di ‘Mani pulite’, viene arrestato. Ed anche per una casa di proprietà in territorio ispicese: un presunto rudere in contrada Marza sulla scogliera di Cirica acquistata e donata alla moglie, trasformata in una piccola ma splendida villa dei sogni sul mare e costata alla consorte, Saveria Grosso, un processo per abusivismo edilizio. A portarlo avanti nel 2011 l’allora procuratore di Modica Francesco Puleio. Secondo il Tribunale, con sentenza del 2015, nessun abuso perché quel rudere forse c’era e la villa sul mare sarebbe stata solo il risultato di una ‘ristrutturazione’.

Per mera curiosità di cronaca anche ad Abbate, soprattutto quando cerca di espandere oltre i confini di Modica il suo potere ben nutrito di clientele, Ispica appare almeno ai suoi occhi e a misura dei suoi appetiti una satrapia attraente: forse facilitato da affetti familiari o forse no  (la moglie è ispicese), sta di fatto che verso questo territorio appartenuto alla Contea e poi in età feudale fino a due secoli fa feudo degli Statella il cui casato ancora oggi effigia lo stemma comunale, Abbate rivolge le sue mire, tanto da volere Ispica nel Gal Terra Barocca, strumento d’affari e clientele utili, come lettori e lettrici di In Sicilia Report sanno bene (qui un articolo del 9 maggio 2023, qui un articolio del 15 giugno 2023) alle sue ambizioni elettorali, peraltro pienamente soddisfatte dalle elezioni regionali del 2022.

A margine del riferimento storico en passant, va detto che in Sicilia l’abolizione del feudalesimo è tutt’altro che una conquista sociale nello spirito della rivoluzione del 1789: con la Costituzione del 1812 imposta dal Parlamento al reggente del Regno di Sicilia Francesco I di Borbone, i feudatari divengono latifondisti e possono arricchirsi più di prima, liberi da certi obblighi propri del feudo verso lo Stato e verso la comunità. Per fortuna in terra iblea, allora distretto di Modica, circoscrizione amministrativa di primo livello del Regno comprendente quello che 115 anni dopo sarà la nuova provincia di Ragusa, il latifondo non attecchisce e assume forme ben diverse da quelle voraci ed oppressive di altri territori.

Dunque, tornando al nostro tempo, Galifi e Milana indossano le insegne del Mpa ad ottobre 2023. La scelta viene ufficializzata in Comune il 14 febbraio 2024 con la costituzione del gruppo in consiglio e la conferma del sostegno alla giunta-Leontini. Peraltro quando la nuova collocazione politica viene formalizzata Milana è in giunta, nominato il 9 gennaio 2024 in sostituzione di Carmelo Denaro, l’assessore lodato da Leontini per il Piano di utilizzo del demanio marittimo, dimessosi il 4 gennaio dopo l’incendio della sua autovettura: un possibile atto intimidatorio o ritorsivo ma finora senza movente, nè colpevoli o sospettati.

Se i due esponenti del Mpa continuano a sostenere l’amministrazione di palazzo Bruno, la loro nuova collocazione invece irrita Ignazio Abbate, luogotenente della Dc di Cuffaro in provincia, con il quale i due fino a quel momento sono palesemente schierati, intrattenendo buoni rapporti e sostenendone posizione ed interessi. Galifi e Milana sono in buona compagnia in questo rapporto con Abbate, sia da sindaco di Modica fino a maggio 2022 che, in seguito, da deputato all’Ars. Un rapporto che contagia piccoli e grandi ras locali depositari di pacchetti di voti attraversando e scombinando, fuori da una limpida riconoscibilità elettorale, partiti, correnti, sigle ‘usa e getta’, movimenti.

Di Galifi e Milana, amici di Abbate almeno fino al passaggio nel Mpa, abbiamo detto. Ma il drappello è più folto e almeno un cenno può essere utile.

Dalla parte del califfo di Cuffaro è da tempo, palesemente, anche l’ex sindaco Pd Lucio Muraglie, uscente sconfitto da Leontini nel 2020, presente alla riunione dei comitati regionale e provinciale della nuova Dc a Modica il 24 ottobre 2024. Sulla stessa linea il cugino Giovanni Muraglie, consigliere comunale in carica, promotore nel 2015 e 2020 della lista ‘Punto e a capo’ a sostegno del congiunto. Un fan di Abbate è anche Giuseppe Pluchinotta, già vice del sindaco Pd Muraglie e consigliere eletto nel 2015 con ‘Punto e a capo’; poi la rottura, l’uscita dalla giunta e nel 2020 la candidatura nel campo avversario. Nonostante il successo della coalizione e il premio di maggioranza, rimane fuori, primo dei non eletti della lista ‘Leontini sindaco’: in caso di dimissioni di Angelo Galifi accoratamente invocate da Leontini che ormai ne è avversario, sarebbe lui a subentrargli potendo offrire un puntello al sindaco.

Nella schiera dei sostenitori di Abbate, anche Carmelo Oddo e Serafino Arena, oggi entrambi oppositori di Leontini e sostenitori della sfiducia, ma nel 2020 il secondo è al suo fianco. In proposito proprio Arena, nella riunione del consiglio comunale del 29 gennaio scorso in cui è in palio la ‘cappa’di Leontini, viene proposto dai fautori della mozione come nuova teste d’ariete in luogo di Galifi, primo firmatario, nero su bianco, del testo depositato il 30 dicembre: è il tentativo di convincere i perplessi a votare la sfiducia nonostante quel primo nome in bella vista cui è legato l’allarme antimafia lanciato da Leontini il quale se ne fa scudo per difendere la poltrona. Quando in consiglio qualcuno tenta di accreditare Arena come primo firmatario, ci pensa il segretario generale Giampiero Bella, rientrato tre mesi fa a Palazzo Bruno come vedremo più avanti, a mostrare il documento con le firme: un gesto che il sindaco apprezza, che certamente gli giova e che, forse, lo salva: il famoso punto per il quale Leontin tenne la cappa!

Sulla natura dei rapporti con Abbate dice molto un episodio avvenuto nell’estate 2023 al quale si richiama il consigliere Pd Gianni Stornello quando, come vedremo più avanti, parla di una <<gara fra consiglieri per chi è più cuffariano dell’altro>>. E’ il momento in cui, dopo le dimissioni di Lorenzo Ricca per motivi di salute, c’è da eleggere il nuovo presidente del consiglio comunale. Leontini è  senza maggioranza dopo le defezioni subite e le opposizioni hanno la possibilità di determinare il successore di Ricca, fedele sostenitore del sindaco e attualmente assessore dopo il superamento dei problemi di salute. Il designato è Carmelo Oddo (figlio del socialista Tommaso sindaco di Ispica da gennaio 1982 a luglio ’83 in un raro intermezzo del lungo regno di Stornello) eletto nella lista ‘Muraglie sindaco’ e fedelissimo di Abbate, esattamente come Serafino Arena, eletto invece con ‘Rinascita ispicese’ a sostegno di Leontini ma poi passato all’opposizione quando a dicembre 2022 la propria compagna Lucia Franzò, assessora e vicesindaca, lascia la giunta per contrasti insanabili con Leontini. Tanto insanabili che pur nella solennità del luogo istituzionale, durante una successiva riunione del consiglio comunale, volano parole irriferibili tra il sindaco e la propria ex vice. Per la cronaca Lucia Franzò è cugina di Guido Franzò, candidato a sindaco per il M5S nel 2020, giunto terzo con il 7,5%.

Dunque l’opposizione può facilmente prevalere con i propri voti nell’elezione del presidente del consiglio ma dall’intesa si sfila Arena il quale peraltro potrebbe contare, a favore di Oddo, anche sul sostegno di Antonella Denaro eletta con lui in ‘Rinascia ispicese’ al fianco di Leontini. Motivo? Pare che Arena, che a settembre ’22 si è prodigato a caccia di voti per le regionali in favore di Abbate, non gradisca che Oddo, il designato alla carica, rivendichi il ruolo di rappresentante a Ispica, più titolato o esclusivo, del deputato cuffariano all’Ars Ignazio Abbate. Vira quindi sul candidato di Leontini che viene eletto: è Giambattista Genovese, lista  Leontini sindaco’, fedelissimo di Gianfranco Miccichè e occupato nello staff della senatrice Daniela Ternullo la quale deve la fortuna del seggio proprio a Miccichè al quale subentra a palazzo Madama a gennaio 2023 per effetto della sua opzione all’Ars dopo la doppia elezione, il 25 settembre 2022, a Palermo e a Roma.

Nell’ufficio della neo senatrice di Siracusa – già deputata all’Ars con il Mpa nel 2019, subentrata a Giuseppe Gennuso decaduto per una condanna, quindi passata a Fi – tanti devoti a Gianfranco Miccichè come il ragusano Giancarlo Migliorisi, da decenni titolare di incarichi dirigenziali in organi istituzionali su nomina fiduciaria dell’ex presidente dell’Ars, immortalato dalle cronache ad aprile 2023 in quanto, nell’ambito di un’inchiesta per truffa e peculato nei confronti di Miccichè, emerge che Migliorisi con l’auto blu dell’Assemblea regionale siciliana e relativo autista va ad acquistare dosi di droga da uno spacciatore poi arrestato. Indotto a dimettersi dal presidente dell’Ars Gaetano Galvagno, nel cui ufficio di presidenza lavorava ‘in quota-Miccichè’, Migliorisi trova posto negli uffici del Senato della Repubblica, prontamente assunto dalla neo senatrice Ternullo.

Per la cronaca il presidente del consiglio comunale di Ispica Genovese nelle europee dello scorso mese di giugno, si schiera con la Lega.

Tornando al filo conduttore dei fatti, Galifi e Milana una volta entrati nel Mpa (il primo ne è, anche attualmente, il coordinatore provinciale) diventano nemici, o avversari di Abbate, ma continuano a sostenere Leontini. Almeno fino ad un certo momento perché, alcuni mesi dopo, cominciano le frizioni che prendono forma in svariate contestazioni al sindaco e alla sua amministrazione per le gravi inadempienze in relazione alla situazione di dissesto dichiarata dal Comune il 30 dicembre 2020. La deliberazione è uno dei primi atti della giunta-Leontini che ha in seno, come assessore al bilancio, Giuseppe Barone, lo stesso della precedente amministrazione di centrosinistra guidata da Muraglie la quale nella fase finale del mandato propone un piano di riequilibrio pluriennale ma il consiglio, dove l’esponente Pd non ha più la maggioranza per i continui passaggi di campo di non pochi consiglieri, lo boccia. Respinto il piano di riequilibrio, al Comune ben presto non rimane che ingoiare la ben più amara pillola del dissesto, remake di quello del 2013, durante il secondo mandato di Pietro Rustico (Fi-Pdl) inutilmente impugnato dal sindaco-avvocato con ricorsi sempre bocciati e costosi giudizi in tutte le sedi possibili: Tribunale amministrativo regionale, Consiglio di giustizia amministrativa, Sezioni unite della Corte dei Conti.

Riprendendo la cronologia degli eventi, siamo dunque a fine 2020, Leontini s’è appena insediato e nell’autunno 2024, quasi quattro anni dopo, gli vengono contestate gravi inadempienze in tema di gestione finanziaria, nella cornice dei rigidi vincoli del dissesto, dalla segretaria comunale Loredana Torella, subentrata il 28 settembre 2023 a Giampiero Bella, legatissimo ad Ignazio Abbate come documentano i disastri e la scellerata gestione finanziaria del Comune di Modica di cui oltre che segretario generale era anche dirigente responsabile del settore finanziario. Ed anche ad Ispica il primo dissesto, dichiarato nel 2013, vede in carica Bella, giunto a palazzo Bruno ad agosto 2012 e rimastovi in diversi periodi continuativi anche di più anni, pur tra tanti altri incarichi, fino, appunto a settembre 2023. Come vedremo tra poco, da tre mesi è nuovamente a Ispica.

Quattro anni dopo la dichiarazione di dissesto con cui Leontini a fine 2020 apre la sindacatura, la situazione finanziaria è un disastro e di un bilancio riequilibrato (per legge in tre mesi) neanche l’ombra. Lo fa presente la segretaria comunale Loredana Torella che segnala i debiti fuori bilancio: cacciata all’istante

Sulla stessa linea della segretaria nelle contestazioni a Leontini i due consiglieri del Mpa Galifi e Milana. Peraltro questi, come abbiamo visto, il 17 luglio 2024 lascia la carica di assessore, assunta appena sei mesi prima, per la propria ‘dichiarata incompatibilità con il collega di giunta Tonino Cafisi (ex Pd ed ex presidente della locale Cna, attualmente in FdI), imprenditore nel settore edile e delle costruzioni. E’ a questi che in consiglio comunale, dopo l’uscita dall’esecutivo e il passaggio all’opposizione, quindi in estate inoltrata, sembrano indirizzate le accuse, lanciate da Milana, di abusi edilizi sulla fascia costiera le quali vedono attivarsi anche la segretaria generale Loredana Torella per una azione della polizia locale, ma nel caso di cantieri non più in esercizio solo l’autorità giudiziaria ha titolo per intervenire. Ne segue un nulla di fatto ma l’episodio racconta comunque il nuovo registro delle relazioni tra il gruppo Mpa e la giunta-Leontini.

Nei mesi successivi si rompono anche i rapporti tra il sindaco e la segretaria del Comune.

Loredana Torella, messinese, 46 anni, dopo una lunga esperienza in piccoli comuni soprattutto del Catanese, giunge a Ispica a settembre 2023, forte di credenziali importanti come quelle agli atti dell’inchiesta giudiziaria su appalti truccati che travolge il Comune di Melilli il cui sindaco Giuseppe Carta il 13 febbraio 2019 viene arrestato dopo averla cacciata perchè lei si ostinava a pretendere il rispetto delle norme e metteva nero su bianco violazioni e anomalie. In quell’inchiesta giudiziaria il pubblico ministero della direzione distrettuale antimafia Fabio Scavone dà atto alla funzionaria, ‘baluardo di legalità’, di non avere svenduto la sua funzione al potere politico come altri dirigenti dell’ente e per tale ragione ha dovuto subire angherie e ritorsioni fino all’interruzione traaumatica del rapporto.

Qualcosa di simile succede ad Ispica nell’autunno caldo del 2024.

Il 23 ottobre in consiglio comunale emerge la gravità dei ritardi, in un quadro di anomalie e omissioni, relativamente al dissesto finanziario: in pratica quattro anni dopo la dichiarazione di dissesto, non c’è neanche l’ombra di un bilancio stabilmente riequilibrato e il mandato dell’organismo straordinario di liquidazione volge alla conclusione. Ad un certo punto Leontini annuncia rassicurante che risponderà alla Regione ma, subito dopo, la segretaria Torella gli fa presente che alla Regione e al Ministero dell’Interno ha già risposto lei, riscontrando una diffida del 17 ottobre avente ad oggetto gli obblighi relativi al bilancio stabilmente riequilibrato e la violazione dell’art 259 del Tuel, Testo unico enti locali, il quale impone al Comune di predisporre entro tre mesi (invece sono passati quattro anni) un’ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato; inoltre la segretaria informa il consesso di avere manifestato le proprie perplessità per il mancato inserimento da parte del consulente incaricato (l’ente è privo di un responsabile del settore finanziario) dei debiti fuori bilancio, aggiungendo anche di avere compiuto una ricognizione di tutti i debiti fuori bilancio inopinatamente esclusi dalle poste contabili e di essere pronta a comunicarli agli organi competenti.  Il sindaco scopre in quel momento gli atti compiuti dalla segretaria e, dopo la seduta, va su tutte le furie. Praticamente dal giorno dopo la funzionaria non c’è più.

In quella risposta alla Regione e al Viminale, che sindaco, giunta e consiglieri coosceranno solo nei giorni seguenti quella seduta, Torella fa una radiografia impietosa delle violazioni e delle inadempienze: traducendone il senso, in pratica rileva che manca uno straccio di bozza di piano stabilmente riequilibrato che da anni invece dovrebbe essere approvato; osserva che dalle relazioni approntate da una società di consulenza incaricata risulta al 31 dicembre 2023 un passivo di € 16.583.306,06; evidenzia la gravità del mancato inserimento di consistenti debiti fuori bilancio; ammonisce che il 31 dicembre 2025 si concluderà il mandato dell’organo di liquidazione il quale peraltro il 22 febbraio 2024 ha certificato un fabbisogno di 31 milioni (€31.030.816,27).

A Leontini non piacciono lo zelo e l’ autonomia con la quale la segretaria del Comune adempie alle funzioni e la sua avventura a palazzo Bruno di Belmonte finisce praticamente lì: oggi continua ad espletare l’incarico assunto in precedenza a Ramacca e fa parte dell’organismo straordinario di liquidazione di un altro ente in dissesto, il Comune di Chiaramonte Gulfi.

E nel Comune di Ispica che, dall’oggi al domani, per il ‘licenziamento in tronco’ di una funzionaria dalla schiena dritta voluto dal sindaco, si ritrova privo di segretario generale che succede? Semplice! Una … Bella soluzione è a portata di mano: c’è il noto collezionista di incarichi Giampiero Bella (qui) un articolo di In Sicilia report del 23 dicembre 2023) pronto a tornare, il burocrate fedelissimo fin dal 2015 all’allora sindaco di Modica Ignazio Abbate, perciò premiato con la nomina alla Provincia dopo la gestione disastrosa del Comune di Modica al servizio degli affari del deputato cuffariano e della fidatissima erede designata Maria Monisteri la quale ne garantisce piena continuità fino al punto cruciale della dichiarazione di dissesto, nota specialità della casa A&B (Abbate&Bella), nel quale per la prima volta la sindaca trova un sussulto di dignità e si dissocia dal proprio mentore.

Tornando alla matassa intricata delle beghe mosse da interessi personali nell’agire politico lungo le quali cambiano spesso le posizioni pro o contro la giunta Leontini, proprio l’assessore al bilancio Giuseppe Barone il quale in autunno 2024 subisce per la gestione finanziaria dell’ente gli attacchi di Milana e Galifi, appena nove mesi prima, il 30 dicembre 2023, viene strenuamente difeso dai due che attaccano invece il consigliere Pd Stornello ‘colpevole’ di critiche proprio alla condotta dell’amministrazione in riferimento al dissesto. Ci pensa poi, come visto, la segretaria comunale Torella a richiamare tutti alla realtà.

Leontini con una conferenza stampa suona l’allarme antimafia sull’azienda in cui ‘fino a qualche giorno prima, da padrone di casa’ va ad incontrare Angelo Galifi (parole sue pronunciate in pubblico) per tentare di mantenerne il sostegno

Tornando all’allarme-mafia che il 29 luglio 2024 il sindaco fa risuonare all’improvviso con la conferenza stampa, va detto che fino a poco tempo prima, quando è tutto noto pubblicamente sulla vicenda Gali Group, Leontini discute con l’esponente del Mpa, lo incontra e partecipa a riunioni perfino nella sede dell’azienda, l’ipotetico ‘corpo del reato’ attraverso il quale, secondo i toni di quell’allarme, passerebbero gli intrecci e i rapporti di Galifi con il clan mafioso Trigila per le mani dell’affiliato Caruso.

E’ lo stesso Galifi, dopo quella conferenza stampa, a chiederne conto pubblicamente al sindaco Leontini con queste parole: ‘Ma se fino a qualche giorno prima sei venuto da me in azienda, da padrone di casa…’

Come spiegare allora il Leontini folgorato dalla scoperta improvvisa, e tardiva, del rischio-mafiosità dell’azienda in cui era ‘padrone di casa’ anche quando erano noti i fatti per i quali ora lancia l’allarme? Una performance degna del talento di Leopoldo Fregoli?

Ciascuno può darsi la risposta che crede. Stando ai fatti, è vvio che il sindaco, già da tempo privo di maggioranza, cerchi di non perdere il sostegno dei due esponenti del Mpa ma è dubbio se e quanto tale ‘legittimo’ interesse possa attenuare, nella percezione della sequenza oggettiva delle vicende, il senso della sua presa di posizione. Sorprende infatti la conferenza stampa del 29 luglio 2024 in cui Leontini prende di mira Galifi con toni e affermazioni che, qualsiasi in proposito possa essere il punto di vista di ciascuno, stridono con i propri comportamenti e atteggiamenti dei giorni, delle settimane e dei mesi precedenti e, in generale, della propria intera lunga storia politica.

Il Domani ibleo il 30 luglio mette in rilievo la premessa dalla quale muove Leontini nella conferenza stampa (“La mia condotta personale e politica è stata sempre onesta, nemica del malaffare e delle mafie”) per poi riferirne il punto essenziale: <<“alla base della convocazione una questione importante a cui forse – avverte il sindaco – non è stato dato il giusto peso in queste settimane ma che rischia di gettare un’ombra sulla città di Ispica… Qualche settimana fa, infatti, è venuta fuori una notizia che riguarda in prima persona il consigliere Angelo Galifi e la sua azienda. A questo punto il sindaco ha riportato alcuni passaggi dell’articolo pubblicato lo scorso 12 luglio…Nell’articolo in particolare si parla dell’avolese Giuseppe Caruso per cui, a seguito dell’operazione antimafia “Robin Hood” è stata chiesta una condanna a 18 anni di reclusione. Caruso ritenuto uomo di fiducia di Antonio Trigila del clan Trigila Pinnintula avrebbe dichiarato, in una delle tante conversazioni intercettate di essere “il responsabile commerciale dell’azienda Gali Group di Galifi” con tutto ciò che ne consegue>>. Così prosegue l’articolo di Mariacarmela Torchi: <<“Tutto questo non è accettabile – ha dichiarato il primo cittadino – io ho il dovere di difendere la mia città. Per questo chiedo al consigliere Galifi di fare un passo indietro nella sua doppia veste di consigliere e di vicepresidente del consiglio comunale, di liberare le istituzioni delle quali fa parte da ombre. Poi se riuscirà a dimostrare che è assolutamente estraneo sarà ancora più forte la sua posizione, però in questo momento si deve dimettere, in questo modo potremo difendere la città senza condizionamenti”>>.

Il contrasto di queste parole rispetto alla condotta dei giorni e delle settimane precedenti è stridente anche perché il decreto che dispone l’amministrazione giudiziaria della Gali Group è del 2 luglio, mentre anni prima, quando Angelo Galifi va d’amore e d’accordo con il sindaco – al punto da essere candidato ed eletto nella lista ‘Leontini sindaco’, peraltro dopo uno storico sostegno del padre Felice al centrodestra e in particolare a Leontini – è indagato nell’ambito dell’inchiesta antimafia e addirittura il pubblico ministero ne chiede l’arresto e il sequestro preventivo dell’azienda: misure entrambe rigettate, come abbiamo visto, dal Gip. Leontini dunque, presumibilmente, frequenta (da ‘padrone di casa’, gli rinfaccia prontamente come abbiamo visto Galifi) l’azienda proprio quando il suo fedele consigliere è indagato per concorso in associazione mafiosa e continua a farlo per tre-quattro anni dopo l’archiviazione delle accuse a suo carico, e però all’improvviso, casualmente quando il vice presidente del consiglio comunale gli ritira l’appoggio politico, il sindaco impugna il megafono antimafia.

Infatti quando Leontini, come folgorato da non si sa cosa – lui cuffariano del Pid mentre Cuffaro è in carcere, condannato con sentenza definitiva a sette anni di reclusione per reati commessi, da politico e presidente della Regione in carica, al fine di favorire la mafia – chiede a Galifi di dimettersi, la posizione di questi è da lungo tempo archiviata, mentre l’unico fatto nuovo è rappresentato da una certa linea critica verso l’operato dell’amministrazione.

Un anno prima il post con cui Angelo Galifi inneggia al capo della Nuova camorra organizzata Raffaele Cutolo. Gianni Stornello (Pd) ne chiede le dimissioni ma allora il vice presidente del consigio comunale è con Leontini che perciò lo difende con argomenti e parole da rileggere oggi una ad una

Peraltro, se quella di Leontini fosse una sincera e naturale pulsione anti-mafiosa, un fatto notevolmente antecedente avrebbe dovuto sollecitare il suo istinto e la sua coscienza. Un anno prima, il 12 agosto 2023, quando è in totale sintonia con Leontini, Angelo Galifi riprende sul proprio profilo fb il video di un’intervista del capo e fondatore della Nuova camorra organizzata Raffaele Cutolo, condannato a quattro ergastoli e morto a 80 anni dopo averne trascorsi 50 in carcere continuando a ordinare omicidi e a guidare i suoi traffici criminali. Galifi, consigliere comunale di maggioranza della lista ‘Leontini sindaco’ e vice presidente del consiglio comunale, aggiunge a quell’intervista il proprio commento: ‘U professore aveva ragione’. Il post conquista titoli sui giornali, anche perché interviene Francesco Emilio Borrelli, giornalista napoletano e deputato alla Camera della lista Verdi-Sinistra, il quale fa una denuncia parlamentare: <<la trovo – afferma – una inaccettabile mancanza di rispetto per le tante vittime innocenti di camorra e per l’istituzione che dovrebbe rappresentare tenendo ben presente cosa significhi prendere a modello un criminale che ha rappresentato una delle peggiori pagine di cronaca nera del nostro Paese. Indegno per chi dovrebbe rappresentare lo Stato e invece idolatra l’anti-Stato>>.

Il quotidiano locale La Sicilia titola ‘consigliere comunale nella bufera per un post che inneggia a Raffaele Cutolo’, ma a Ispica l’unico che cerchi di proteggere il Comune dalla bufera non è il sindaco, ma un consigliere d’opposizione, Gianni Stornello, del Pd. Già vice sindaco nella giunta-Muraglie, subentrato pochi mesi prima ad aprile 2023 al dimissionario Giuseppe Roccuzzo attuale segretario generale della Cgil Ragusa, Stornello prontamente chiede le dimissioni di Galifi come il 14 agosto 2023 documenta il quotidiano NuovoSud.it:  <<Al Consiglio comunale di Ispica – afferma l’esponente Pd – non ci facciamo mancare proprio niente. Dopo la gara fra consiglieri per chi è più cuffariano dell’altro, un nome pesante, ingombrante e se vogliamo pure inquietante irrompe sulla scena: Raffaele Cutolo, il boss della Nuova camorra organizzata. Cutolo – spiega il consigliere del Pd – avrebbe trovato il favore del vice presidente del Consiglio comunale Angelo Galifi che su Facebook avrebbe condiviso il video dell’intervista a Cutolo di Joe Marrazzo. Nel commento, poi rimosso assieme a tutta la condivisione, Galifi avrebbe scritto, riferendosi a Cutolo, “U professore aveva ragione”. Per motivi molto ma molto meno gravi avevo considerato Galifi inadatto al ruolo. Su una cosa del genere non c’è alternativa alle dimissioni da consigliere, e quindi da vice presidente del consiglio. Il tema è fin troppo delicato per adottare mezze misure>>.

Quella di Stornello rimane una voce isolata. Da Leontini silenzio. Anzi da lui giungono parole solidali di comprensione in favore di Galifi come il sindaco un anno dopo gli rinfaccia nel momento in cui gli rode l’uscita del consigliere dalla maggioranza.

Ecco come, il 15 agosto 2023, Leontini si esprime sul profilo fb ‘Innocenzo Leontini – sindaco di Ispica’, quindi una pagina istituzionale del Comune (qui).

<<Angelo Galifi ha riconosciuto l’insostenibile leggerezza dell’essere e lo ha ammesso! E’ quello che si chiedeva. Il consigliere Galifi è incappato in uno scivolone sui social. Basta! Rilanciare con la richiesta di dimissioni – sentenzia l’amico sindaco – è una cattiveria stucchevole, è una strumentalizzazione dovuta alla voglia di buttare fango. Le dimissioni o le rimozioni nei parlamenti regionale e nazionale non sono state richieste nemmeno durante lo svolgimento dei processi, con tanto di rinvii a giudizio o di imputazioni, ma solo dopo le condanne. Ci sono persone che si proclamano tribunali ambulanti e pretendono di colpire una frase irregolare e leggera con un’azione al di fuori delle regole e pesante. Per loro il garantismo è un oltraggio. Persino l’ammissione di una inconsapevolezza deve essere respinta. Angelo Galifi appartiene ad un gruppo imprenditoriale che crea e da lavoro ed economia al territorio. Onestamente! La mafia, invece, tortura e uccide il lavoro. Angelo Galifi appartiene ad un ambiente politico-elettorale ed istituzionale impermeabile e trasparente, per il quale – testimonia e garantisce Leontini – la mafia fa schifo ed è un nemico da abbattere. Essa assedia gli ambienti vulnerabili. Le leggi, il garantismo, le regole non valgono per alcuni. Nemmeno i nostri padri latini valgono per loro. Essi dicevano: ” In dubio, pro reo “. Il tempo passa invano?>>.

Il testo integrale della difesa che il giorno di ferragosto del 2023 Leontini concede a Galifi ci consente di pesarne ogni parola. Anche a volere tralasciare il richiamo al grande scrittore ceco Milan Kundera, scomparso peraltro appena un mese prima, l’11 luglio 2023 a 93 anni, e al titolo del suo più noto romanzo di successo, fanno impressione le parole della seconda parte, soprattutto se confrontate con quelle usate nella conferenza stampa meno di un anno dopo: Galifi è la persona di prima, nel 2024 come nel 2023 (già nel 2021 non è più indagato), l’azienda la stessa da lui frequentata negli anni fino a non molto tempo prima del 29 luglio 2024. Ed anche la novità dell’amministrazione giudiziaria, risalente al 2 luglio e resa pubblica il 12 dall’articolo di Francesco Nania del quotidiano La Sicilia e da vari organi di stampa, fino al 29 non produce mutamenti nella percezione di Leontini il quale, come abbiamo visto, all’improvviso, solo dopo avere perso il sostegno di Galifi e Milana, abbandona il garantismo professato prima e lo volge nel suo opposto.

Stornello peraltro ad agosto 2013, come abbiamo visto, fa presente di avere per molto meno chiesto già le dimissioni di Galifi e, coerentemente, in ogni caso da quel 12 luglio 2024 in cui la stampa riferisce delle affermazioni dell’ex collaboratore della Gali Group e dell’amministrazione giudiziaria in atto nell’azienda, l’esponente Pd sistematicamente abbandona i lavori del civico consesso quando a presiederli è il consigliere eletto nella lista Leontini sindaco poi passato al Mpa il quale della Gali Group è amministratore e legale rappresentante.

Stornello peraltro, quando è assessore e vicesindaco nella fase finale della consiliatura precedente, sindacatura Lucio Muraglie del Pd, il 14 gennaio 2020 denuncia un’ aggressione fisica da parte di Salvatore Milana – già consigliere comunale nel periodo 2005-2010, eletto a sostegno di Piero Rustico di Forza Italia e in quel momento privo di incarichi politici – il quale, per i suoi interessi di produttore agricolo contesta un provvedimento del Comune di divieto di transito ai mezzi pesanti nel centro urbano.

L’aggressione avviene alle 8 del mattino in piazza Mazzini nel centro di Ispica e, secondo la denuncia e i referti allegati, provoca a Stornello la frattura del dito di una mano. Milana nega di esserne l’autore e, dopo cinque anni, il processo per lesioni e oltraggio a pubblico ufficiale è ancora in corso dinanzi al tribunale di Ragusa dove la prossima udienza è fissata il 16 maggio 2025.

La non sfiducia a Leontini non è la vittoria dell’antimafia, ma una nuova pagina dell’agonia civile e democratica di un Comune specchio di gran parte dell’Italia

A proposito del personale della Gali Group, al di là della vicenda dei rapporti con Caruso, dipendente nel 2014-2015 e poi fino all’arresto collaboratore autonomo – modifica intervenuta su sua richiesta e per suo interesse fiscale-retributivo  – sostanzialmente con identità di mansioni (procacciare clienti per i servizi di logistica e di trasporto di prodotti agricoli nelle varie destinazioni), un episodio singolare, del tutto privo però di ogni potenziale responsabilità per l’impresa, è dato dall’arresto di un suo dipendente addetto al servizio di custodia: un uomo di 48 anni fermato e portato in carcere il 3 novembre 2024 con l’accusa di tentativo di omicidio per avere, il pomeriggio del giorno prima, sabato 2 novembre, nella centralissima via Cavour di Ispica, sparato numerosi colpi di pistola, per fortuna non andati a segno, all’indirizzo dell’ex compagno della figlia e per avere successivamente proseguito la sparatoria anche contro l’abitazione. Il dipendente è stato subito licenziato.

Oggi, del personale della Gali Group, almeno fino a giugno prossimo – poi vedremo le decisioni dei magistrati – si occupa l’amministratore giudiziario sotto le direttive del Tribunale. Abbiamo ampiamente esplorato in proposito la natura, le motivazioni e le finalità dell’affiancamento agli organi ordinari di gestione dell’impresa che fanno capo ad Angelo Galifi ed abbiamo anche visto come egli, indagato nell’ambito dell’inchiesta antimafia sul clan Trigila per possibile concorso esterno, abbia visto la propria posizione archiviata prima ancora della conclusione delle indagini preliminari e dell’operazione dell’11 maggio 2021 sfociata in tredici arresti. Insomma risultava indagato e, in un certo senso potremmo dire, in ‘odor di mafia’, quando era fedelissimo del garantista Innocenzo Leontini. Sei mesi fa, quando da almeno tre anni non è più indagato, Galifi subisce invece le accuse di Leontini il quale, a prescindere dalla stabilità o meno del suo tasso di ‘garantismo’ così come declinato sul proprio conto e su quello degli amici di partito in quasi mezzo secolo di militanza politica in vari partiti, dal Psi a Fi passando per il Pid e FdI, ne chiede le dimissioni. Abbiamo anche in breve sintesi riferito il senso delle sue dichiarazioni in conferenza stampa per le quali Galifi lo ha querelato per diffamazione: sia a titolo personale che quale legale rappresentante della Gali Group.

Vedremo, ma intanto la ‘resa dei conti’ in consiglio comunale, la sera del 29 gennaio, dopo cinque ore di dibattito, svela la natura della partita in atto. Il Comune versa in una situazione di disastro assoluto. Da quattro anni in dissesto, nuovamente dopo quello del 2013, senza un bilancio riequilibrato, sta sprecato totalmente l’opportunità del riequilibrio con l’azzeramento dei debiti pregressi in conto alla liquidazione straordinaria. Inoltre non ha un responsabile del settore finanziario ed è fuori controllo.

Di tutto ciò non c’è traccia nel testo della mozione di sfiducia, ma, sia chiaro, questa notazione è per mero dovere di cronaca: difficile, anzi impossibile alla luce dei fatti immaginare che qualsivoglia contenuto della mozione potesse acquistare rilievo nella predisposizione d’animo di tutti o, quasi tutti, i consiglieri a valutarlo, liberi da influenze, posizionamenti, interessi veri o presunti schiacciati sull’appartenenza nell’istante presente quale viatico per utilità personali future. Un’inclinazione, anche solo abbozzata, al merito di una scelta ancorata all’interesse della città per il migliore andamento dell’ente risulta totalmente assente, sia tra i 9 sì, che tra i 5 no alla mozione di sfiducia. Leontini è in netta minoranza: solo cinque consiglieri su 16 sono, oggi, con lui ma manca il decimo voto di sfiducia, perchè due consiglieri d’opposizione non si schierano: Gianni Stornello del Pd e Paolo Monaca, già in giunta con Leontini e poi defenestrato per la propria candidatura con Cateno de Luca alle regionali del 25 settembre 2022.

Stornello probabilmente si rifiuta di associare il proprio voto ad una mozione che porta in testa la firma di Galifi, in coerenza con la posizione più volte assunta in precedenza e rinunciando a realizzare il risultato politico di porre fine alla sindacatura-Leontini che il suo partito definisce ‘amministrazione fallimentare e dannosa per la città’ al punto da non rinunciare a far sapere, anche ex post, la superiorità delle ragioni proprie della necessità di ‘porre fine a questa vergogna e restituire dignità alla città’.

La mozione è in archivio, priva del decimo voto che a Leontini salva la cappa, e allora valgono ancora i voti espressi dagli elettori il giorno di San Francesco del 2020 quando lo scelse la metà di loro, il 50,3%. Al suo fianco allora c’era Galifi che oggi prova a sfiduciarlo e lo querela.

Di atti mafiosi in Comune o di interessi mafiosi negli atti amministrativi di qualsivoglia organismo interno, tecnico, burocratico, amministrativo o politico, finora non risulta traccia. Ma questa non può essere una consolazione nella situazione di sbando totale, di violazione sistematica e di incapacità assoluta dell’amministrazione a corrispondere minimamente al sentire e ai bisogni della città.

Però una cappa non può mai valere una città, neanche se modellata come il ‘vestito antineutrale’ di Giacomo Balla.*

Ps.

*Non c’è doppio senso nella citazione di questo artista, forse non del tutto inutile anche solo per sollecitare la ricerca di certe verità storiche mentre è in corso nella Galleria nazionale d’arte moderna a Roma la mostra ‘Il tempo del futurismo’ che avrebbe richiesto ben altro rigore scientifico ed invece purtroppo è quella concepita e ossessivamente voluta da un pasticcione ridicolo, e però anche tanto velleitario quanto ignorante e presuntuoso, come l’allora ministro Gennaro Sangiuliano.

In conclusione appare poca cosa ciò che accade oggi in quella che fu Ispicae Fundus che oltre 570 anni fa volle un po’ d’autonomia e seppe staccarsi dalla Contea di Modica, il Regnum in regno dei Cabrera che la vendettero ad Antonio de Carusio (nome ben presto tramutatosi nel Caruso del nostro tempo affiorato anche in queste cronache) funzionario amministrativo d’alto rango il cui discendente a sua volta la cedette ai marchesi Statella per fare giungere fino ai nostri giorni la loro casa di famiglia, palazzo Bruno di Belmonte, che però da cinquant’anni non è più res privata ma res publica, tempio della massima istituzione della città e perciò teatro delle vicende – comiche o tragiche – qui raccontate.