Con InSiciliaTV l’informazione la fai tu

Ignazio Abbate sarà incandidabile per dieci anni. E’ solo una delle conseguenze – certa per l’ex sindaco, vedremo se anche per altri responsabili – del dissesto del Comune di Modica, ormai inevitabile: deve solo essere dichiarato ed ogni ritardo è fonte di nuove responsabilità. Tra i vari effetti, oltre al risarcimento del danno secondo il processo ordinario, anche l’automatica sanzione economica da 5 a 20 mensilità dell’indennità percepita: l’ordinanza della Corte dei conti è chiara e non lascia scampo. Ecco tutti i contraccolpi per l’ente e la città, per gli amministratori fino alla sindaca in carica Maria Monisteri, per i creditori. Già attestato un disavanzo di 125 milioni di euro ma dal ‘vaso di Pandora’ dei debiti fuori bilancio e dal piano di riequilibrio tenuto nascosto dal Comune si stima possano uscire nuove passività fino a 200 milioni, un fardello di 20 mila euro pro capite, se caricato sui contribuenti effettivi: è il ‘pacco’ regalo confezionato in undici anni e mezzo di gestione scellerata basata su falsità nei conti, su trucchi, raggiri, omissioni, violazione sistematica di norme con il concorso di funzionari asserviti nella spirale corruttiva e di ricatti che è il modus operandi e ‘marchio di fabbrica’ del seguace di Totò Cuffaro. La relazione finanziaria della dirigente Di Martino equivale ad un atto-confessione e ravvedimento tardivo dopo 18 mesi di fedele prosecuzione della linea di Giampiero Bella, il superburocrate per otto anni al fianco di Abbate e saldo pilastro del suo ‘sistema’

11.779

Modica deve gran parte dell’importanza del suo nome ai sei secoli della propria storia di capitale della Contea, di cui tre ricadenti nel Medioevo e altrettanti in età moderna.

In epoca medievale, se vogliano attingervi elementi utili nell’attualità, al banchiere insolvente veniva ‘rotto il banco’: da qui il termine bancarotta che descrive la situazione, appunto di insolvenza, dell’imprenditore fallito. Nell’ordinamento penale vigente la bancarotta può essere semplice o fraudolenta, a seconda che sia colposa o dolosa: da tre a dieci anni di reclusione la pena prevista in questo secondo caso.

Se il Comune di Modica fosse un’impresa oggi sarebbe in situazione di bancarotta e responsabile massimo ne sarebbe colui che, candidatosi nel 2013 quando la sua attività era proprio quella di imprenditore, nel settore agricolo, ne è stato sindaco per nove anni fino al 2022 e ancora oggi ne governa le sorti attraverso uno stuolo di fedelissimi in capo ai quali si trova la sindaca da lui prescelta, Maria Monisteri.

Artefice di questa ‘bancarotta’, non di un’impresa ma dell’ente comunale che costituisce la massima istituzione cittadina, è l’imprenditore-sindaco Ignazio Abbate, da due anni deputato all’Assemblea regionale siciliana dove, eletto nel partito Dc di Totò Cuffaro pregiudicato per favoreggiamento della mafia, presiede per sua grazia la Commissione affari istituzionali.

In un certo senso e per alcuni aspetti, fatta salva la totale diversità concernente la specificità ci ciò che nel linguaggio commerciale sono il ‘prodotto’ e il cosiddetto ‘utile’,  un ente pubblico può essere associato ad un’impresa in cui, figurativamente, ‘proprietari’ sono i cittadini-contribuenti ai quali spetta di scegliere l’amministratore a cui affidare i poteri di gestione. In questa ipotesi – cioè se l’ente fosse un’impresa – da tempo le vittime, ovvero i soci-cittadini, avrebbero promosso azione di responsabilità, i libri contabili sarebbero in tribunale, la bancarotta fraudolenta flagrante e i colpevoli alla sbarra.

Il Comune non è un’impresa, la sua vita è disciplinata da altre norme – di diritto pubblico e amministrativo innanzitutto – e il comportamento del ‘bancarottiere’ per un certo tempo può continuare impune, premiato anziché arrestato e sanzionato, poiché il danno finale è posto prevalentemente in capo allo Stato, quindi ai contribuenti tutti, e le ‘vittime’ dirette, i cittadini residenti nel Comune, in parte non capiscono o non percepiscono di essere tali, in parte non lo sono affatto perché beneficiarie e corresponsabili della colossale malversazione; in misura ancora più ampia – data dai risultati elettorali comunali del 2018 e del 2023, simili a quelli in cui i soci di un’impresa a proprietà diffusa eleggono il loro amministratore – sono comunque complici.

Undici anni dopo l’inizio di questa vicenda dolorosa e umiliante per la città, purtroppo con tutti i gravi ritardi del caso, siamo al dunque.

Questo è il quindicesimo articolo-inchiesta (l’elenco completo, con i link di accesso, alla fine) sul Comune di Modica pubblicato da In Sicilia Report, sempre a mia firma anche per rendere palpabile la responsabilità delle affermazioni contenute in esso e in tutti quelli che sono seguiti. Infatti fin nel primo, due anni fa, il 12 dicembre 2022, ho parlato di bilanci falsi e descritto innumerevoli operazioni volontarie di manipolazione dei dati contabili. Ciò ha suscitato perplessità anche tra quanti, estranei al ‘sistema-Abbate’ e a conoscenza di tale situazione, si dichiarano – e in gran parte si può presumere siano – ben disposti a contrastarla; perplessità dinanzi ad un linguaggio-verità come quello dal quale io invece, come attestano tutti gli articoli successivi – molti dei quali battenti sempre sul tasto dolente e macroscopico di una gestione finanziaria da bancarottieri – non riesco a discostarmi.

Poiché credo molto nel valore della coscienza civile collettiva e della memoria dei fatti nel tempo medio-lungo, come base della conoscenza critica presupposto ineludibile dell’esercizio di democrazia, alla fine di questo testo non farò mancare qualche cenno di recupero a tale memoria di alcuni degli elementi contenuti nei quattordici articoli precedenti e concernenti il tema del dissesto del Comune di Modica.

Il dissesto di un ente pubblico è simile alla bancarotta di un’impresa ma, a differenza di questa, non può avvenire per accidente ma per reiterate violazioni di legge. Le responsabilità in sequenza in undici anni e mezzo di ‘sistema-Abbate’   

Il termine ‘dissesto’ è per un ente pubblico l’equivalente della bancarotta dell’impresa. Le inevitabili differenze sono dovute a fattori per i quali le responsabilità di chi lo determina non sono minori, ma maggiori e più gravi, di quelle che concorrono alla bancarotta. E ciò perché non c’è alcuna possibilità che esse, nel dissesto, siano semplicemente colpose, come invece può accadere all’imprenditore; tali responsabilità, fuori da un singolo atto ‘accidentale’ e nella sequenza di un tempo congruo, sono necessariamente dolose. Lo sono per forza di cose, stante il complesso capillare di norme fin troppo dettagliate, di procedure regolamentate, di azioni di vigilanza con precisi doveri e atti dovuti ingiunti al vigilato, di controlli preventivi e di monitoraggi continui produttivi di obblighi tipizzati tali da rendere impossibile che, senza dolo, possa paventarsi anche solo un vago rischio di dissesto.

Nel settore economico privato l’imprenditore è solo e può fallire anche senza delinquere; in quello proprio della gestione della cosa pubblica l’amministratore non è mai solo, sottoposto com’è a continui controlli, ammonimenti, diffide e ingiunzioni e se ‘fallisce’ o, peggio, dissesta i conti, certamente ‘delinque’, se non sempre nel senso di violare la legge penale, cosa comunque ben probabile e molto frequente, certamente in quello etimologico di ‘venir meno’ ai propri doveri, non solo di ethos pubblico, ma anche a quelli imposti da precise norme giuridiche.

Per queste ragioni, descrivendo, sempre nel puro rispetto della verità, fatti e misfatti del Comune di Modica negli undici anni e mezzo di era del ‘sistema-Abbate – mai interrotta né dalla gestione della commissaria Domenica Ficano in carica per un anno con i poteri di sindaco e giunta, né dall’amministrazione di Maria Monisteri in atto da oltre diciotto mesi – più volte ho utilizzato la parola dissesto quale risultante inevitabile della ‘mala gestio’: i nostri lettori e lettrici ben sanno che gli scellerati innumerevoli atti compiuti da amministratori, burocrati e dirigenti comunali vanno ben oltre una semplice mala gestio perché recano impressi e ben visibili i connotati inconfondibili del falso, del raggiro, dell’elusione, comunque della consapevole e reiterata violazione di molteplici norme tale da impedire ogni dubbio sull’habitus delinquendi.

Come promesso, alla fine di questo articolo potremo per brevi cenni rievocare alcuni dei fatti più gravi denunciati in oltre due anni (personalmente, anche da più tempo, per esempio nel 2018 e 2019 con i servizi quotidiani su La Prima Tv, altra testata giornalistica da me diretta) e constatare insieme che il dissesto del Comune di Modica non solo è inevitabile oggi, ma lo è da molto tempo a causa dei comportamenti dolosi compiuti e reiterati negli anni: dal sindaco Abbate innanzitutto, non da solo ma con la complicità necessaria e decisiva di burocrati, dirigenti e funzionari a lui fedeli, con lui co-delinquenti proprio in quanto ‘fedeli’: fidi in pactum sceleris perché prescelti, nominati e costantemente premiati, anche indebitamente con i soldi dei cittadini, proprio perché prostituissero la loro funzione violandone gli obblighi connaturati di imparzialità, buon andamento ed efficienza della pubblica amministrazione e la ponessero al servizio degli interessi privati e degli affari, spesso illeciti, del loro dante causa.

Dissesto quindi conclamato e inevitabile ma non ancora dichiarato. E in questo ritardo c’è la reiterazione, sfrontata e irresponsabile, incoercibile ed estrema, della causa prima di tutto ciò: il modus operandi del sistema-Abbate, in atto fin dal 2013, è noto a lettrici e lettori di In Sicilia Report. Ecco adesso gli sviluppi recenti che, anche agli occhi dei perplessi di prima, e con qualche esempio di tardivo ravvedimento, attestano l’avvenuto dissesto.

Tutte le falsità, i trucchi e i raggiri smascherati dalla Corte dei conti che il 9 settembre 2024 inchioda il Comune. Ecco come Abbate già nel 2013 comincia a scassare il piano di riequilibrio avviato dall’amministrazione-Buscema 

Due innanzitutto i fatti da focalizzare.

Il primo è la deliberazione, il 9 settembre scorso, della Corte dei Conti che ridetermina il vero disavanzo d’amministrazione del Comune di Modica in misura tale da rendere impossibile ripristinare parametri di equilibrio utili a scongiurare il dissesto.

Il secondo è la relazione sulla situazione finanziaria dell’ente trasmessa dalla dirigente comunale del settore finanziario e tributi Maria Di Martino il 15 novembre successivo al sindaco, al segretario generale, al commissario ad acta: se tra i destinatari c’è anche quest’ultima figura ciò si deve al fatto che il Comune di Modica da tempo è ‘sorvegliato speciale’, spodestato, in tema di bilanci e di atti contabili, della propria libertà e autonomia di funzioni perché inadempiente e baro recidivo compulsivo.

Vedremo brevemente nel dettaglio il contenuto di questi due documenti dei quali però possiamo subito cogliere il senso. Con il primo la Corte dei conti compie finalmente l’operazione-verità da tempo ostacolata dal Comune e dai suoi uffici con omissioni impertinenti, raggiri sfacciati, furbizie invereconde e falsificazioni impudenti. Con il secondo la dirigente del settore, per la prima volta, dopo un anno e mezzo di supina acquiescenza al ‘sistema-Abbate’, prende atto finalmente della verità certificata dalla magistratura contabile, dopo averla sempre incredibilmente negata pur nell’evidenza di tutti i fattori che da tempo, alle persone mosse da onestà almeno intellettuale, non lasciano dubbi di sorta.

A dire il vero i magistrati custodi dell’erario arrivano in ritardo, probabilmente non per propria colpa ma perché costretti a lungo – da certi ceffi insolenti insediatisi a capo del Comune di Modica – a giocare al ‘gatto con il topo’. Era solo questione di tempo. La parola tranciante e definitiva scritta nella deliberazione del 9 settembre 2024 fa calare il sipario sulla messinscena furfantesca animata da tempo a palazzo San Domenico da attori senza scrupoli pur di tirare a campare con menzogne, trucchi e mezzucci.

La Corte dei conti interviene sulle due relazioni semestrali del collegio dei revisori relative al 2023. Relazioni cui il 22 maggio 2024 seguono richieste di spiegazioni, chiarimenti e approfondimenti dinanzi alle quali i revisori stessi, il 19 giugno, possono solo alzare le mani per il muro di silenzio omertoso eretto dal Comune e dai suoi uffici. Il magistrato contabile prende atto e con i documenti disponibili finalmente tira le somme analizzando per intero il triennio 2021-2023, un periodo cruciale come vedremo perché è quello comprendente la fase finale della lunga rincorsa di Abbate verso un seggio all’Ars, rincorsa finanziata con un forte spreco di soldi pubblici e con atti ripetuti di violazione delle regole contabili al fine di mettere le mani su una liquidità, da spendere come moneta di scambio elettorale e di acquisto dei voti che gli servono, altrimenti inesistente.

La risposta, disarmata e disarmante, del collegio dei revisori alla richiesta istruttoria giunge il 19 giugno 2024. Quindi la Corte dei conti si mette al lavoro sulla base del rendiconto consuntivo del 2021, approvato solo il 10 gennaio 2024. Ricordate? E’ quello totalmente falso che in vari articoli ho denunciato come tale, perciò a lungo non approvato, poi però Abbate pretende dai suoi del consiglio comunale l’ennesimo atto di fedeltà e, con le parole di Manzoni (e i consiglieri della contea in luogo della monaca di Monza), gli … ‘sventurati rispondono’ (non tutti a dire il vero ma tanti, troppi: 17 dei 21 di maggioranza). Nel frattempo, il 15 luglio ‘24, il consiglio comunale approva il rendiconto ’22 e anche questo documento finisce sotto la lente d’ingrandimento della magistratura contabile. Che pertanto passa ai ‘raggi x’ l’intero periodo fino a tutto il 2023: e questa volta, dopo un lungo gioco a guardie e ladri, insieme a quello del gatto con il topo, la realtà prende il sopravvento e i maneggioni in servizio permanente per conto dell’Ignazio cittadino non hanno scampo.

Chi voglia può leggere integralmente in venti pagine il J’accuse della Corte dei conti (qui). Di seguito comunque qualche cenno agli elementi più importanti.

Innanzitutto il ritardo gravissimo nell’approvazione dei documenti contabili: quella dei conti consuntivi degli anni ’21 e ’22 giunge solo nel ’24, protratta oltre il termine di legge per 21 mesi il primo e 15 mesi il secondo, il che da tempo avrebbe dovuto comportare la decadenza degli organismi inadempienti, ma in materia decide la Regione e, si sa, a palazzo d’Orléans e nelle stanze dei vari assessorati su alcune materie, molte a dire il vero, non vale il diritto ma il… rovescio. Analogo colpevole ritardo anche nel bilancio di previsione 2022 che in quanto di ‘previsione’, dovrebbe essere approvato entro il 31 dicembre dell’anno precedente e invece vede la luce solo quindici mesi dopo, il 16 marzo 2023. Non ancora approvati inoltre sia i conti consuntivi, o ‘rendiconto’ del 2023 (già trascorso un intero anno), che i bilanci di previsione 2023 (siamo già a due anni) e 2024 (un anno).

Non sfugge a nessuno che il ritardo in questa materia racchiude il senso di tutto: è l’espediente degli imbroglioni che non possono mettere le carte sul tavolo perché non sono in regola, le hanno truccate, vogliono continuare a farlo e quindi hanno bisogno di prendere tempo, nuovo tempo che impiegheranno non per adempiere ma per nuovi sotterfugi, sperando poi di farla franca grazie a qualche deus ex machina che chiuda un occhio o dimentichi gli intrighi orditi magari per ingraziarsi un potente, o con l’aiuto di qualche sanatoria o nuova norma che cambi le regole, come nel caso dell’emendamento, che vedremo di seguito, presentato il 15 novembre scorso, lo stesso giorno in cui la dirigente Di Martino finalmente si ‘converte’ alla verità dei numeri, dal deputato alla Camera Nino Minardo.

Tornando all’atto d’accusa della Corte dei conti, ora che il ‘topo’ ha finito di giocare (la risposta del pur paziente e accondiscendente collegio dei revisori gli chiude finalmente ogni varco) e di nascondere i numeri, questi sono impietosi. Già al 31 dicembre 2020 il disavanzo è di € 73.641.409,54 e non di pochi milioni come sosteneva il Comune; il rendiconto ’21 peraltro segnala un peggioramento di altri € 7.530.022,16, come scritto con precisione di dati a suo tempo da In Sicilia Report: non solo a tempo debito non è ripianata la quota 2021 di € 20.497.288,50 del disavanzo di 73.641.409,54 ma viene portata a 28 milioni a causa di una spesa corrente scriteriata, gonfiata dai costi inutili e dannosi per il Comune ma necessari ad Abbate per acquistare i voti utili alle sue ambizioni personali.

Gestione dissennata anche del fondo anticipazione di liquidità (sono i soldi più ‘cari’, gravati dal più alto tasso d’interesse) che, a causa della bulimia elettorale, nel 2022 aggiunge al deficit d’esercizio altri € 18.547.694,16, portando – tra magheggi vari e irregolari ripartizioni in dieci anni di poste passive che per legge sono ad estinzione immediata – a € 32.087.670,46 la quota del disavanzo da recuperare interamente nel 2022: <<in sede di approvazione del bilancio di previsione 2022 – scrive la Corte dei conti – è stato adottato un piano di rientro sulla base di un disavanzo presunto alla data del 31.12.2021 pari ad euro 47.404.429,65, nettamente inferiore a quello effettivo di euro 81.171.431,70 a rendiconto 2021…>>.

Smascherate le prime menzogne, cade il velo anche sulle altre: <<Il rendiconto d’esercizio 2022 – osserva il magistrato contabile – ha chiuso con un notevole peggioramento da euro – 81.171.431,70 ad euro -117.621.832,62 (+ 44,91%). Si è quindi generato un maggior disavanzo di competenza del 2022 pari allo scostamento peggiorativo di euro 36.450.400,92, che, per gli stessi motivi di ritardata approvazione esposti in precedenza, deve essere ripianato immediatamente senza possibilità di dilazione. Ne consegue che non solo non è stato recuperato il predetto ammontare di euro 32.087.670,46, ma la gestione del 2022 ha creato un ulteriore disavanzo di euro 36.450.400,92, che deve essere immediatamente ripianato>>.

L’anno 2022 quindi una maledizione per la città che paga un conto salato, ma una ‘benedizione’ per le fortune personali dell’ex sindaco emigrato da palazzo San Domenico a palazzo dei Normanni.

Ricordate il ritardo utilizzato dal Comune come mezzo di occultamento e falsificazione dei conti utile a dare ad Abbate e alla sua cricca liquidità immediata? Proprio questo ritardo è un moltiplicatore di disastri e buchi di bilancio perché <<… il risultato negativo di parte corrente – attesta la Corte dei conti – soffre del blocco delle entrate da trasferimenti nazionali e regionali, causato dalla mancata approvazione degli strumenti finanziari per gli esercizi considerati>>.

E poi ci sono le transazioni, illegittime come abbiamo visto, intempestive e comunque, se anche tante volte disattese nei confronti dei creditori ‘non amici’, incidenti sui conti. E c’è ovviamente il sistematico rifiuto di trasparenza messo in atto con una protervia pari al disprezzo del danno inflitto alla città: quando la Corte dei conti eccepisce <<l’insolito aumento delle spese correnti rispetto al 2020 (non dimentichiamo l’incombenza dell’anno di(s)grazia 2022, n.d.r.) in contrasto con il programma di risanamento finanziario>> attesta che <<… per tali motivi è stato chiesto all’ente di riferire in che modo è stata garantita la riduzione degli impegni di spesa, in conformità agli obblighi derivanti dall’adesione alla procedura di riequilibrio, considerata anche l’assenza di indicazioni in tal senso nelle relazioni semestrali. Tuttavia, tali informazioni – annota la Corte – non sono state fornite e i dati richiesti non sono riconciliati con gli aggregati contabili di riferimento. Inoltre a fronte delle richieste inerenti a specifiche voci di spesa, non sono stati forniti per i capitoli di riferimento le previsioni di spesa del piano di riequilibrio e non sono state date motivazioni al riguardo>>.

Dopo anni, costretti a giocare al ‘gatto con il topo’, i magistrati contabili chiudono ogni varco: così cade il velo dei revisori e capitolano le manovre di falsificazione degli uffici. Il capolavoro di Abbate che quando non pagò i debiti con i soldi dello Stato, per distrarli per sè, disse che era colpa dei creditori: non avevano voluto riscuotere! Dovette restituirli, virò sull’anticipazione di cassa e scassò i conti

Passaggi come questo ve ne sono tanti nella deliberazione della Corte dei conti e chiamano in causa anche il collegio dei revisori che nelle proprie relazioni semestrali omette informazioni e spiegazioni dovute, salvo poi, a domanda specifica, ammettere, per esempio, che <<l’ente non ha attivato la cassa vincolata, ma nulla ha riferito in merito alle citate risorse non reintegrate>>. In un altro punto la Corte dei conti dà atto che dalla risposta dell’organo di revisione (dalla risposta alle sue domande, non dalle relazioni semestrali, n.d.r.) apprende di un <<crescente ricorso alle anticipazioni di tesoreria nel ’23 rispetto al ’22 per complessivi utilizzi pari ad € 41.484.479,34>> mentre <<per quanto riguarda la gestione della cassa vincolata, si riscontra il mancato reintegro di risorse vincolate utilizzate per differenti finalità>>.

Insomma i revisori prima sorvolano e, quando costretti, ammettono una situazione di gravità inaudita: niente cassa vincolata, altro espediente, come quello del ritardo nei bilanci, utile per confondere le acque e maneggiare i soldi del Comune in totale promiscuità di destinazioni. E’ propria questa una delle impronte originarie del sistema-Abbate che in poche parole potremmo descrivere come segue.

Quando, nel 2013, Ignazio Abbate si candida a sindaco e viene eletto, sa che il Comune è gravato da una forte criticità dei conti ma l’ente ha in tasca il lasciapassare per una vita tranquilla: il piano di riequilibrio che gli consegna l’uscente Antonello Buscema, già approvato e con tanto di finanziamenti disponibili, 64 milioni sufficienti ad azzerare tutte le passività e a fare ripartire il Comune senza un euro di debito. Il piano, con riequilibrio in otto anni, dal 2013 al 2021, comporta ovviamente una gestione sana e il divieto di spese inutili secondo le norme di legge molto precise in materia.

Abbate invece che fa? Prende una parte consistente, 13-14 milioni, di questa dotazione, la sottrae ai conti vincolati e ne fa ciò che vuole come fossero soldi suoi. Quando la Corte dei conti, allertata dal Ministero dell’economia che monitora il pagamento verso tutti i creditori immessi nella massa complessiva di 64 milioni, s’accorge perciò che nei 45 giorni previsti non ci sono i pagamenti, chiede spiegazioni al Comune. E la risposta qual è? Quasi impossibile a credersi, perfino ora che lo conosciamo bene, Abbate fornisce una spiegazione di questo tipo: “non ho potuto pagare i creditori per loro indisponibilità, non avevano tempo di riscuotere”. Questo è il sindaco che la città di Modica ha eletto nel 2013, rieletto nel 2018 e, grazie ai tanti meriti acquisiti sul campo, rieletto ancora all’Assemblea regionale siciliana e ulteriormente premiato con l’elezione a suo successore della fidatissima Maria Monisteri, assessora che in giunta dal 2018 al 2022 vota tutti gli atti, anche i più scellerati, voluti dal suo capo e cucinati dalla sua manica burocratica!

Ovviamente il Comune ha dovuto restituire (una perdita secca per i contribuenti di Modica) quel danaro distratto dalla destinazione vincolata di estinzione dei debiti, e perciò diventato prestito, pagato a carissimo prezzo, in forma di anticipazione di liquidità; quindi lievitato e, con l’aggiunta di tutte le spese dissennate compiute negli anni, giunto fino ai 117 milioni certificati dalla Corte dei conti la quale però – è bene tenere presente – si basa sui dati in proprio possesso. Poichè ne mancano molti, a causa del sistematico sabotaggio della verità ordito dai capetti insediati da Abbate nel palazzo comunale, la stima realistica dell’indebitamento totale del Comune di Modica a fine 2024, come vedremo, può aggirarsi prevedibilmente intorno ai 200 milioni.

Tornando ai numeri messi nero su bianco dalla Corte dei conti, le singole poste denotano tutte un gioco di cifre finalizzato a nascondere il disavanzo: fondo contenzioso sottostimato nella sua dimensione di rischio così come il fondo crediti di dubbia esigibilità (€ 24.266.451,75, a fronte di una cifra reale ben superiore), accertamento e riscossione tributaria gonfiati, senza dire di quel ‘vaso di Pandora’ contenente i debiti fuori bilancio. Per il momento l’entità risultante alla data del 31 dicembre 2023 è di € 11.712.590,11 <<in contrasto – annota la Corte dei conti – con la dichiarata insussistenza di passività occulte espressa dal Comune nel contradditorio instaurato ai fini del giudizio di approvazione del piano. Si tratta di debiti fuori bilancio di nuova formazione (extra Piano), in quanto, nella memoria del 29.09.2022 il Comune affermava che “tutte le posizioni inserite nell’elenco del piano, sono state definite e saldate ad oggi”>>.

Questa è solo una delle tante falsità, come le altre che via via emergeranno dando ai debiti fuori bilancio la vera consistenza che, c’è da temere, sarà ben più alta. E’ questa una delle ragioni per cui è realistico ritenere che il debito effettivo a fine 2024 si aggiri sui 200 milioni in quanto alla cifra già fissata dalla Corte dei conti al 2023 bisogna aggiungere altri debiti fuori bilancio tenuti nascosti e l’ammontare del piano di riequilibrio che non è più quello scaturito dalla deliberazione del consiglio comunale del 31 ottobre 2012 e approvato dalla Corte dei conti il 20 dicembre dello stesso anno, ma quello modificato ben sei volte nell’era-Abbate: il 14-7-2013, il 24-1-14, il 1-9-14, il 28-12-16, il 30-5-17, il 20-2-18, sempre con nuovi appigli, rinvii e aggiustamenti e divenuto, con la settima versione del 2018, un piano quindicennale 2013-2027.

In proposito c’è da dire che tale piano non è mai stato pubblicato dal Comune di Modica, in violazione di precisi obblighi di legge, sicché nessuno sa cosa vi sia al suo interno per effetto delle alchimie congegnate negli anni, su mandato di Abbate, da Giampiero Bella non solo segretario generale dal 22 ottobre 2015 fino a tutto gennaio 2024 ma anche dirigente del settore finanziario e tributi dal 2015 al 5 giugno 2023, quando cede il testimone alla fidatissima Di Martino. In proposito vedremo come questa porti avanti la sua stessa linea – che è quella voluta da Abbate fin dal 2013, poi presa in dote nel 2023 e proseguita con cura fino ad oggi da Monisteri – e come all’improvviso la interrompa con il tardivo ravvedimento contenuto nella relazione del 15 novembre scorso.

In conclusione la Corte dei Conti il 9 settembre 2024 emette il suo verdetto, ovviamente provvisorio, ordinando il ripiano immediato del maggiore disavanzo di € 96.053.631,63 e il contradditorio nell’udienza fissata il 27 novembre 2024, poi rinviata a gennaio su richiesta della sindaca Monisteri, sequel della ‘strategia del topo’ che chiede tempo per giocare ancora ma, ottenuti altri due mesi, deve comunque sin d’ora prendere atto che tutte le tecniche escogitate dal suo predecessore, e da lei con così patetica diligenza portate avanti, sono a fine corsa.

A segnalare il ‘game over’ sovvengono segnali di timido risveglio dei vari custodi dei conti comunali finora più o meno distratti. Il 24 ottobre 2024 il collegio dei revisori, preso atto del deliberato della Corte dei conti, sollecita il Comune a trarne le conseguenze. Sul collegio da rilevare che all’inappuntabile parere contrario reso sul rendiconto 2021 segue quello favorevole del 2022 pur in presenza di forti criticità e degli stessi fattori che hanno determinato la bocciatura dell’anno prima.

Dopo il J’accuse del magistrato contabile, cambio di linea negli uffici di palazzo San Domenico, finora sempre asserviti ad Abbate e complici dello sfascio dei conti: l’inversione ‘a U’ della dirigente del settore finanziario Maria Di Martino  

Come accennato, il 15 novembre 2024 è addirittura il capo settore finanziario e tributi Maria Di Martino – meglio tardi che mai! – a ricordarsi quale sia il suo ruolo e quali gli obblighi di legge, primo tra tutti quello di trattare numeri, dati e atti veri e non fasulli. Prima di vedere sommariamente perciò il contenuto del documento cerchiamo di tenere presente come la dirigente abbia operato finora, in oltre diciotto mesi. Durante i primi otto, in tandem con il suo sparring partner, nonché mentore maestro e tutore Giampiero Bella, aggira, facendo finta di non vedere né sentire, e perciò omettendo di rispondere, i rilievi del collegio dei revisori sul rendiconto 2021, quello falso, approvato dal consiglio comunale il 10 gennaio 2024 con il voto favorevole di 17 consiglieri dei 21 di maggioranza: quattro ‘obiettori’ si assentano appositamente. All’approvazione di tale documento intriso di falsità Di Martino si adopera tentando insieme a Bella, senza potervi ovviamente riuscire perché i numeri non possono mentire, di neutralizzare il parere contrario del collegio dei revisori.

Rivediamo allora per sommi capi le contestazioni mosse dai revisori al conto consuntivo 2021 per poi metterle a confronto con la difesa d’ufficio, l’ufficio di… ‘sistema’, di tale conto palesemenete falso, eretta da Di Martino in associazione con Bella.

Un anno fa, nell’articolo del 23 dicembre 2023, così riferivo di quel conto consuntivo non ancora approvato e del parere contrario dell’organo di revisione: <<… Ora conviene dare un’occhiata al parere negativo del collegio dei revisori sul conto consuntivo 2021 che avrebbe dovuto essere approvato entro il 30 aprile 2022 e invece venti mesi dopo non lo è ancora e forse non lo sarà mai, almeno nella versione attuale bocciata dal collegio. A non volerne sapere di votarlo sono in tanti nella maggioranza di fedelissimi ad Abbate perché per molti di loro – quanti bastano per ridurre a minoranza questa solitamente compatta accolita di ‘signorsì’ – una cosa è essere ‘fedeli’ anche nella forma più spregevole e abietta dell’asservimento della pubblica funzione ad interessi privati, spesso anche illeciti, un’altra mettere la firma su un conto consuntivo falso e risponderne, individualmente e personalmente, sia per danno erariale che in sede penale… Il rendiconto 2021 di cui parliamo è quello approvato con delibera della commissaria Domenica Ficano, con i poteri della giunta, il 17 aprile 2023 e trasmesso il giorno dopo al collegio dei revisori che su di esso si esprime il 9 maggio successivo con una relazione di oltre cinquanta pagine. Il collegio, nominato il 4 gennaio 2023, è formato da Francesco Faraci, Annamaria Paparone e Francesco Callea, professionisti dotati dei requisiti previsti dalla legge per far parte dell’apposito elenco nel quale l’individuazione avviene tramite sorteggio. Leggendo il documento si ricava la sensazione che questa volta la sorte abbia voluto bene alla città e abbia tirato un tiro mancino al ‘sistema-Abbate’ e, nello specifico, allo stuolo di maneggioni che trattano i numeri come cosa propria da adattare alla bisogna secondo convenienza. La relazione è impietosa perché smaschera furbizie, forzature, anomalie, omissioni e falsità inchiodando chi ha redatto il rendiconto alle proprie responsabilità di rettifica e di corretto adempimento: allora la commissaria Ficano, da quasi sette mesi la giunta-Monisteri. Eppure, anche di fronte a tale relazione che non lascia dubbi, il ‘sistema’ continua ad operare con la tracotanza di sempre, come conferma l’unica iniziativa adottata – maldestra e inquietante – per rimediare: una convocazione a palazzo San Domenico dei tre revisori ai quali viene chiesto di rivedere la loro relazione per renderla compatibile con le esigenze del ‘sistema’ medesimo. Insomma, a fronte di un consuntivo falso, chi oggi amministra e dirige il Comune ritiene che ad essere rettificati debbano essere non – in omaggio alla verità quale che sia – i numeri e le poste di quel documento contabile non conformi, ma il giudizio negativo su di esso meticolosamente espresso, argomentato e motivato da revisori indipendenti, attenti e competenti. La risposta dei revisori – traduciamo noi in libertà – è del tipo <<non ci pensiamo nemmeno>> e così l’affare diviene una miccia accesa che il consiglio comunale tiene ben lontano dall’aula: a neutralizzarla ci pensi chi l’ha innescata. Chi ami i numeri e le analisi contabili può leggere l’intera relazione (qui). Avrà modo così di rendersi conto direttamente della distanza siderale tra, da una parte, il conto consuntivo approvato dalla commissaria Ficano con i poteri della giunta e, dall’altra, gli obblighi posti dalla legge a garanzia di bilanci veritieri, precondizione a sua volta di prevenzione e tutela contro la corruzione>>. L’articolo (qui) riassumeva poi in 24 punti le contestazioni più gravi mosse dal collegio dei revisori.

A questo punto è utile mettere a confronto tali contestazioni con i mezzi e gli argomenti utilizzati dal duo Bella-Di Martino nel tentativo di superarle. A tal fine attingiamo ancora all’articolo del 23 dicembre 2023, su In Sicilia Report : <<Per quanto riguarda la sorte del conto consuntivo del 2021, dopo la radicale bocciatura da parte dei revisori, la giunta-Monisteri tenta di salvarlo attraverso una serie di considerazioni e chiarimenti formulati dallo stesso Bella, in questo caso solo come segretario generale, e dalla nuova dirigente del settore finanziario e tributi Maria Di Martino subentrata in questo ruolo proprio a Bella il 5 giugno 2023, mentre questi, come abbiamo visto, il 12 dicembre 2023 subentra a lei nel Comune di Acate, in uno dei tanti incarichi aggiuntivi della propria collezione rispetto a quello di segretario del Comune di Modica: incarichi per i quali viene retribuito a parte… Nella linea di difesa dalla lunga sequenza di contestazioni del collegio dei revisori, la giunta-Monisteri, con delibera del 12 ottobre 2023, prende atto dei rilievi, si affida ai charimenti del duo Bella-Di Martino che con volitiva e interessata generosità considera ‘esaustivi’, ammette che rimangano criticità non superate ma – osserva – la gestione oggetto del rendiconto 2021 è ormai conclusa e quindi esse “confluiranno e saranno definite nel rendiconto 2022 nella cui redazione si darà conto anche di esse nell’ambito di un giusto principio di continuità dell’attività amministrativa”. Si rimane allibiti – scrivevo un anno fa su  In Sicilia Report – a leggere queste parole nella delibera di giunta, confortate dal tandem segretario-dirigente, una ‘bella’ e sintonica accoppiata in luogo della precedente entità monocratica: prima era solo… Bella. Non sbaglierebbe certo una lettrice o un lettore che traducessero così le parole della giunta: va bene, il conto consuntivo presentato è falso, i revisori lo hanno scoperto, ma c’è chi ci comprende, ci conforta, ci aiuta e si fa in quattro, magari in varie posizioni, segretario generale e dirigente di settore, per aiutarci e poi, vabbè, se anche i conti sono falsi, ormai che ci possiamo fare? La gestione è andata, i soldi sono spesi, le pezze d’appoggio che mancano non sapremmo dove trovarle o non potremmo proprio farle vedere perchè l’ostensione potrebbe solo peggiorare la situazione, non possiamo sanare le tante omissioni e le violazioni compiute, perchè è impossibile rimettere il dentrificio nel tubetto, ma promettiamo che metteremo la testa a posto e rispetteremo le regole quando avremo in mano il conto consuntivo 2022: altra gestione ampiamente trascorsa, ecco a cosa servono i ritardi! E a questo punto del deliberato la sindaca Monisteri e la sua giunta al completo (tutti presenti e votanti in modo conforme: Giorgio Belluardo, Rosario Viola, Chiara Facello, Agatino Antoci, Antonio Drago, Delia Vindigni, Samuele Cannizzaro) piazzano la chiosa finale “nell’ambito di un giusto principio di continuità dell’attività amministrativa”. Come dire, apertamente: continueremo a fare come sempre e chissenefrega dei revisori, dei bilanci falsi e della città che paga tutto ciò e avrebbe diritto alla verità ed anche ad un minimo di rispetto e di giustizia per così tante, e così a lungo reiterate, malefatte. Nel merito – proseguiva l’articolo di In Sicilia Report – la relazione Bella-Di Martino di quattro paginette allegata alla delibera di giunta (di cui fa parte integrante, pag. 5-9) cita alcuni, solo alcuni dei rilievi dei revisori e tenta di lasciar credere di fornire spiegazioni o chiarimenti utili a superarli, ed anche a superarli tutti: niente di più falso. Ma nel caso in cui questa possa essere solo la sensazione di chi scrive, chiunque voglia  può verificare: qui  la relazione del collegio dei revisori del 9 maggio 2023, qui la delibera di giunta del 12 ottobre 2023 di cui fa parte la relazione Bella-Di Martino>>.

Tornando all’attualità di questi giorni, la relazione del 15 novembre 2024 segna una svolta: niente di straordinario, anzi appena un ordinario atto dovuto, ma nel buio in cui per undici anni e mezzo è stato tenuto il Comune, compresi i quasi diciannove mesi finali che vedono Di Martino a capo del settore finanziario e tributi, la sua relazione equivale finalmente ad … accendere la luce.

Il documento è un atto interno destinato alla sindaca sindaca Maria Monisteri, alla segretaria generale Giuseppa Silvana Puglisi (divenuta titolare, con nomina del 19 settembre scorso), al commissario ad acta Giovanni Cocco, alla presidente del consiglio comunale Mariacristina Minardo: la competenza a dichiarare il dissesto fortemente caldeggiato dalla dirigente <<quale unica via percorribile>> è infatti del consiglio e ciascun membro ha diritto di averne piena e tempestiva contezza.

In venti pagine fitte è condensato un check up dei conti articolato in dodici punti: una ‘Bella’ inversione ‘a U’ da parte della dirigente rispetto agli atti prodotti dal suo avvento al vertice del settore economico finanziario dopo gli otto anni del superburocrate il quale più di tutti ha incarnato il sistema-Abbate e tradotto in atti amministrativi ogni suo volere, piacere, capriccio, bisogno di qualunque tipo.

La relazione, inappuntabile, fotografa infatti la … fotografia scattata dalla Corte dei conti che, ben prima che alla Corte stessa, era ben nota negli uffici di palazzo San Domenico ed avrebbe dovuto guidare fin dal suo insediamento il 5 giugno 2023 gli atti della dirigente.

E così, passo dopo passo, essa comprende l’analisi di tutti i fattori dello sfascio dei conti da noi, semplici cittadini e giornalisti, a lungo e inutilmente denunciato, fino alla conclusione obbligata che – assicura chi ne è in possesso anche tra i consiglieri comunali – suona così: <<Preso atto dell’importante squilibrio strutturale provocato dal maggior disavanzo di amministrazione rideterminato dalla Corte dei conti con deliberazione n. 250/2024 del 09.09.2024, relativo alle annualità 2021 e 2022, che assommato alle ulteriori passività emerse e ad una scarsa riscossione che non registra alcun significativo aumento anche nell’anno 2024 determina l’impossibilita di recupero ai sensi dell’art. 188 del d.lgs. 267/2000, e che pertanto l’unica via percorribile è l’avvio della procedura di dichiarazione di dissesto finanziario ai sensi degli art. 244 e seguenti del d.lgs. 267/2000, salvo eventuali e/o sopraggiunti interventi legislativi in materia di risanamento per gli Enti locali>>.

Di Martino attesta quindi che <<l’ente non è in condizioni di garantire l’assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili ed inoltre esistono crediti liquidi certi ed esigibili di terzi cui non è possibile fare validamente fronte … per la presenza importante di debiti fuori bilancio derivanti da sentenze esecutive, per copertura di disavanzi di partecipate e di acquisizione di beni e servizi in violazione degli obblighi di cui ai commi 1, 2 e 3 dell’art. 191 del Tuel>>. Così Maria Di Martino conclude la sua relazione. Vediamoli per curiosità i commi 1,2 e 3 dell’art. 191 del Tuel che – ammette candidamente la relazione – il Comune ha sistematicamente violato.

Comma 1: <<Gli enti locali possono effettuare spese solo se sussiste l’impegno contabile registrato sul competente programma del bilancio di previsione e l’attestazione della copertura finanziaria… Nel caso di spese riguardanti trasferimenti e contributi ad altre amministrazioni pubbliche, somministrazioni, forniture, appalti e prestazioni professionali, il responsabile del procedimento di spesa comunica al destinatario le informazioni relative all’impegno. La comunicazione dell’avvenuto impegno e della relativa copertura finanziaria, riguardanti le somministrazioni, le forniture e le prestazioni professionali, è effettuata contestualmente all’ordinazione della prestazione con l’avvertenza che la successiva fattura deve essere completata con gli estremi della suddetta comunicazione…>>. Comma 2: <<Per le spese previste dai regolamenti economali l’ordinazione fatta a terzi contiene il riferimento agli stessi regolamenti, alla missione e al programma di bilancio e al relativo capitolo di spesa del piano esecutivo di gestione ed all’impegno>>. Comma 3: <<Per i lavori pubblici di somma urgenza, cagionati dal verificarsi di un evento eccezionale o imprevedibile, la Giunta, entro venti giorni dall’ordinazione fatta a terzi, su proposta del responsabile del procedimento, sottopone al Consiglio il provvedimento di riconoscimento della spesa … prevedendo la relativa copertura finanziaria nei limiti delle accertate necessità per la rimozione dello stato di pregiudizio alla pubblica incolumità. Il provvedimento di riconoscimento è adottato entro 30 giorni dalla data di deliberazione della proposta da parte della Giunta, e comunque entro il 31 dicembre dell’anno in corso se a tale data non sia scaduto il predetto termine…>>.

Insomma nelle tre norme sistematicamente violate dal Comune di Modica c’è l’abc di una corretta gestione. Fuori da esse rimane la condotta tipica di un delinquente abituale avente cura solo delle ‘regole’ che egli stesso si dà per meglio condurre i propri affari anche illeciti con l’ausilio di tutti gli imbrogli, le falsificazioni, i raggiri, gli abusi e i soprusi necessari.

Finalmente la dirigente guarda la realtà e per la prima volta, anzichè ad Abbate e Bella, s’inchina ai numeri. Contenzioso fuori controllo (pagati subito gli amici, gabbati gli altri); ricorso selvaggio, salatisssimo per la città, all’anticipazione di liquidità; debiti nascosti e crediti fasulli: tutte le cifre della voragine 

Fatta questa notazione, per il resto, come vedremo, la relazione della dirigente è una sorta di compitino, in versione ‘copiato’ della deliberazione della Corte dei conti: il che va detto a suo ‘merito’, trattandosi di un atto di contrizione e di ravvedimento dopo diciotto mesi di inquietante avallo delle falsità contabili su cui a spese della città e contro di essa galleggia l’amministrazione Monisteri. Senza più ‘salvagente’ ecco la dirigente finalmente inquadrare la realtà e prendere atto che nessun soccorso o concorso esterno di salvataggio potrà arrivare per tutti i responsabili della ‘bancarotta’. Tra questi, lei, da diciotto mesi e mezzo, è in prima linea, in quanto figura di vertice del ‘settore finanziario e tributi’, come lei stessa ricorda quando scrive che <<ai sensi degli art. 175 c. 8 e 193 del d.lgs 267/2000 il controllo sugli equilibri finanziari è svolto sotto la direzione ed il coordinamento del responsabile del servizio finanziario>> e quando ribadisce che <<l’articolo 147 quinquies del Tuel affida al responsabile del servizio finanziario il compito di controllare gli equilibri finanziari e di assumere ogni iniziativa necessaria a consentire la corretta determinazione della massa dei residui al fine di evitare partite contabili di incerta realizzazione che possano alterare il risultato contabile di amministrazione e pregiudicare gli equilibri economico finanziari del bilancio di competenza>>.

Queste parole sembrano la confessione di un ‘pentito’. Diversamente chi le scrive, il 15 novembre, sembrerebbe un’altra persona, eppure è la stessa, rispetto a quella che ha in mano i cordoni della borsa, la responsabilità della copertura finanziaria di ogni singola spesa e quindi la gestione contabile fin dal 5 giugno 2023.

Il decreto legislativo 267 del 2000 più volte citato altro non è che lo stesso Tuel, Testo unico degli enti locali. Viene da chiedersi se la ‘brava’ dirigente lo abbia scoperto solo ora o perché prima lo ignorasse, violandolo. Per fare un esempio, l’articolo 188, da lei citato a proposito dell’impossibilità di recupero che conduce il Comune di Modica dritto al dissesto, dispone che <<l’eventuale disavanzo di amministrazione … è immediatamente applicato all’esercizio in corso di gestione contestualmente alla delibera di approvazione del rendiconto. La mancata adozione della delibera che applica il disavanzo al bilancio in corso di gestione è equiparata a tutti gli effetti alla mancata approvazione del rendiconto di gestione. Il disavanzo di amministrazione può anche essere ripianato negli esercizi successivi considerati nel bilancio di previsione, in ogni caso non oltre la durata della consiliatura…>>.

In proposito abbiamo appena visto il funambolico oltraggio alla verità, alla logica e all’evidenza contenuto nel ‘memorabile’ scritto a firma Bella-Di Martino che consentiva al Comune, nelle mani del ‘sistema-Abbate e della fida Monisteri, di continuare a fare carte false aggirando lo stop del collegio dei revisori che, almeno quella volta, era arrivato. In Sicilia Report lo ha segnalato a suo tempo, segno che tutti potevano e dovevano vederlo: la dirigente innanzitutto, il segretario generale, sindaca, assessori e consiglieri comunali, diciassette dei quali (solo quattro in maggioranza ebbero il ‘coraggio’ dell’assenza) il 10 gennaio scorso hanno votato quel documento pieno di falsità redatto per truccare i conti.  Perciò suscita una certa impressione il passo in cui la medesima dirigente descrive la situazione in cui si trova il Comune utilizzando le stesse parole – che cita scolasticamente – con le quali l’art. 244 del Tuel condanna un ente locale all’irrimediabile dichiarazione di dissesto (<<Si ha stato di dissesto finanziario se l’ente non può garantire l’assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili ovvero esistono nei confronti dell’ente locale crediti liquidi ed esigibili di terzi cui non si possa fare validamente fronte con le modalità di cui all’articolo 193, nonché con le modalità di cui all’articolo 194 per le fattispecie ivi previste…>>: modalità chiaramente indicate, da sempre ben note alla dirigente, eppure finora ignorate).

Nella redazione del ‘compitino’ sono correttamente indicati i numeri della voragine di bilancio così come ricostruiti dalla Corte dei conti (disavanzo di € 117.621.832,62 al 31 dicembre 2022, maggiore disavanzo di competenza del ’22 di € 36.450.400,92, da sommare al mancato recupero di € 32.087.670,46 e così via fino alla cifra finale) senza più infingimenti o elusioni, anche sui nodi scottanti dei debiti fuori bilancio e dell’anticipazione di tesoreria.

I primi sono quantificati in € 23.081.312,37 di cui € 18.200.043,81 per contenzioso: ricordate l’abitudine di Abbate di pagare solo i creditori amici e far penare gli altri costringendoli ad adire le vie legali per poi ingannarli nuovamente con transazioni disattese, al fine di trattenere nuova liquidità per nuove spese, arbitrarie e funzionali alla sua clientela personale da foraggiare continuamente? La parte restante di questo ammontare, parziale, dei debiti fuori bilancio si deve alla Multiservizi (€ 2.512.096,11) e a varie altre voci tra cui merita attenzione quella per manutenzioni, quasi un milione (€ 979.659,32): una vera e propria specialità ‘della casa’, già lungamente descritta nell’articolo del 12 dicembre 2022, il primo della serie (qui) contenente l’ampio repertorio di finte manutenzioni, in realtà vere e proprie opere pubbliche denominate però manutenzioni al fine di aggirare le norme e consentire totale arbitrio nella spesa.

Un’altra voce dei debiti fuori bilancio da approfondire è quella che Di Martino nei prospetti riguardanti l’emersione di tali obbligazioni spurie imputa a ‘Pm’. Non c’è scritto altro e la sigla si può solo interpretare: in mancanza d’altre indicazioni sembra si riferisca alla ‘Polizia municipale’ per la quale passano le poste relative al servizio di trasporto pubblico locale. Ma se fosse così il mistero si presenterebbe ancora più fitto. Perchè il costo di un servizio così ordinario ed essenziale diventa un debito fuori bilancio? Sappiamo che, anche questa voce come le altre, riguarda in gran parte l’esercizio 2018 e precedenti. Oltre a tutto quanto già noto, cos’altro hanno combinato in Comune in quegli anni il sindaco Abbate, la sua giunta, nella quale a giugno ’18 entra Maria Monisteri, e il dirigente del settore finanziario e tributi nonchè segretario generale Giampiero Bella? Sono gli anni, fin dall’insediamento nel 2013, in cui Abbate comincia a scoprire l’espediente e quindi a ‘coprire’ la verità dei conti pubblici violando ‘regolarmente’ le norme fondamentali contenenti i vincoli sugli atti di spesa e quelli sulla gestione dei conti. Ovviamente nessuno oggi può dire quale sarà l’ammontare finale dei debiti fuori bilancio: questo dato sarà chiaro una volta che l’intera gestione finanziaria del Comune travolta dai debiti, dopo che verrà dichiarato il dissesto, sarà sottratta a sindaco, giunta e consiglio comunale e posta nelle mani dell’organo straordinario di liquidazione.

Intanto però la dirigente Di Martino annota che <<dai riscontri ricevuti si evidenzia che alla data di redazione della presente (15 novembre 2024, n.d.r.) i debiti fuori bilancio di nuova formazione (extra Piano) ammontano a € 23.081.322,37>>.

Nel frattempo, dalla stessa relazione contenente dati aggiornati al 31 ottobre 2024, apprendiamo che il Comune non ha in cassa neanche un euro in quanto ha già scialacquato tutta l’anticipazione di tesoreria – che è danaro in prestito al tasso più alto – dell’intero anno. Per il Comune di Modica il limite concesso, spinto al livello massimo dei cinque dodicesimi, è di € 24.251.786,00: <<al 31 ottobre – attesta il documento – ne risultano utilizzati € 21.023.332,19, a cui vanno sommati per fondi vincolati € 2.642.17, 36 e le cifre di regolarizzazione partite viaggianti sicché al 31.10.2024 si è in presenza di un utilizzo massimo dell’anticipazione accordata dal tesoriere>>.

Ciò significa che il Comune ha già dilapidato per intero l’anticipazione di cassa addirittura sconfinando per diverse centinaia di migliaia di euro, quindi non ha più un soldo e non potrà sostenere alcuna spesa se prima non incasserà nuove somme, evenienza peraltro improbabile: <<… tenuto conto di quanto sopra, rileva la dirigente – si ritiene che gli incassi previsti entro la fine dell’esercizio non consentono di far fronte ai pagamenti delle obbligazioni contratte nei termini previsti dal d.lgs. n. 231/2002 e l’ente è costretto a bloccare i pagamenti dato il blocco dell`erogazione dei trasferimenti erariali, operati dal ministero per mancata approvazione dei documenti contabili ad oggi riferiti a bilancio di previsione 2023 e 2024, rendiconto 2023 e consolidato 2023 per i quali l’ente è stato commissariato dalla Regione Siciliana con i decreti assessoriali n. 226/S3 del 27.06.2024 e 11. 200/S3 del 14.06.2024…>>.

Anche sull’andamento delle entrate tributarie, la dirigente, caduta la maschera protettiva del complessivo affaire del sistema-Abbate, ‘vede’ finalmente la realtà che documenta sulla base delle informazioni fornite che chiede ed ottiene da Creset spa, la concessionaria incaricata della riscossione: ricordate la famosa gara fuori legge da 9 milioni di euro, la figura di Piervincenzo Tripoli di Bagheria e gli atti firmati da Di Martino in un gioco di scambi e di ruolo con lo stesso Tripoli e con Bella nella fase di passaggio, in piena continuità, dalla gestione della commissaria Ficano a quella della sindaca Monisteri? Alla fine converrà farvi qualche cenno.

Il primo anno di questo nuovo regime di riscossione è disastroso e anche le stime di nuovi accertamenti non autorizzano alcuna velleità. Essi infatti sono quantificati, peraltro in speranzose proiezioni prive di ogni base di realtà, in appena € 4.800.000,00 (Tari e Imu le voci più rilevanti) nel 2024; € 10.250.000,00 nel 2025, € 8.250.000,00 nel ’26, € 4.250.000,00 nel ’27 per un totale nel periodo ’24-’27 di € 27.550.000,00: se anche per assurdo (i dati credibili ne attestano appena un decimo) le previsioni risultassero confermate, sarebbe un fallimento rispetto ai proclami che hanno preceduto la concessione alla Creset tenuto conto anche del costo di oltre cinque milioni di euro del servizio appaltato. Come lettori e lettrici di In Sicilia Report ricorderanno, il Comune paga l’attività di riscossione affidata al concessionario € 5.091.696,20 in cinque anni, a fronte di un’aspettativa di gettito di € 22.850.000,00 che il primo anno di esperienza diretta della concessione alla Creset spa induce a rivedere notevolmente al ribasso. E ciò non già per specifiche inadempienze imputabili al concessionario ma per lo stato di sfascio totale in cui si trova questo settore, come altri servizi comunali, a causa del depauperamento dell’organico prodotto dal disordine contabile e dal passivo accumulato; della messa in fuga e della persecuzione operata nei confronti dei dipendenti capaci e al tempo stesso onesti, perciò indisponibili al servilismo contra legem preteso dal ‘sistema-Abbate’; della totale noncuranza verso la funzionalità degli uffici, l’efficienza e il buon andamento della pubblica amministrazione, i doveri più elementari di cura per la correttezza dell’azione istituzionale dell’ente. In questo caso stanno venendo al pettine i nodi di una documentazione interna e di una banca dati inservibili, compromesse dai disastri di funzionari incapaci piazzati indebitamente e arbitrariamente nei posti di comando, con la conseguenza che oggi l’ente, nè per il tramite dei propri uffici nè con le risorse del concessionario è in grado di esercitare una corretta azione di accertamento e quindi di riscossione, con l’ulteriore rischio di molestare contribuenti adempienti sprecando anche i costi di notifiche, ingiunzioni, istruttorie, verifiche e rettifiche.

Emblematica in proposito la delibera di giunta approvata dall’amministrazione-Buscema il 6 giugno 2013, venti giorni prima del passaggio di consegne al neo sindaco Abbate. Essa, avente ad oggetto ‘Settore entrate, relazione sull’attività svolta nel periodo 2010-2013, presa d’atto degli obiettivi raggiunti’ (qui) contiene tutto ciò di cui il Comune aveva ed ha ancora bisogno per razionalizzare, mettere in ordine e rendere efficiente la riscossione, con correttezza, trasparenza verso i cittadini, efficacia di risultato.

Non solo la ghenga portata da Abbate ai vertici di palazzo San Domenico ignora, su suo preciso mandato, il prezioso lascito ricevuto, ma lo disattende, lo calpesta, mentre il neo sindaco emargina, vessa e perseguita i funzionari che con competenza e coscienza dei doveri di servizio hanno realizzato quel progetto  prezioso ed erano pronti ad attuarlo nell’interesse dell’ente e della città.

Da rilevare infine che, tentando di aggiornare con dati relativi al 2024 la situazione del debito, la dirigente attesta che quello certificato dalla Corte dei conti di € 117.621.832,62 al 31 dicembre 2022, è già passato a € 125.624.536,34. E purtroppo non è finita poiché rimane da ricomporre il ‘vaso di Pandora’ dei debiti fuori bilancio, da scoprire l’ammontare delle passività contenute nel piano di riequilibrio 2013-2027 – finora occultato dal Comune in violazione degli obblighi di legge – e inoltre incombono tutte le altre sorprese che una gestione diabolica e scellerata, c’è da presumere, non mancherà di riservare.

Il dissesto è ormai inevitabile, urgente dichiararlo per non aggravare il danno. Ecco tutte le conseguenze sull’ente, sui creditori, sui responsabili: divieto di incarichi e incandidabilità per dieci anni, condanna ad una somma da cinque a venti volte la retribuzione percepita al tempo delle violazioni commesse

L’atto d’accusa della Corte dei conti e la relazione in copia conforme della dirigente Di Martino ci dicono finalmente che ‘il re è nudo’. Ovviamente da anni lo sanno tutti, a partire dalla camarilla del re il quale, a differenza che nella favola di Andersen non è nudo perché vittima di una truffa scoperta da un bambino innocente che, libero dal tornaconto della menzogna, dice ciò che vede, ma è nudo in quanto egli stesso truffatore smascherato e capobanda responsabile della gigantesca impostura ordita con l’ausilio di tanti complici, cortigiani, compari e comari, clienti, beneficiari e favoreggiatori: una camarilla appunto, quasi a riecheggiare un certo retaggio di cultura e di lingua spagnola risalente alla contea.

La nudità del re è lo stato di dissesto del Comune di Modica: un fatto già compiuto, non più solo molto probabile, ma certo e irreversibile. A dirlo non sono più semplicemente le inchieste di In Sicilia Report o i segnali d’allarme lanciati di tanto in tanto, più o meno timidamente e tardivamente, da gruppi politici o sociali. Oggi la verità è ammessa, nero su bianco, dagli incalliti mentitori di ieri, anche in un atto di confessione-autodenuncia-conversione compiuto dagli stessi uffici finora proni al sistema-Abbate. Il Comune di Modica è, da tempo, in stato di dissesto ma ora la novità è che non si può più fingere che non sia così e serve con urgenza una dichiarazione del consiglio comunale: ogni ritardo nel compimento di questo atto dovuto è fonte di nuova e ulteriore responsabilità.

Non sappiamo se Di Martino, oltre a firmare e inviare a chi di dovere la sua relazione, abbia trasmesso anche una proposta di deliberazione avente ad oggetto la dichiarazione di dissesto. E’ probabile che lo abbia fatto; se no, avrebbe dovuto farlo. In ogni caso è già trascorso più di un mese e questo tempo è un ulteriore inescusabile ritardo che aggrava la situazione e la sanzionabilità delle condotte che lo determinano.

In proposito le norme sono chiare e la giurisprudenza concorde, sia quella superiore di legittimità e della giurisdizione speciale in materia di conti pubblici che, sopra tutte, quella costituzionale: <<…la decisione di dichiarare lo stato di dissesto finanziario non è, pertanto, frutto di una scelta discrezionale ma rappresenta una determinazione vincolata ed ineludibile in presenza dei presupposti di fatto fissati dalla legge, ed acclara una situazione che esige misure straordinarie per assicurare la sostenibilità finanziaria dell’ente…>>.

Che quei presupposti vi siano tutti è lo stesso Comune, con la relazione della dirigente di settore, a riconoscerlo ed anzi a segnalarlo testualmente a sindaco e giunta. I quali se anche, al punto in cui si trovano, dovessero continuare nella tattica dilatoria che – incredibilmente, cinicamente e irresponsabilmente – li vede a loro agio potrebbero trovarsi di fronte al ‘dissesto guidato’, procedimento nel quale la Corte dei conti fissa un termine e in situazione di ulteriore inadempienza trasmette gli atti al prefetto e alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica. In caso di perdurante omissione, dopo un ultimo termine di venti giorni, il prefetto nomina un commissario per la deliberazione dello stato di dissesto dando così corso – possibilità non contemplata nella procedura ordinaria  – allo scioglimento del consiglio comunale ai sensi dell’art. 141 del Tuel. Il dubbio pertanto non verte più sul ‘se’ ma sul come e sul quando si arriverà al dissesto ormai conclamato e inevitabile.

Nella fase che si aprirà, i debiti ricadenti nel dissesto sono posti a carico dello Stato che li ripianerà attraverso un organo straordinario di liquidazione (Osl) il quale sarà nominato con decreto del presidente della Repubblica, su proposta del ministro dell’interno, dopo la deliberazione del consiglio comunale.

Tale organo avrà competenza assoluta sull’estinzione dei debiti e sulla liquidazione del patrimonio del Comune, mentre sindaco, giunta e consiglio comunale potranno operare in una gestione ordinaria riguardante il futuro e non il passato, partendo da un azzeramento del rosso in bilancio ma con tutti gli ulteriori limiti di spesa e i controlli necessari perché finalmente sia imboccata la via di una gestione finanziaria ordinata, lineare, corretta, trasparente in conformità alle norme di legge finora sistematicamente violate.

Più esattamente, la procedura conseguente alla dichiarazione di dissesto crea di fatto una frattura tra un prima e un dopo, tra la precedente gestione causa del dissesto che la travolge e l’arresta e l’amministrazione controllata, permettendo all’ente di ripartire libero dai debiti, ma libero anche dai crediti e dal suo patrimonio che, esclusi quelli strumentali all’esercizio delle funzioni, verranno ceduti per consentire la liquidazione. Tutto ciò che concerne il pregresso viene estrapolato dal bilancio comunale e trasferito alla gestione straordinaria che si occupa della liquidazione e che ha competenza su tutti i debiti riconducibili all’esercizio conclusosi il 31 dicembre dell’anno precedente a quello dell’ipotesi di bilancio riequilibrato, anche se accertati successivamente. L’ente dissestato è tenuto ad approvare un nuovo bilancio, basato principalmente sul contrasto all’evasione, sul contenimento di tutte le spese e sull’elevazione delle proprie entrate al livello massimo consentito dalla legge. A quest’ultimo proposito per il Comune di Modica non cambierà granché considerato che l’Imu è già a livelli prossimi a questo tetto.

Un’altra conseguenza importante riguarda l’organico dei dipendenti il quale non potrà superare il numero derivante da un rapporto percentuale prestabilito che per Modica è di 1 per 152 abitanti, ovvero 354, un tetto privo di effetti nel nostro caso, visto che l’organico attuale è di circa duecento: non ci sarebbero quindi esuberi né lavoratori messi in stato di mobilità a causa dello stato disastroso dell’ente che il primo gennaio 2017 ne aveva 420, un numero salito fino a 500 nei due anni successivi e poi drasticamente sceso, con la conseguenza che oggi il Comune di Modica non è in grado di far fronte a quasi nessuna delle sue funzioni.

La misura dello scempio gestionale provocato dal ‘sistema-Abbate’ è data dall’indebitamento letale prodotto nonostante il drastico taglio di risorse umane che ha più che dimezzato il numero di stipendi pagati. Questo è solo il nucleo minimo del danno a cascata inflitto alla città. Infatti la totale incapacità di assolvere alle funzioni è dovuta anche alla qualità media del personale rimasto: insufficiente in generale, pessima e nefasta nelle posizioni di vertice nelle quali ai prescelti viene chiesta solo fedeltà assoluta al capo e quindi disponibilità totale ben oltre i confini del lecito, nella totale indifferenza per i requisiti di competenza, correttezza, professionalità. Per conseguenza i funzionari dalla schiena dritta sono emarginati, esclusi e, ove necessario per ridurli all’impotenza, perseguitati. A questi stessi fattori si deve, al pari di quello in altri settori, il crac della riscossione cui abbiamo accennato.

Tornando agli effetti del dissesto, il Comune inoltre sarà tenuto a contribuire all’onere della liquidazione, in particolare con l’alienazione del patrimonio disponibile non strettamente necessario all’esercizio delle funzioni istituzionali, la destinazione degli avanzi di amministrazione dei cinque anni a partire da quello del dissesto e delle entrate straordinarie, la contrazione di un mutuo a carico del proprio bilancio. La dichiarazione che traccia una linea di cesura tra passato e futuro produce infatti conseguenze in tre direzioni: sulla gestione ordinaria dell’ente locale, nella sfera degli amministratori e in quella dei creditori dell’ente.

Quanto alla gestione ordinaria, come abbiamo visto lo stato di dissesto comporta per cinque anni l’aumento, nella misura massima consentita dalla legge, delle aliquote e delle tariffe di base delle imposte e tasse locali, esclusa quella per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani: la delibera non è revocabile ed ha efficacia per cinque anni. C’è poi un duplice ordine di conseguenze in forma di limiti e divieti: nell’impegno delle somme previste nell’ultimo bilancio approvato con riferimento all’esercizio in corso (i pagamenti in conto competenza non possono mensilmente superare un dodicesimo delle rispettive somme); nella contrazione di mutui, ad esclusione di quelli con oneri a carico dello Stato o delle regioni e di quelli per la copertura di spese di investimento strettamente funzionali alla realizzazione di interventi finanziati con risorse provenienti dall’Ue o da amministrazioni ed enti nazionali pubblici o privati. Il risanamento dell’ente locale dissestato ha una durata di cinque anni che decorrono da quello per il quale viene redatta l’ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato. Dall’emanazione del decreto che approva l’ipotesi di bilancio riequilibrato, e per la durata del risanamento, gli enti locali dissestati possono procedere all’assunzione di mutui per investimento e all’emissione di prestiti obbligazionari. Per la durata del risanamento la pianta organica rideterminata non può essere variata in aumento.

Le conseguenze sui creditori operano fin dall’inizio; quelle sugli amministratori sono soltanto eventuali, ma nel nostro caso assolutamentee certe; quelle sulla gestione ordinaria vengono rinviate all’esercizio successivo nel caso in cui l’ente abbia già deliberato il bilancio di previsione per l’esercizio nel corso del quale è adottata la dichiarazione di dissesto: circostanza questa dalla quale il Comune di Modica è ben lontano, essendo fermo all’approvazione dei bilanci, sia di previsione che consuntivi, del 2022, mentre è inadempiente relativamente a quelli del ’23 e del ’24, con un ritardo giunto nuovamente a due anni; entro il corrente mese di dicembre dovrebbe essere approvato il bilancio di previsione 2025 e invece non c’è ancora neanche quello del 2023.

Le conseguenze sugli amministratori sono limitate a quelli che la Corte dei conti individua come i responsabili imputando loro i danni per dolo o colpa grave. Gli effetti sui creditori riguardano i rapporti obbligatori rientranti nella competenza dell’organo straordinario di liquidazione e consistono nella cristallizzazione dei debiti, che non producono più interessi né sono soggetti a rivalutazione monetaria, nonché nell’estinzione delle procedure esecutive in corso, con conseguente inefficacia dei pignoramenti eventualmente eseguiti, e nell’impossibilità di intraprendere o proseguire azioni esecutive nei confronti dell’ente.

E’ evidente come gli impatti di un ente dissestato superino ampiamente i confini delle casse comunali, generando conseguenze estremamente gravi e spiacevoli nei confronti dei vari portatori di interesse, in primis i cittadini e le imprese, ma anche lo stesso personale.

Volendo tradurre in pochi cenni le conseguenze della dichiarazione di dissesto, i tributi salgono al massimo, le spese si riducono al minimo e gli amministratori responsabili non potranno candidarsi per dieci anni.

Infatti per il primo comma dell’art. 248 del Tuel <<gli amministratori che la Corte dei conti ha riconosciuto, anche in primo grado, responsabili di aver contribuito con condotte, dolose o gravemente colpose, sia omissive che commissive, al verificarsi del dissesto finanziario, non possono ricoprire, per un periodo di dieci anni, incarichi di assessore, di revisore dei conti di enti locali e di rappresentante di enti locali presso altri enti, istituzioni ed organismi pubblici e privati. I sindaci e i presidenti di provincia ritenuti responsabili ai sensi del periodo precedente, inoltre, non sono candidabili, per un periodo di dieci anni, alle cariche di sindaco, di presidente di provincia, di presidente di giunta regionale, nonché di membro dei consigli comunali, dei consigli provinciali, delle assemblee e dei consigli regionali, del parlamento e del parlamento europeo. Non possono altresì ricoprire per un periodo di tempo di dieci anni la carica di assessore comunale, provinciale o regionale né alcuna carica in enti vigilati o partecipati da enti pubblici. Ai medesimi soggetti, ove riconosciuti responsabili, le sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei conti irrogano una sanzione pecuniaria pari ad un minimo di cinque e fino ad un massimo di venti volte la retribuzione mensile lorda dovuta al momento di commissione della violazione…>>.

La legge fa discendere conseguenze precise in capo ai responsabili del dissesto, e non solo sotto il profilo del risarcimento del danno erariale cagionato all’ente secondo le ordinarie norme processuali. L’articolo richiamato prospetta dunque la responsabilità su due piani: amministrativo contabile in senso stretto e da dissesto a carattere non risarcitorio. In questo secondo ambito, che si aggiunge al primo e non lo esclude, viene in rilievo una responsabilità di tipo sanzionatorio con riferimento all’irrogazione della sanzione pecuniaria da cinque a venti volte l’indennità di carica percepita e anche per la comminazione della misura interdittiva consistente nell’incandidabilità per dieci anni.

La duplice sanzione – economica e interdittiva – presuppone dolo o colpa grave: in proposito c’è una fitta casistica di sentenze che esclude ogni insussistenza di responsabilità in tutti i casi di dissesto, tranne che per gli incolpevoli che succedano nelle cariche agli autori dei provvedimenti che hanno determinato il dissesto e sempre che la loro presa d’atto, con conseguente interruzione delle condotte dannose e in netta discontinuità, risulti tempestiva, piena, efficace, coerente.

Nel nostro caso invece perfino il dolo è conclamato a carico di tutti i responsabili degli atti i quali, senza soluzione di continuità, dal 2013 concorrono, anche in forma omissiva, allo sfascio dei conti, all’occultamento dei debiti contratti o provocati, all’elusione delle norme, alla vanificazione delle intimazioni, all’aggiramento di divieti, alla violazione di ogni tipo di regola contabile, alla falsificazione dei bilanci.

La giurisprudenza è unanime nel fare discendere le misure sanzionatorie, economiche e interdittive, da una semplice <<condotta reiterata di consapevole (basta la conoscibilità giuridica, non è necessaria anche l’effettiva conoscenza) omissione nel porre in essere misure idonee a risanare i conti, in un crescente richiamo ad operare con prudenza a fronte di fondati indici di pericolo sulla stabilità finanziaria, mettendo in viva luce la tipologia della debenza, dove non vengono in rilievo i profili risarcitori propri della responsabilità erariale, bensì condotte identificate dal legislatore come illecite perché etiologicamente connesse alla dichiarazione di dissesto dell’ente locale: quasi un lontano monito ‘videant consules, ne quid res publica detrimenti capiat’>>: è il principio contenuto nel Consultum della Repubblica Romana (‘i consoli provvedano affinché lo stato non subisca alcun danno’)>> nella versione riportata, quasi 21 secoli fa, da Sallustio nel De Catilinae coniurazione.

Insomma è sufficiente che vi sia un dissesto e che, nel periodo in cui se ne siano determinati i fattori che per legge ne costituiscono il presupposto, i titolari pro tempore delle funzioni afferenti per competenza non abbiano fatto tutto quanto possibile per evitarlo.

Nel nostro caso siamo invece dinanzi alla situazione ben più grave di una responsabilità dolosa, reiterata, portata avanti fino alle estreme conseguenze in modo pervicace, ostinato, compulsivo, sfrontato e sfidante contro gli organi di controllo e la stessa Corte dei conti alla quale ora spetta il giudizio di responsabilità ai fini dell’applicazione delle misure sanzionatorie, sia economiche che interdittive.

Per riepilogare il quadro complessivo degli effetti della dichiarazione di dissesto, possiamo distinguere i seguenti ambiti.

Responsabilità politica: gli amministratori responsabili non possono ricoprire incarichi pubblici per dieci anni, compresi quelli di assessore, revisore dei conti e rappresentante dell’ente locale.

Candidabilità: sindaci e presidenti di provincia responsabili non possono candidarsi a cariche pubbliche per dieci anni, inclusi sindaco, presidente di provincia o presidente di giunta regionale.

Sanzioni pecuniarie: gli amministratori e i membri del collegio dei revisori possono ricevere sanzioni pecuniarie significative per gravi responsabilità.

Conseguenze del dissesto per il personale dell’ente: ridimensionamento dell’organico con la messa in disponibilità dei dipendenti in soprannumero (situazione che non riguarda il Comune di Modica) rispetto ai rapporti medi dipendenti/popolazione, ai quali il Ministero dell’interno fornisce un contributo per cinque anni.

Ci sono poi ulteriori conseguenze verso terzi: sospensione delle azioni esecutive in quanto durante il dissesto finanziario le azioni nei confronti dell’ente per i debiti sotto l’organo straordinario di liquidazione sono sospese, fornendo una protezione temporanea contro azioni legali e pignoramenti; estinzione delle procedure esecutive pendenti che, alla dichiarazione del dissesto, senza possibilità di opposizione da parte dell’ente o respinte, vengono azzerate dal giudice e l’importo dovuto è incluso nella massa passiva del dissesto; cessazione di interessi e rivalutazione: i debiti insoluti al momento della liquidazione e le somme dovute per anticipazioni di cassa non generano più interessi né sono soggetti a rivalutazione monetaria, stabilizzando il debito.

Inoltre, fino all’approvazione dell’ipotesi di bilancio riequilibrato, sono applicati i seguenti limiti e restrizioni: limiti all’accensione di nuovi mutui, tranne come abbiamo visto in alcune eccezioni; limiti agli impegni finanziari poichè le amministrazioni non possono impegnare somme superiori a quanto stabilito nell’ultimo bilancio approvato per l’anno in corso, mentre i pagamenti mensili per conto competenza sono soggetti a limiti, con alcune esclusioni; aumento dell’imposizione fiscale in quanto gli enti sono tenuti ad aumentare le aliquote e le tariffe delle imposte e tasse locali, ad eccezione di quella per lo smaltimento dei rifiuti.

Dal deputato alla Camera Nino Minardo emendamento ad hoc al disegno di legge del bilancio dello Stato 2025: tentativo velleitario per aggirare il dissesto e salvare i responsabili. Norme simili già più volte bocciate dalla Corte costituzionale

In attesa di scoprire se, come e quando – innanzitutto se per adesione, sulla scia del ravvedimento confessorio della dirigente Di Martino, o per costrizione – il Comune di Modica compirà l’atto dovuto della dichiarazione dello stato di dissesto, c’è da rilevare un fatto che denota quale sia la strategia o almeno la tentazione dell’ente ancora sotto il pieno controllo del ‘sistema-Abbate’. Risale al 15 novembre scorso, stessa data della relazione Di Martino presumibilmente annunciata nei giorni o settimane precedenti alla sindaca Monisteri e quindi inevitabilmente ad Abbate che muove le fila di tutto. E’ la presentazione, da parte del deputato alla Camera Nino Minardo, di una proposta emendativa della legge di stabilità, in commissione bilancio in sede referente, contenente disposizioni in materia di finanza locale. La norma proposta consentirebbe <<prima dell’entrata in vigore della presente legge>> (prevista come di consueto il primo gennaio 2025, salvi incidenti di percorso che ritardino la conclusione dell’iter parlamentare entro l’anno) agli <<enti locali che hanno presentato il piano di riequilibrio finanziario pluriennale o ne hanno conseguito l’approvazione…>> di <<rimodulare o riformulare il predetto piano, al fine di tener conto delle ulteriori passività che non sono state ricomprese nel citato piano di riequilibrio e che devono essere ripianate sulla base dell’ultimo rendiconto approvato alla data di entrata in vigore della presente legge, con il conseguente adeguamento della durata del piano ai sensi dell’articolo 243-bis, comma 5-bis, del Tuel>>.

E’ una norma ad hoc che, se mai diventasse legge, libererebbe il Comune di Modica dall’obbligo di dichiarare il dissesto permettendogli di rimodulare il piano, di farlo ripartire nuovamente e di proiettarlo di fatto verso una prospettiva temporale, se si considera l’approvazione originaria nel 2012, prossima a 25-30 anni con tutte le nuove passività certificate dalla Corte dei conti.

La proposta emendativa, presentata da un singolo deputato in solitudine, è rimasta in commissione, mai affiorata nella dialettica e nello scontro sulle poche approvazioni e le molte bocciature, tra pasticci e ritardi fino allo stop finale di due giorni fa, 17 dicembre. Da quest’anno peraltro le nuove regole parlamentari non consentono il voto unico su un solo maxiemendamento contenente migliaia di norme disomogenee, tant’è che quella di Minardo, presentata come proposizione di un art. 101 bis del disegno di legge di bilancio dell’anno 2025 e del triennio 2025-2027, è stata subito incanalata nel fascicolo comprendente i provvedimenti sulla finanza locale relativi, ma fin dall’inizio le chanches di successo erano praticamente nulle. Rimane il voto in aula, alla Camera domani sera, venerdì 20 dicembre – fissato alle 22.30 in diretta Tv, sempre che non ci saranno nuovi incidenti di percorso nella maggioranza – e sabato 28 al Senato, come ultima occasione per l’approvazione entro l’anno (termine perentorio per evitare il ricorso all’esercizio provvisorio) della legge di stabilità, con i 144 articoli e i pochi emendamenti validati in commissione tra migliaia presentati, i vari documenti finanziari collegati, centinaia di ordini del giorno e le ultime variazioni di bilancio che domani pomeriggio usciranno dal Consiglio dei ministri.

In ogni caso è utile rilevare che la proposta-Minardo, del tutto velleitaria, se mai per assurdo una maggioranza parlamentare avesse valutato o potesse valutare di approvarla, sarebbe in palese contrasto con la Costituzione, anche sulla base di una consolidata giurisprudenza che, a difesa degli art. 81, 97 e 119 (6° c), pone paletti precisi ad ogni tentativo di scardinare le regole a tutela dei conti pubblici e della finanza locale.

In proposito l’elenco sarebbe lunghissimo ma qualche cenno può essere utile. Pronunciandosi su ordinanze della magistratura contabile simili a quella che ci riguarda, la Corte Costituzionale, più volte in questi anni, in piena continuità con sentenze precedenti (la n. 18 del 2019 e la n. 115 del 2020) sottolinea il necessario collegamento tra la durata del piano di riequilibrio degli enti locali ed il principio della responsabilità di mandato che astringe gli amministratori…>> richiamando la storica sentenza n. 39 del 2014 che attesta <<l’emersione di un diritto all’equilibrio del bilancio quale bene dello Stato-comunità….>> e ribadendo<< il diritto all’equità intragenerazionale e intergenerazionale…>>.

Questo corollario di principi – <<del necessario rispetto della sana gestione finanziaria, espressione del diritto al bilancio quale bene dello Stato-comunità, garanzia della responsabilità di mandato dell’apparato politico-amministrativo delle comunità amministrate, infine, but not least, espressione e vincolo del valore dell’equità intergenerazionale>> – è presente in numerose altre sentenze e impedisce alla radice ogni possibilità che ad Ignazio Abbate e alla sua combriccola possa giungere la ciambella di salvataggio lanciata da Minardo. Del resto un via libera alla norma, più grave di una sanatoria dei peggiori abusi commessi con dolo e non comune propensione a delinquere, vorrebbe dire che non vi siano più regole di bilancio e che chiunque potrà agire come gli pare: che è esattamente ciò che da undici anni e mezzo fa Abbate con il concorso decisivo di amministratori, dirigenti e funzionari da lui prescelti.

Una libertà analoga a quella che l’emendamento-Minardo vorrebbe introdurre nella legge di stabilità 2025 è stata più volte bocciata dalla Corte costituzionale, come, per esempio, con la citata sentenza n. 18 del 2019 la quale ha dichiarato l’illegittimità di una norma della legge di stabilità <<nella parte in cui consente agli enti locali in stato di predissesto di ricorrere all’indebitamento per gestire in disavanzo la spesa corrente per un triennio. La procedura di prevenzione dal dissesto degli enti locali – osserva il giudice delle leggi – è costituzionalmente legittima solo se supportata da un piano di rientro strutturale di breve periodo. Il legislatore statale può destinare nuove risorse per risanare gli enti che amministrano le comunità più povere ma non può consentire agli enti, che presentano bilanci strutturalmente deficitari, di sopravvivere per decenni attraverso la leva dell’indebitamento. Quest’ultimo, deve essere riservato, in conformità all’articolo 119, sesto comma, della Costituzione, alle sole spese di investimento…>>.

La giurisprudenza della Corte costituzionale presenta numerose altre sentenze che sembrano scritte per bocciare drasticamente quello che, nel caso del Comune di Modica, è l’intero campionario delle bricconate compiute da amministratori e dirigenti comunali ridottisi a contraffattori seriali pur di compiacere il capo e incassarne le prebende. Per esempio, a proposito dell’abuso di anticipazione di liquidità, la scure della Consulta s’è abbattuta sulla norma (comma 3 dell’art. 39-ter del decreto legge n. 162 del 2019) che avrebbe consentito <<di finanziare la restituzione delle quote annuali dell’anticipazione di liquidità con la medesima quota accantonata come Fal (Fondo anticipazione liquidità) nel risultato di amministrazione, generando un potenziale fattore di rischio e di alterazione degli equilibri di bilancio, in contrasto con gli artt. 81 e 97, primo comma, Cost., per violazione dei principi della sana gestione finanziaria e dell’equilibrio di bilancio, e consentendo che le somme ricevute a prestito a titolo di anticipazione di liquidità siano distratte per spese diverse da quelle di investimento, in violazione dell’art. 119, sesto comma, Cost>>. Chiare e perentorie le parole pronunciate in proposito dalla Corte: <<deve essere assicurato dal legislatore che tali disponibilità siano effettivamente destinate all’esclusivo rimborso del pagamento di quelle passività pregresse per le quali erano state ottenute, e parimenti deve essere comunque evitato che la loro contabilizzazione in bilancio possa costituire un surrettizio strumento per ampliare la capacità di spesa dell’ente, con evidente loro distrazione per finalità non consentite…>>. Nell’ipotesi in specie la norma avrebbe consentito di ripagare un debito (gli oneri di restituzione della quota annuale) con lo stesso debito (l’anticipazione di liquidità).

Nel caso del Comune di Modica, dei 125 milioni di debito già accertato, oltre 44 originano dall’abuso di ricorso all’anticipazione di liquidità.

Il dissesto di un ente locale è un fatto grave, frutto inevitabilmente di precise responsabilità, che vanno ricondotte a chi l’ha effettivamente determinato e che pertanto sarà sanzionato. Nella situazione del Comune di Modica non vi è dubbio alcuno perché proprio il piano di riequilibrio, ottenuto a fine dicembre 2012 dall’uscente amministrazione-Buscema e da questa rimesso fin dall’inizio nelle mani del neo sindaco Abbate insediatosi a giugno 2013, pone in capo a quest’ultimo e, a maggior ragione, all’Abbate-bis e a quella che abbiamo definito Abbate-ter (amministrazione-Monisteri) tutte le colpe gravi, e in molti casi il dolo fin troppo evidente con cui è stato provocato il dissesto.

Proprio il momento del passaggio delle consegne da Antonello Buscema, non ricandidatosi per scelta dopo il primo mandato, al subentrante Ignazio Abbate, il 27 giugno 2013, rivela qualche indizio preventivo della sciagura che si stava abbattendo sulla città.

Ci soccorrono le cronache di quel 27 giugno di undici anni fa: <<Antonello Buscema, con un filo di commozione – raccontava il quotidiano Ragusah24 – ha sottolineato l’impegno gravoso a cui è chiamato il nuovo sindaco la cui azione deve caratterizzarsi per spirito di sacrificio, umiltà e capacità di esposizione anche dicendo dei no e ascoltando sempre tutti>>.

Ah se Abbate l’avesse ascoltato! Ma egli, già immerso nel suo piano di smodata ambizione di potere personale, finge di assentire alle parole di Buscema (<<ho imparato che il sindaco non è solo il primo cittadino ma anche l’ultimo e deve servire la collettività perché è per questa ragione che si è eletti>>) ma, dopo avere forse detto un po’ di verità (<<ho sostenuto Antonello Buscema nella sua campagna elettorale del 2008, poi le nostre strade si sono divise, ma la sua sindacatura è stata un esempio per tutti e con questo spirito e con forza convinta mi impegnerò a tempo pieno per il Comune non lesinando sacrifici e seguendo la linea delle cose da fare…>>) si cimenta subito in ciò che gli riesce meglio, la menzogna: <<lavorerò cinque anni e solo per questo periodo. Le parentesi politiche devono essere brevi>>.

Certo, se le sue bugìe – il no ad un secondo mandato – fossero state solo queste, sarebbero perfino perdonabili. Il problema è la totale privatizzazione dell’istituzione comunale condotta incessantemente per undici anni e mezzo ripudiando le regole proprie della res pubblica per insediarvi quelle a misura di ‘cosa propria’, con annessa rapina delle risorse della città: attività cui dal primo giorno, il 27 giugno 2013, si dedica con tutto sé stesso e ‘a tempo pieno’. Sulla ‘pienezza’ del tempo e delle energie dedicate a ciò per cui ogni giorno rivela impareggiabile talento nessuno ha dubbi. Ricordate la sua giustificazione per il mancato pagamento dei creditori con le somme vincolate e la loro distrazione verso altre spese con un danno enorme per il Comune (“non abbiamo potuto per l’indisponibilità dei creditori a riscuotere”)?

La storia dei dissesti, con tutti i dati, in 35 anni di vita dell’istituto: solo il 2 % degli enti locali (pari allo 0,3% della popolazione) è in questo stato. Modica quarto comune della Sicilia sopra i 50 mila abitanti a subirne l’onta. Mai finora uno scempio di così dolosa, evidente, sfrontata e inescusabile responsabilità 

Dicevamo che il dissesto è un fatto grave ma il Comune di Modica non è certo il primo ente locale a incorrere in questa evitabilissima sciagura.

La disciplina giuridica dell’istituto ha 35 anni di vita, introdotta la prima volta con un articolo, il 25, contenuto in un decreto legge, il n. 66 del 2 marzo 1989. Nel primo anno ben 133 dichiarazioni, una cifra mai più raggiunta, perché la normativa nasce sulla spinta dell’emergenza di un buco da diverse migliaia di miliardi di lire prodotto da vari enti. Segue una lunga stasi, interrotta, dopo la spending review e i tagli drastici imposti dal governo-Monti, da un numero crescente nell’ultimo decennio fino ad un picco rilevante nel 2023. Durante questi 35 anni, dati 2024, risultano attivate in tutto 787 procedure di dissesto cui bisogna aggiungere – dal 2012 quando, con gli articoli 243-bis e seguenti del Tuel contenuti nel decreto legge 174 del 2012, è introdotta questa sottomisura – 547 piani di riequilibrio tra i quali quello ottenuto proprio dal Comune di Modica pochi mesi dopo l’entrata in vigore della normativa. Complessivamente oggi il totale dei casi aperti (dissesto, predissesto, piani di riequilibrio), dopo l’impennata degli ultimi anni, è pari al cinque per cento degli enti locali italiani, quasi tutti di piccolissime dimensioni sicché riguarda meno di un centesimo della popolazione, per oltre il novanta per cento concentrata in tre regioni: Sicilia, Calabria, Campania.

Al primo gennaio 2024 – fonte ministero dell’interno – risultano in dissesto, e con il rendiconto della gestione ancora da approvare da parte degli organismi straordinari di liquidazione, 212 comuni e 2 province, Siracusa e Ascoli Piceno. Alla stessa data versano in procedura di riequilibrio finanziario 278 comuni, una città metropolitana, Catania, e 6 province: Alessandria, Catanzaro, La Spezia, Salerno, Verbano-Cusio-Ossola, Vibo Valentia.

Sono pochissimi i comuni aventi una dimensione analoga o superiore a quella di Modica ad essere incappati nella liquidazione straordinaria del proprio patrimonio. I casi di dissesto attualmente, dati novembre 2024, riguardano 213 enti locali, il 2 per cento, per una popolazione dello 0,3%: in questa ‘nicchia’ si appresta ad entrare Modica. La Sicilia oggi detiene il record dei dissesti: 69, pari al 32% del totale in Italia, seguita da Calabria con 52 e Campania con 47; è qui il 90% dell’intero fenomeno, mentre diverse regioni – Valle d’Aosta, Trentino, Friuli, Veneto, Emilia, Umbria, Sardegna – non hanno mai avuto alcun caso. Nell’isola gli unici comuni con oltre cinquantamila abitanti incorsi nel dissesto sono Bagheria nel 2014, Catania nel 2018 e Gela nel 2023. Quelli con più di trentamila abitanti appena 11, mentre il totale di 99, nell’intera storia dell’istituto, comprende in gran parte piccoli comuni al di sotto dei 10 mila abitanti: il 45% al di sotto dei 5 mila, il 24% sotto i 2 mila.

In provincia di Ragusa sono incappati nel dissesto i comuni di Acate nel 2016, Chiaramonte Gulfi nel 1989 e nel 2023, Comiso nel 2012, Ispica nel 2013 e nel 2020. A piani di riequilibrio finanziario pluriennale hanno fatto ricorso, oltre a Chiaramonte Gulfi nel 2023 e Ispica nel 2012 e 2020, anche Monterosso Almo nel 2017, Scicli nel 2012 e 2014, Pozzallo nel 2014 e 2017 e, come ben sappiamo, Modica nel 2012.

Con Bagheria, Catania e Gela, Modica sarà dunque la quarta città della Sicilia tra quelle con almeno 50 mila abitanti, nell’intera storia dei dissesti cominciata 35 anni fa, a conoscere l’onta di quella che nel suo caso si presenta in forma di ‘bancarotta fraudolenta’, tra le meno accidentali e tra le più volute che un ente potesse consumare. La città può ringraziare Ignazio Abbate, il politico votato in massa ogni volta che si è candidato e in sequenza più di ogni altro nella propria storia se, per esempio, analizziamo, nelle regionali 2022, il rapporto tra voti validi espressi in assoluto, consensi alle liste e preferenze.

Insomma la città lo ha voluto e se l’è meritato pienamente.

Il dissesto che ben presto dovrà essere dichiarato le regala una sicura primazia: nella casistica storica di tutti i dissesti, è difficile trovarne uno che abbia lo stesso tasso di dolo sfrontato, di reiterazione ultradecennale, di macchinazione ostentata e di ingegnosità criminosa come attesta ad occhio nudo gran parte degli atti che lo hanno determinato.

Dunque sono passati tre mesi dall’ordinanza della Corte dei conti, notificata al Comune il 24 settembre, e, soprattutto, oltre trenta giorni dalla relazione della dirigente Di Martino, atto d’impatto-shock sulla sindaca Monisteri e su tutti i fidati luogotenenti del sistema-Abbate.

La dichiarazione di dissesto è di competenza del consiglio comunale che, però, a tal fine, va convocato e chiamato appositamente a pronunciarsi su una proposta che, su ovvio impulso della dirigente di settore che la considera obbligata, coinvolge ovviamente anche il segretario generale, il sindaco e la giunta.

Conti consuntivi e bilanci consolidati 2021 e 2022: da gennaio a novembre di quest’anno una crepa nella maggioranza. L’esplicito dissenso, cresciuto da quattro a nove consiglieri comunali, fa crollare un castello di menzogne 

In effetti, subito dopo l’arrivo a palazzo San Domenico della deliberazione della Corte dei conti, in quest’autunno 2024 qualcosa cambia tra i dirigenti: la Di Martino si sveglia d’incanto dal torpore letargico da cui sembra ottusa, seguito al fervore con il quale il 5 giugno 2023 s’insedia; l’uno e l’altro stato – fervore e torpore –  di natura servile per impropria fedeltà di convenienza al tandem Abbate-Bella in pregiudizio dei doveri d’ufficio, almeno in apparenza ed in assenza d’altre motivazioni. E qualcosa succede anche nella sfera politica di sostegno della sindaca.

Vedremo gli ulteriori fatti nuovi avvenuti a novembre ma, per coglierne il senso, è utile fare un passo indietro, al 10 gennaio 2024.

Come il 23 dicembre dell’anno prima denunciato da In Sicilia Report (qui), da tempo già allora circola la bozza di rendiconto consuntivo dell’anno 2021, ritardata all’infinito per la falsità dei dati in essa contenuti e il rischio serpeggiante tra quanti dovrebbero approvarla: i 21 consiglieri di maggioranza. Alla fine, ancora una volta, Abbate, forte di un indiscutibile potere di condizionamento e di ricatto, impone l’atto sciagurato.

Però nelle fondamenta del suo castello di menzogne una prima crepa si apre. Quattro consiglieri comunali di maggioranza non danno il loro voto, assenti nella seduta del 10 gennaio che sfocia comunque nell’approvazione. Anche in questo caso attingiamo alle cronache. Il Domani ibleo, il 10 gennaio ’24, con un articolo di Mariacarmela Torchi dal titolo “Modica, approvato dal Consiglio il rendiconto 2021 nonostante le criticità, 17 voti favorevoli…” riferisce che <<erano assenti tre consiglieri di ‘Modica al centro’, compresa la presidente del consiglio Mariacristina Minardo’. Oltre a loro, assente anche il consigliere Michelangelo Aurnia della lista ‘Prendiamoci cura’ che non a caso, di professione, è commercialista e revisore dei conti. Per ‘Modica al centro’ però – annota il quotidiano – c’era il capogruppo Fabio Borrometi che ha dichiarato di votare “in modo consapevole secondo coscienza per il bene della città” avendo avuto le rassicurazioni necessarie da parte dell’amministrazione>>.

Quindi quattro consiglieri pro amministrazione – Mariacristina Minardo, Piero Armenia e Daniela Spadaro della lista ‘Modica al centro’ e Michelangelo Aurnia della lista ‘Prendiamoci cura’ – non accettano di votare quel documento finanziario palesemente falso. Non cambia nulla nei risultati perché la maggioranza è forte di 21 consiglieri su 24, dato senza precedenti nella storia della città, peraltro senza premi o aiutini elettorali, a parte lo sbarramento che premia tutte le liste che lo superano trasferendo loro i voti conseguiti da quelle escluse: così il 28 e 29 maggio 2023 hanno voluto i cittadini! Pertanto il rendiconto ’21, truccato come fin d’allora ben visibile ad occhio nudo e come certificato dai revisori contabili, viene approvato nonostante lo scatto di dignità di quattro consiglieri dei 21 della coalizione-Monisteri. Ne rimangono ben 17, una forza schiacciante, a dettare legge.

Data l’evidente falsità di quel rendiconto, al punto da fare accendere al collegio dei revisori il semaforo rosso, non solo impressiona la supina acquiescenza dei 17 ma, in particolare, colpiscono gli argomenti a sostegno. Per esempio – riferisce sempre Il Domani ibleo – <<il consigliere Alessio Ruffino, gruppo Dc, in qualità anche di presidente della commissione bilancio, dichiara che i vari rinvii del rendiconto 2021 non sono stati pretestuosi ma un momento di ulteriore riflessione (!). Per l’amministrazione prende la parola l’assessore al bilancio Delia Vindigni: “Sono tranquilla e serena, bisogna trasformare i rilievi di criticità in opportunità per il bene comune”. Da parte sua la dirigente Di Martino si rende disponibile durante la seduta a fornire ulteriori delucidazioni sul documento contabile. Poi è la volta della sindaca Maria Monisteri: “Oggi è una data importante per la città. L’approvazione di questo strumento è essenziale per portare avanti il nostro progetto amministrativo ed il futuro della città. Lo scrupolo e la coscienza che ha portato a ritardare l’approvazione del bilancio bisogna leggerlo in chiave positiva”>>.

Che dire? Quel rendiconto è falso e tutti lo sanno, oggi come allora e come attestato dai revisori: perciò non solo il voto dei 17, ma anche le motivazioni e i commenti a sostegno sconcertano. Eccone alcuni tratti pittoreschi: l’ulteriore riflessione …per poi votare il falso (Ruffino). O l’opportunità per il ‘bene comune’ attraverso il mendacio che con ‘tranquillità e serenità’ (sic!) dissesta i conti (Vindigni). O ancora lo ‘scrupolo e la coscienza’ della sindaca nel sostenere falsi inganni e raggiri contabili e in questo modo portare avanti il ‘progetto amministrativo ed il futuro della città’ (anche il futuro? Non basta il presente?). Infine la ‘disponibilità’ della dirigente a ‘fornire ulteriori delucidazioni sul documento contabile’: vista insieme alla sua relazione di undici mesi dopo che certifica l’avvenuto dissesto, quel concedersi ai consiglieri titubanti per aiutarli a superare ogni dubbio nell’atto del voto sul falso rendiconto sarebbe materia di psicologia del profondo se non fossero fin troppo evidenti i tangibili fattori materiali che la spiegano.

In tema di argomenti addotti a sostegno di questa folle corsa che spinge il Comune, la casa di tutti i cittadini, verso il crollo, viene in mente quello di Rita Floridia (Dc) – assessore nella prima giunta-Abbate e sempre eletta dal 2013 in consiglio comunale in liste a suo sostegno – la quale, sul finire della precedente consiliatura, il 16 marzo 2023, dichiarando il proprio voto favorevole sul bilancio di previsione 2022, in replica al consigliere di minoranza Marcello Medica che contesta un operato privo della ‘diligenza del buon pater familias‘, puntualizza: <<devo dissentire in toto, perché Medica non deve dimenticare che dieci anni fa abbiamo avuto un cerino in mano, e l’amministrazione Abbate si è dovuta adoperare in lungo e in largo per far rinascere la città adottando la pratica del buon padre di famiglia>>.

E meno male, vien da chiedersi! Se no, cos’altro avrebbe trovato la Corte dei conti? In quella fase, presidente della commissione bilancio del Comune è Gianmarco Covato il cui nome emerge all’attenzione dei lettori di In Sicilia Report il 26 maggio 2023 nel contesto dell’inchiesta avente per titolo “il manuale dello scambio che dopo dieci anni di raggiri e di maneggi, d’inganni e garbugli, menzogne e traccheggi, strangola la citt”.

Tra le tante altre cose in quell’articolo si parla degli affidamenti diretti e dei contratti del Comune con un’impresa di Frigintini, Agricola verde, <<in relazione anche alla più o meno casuale attività di un consigliere comunale, familiare dei due soci, che sono anche amministratori e componenti di quell’impresa… l’azienda agricola ‘Verde agricoltura’, società semplice … avente sede a Frigintini in piazza del Mulino 1, con conferimenti complessivi di mille euro da parte dei due soci Antonello Covato e Damiano Covato… L’azienda inizia l’attività il 4 giugno 2018, quando il sindaco Abbate è lanciatissimo verso la riconferma, e risulta iscritta alla Camera di commercio di Ragusa il 22 ottobre successivo. Il suo codice … è quello previsto per la ‘coltivazione di ortaggi … in foglia, a fusto, a frutto, in radici, bulbi e tuberi in piena area, escluse barbabietole da zucchero e patate’. La cosa singolare è che quest’azienda agricola, così piccola e limitata nella sua missione produttiva al punto che non può neanche coltivare patate, viene però incaricata dal Comune innumerevoli volte per eseguire lavori per svariate decine di migliaia di euro nonostante le riserve della Corte dei conti sulla possibilità che ad imprese agricole sia destinato anche uno solo di tali affidamenti… I titolari dell’impresa, Antonello e Damiano Covato, sono rispettivamente padre e fratello di Giammarco Covato, consigliere comunale eletto cinque anni fa nella lista Modica Est a sostegno di Abbate ed oggi candidato in ‘Siamo Modica’ a supporto di Monisteri. Con o senza incidenze della casualità di questi rapporti, l’azienda agricola viene di recente incaricata dei lavori di scerbatura di cigli stradali, spazi pubblici, aiuole del centro urbano di Modica, Marina di Modica e Maganuco per l’importo di quasi 50 mila euro (49.600 per l’esattezza)…>>. Seguiva quindi l’elenco degli affidamenti e i tempi record nei pagamenti. << Ecco le performances realizzate dal Comune con la Agricola verde della famiglia Covato: quest’anno (il 2023, n.d.r.), fattura presentata il 21 marzo, pagamento il 7 aprile: 17 giorni, non male! Nel 2022, per esempio, in pieno agosto, fattura del 4 (€ 9.722,79) pagata il 26. Nel 2021, una fattura presentata dall’azienda il 6 luglio risulta pagata il 15 (€ 12.187,78); appena otto giorni sono sufficienti per quella del 14 luglio (€ 9.941,93); diciassette giorni sotto ferragosto bastano per la fattura presentata il 10  (€ 4.859,34); tredici per quella del 9 settembre ’21 (€ 3.488,48). Nel 2020 fattura del 7 dicembre da € 11.956,19 pagata il 16 dicembre, solo sette giorni dopo; nove giorni bastano per quella del 7 dicembre ’20 (€ 11.956,19). L’esempio illumina la distanza siderale che intercorre tra questa casistica e quella riguardante altri contraenti, divenuti tali non perché ‘merce’ elettorale prelibata per Abbate ma in quanto fornitori di servizi di effettiva utilità per il Comune, spesso prestazioni obbligatorie per legge: fornitori costretti ad inseguire l’ente con centinaia di decreti ingiuntivi per somme milionarie, accresciute di un carico spaventoso di costi legali e di interessi. E’ la legge dell’arbitrio e dell’ascia discriminante che degrada la pubblica amministrazione a strumento di lucro in termini, quanto meno, di fedeltà assoluta ad interessi privati e di scambio elettorale>>.

Tornando alla temeraria approvazione del rendiconto 2021 ad opera di 17 consiglieri comunali il 10 gennaio 2024, sei mesi dopo, con un ritardo di un anno e mezzo, è la volta del rendiconto 2022. Il consiglio lo approva il 15 luglio 2024, questa volta senza dissensi né defezioni nella maggioranza, grazie allo strano lasciapassare del collegio dei revisori,  ma, in proposito, è significativo l’intervento di Armenia, uno dei quattro ‘obiettori’ assenti il 10 gennaio, il quale riconosce passi avanti verso la verità rispetto al rendiconto 2021, tant’è che il disavanzo ammesso cresce a 117 milioni, 36 in più dell’anno precedente, ma poi, preoccupato, (cfr. Il Domani ibleo, 16 luglio 2024) dichiara: <<…proprio per tale motivo, essendo destinatario di legittime richieste e chiarimenti sul punto da parte di tanti concittadini ho chiesto, prima del mio intervento, all’assessore al bilancio quali potrebbero essere, a suo avviso, le probabilità che una volta approvato il rendiconto di gestione 2022 – con un disavanzo di € 36 milioni circa rispetto all’anno precedente e alla luce dei vincoli sanciti precedentemente dalla Corte dei conti in seno al piano di riequilibrio… la magistratura contabile possa optare per indurre comunque il cosiddetto dissesto guidato>>. Armenia chiarisce poi di non avere ricevuto alcuna risposta dall’assessore, di sperare quindi <<per il futuro in un’azione amministrativa incentrata sui principi del rigore, della cautela e dell’accuratezza>> e di nutrire fiducia <<solo se l’azione amministrativa proseguirà sotto i principi della trasparenza, del confronto politico e senza interferenze o sovrapposizioni di ruoli che possano in qualche modo costringermi, mio malgrado, a dover prendere le dovute distanze>>.

Il 7 novembre 2024 il consiglio comunale approva i bilanci consolidati, comprensivi quindi dei dati relativi a quell’immenso buco nero delle aziende partecipate, degli anni 2021 e 2022, come sempre in grave ed enorme ritardo, tant’è che i commissari da tempo a palazzo San Domenico sono di casa. Lo fa, in seduta di seconda convocazione, in assenza dei revisori, neanche video-collegati e senza il loro parere favorevole sui documenti finanziari: contrario per il 2021, ‘non pervenuto’ per l’anno ’22.

Ma – dato più importante – lo approva con appena 12 voti poiché otto consiglieri di maggioranza dei 21 sono assenti ed un altro, il capogruppo di ‘Modica al centro’, Fabio Borrometi boccia il documento. A gennaio era stato l’unico della lista – considerata emanazione della tentacolare holding politico-affaristica della famiglia Minardo – ad approvare il rendiconto ’21; questa volta ribalta la sua posizione, mentre cresce il dissenso degli assenti: ai quattro di gennaio – Mariacristina Minardo, Piero Armenia, Daniela Spadaro di ‘Modica al centro’ e Michelangelo Aurnia di ‘Prendiamoci cura’ – si aggiungono tre consiglieri di questa lista, Margherita Cascino, Cristina Cecere, Neva Guccione, ed uno, Giorgio Civello, perfino della fazione consiliare più vicina ad Ignazio Abbate, la Dc che è il suo partito. Otto assenti quindi e un voto contrario, quello di Borrometi, sui documenti finanziari che non presentano niente di diverso rispetto alla sistematica manipolazione dei bilanci in atto da lungo tempo.

Evidentemente l’ordinanza della Corte dei conti di settembre, nota ai consiglieri comunali, fa ulteriore breccia nel muro di fedeltà all’ex sindaco e – quando all’alt della magistratura contabile si allinea anche la burocrazia comunale, fino a quel momento sdraiata sulle posizioni di Abbate per appagarne tutti i bisogni – il distinguo dei nove consiglieri di maggioranza si fa più marcato. Peraltro il 24 ottobre giunge una nota dei revisori dei conti che invita l’ente ad agire, senza indugio, per avviare le procedure di cui all’art. 244 e seguenti del d.lgs 267/200 ed atti consequenziali ognuno per le proprie competenze>>: ovvero dichiarare il dissesto. E così sono loro, i nove consiglieri di maggioranza, il 29 novembre 2024, citando la relazione della dirigente di due settimane prima la quale indica la dichiarazione di dissesto come unica via percorribile, a chiedere all’amministrazione <<quali sono le procedure che intende intraprendere alla luce dell’inevitabile dissesto finanziario del Comune di Modica>>.

Ecco perchè Abbate (vedremo insieme a chi) non ha scampo rispetto alle sanzioni della magistratura contabile. Ma il danno inferto alla città è ben più grave: solo quello economico vale 200 milioni, ovvero 4 mila euro per abitante, 20 mila euro pro capite se consideriamo l’incidenza solo sui contribuenti effettivi

In conclusione, il Comune di Modica è già in dissesto. Evitarlo è impossibile, tanto vale non allungare un’agonia con ulteriori espedienti, furbizie e artifizi come l’improvvida e recidiva richiesta di rinvio, avanzata dalla sindaca Monisteri, dell’audizione dinanzi alla Corte dei conti. A questo punto le cose, ogni ritardo accresce ulteriormente il danno; perciò è urgente la deliberazione del consiglio comunale necessaria a fare scattare la procedura di dissesto.

Provvederà così lo Stato a rimettere in ordine la gestione dell’ente, accollandosi anche il debito di fronte ai creditori, con le modalità e i limiti che abbiamo visto. Una volta, nella prima versione della normativa introdotta nel 1989, l’onere era unicamente a carico del governo centrale, mentre l’ente locale dissestato non subiva quasi alcuna conseguenza e i responsabili la facevano franca.

Con le varie modifiche legislative intervenute non è più così. Lo Stato interviene quale debitore solvente ed obbligato e pertanto si fa carico del riallineamento in bonis della gestione ma chiama in causa l’ente locale e, nella forma e nella misura previste, si rivale su di esso che pertanto compartecipa anche nei limiti e nei vincoli cui deve sottostare nella fase nuova, totalmente distinta dalla precedente rispetto alla quale interviene una frattura.

L’effetto sul Comune di Modica sarà traumatico ma salutare come ogni terapia drastica necessaria per salvare la vita ad un moribondo. Quando arriveranno i tre ‘liquidatori’, la macchina comunale, con un certo numero di dipendenti ‘dedicati’, dovrà innanzitutto collaborare con loro per il compimento della missione ‘verità e pulizia’ che rappresenta l’opposto di quanto finora in ogni stanza di palazzo San Domenico il ‘sistema-Abbate’ ha imposto.  In proposito è utile la testimonianza proveniente da un piccolo centro di nove mila abitanti della Basilicata, ad opera di Angelo Pietromatera il quale, come appartenente al Comune di Montescaglioso, ha voluto condividere l’esperienza di formazione vissuta in un caso analogo, ricavandone un utile vademecum dal titolo ‘La modalità della spesa pubblica negli enti in dissesto’ (qui). Egli correttamente chiarisce che <<per il risanamento dellente locale dissestato lo Stato finanzia gli oneri di un mutuo, assunto dall’organo straordinnario di liquidazione, in nome e per conto dell’ente, in unica soluzione con la Cassa depositi e prestiti al tasso vigente ed ammortizzato in venti anni, con pagamento diretto di ogni onere finanziario da parte del Ministero dell’interno>>.

Quindi con i creditori se la vedrà lo Stato ma il Comune ne sopporterà gran parte del peso. Un peso che, in attesa che la massa passiva possa essere quantificata e inserita nella procedura di liquidazione, corrisponde ad un debito complessivo intorno ai 200 milioni. Tanto costano alla città gli undici anni e mezzo di ‘sistema-Abbate’, operante pienamente senza mai soluzione di continuità non solo nei nove anni di sindacatura dell’attuale deputato all’Ars, ma anche nei dodici mesi di gestione commissariale Ficano e nei quasi diciannove trascorsi di amministrazione-Monisteri.

Un fardello di 200 milioni equivale ad un peso pro capite, sulle spalle di ogni residente a Modica, di € 3.707,41. Cifra che, se restringiamo il campo ai contribuenti, risulta più che raddoppiata, al di sopra degli 8 mila euro e, se poi stimiamo il tasso di adempimento effettivo nel versamento di tributi, supera addirittura i 20 mila euro. Questo è il prelievo, nelle tasche di ogni cittadino di Modica che paghi le tasse, operato dal ‘sistema-Abbate’. In cambio di cosa? Del disastro di un ente in ginocchio e di una città violata, offesa, stuprata nella sua dignità civile e democratica.

Quella di Abbate e della sua masnada è una responsabilità ben più grave rispetto alle contromisure previste dall’ordinamento. Tralasciamo per il momento profili di rilevanza penale e quelli, civilistici, di risarcimento del danno, ben diversi ed estranei al quantum della sanzione economica commisurata alla retribuzione mensile. Limitiamoci dunque, almeno per ora, alle mere conseguenze del dissesto alle quali è molto improbabile che egli possa sfuggire: l’incandidabilità per dieci anni e la condanna al pagamento di una somma da 5 a 20 mensilità dell’indennità percepita quale sindaco responsabile del dissesto.

Queste due sanzioni, la seconda in misura verosimilmente prossima a quella massima, sono pressochè inevitabili alla luce della giurisprudenza definita dalle Sezioni riunite della Corte dei conti (sentenza n. 4/2022 del 1° aprile 2022): <<all’accertamento della responsabilità dell’amministratore locale dovrà invariabilmente seguire la sua incandidabilità/ineleggibilità (e l’incapacità ad assumere gli altri incarichi ivi previsti), per un periodo decennale, risultando bastevole tale accertamento anche in assenza di una specifica statuizione giudiziale sulla misura>>. Al tempo stesso la Corte fuga ogni dubbio circa la paventata violazione del ne bis in idem … <<in quanto la normativa di cui agli artt. 248 Tuel e 133 e ss. C.g.c. (Codice di giustizia contabile, n.d.r.), non prefigura “un duplice, distinto e successivo processo sugli stessi fatti, ma un unico giudizio, avente riflessi sanzionatori differenti: il medesimo accertamento giurisdizionale di responsabilità nella concausazione del dissesto, in altre parole, funge da presupposto sia per la comminatoria delle sanzioni pecuniarie che delle misure interdittive”. In definitiva, “il riconoscimento della responsabilità per aver contribuito al dissesto e l’applicazione delle sanzioni coincidono e sono accomunati in un unico momento accertativo, non essendo ipotizzabile che un accertamento di responsabilità possa avvenire in altra sede o con un rito diverso solo per attivare il susseguente rito sanzionatorio… anche le sanzioni interdittive (o “di status”) conseguono di diritto all’unico accertamento della responsabilità alla contribuzione del dissesto, nell’ambito del medesimo rito sanzionatorio, in quanto il positivo accertamento della responsabilità da contribuzione al dissesto si pone come condizione necessaria per la sussistenza dei presupposti per l’applicazione delle citate sanzioni di status: da tale accertamento discende, infatti, il duplice effetto della condanna alla sanzione pecuniaria e quello dichiarativo, automatico e consequenziale, in ordine alla sussistenza dei presupposti per l’applicazione delle sanzioni interdittive…>>.

Anche la Corte di Cassazione è chiara sul punto, avallando di fatto l’equivalenza tra un dissesto e la responsabilità dei titolari di funzioni inerenti i fatti-causa che l’hanno determinato. <<il legislatore – scrivono i giudici di legittimità – ha introdotto la sanzione pecuniaria, eliminando il limite di indagine dei cinque anni precedenti al dissesto, e ha previsto che la responsabilità possa essere riferita anche alla semplice ‘contribuzione’ al verificarsi del dissesto, in luogo della precedente formulazione secondo cui il dissesto avrebbe dovuto essere ‘diretta conseguenza’ delle condotte commissive o omissive, connotate da dolo o colpa grave>>. Ricorda poi la Corte che <<sino all’introduzione della sanzione pecuniaria, la sanzione di status costituiva l’unica conseguenza propria della violazione del precetto contenuto nell’art. 248 citato>> e che <<una volta introdotta la sanzione pecuniaria, la giurisprudenza contabile ha potuto ricondurre la responsabilità … nel novero di quella erariale sanzionatoria e non propriamente erariale risarcitoria. Deve poi rilevarsi che, a differenza di quanto previsto in relazione alle condotte dei componenti dell’organo di revisione, le cui c.d. sanzioni interdittive, sono modulabili in rapporto alla gravità accertata, quelle previste nei confronti degli amministratori … sono limitazioni dei diritti di elettorato passivo, nell’interesse delle collettività amministrate e della sana gestione finanziaria, previste in una misura fissa>>.

Con il dissesto cesseranno dal servizio, perchè dipendenti a tempo determinato, tutti i dirigenti del Comune, che sono appena tre: Rosario Caccamo (settore affari generali), Maria Di Martino (finanziario e tributi) e Francesco Paolino (tecnico), selezionati e assunti illegittimamente dalla commissaria Domenica Ficano

Tra le tante conseguenze sulla vita dell’ente abbiamo visto che l’organico, già decimato dalla mala gestio, non subirà ulteriori riduzioni in quanto largamente al di sotto dei parametri fissati. Ciò però vale solo per il personale a tempo indeterminato, mentre quello a tempo determinato decade, ipso iure e ipso facto, immediatamente appena sarà dichiarato lo stato di dissesto. E ciò riguarda tutti i dirigenti comunali, che sono solo tre – a capo dei settori affari generali, finanziario e tributi, tecnico – assunti nel 2023 dalla commissaria Ficano ed entrati in servizio nel momento dell’insediamento della sindaca Monisteri che affida le posizioni di vertice degli altri settori a personale Eq, di cosiddetta ‘elevata qualificazione’, riproponendo le stesse figure prescelte nel tempo da Abbate.

Per effetto del dissesto i tre dirigenti ope legis decadranno. In proposito nei corridoi di palazzo San Domenico circola insistente la voce che invece, nonostante l’ineluttabilità della dichiarazione di dissesto, rimarranno ma ciò appare impossibile, una volta che scatterà la procedura, e questo è un dato scolpito nelle norme vigenti: di quali poteri dovrebbe disporre il ‘sistema-Abbate’ per impedire l’applicazione di una norma mai elusa in nessuno dei 787 casi di dissesto che in totale si registrano nei 35 anni di vigenza della norma riguardante oltre otto mila enti locali?

I tre dirigenti sono Rosario Caccamo, Maria Di Martino, immessi in servizio il 5 giugno 2023, e Francesco Paolino, l’1 giugno ’23, all’esito di una procedura selettiva avviata e gestita dalla commissaria Domenica Ficano con il segretario generale Giampiero Bella.

Abbiamo osservato più volte come la loro assunzione sia stata, e rimanga, illegittima, e le loro determinazioni nulle: effetto quest’ultimo dei vizi afferenti la nomina per la mancata approvazione dei bilanci, nonchè le molteplici violazioni di norme negli atti compiuti. Su Di Martino poi – a lungo richiamata nel presente articolo per la sua relazione del 15 novembre scorso sulla situazione finanziaria che conclama e invoca il dissesto dopo avere contribuito a determinarlo dando copertura ai falsi bilanci predisposti e fatti approvare (ricordate le rassicurazioni fornite in consiglio il 10 gennaio 2024 nel momento del voto sul rendiconto 2021, palesemente falso?) – dovremmo infine aggiungere gli intrecci, gli scambi e i giochi di ruolo con le altre pedine nello scacchiere del ‘sistema-Abbate’.

Gli scambi, i giochi di ruolo e di firma, favori dati e ricevuti e nomine reciproche nell’intermezzo di transizione commissariale da Ignazio Abbate a Maria Monisteri, con effetti devastanti sull’interesse dell’ente e sulla trasparenza 

Scrivevo il 20 aprile scorso su In Sicilia Report della nomina, il 14 dicembre 2023, con cui <<la dirigente Di Martino sceglie, con affidamento diretto e senza alcuna procedura selettiva o di valutazione comparativa, il commercialista di Bagheria Piervincenzo Tripoli il quale, dall’avvento della commissaria Domenica Ficano il 10 giugno 2022, esercita anche a distanza un ruolo non secondario a palazzo San Domenico dove in effetti prima di lui ha messo piede la moglie, Adriana Sciortino, anche lei di Bagheria, su chiamata diretta e discrezionale della concittadina Ficano. Il Comune di Modica pagherà a Tripoli, per i cinque anni dell’incarico di vigilanza sul contratto, la somma di € 125.000,00, ovvero 25 mila l’anno. Si tratta di una mera consulenza esterna che il commercialista potrà prestare all’occorrenza e a distanza e che consiste sulla carta nella tutela degli interessi del Comune nell’ambito dell’espletamento della riscossione dei tributi cui dovrà provvedere la Creset. Insomma non sarà necessario che Tripoli stia a Palazzo San Domenico, è sufficiente che sia disponibile, anche da Bagheria, se e quando serva: di sicuro c’è che il Comune dovrà versargli, ogni mese per cinque anni, la somma di € 2.083,33 come ad un dipendente qualunque>>.

Seguiva la descrizione degli intrecci e del gioco di scambio, di ruolo e di firme in una serie di atti inquietanti: <<…Tutto comincia quando Giampiero Bella, dal 2015 a fine gennaio 2024 segretario generale del Comune di Modica, nel suo ricchissimo carnet di collezionista di incarichi aggiunge, nel 2018, anche quello di segretario generale del Comune di Acate…. E’ utile un breve passo indietro. Quando Bella, il 22 ottobre 2015, si insedia a Modica si trova ad essere, contemporaneamente: segretario generale titolare del Comune di Modica; segretario generale titolare del Comune di Pozzallo; segretario generale reggente, da maggio 2015, del Comune di Chiaramonte Gulfi; segretario dal 9-9-2015 dell’Unione dei Comuni ‘Ibleide’; dirigente di vari servizi, aree e settori del Comune di Pozzallo; Rpct ovvero responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza del Comune di Modica; capo del servizio economico-finanziario del Comune di Modica. Incarichi che conserva a lungo tranne quello di responsabile anticorruzione a palazzo San Domenico che nel 2018 è costretto a lasciare quando si scopre che egli è imputato in due procedimenti penali: nel primo per abuso d’ufficio; nel secondo per falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, truffa aggravata, frode nelle pubbliche forniture: in questo processo è colpevole o innocente? Non lo sapremo mai perchè l’imputato Bella si prende la prescrizione e si sottrae al giudizio>>.

<<…Torniamo quindi al Comune di Acate, nel 2018. Qui Bella si ritrova a fianco quale sua vice Maria Di Martino, mentre attende alle sue molteplici occupazioni da un comune all’altro, il più importante dei quali rimane quello di Modica. Dove, il 10 giugno 2022 come abbiamo visto, arriva da Bagheria, con i poteri del sindaco e della giunta, Domenica Ficano nominata tre giorni prima commissaria straordinaria, in seguito alle dimissioni del sindaco Ignazio Abbate. Al quale la fida funzionaria – a leggere firme, intrecci, posizioni d’ufficio e casualità parentali – si manifesta quasi come offerta in dote da Totò Cuffaro che in quel momento da mesi sta organizzando la sua squadra per il parlamento di sala d’Ercole e che di Abbate sarà il contractor elettorale per il collegio di Ragusa, anche se l’ex sindaco in quei giorni dice di appartenere solo all’Udc. Dunque Di Martino nel piccolo ma importante Comune di Acate si ritrova gomito a gomito con Bella e questi a Modica è il sommo e collaudato garante del ‘Sistema-Abbate’. Quando Abbate deve, in apparenza, lasciare per espandere il proprio potere a Palermo e dirigere a distanza l’amministrazione di Modica, nell’immediato può contare sui servigi di Ficano e, in seguito senza soluzione di continuità, su quelli della sindaca da lui prescelta, Monisteri.

<<…Durante i dodici mesi di interregno commissariale, dal 10 giugno ’22 al 5 giugno ’23,  a palazzo San Domenico si materializza una sorta di gemellaggio con Bagheria che mette a disposizione della città della contea – evidentemente priva, anche nel suo circondario provinciale, di commercialisti – la coppia di coniugi Sciortino-Tripoli che sono anche colleghi di professione. La prima, Adriana Sciortino, viene nominata dalla concittadina Ficano ‘esperta’ del Comune di Modica per quattro mesi a due mila euro al mese da settembre a dicembre ’22. A gennaio ’23 invece lo stesso incarico di esperta, ma per mille euro al mese, viene conferito a Maria Di Martino che però è anche dipendente del Comune di Acate dove da cinque anni lavora a fianco di Bella. Non per questo però il filo tra Modica e Bagheria si spezza. Anzi. Ci pensa la bagherese Ficano sotto i cui poteri riuniti di sindaco e giunta il Comune di Modica, con determinazione dirigenziale, accoglie una proposta casualmente presentata da un commercialista il quale, casualmente, è di Bagheria e, altrettanto casualmente, è il marito della collega Sciortino che Ficano, casualmente di Bagheria, ha voluto come propria esperta a distanza, visto che il suo unico obbligo è stato quello di presentarsi a Modica una volta la settimana, in pratica come la commissaria. E così l’11 ottobre ’22, mentre Sciortino viene pagata dal Comune di Modica, il marito riceve l’incarico dallo stesso Comune di “prestare il proprio supporto specialistico in materia di entrate tributarie, extratributarie e patrimoniali, comprese le attività per l’affidamento in concessione della riscossione con gara ad evidenza pubblica”. Il supporto prestato dura dodici mesi, costa al Comune € 30.500 e produce la gara per la riscossione dei tributi, una gara da noi definita ‘fuorilegge’ per le gravi violazioni segnalate, poi solo in parte neutralizzate perché alcune, come la mancata copertura finanziaria, permangono>>.

<<…Dunque in sequenza i nomi da tenere presenti: Abbate ovviamente, Bella, Ficano, Sciortino, Tripoli, Di Martino. Della scelta, del tutto immotivata e arbitraria, della coppia di Bagheria nei vari incarichi, abbiamo già detto. Basti ricordare che la ‘Tripoli&Partners Consulting’ di Piervincenzo Tripoli è una ditta individuale, priva perfino di un sito elementare che possa illustrare in modo visibile e tracciabile l’offerta dei propri servizi. E’ la ditta nella quale Adriana Sciortino consegue il suo primo impiego da commercialista. Per il resto, quando i due coniugi vengono prescelti come grandi esperti dal Comune di Modica, hanno avuto incarichi solo in piccoli comuni del Palermitano, spesso sulla scia di quelli della segretaria Ficano che evidentemente apprezza i loro servigi al punto da non poterne fare a meno, dovunque lei vada. Non è un caso che una delle ultime occupazioni di Tripoli prima dell’arrivo a Modica sia quella di dipendente come ragioniere, per un anno, del Comune di Bolognetta, piccolo centro di 4 mila abitanti vicino Bagheria, al tempo in cui Ficano ne è segretaria. Anche in questo caso quel Comune ingaggia entrambi i coniugi. Comincia anche questa volta con Sciortino, con contratto da 12 mesi per 24 ore settimanali, ma cinque mesi dopo l’incarico decade a seguito della dichiarazione di dissesto finanziario dell’ente. In forza della stessa graduatoria Sciortino viene in seguito richiamata ma rifiuta e il posto tocca al marito. Poco tempo dopo, potendo fregiarsi di siffatte referenze, ecco la coppia al servizio della Città di Modica quando, con decreto dell’allora assessore Zambuto, che come abbiamo visto può contare sui servigi di Silvio Cuffaro capo di gabinetto e fratello del più noto Totò, Domenica Ficano è nominata commissaria>>.

La vicenda ci segnala la decadenza, in quanto dipendente a tempo determinato, di Adriana Sciortino per il dissesto del comune, Bolognetta, in cui prestava servizio, non il solo tra quelli toccati dalle varie figure che negli utimi anni incrociano con Modica i loro destini.

<<…Il 7 aprile ’23, in prossimità della scadenza del proprio incarico, Ficano – riferiva In Sicilia Report –  indice una selezione per l’assunzione di tre dirigenti e nomina la commissione giudicatrice: sceglie il sempre prono Bella come presidente e mette tra i componenti il concittadino Tripoli il quale nel frattempo lavora come consulente con compenso di € 25.000 + iva, alla gara per la riscossione dei tributi, la famosa gara fuorilegge. Per il settore amministrativo e finanziario la prescelta è Maria Di Martino la quale, in quel momento, viene dichiarata vincitrice dal presidente di commissione, che è anche il suo capo e collega amico – lui segretario comunale, lei vice – nel Comune di Acate di cui è dipendente. Quando il 27 novembre ’23 Di Martino si dimette dal Comune di Acate (dimissioni efficaci l’11 dicembre) perché assunta sei mesi prima, il 5 giugno ’23, dal Comune di Modica, l’incarico di responsabile di ragioneria nel centro ipparino passa nelle mani di Bella che lo aggiunge a tutti gli altri.

<<…A sua volta Di Martino, a Modica, nell’incarico di dirigente del secondo settore, finanziario e tributi, subentra proprio a Bella che, pur essendo anche segretario e perciò supervisore dei dirigenti, lo ha retto per otto anni. Appena un mese e mezzo dopo l’immissione in servizio a palazzo San Domenico, Di Martino, dovendo portare a termine il dossier sulla gara per la riscossione dei tributi, il 19 luglio 2023 nomina la commissione giudicatrice decidendo di presiederla lei stessa e di chiamare a farne parte Bella e uno dei dirigenti assunti (perchè dichiarati vincitori dalla commissione presieduta da Bella) insieme a lei, Francesco Paolino; inoltre nomina consulente della commissione stessa, per l’espletamento della gara, Tripoli il quale risulta così il primattore in tutte le operazioni che porteranno all’aggiudicazione, lungo un percorso costruito secondo una regìa, un copione e una sceneggiatura… A gennaio scorso, l’ultimo atto della serie. Tripoli, che prima ha preparato la gara e poi ne ha accompagnato l’aggiudicazione, ora diventa anche il direttore dell’esecuzione del contratto, cioè colui che dovrebbe ‘fare le pulci’ all’impresa che egli stesso ha prescelto o concorso a scegliere. Ad affidargli questo incarico è, nuovamente, la dirigente Di Martino. Colei che è stata giudicata vincitrice dalla commissione, presieduta da Bella per anni suo capo e al suo fianco nel Comune di Acate, e della quale proprio Tripoli faceva parte>>.

Il 23-12-23 così rappresentavo la situazione incresciosa della dirigenza comunale: <<Di Martino proviene dal Comune di Acate dove nel 2018 Bella si insedia come nuovo segretario generale a capo della burocrazia comunale e quindi ben conosce la funzionaria, prescelta a conclusione del citato procedimento selettivo indetto dalla commissaria Ficano che prima l’ha voluta come consulente e nel quale Bella presiede la commissione giudicatrice; Caccamo giunge dalla Prefettura di Ragusa dove gli affari trattati sono ben diversi da quelli di un comune e, ancora di più, molto meno impegnativi di quelli del Comune di Modica, soprattutto nell’era-Abbate e in vigenza del citato ‘sistema’; ben noto invece a Paolino il quale nell’ente, quando è promosso dirigente, è già responsabile ad interim del settore Infrastrutture e lavori pubblici come titolare di incarico di posizione organizzativa (oggi Eq, ovvero incarico di elevata qualificazione), nonchè responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, incarico assunto a ottobre 2018 dopo lo scandalo che estromette Bella e fino al 13 luglio 2023 quando la sindaca Monisteri affida questo compito a Caccamo>>.

<<…La cosa tragicomica, comunque gravissima, è che, come abbiamo visto, nessuno dei neo dirigenti, e neanche quello prescelto per prevenire la corruzione e garantire la trasparenza, risulti adempiente, fino ad oggi dopo sette mesi di servizio, agli obblighi sanciti dalle legge proprio per garantire la trasparenza e prevenire la corruzione: ovvero pubblicare la dichiarazione di insussistenza di cause di inconferibilità e incompatibilità, unitamente agli altri dati (emolumenti, incarichi, missioni, ecc…) e attestazioni come il curriculum vitae tempestivamente aggiornato. Il che, come documentato, rende inefficace e priva di effetti la funzione esercitata e nulli tutti gli atti prodotti e non vi è ex post alcuna possibilità di sanatoria ab initio in quanto il tardivo adempimento di pubblicazione – come statuito dall’Anac e sancito concordemente dalla giurisprudenza – conferisce efficacia alla funzione solo dal momento in cui esso viene posto in essere legittimando quindi solo gli atti futuri. Questa è la situazione di un comune che si ritrova tre soli dirigenti titolari ed effettivi, ma illegittimamente assunti e quindi senza titolo sia ad essere retribuiti che ad emanare atti, che infatti sono nulli come emergerebbe ad un vaglio giudiziario appena questo dovesse essere da qualcuno (c’è chi ne abbia l’obbligo di legge?) provocato o sollecitato. E sulle cause di tale nullità c’è solo l’imbarazzo della scelta: dalla mancata approvazione del conto consuntivo 2021 alle inadempienze appena rilevate>>.

<<…Tutte le altre posizioni di dirigenti sono vacanti, occupate da sempre, nei dieci anni di sistema-Abbate, attraverso l’affidamento discrezionale di incarichi a fedelissimi spesso totalmente privi delle competenze e dei requisiti etici e professionali minimi per potere esercitare degnamente la funzione, con la conseguenza che il Comune si trova in una situazione disastrosa per incapacità di assolvere anche ai compiti più elementari e per totale inidoneità a farlo nel rispetto delle leggi, schiacciato dalle pretese del ‘sistema’ privato allestito da Abbate il quale riconosce solo – quindi premia e gratifica – la prestazione servile della fedeltà assoluta di pubblici dipendenti; e contemporaneamente emargina, discrimina, perseguita e quindi sottrae al capitale dell’ente quella di funzionari dalla schiena dritta dotati di competenza ma non adatti al ‘sistema’ perchè rispettosi delle norme e dei doveri di servizio preposti alla tutela dell’interesse generale. In proposito nulla risulta cambiato con l’avvento dell’amministrazione-Monisteri: dei tre dirigenti portati in dote dalla commissaria Ficano e consegnati, appena immessi in servizio, alla sindaca neo eletta nel giorno del suo insediamento, abbiamo detto.  Nelle altre aree amministrative tutti i funzionari promossi fiduciariamente e mantenuti nel tempo da Abbate, come titolari di posizione organizzativa, a capo dei rispettivi settori sono confermati in blocco, in qualche caso aggirando la nuova configurazione degli incarichi di ‘Eq’ (elevata qualificazione)>>.

Prima di procedere all’annunciata operazione sempre utile di esercizio di memoria, un’ultima notizia. Giampiero Bella, attuale segretario generale a Ragusa del Libero Consorzio dei comuni e fino a gennaio scorso in servizio a Modica, superburocrate corresponsabile per oltre otto anni degli atti amministrativi del ‘sistema-Abbate’, nonchè incessante collezionista di poltrone, oltre a conservare quella, in convenzione come abbiamo visto, detenuta nel Comune di Acate – per cinque anni luogo di formazione del tandem con Di Martino e dove pare affiorino problemi non dissimili da quelli noti a Modica – torna reggente anche a Ispica. Insomma un funzionario ‘capace di tutto’, grazie, c’è da presumere, ad una straordinaria capacità di lavoro – il suo … lavoro, retribuito però da tutti i contribuenti onesti – senza limiti nè confini: una bella incetta!

 

I tanti allarmi sui bilanci falsi e i buchi nei conti lanciati da tempo

In conclusione, rimandando all’elenco finale dei 14 articoli precedenti sul Comune di Modica, sul ‘sistema-Abbate’ e sulla città che ne è vittima, con i relativi link d’accesso, ecco qualche breve brano (preceduto dal itolo e dalla data di pubblicazione dell’articolo che lo contiene) tra i tanti relativi alla ripetuta segnalazione da oltre due anni dei bilanci falsi e del crack dei conti.

12.12.22Da Modica un caso di studio: il ‘fenomeno’ Abbate. Per spiegarne il boom elettorale bisogna analizzare i suoi nove anni da sindaco e scoprire le prove del suo talento: le tante manutenzioni (molte finte per celare opere pubbliche e aggirare le norme), ‘autoaffidamenti’ e perfino ‘appalti telefonici’, arbitrio nei pagamenti, bonifici non tracciabili, bilanci fasulli, spesa facile e dissesto dei conti. E c’è una sentenza che attesta: il Comune mosso da interesse privato

Basterebbe solo considerare i bilanci del periodo, il piano di riequilibrio ereditato dall’amministrazione-Buscema e il dato attuale, con i vari esercizi, le poste in entrata e in uscita, la gestione opaca, disinvolta e irresponsabile ispirata all’arbitrio quale linea guida dirimente, per avere il quadro, netto e chiaro, di un dissesto e di una bancarotta!

Se il Comune fosse un’impresa – come in effetti in un certo senso è se, per intenderci, poniamo che ‘proprietari’ ne siano, ciascuno in quota parte, tutti i cittadini-contribuenti – i libri sarebbero in tribunale dove i soci avrebbero già promosso azione di responsabilità, la bancarotta acclarata, il suo gestore alla sbarra.

Uscendo dalla similitudine, se nella realtà è così – ed è cosi: dati, fatti, atti, documenti e numeri alla mano – come è stato possibile che questa ‘malagestio’ sia proseguita, ininterrotta, per nove anni, anzi sospinta e incoraggiata fino ad ogni estremità dallo schiacciante successo elettorale di ‘mid term’, se così possiamo chiamare il voto del 2018 per il secondo mandato?

C’è poi l’indebitamento-monstre generato da nove anni di gestione che Abbate ha totalmente disallineato dal solco tracciato dal piano di riequilibrio ricevuto in eredità dall’amministrazione Buscema nel 2013 portando l’ente alle soglie della bancarotta e in continuo conflitto con la magistratura contabile.

Peraltro la Corte dei Conti ha denunciato il Comune alla magistratura penale per falsità nei bilanci e nella gestione contabile. Nelle sue relazioni è impressionante il quadro complessivo di opacità, anomalie, discrezione fino all’arbitrio, incongruenze che per esempio impedisce ancora, a fine 2022, l’approvazione del conto consuntivo del 2021.

16.1.23 – Modica, il mistero di una gara fuorilegge da otto milioni di euro per la riscossione dei tributi. Ma chi comanda e chi decide al Comune dove ancora l’ex sindaco ed ex assessori sono di casa nonostante i loro poteri siano transitati alla commissaria straordinaria? Il doppio strano incarico ad una coppia di Bagheria e i conti che non tornano. La città tace ma va liberata dal giogo che la strangola e la opprime

… Come è stato possibile tutto ciò? Cosa accade da molti anni nel Comune di Modica? Chi e con quali mezzi continua a farlo accadere, otto mesi dopo la cessazione del Sindaco e della Giunta e sette mesi dopo l’insediamento dell’Amministrazione straordinaria loro succeduta? Quali pratiche e quali poteri hanno sequestrato da tempo la massima istituzione cittadina che deve essere espressione e presidio di democrazia ma può esserlo solo in totale trasparenza, libertà d’accesso e partecipazione? Quali gruppi e quali centri di interesse riescono da così tanto tempo a sottrarla ad ogni controllo di legalità? Dove sono le autorità tenute ad accertare, e se del caso perseguire, i reati eventualmente commessi?

E ancora: cosa fa il Consiglio comunale, il massimo organo della città, pienamente in carica nell’esercizio dei suoi poteri di controllo e d’indirizzo sull’operato di Sindaco e Giunta le cui funzioni sono attribuite al Commissario straordinario? La sua maggioranza è sempre, ed ancora, la claque dell’ex Sindaco otto mesi dopo la cessazione di questi dalla carica? E la minoranza? Che fine ha fatto? Con quale voce parla?

E infine: perché la città tace? Perché non si leva pubblicamente alcuna voce, neanche dai gruppi politici esterni ed estranei alla responsabilità degli atti compiuti negli anni dal Sindaco, dalla Giunta da lui nominata, e dalla burocrazia a lui asservita e tuttora in carica?  Perché nessuna parola neanche dai partiti politici, dai gruppi sociali, dai movimenti di impegno civile, dalle aggregazioni culturali, dalle organizzazioni sindacali, dalle associazioni tutte?

 

15.2.23 – Modica, documenti e retroscena dell’affaire strade: soldi pubblici in mani private. Quanti voti di scambio? Difficile spiegare come un esposto preciso e dettagliato sia potuto sfuggire agli inquirenti. La sequenza delle ‘performances’ della macchina amministrativa asservita alla spoliazione illecita delle casse comunali per appagare interessi privati. I nove anni di Ignazio Abbate e lo sfregio della democrazia

 

.. Il giorno 4 giugno 2018 i lavori di asfaltatura erano già iniziati e quasi completati! Vero è che tutti gli atti predisposti nei giorni seguenti sono illegittimi, pieni di falsità e, comunque, nulli, sicché rimane comunque, sotto ogni profilo, l’assoluta mancanza di parvenza di copertura formale di tale scempio di risorse pubbliche. Ma se vogliamo prendere in considerazione anche il profilo soggettivo del movente di tale modus operandi, non è secondario il fatto che i lavori fossero comunque già stati eseguiti prima che ogni carta – per quanto falsa e inidonea a produrre qualsivoglia validazione di tale trasferimento, di fatto, di soldi dalle casse comunali nelle tasche di privati – venisse redatta e acconciata, goffamente e maldestramente, da pubblici amministratori e funzionari.

 

26.5.23Modica, il manuale dello scambio che dopo dieci anni di raggiri e di maneggi, d’inganni e garbugli, menzogne e traccheggi, strangola la città. Viaggio alla scoperta del ‘sistema’ e delle sue carte coperte. A mantenerlo è una minoranza di cittadini: per tutti gli altri vietato astenersi

 Ecco le performances realizzate dal Comune con la Agricola Verde…L’esempio illumina la distanza siderale che intercorre tra questa casistica e quella riguardante altri contraenti, divenuti tali non perché ‘merce’ elettorale prelibata per Abbate ma in quanto fornitori di servizi di effettiva utilità per il Comune, spesso prestazioni obbligatorie per legge: fornitori costretti ad inseguire l’ente con centinaia di decreti ingiuntivi per somme milionarie, accresciute di un carico spaventoso di costi legali e di interessi. E’ la legge dell’arbitrio e dell’ascia discriminante che degrada la pubblica amministrazione a strumento di lucro in termini, quanto meno, di fedeltà assoluta ad interessi privati e di scambio elettorale.

… Preoccupa il pessimo andazzo in atto da dieci anni, fatto di disordine finanziario, indebitamento incontrollato e incontrollabile in mancanza di dati documentali certi, perché inesistenti o perché occultati. Impossibile documentare in modo completo la serie di tali contratti per le ragioni accennate sulla scarsa trasparenza del Comune. Vero è che vi sono precisi obblighi di legge, ma essi spesso vengono nella sostanza disattesi e, quando in apparenza assolti, in effetti trattati in modo tale da vanificarne la funzione. E quando ciò non basta può accadere che passaggi cruciali siano bruciati ed oscurati per sempre (tragiche ‘casualità’ o beffe del destino) da incidenti irrimediabili come la rottura del Centro elaborazione dati. Anche questo è avvenuto a palazzo San Domenico, in relazione ai flussi finanziari milionari, causa della disastrosa gestione dei conti e del disallineamento dal piano di riequilibrio, che Abbate, appena insediato, avrebbe dovuto rispettare e invece ha eluso, aggirato, disatteso e violato ponendo oltre duecento milioni di debiti sul groppone di circa ventimila cittadini contribuenti effettivi (26 maggio 2023).

9-6-23Modica, comincia l’Abbate-ter con la fidatissima Maria Monisteri, il sindaco in assoluto più votato di sempre, e con un consiglio comunale a maggioranza (dell’87,5%) bulgara: 21 consiglieri su 24, fatto senza precedenti. Se vorrà tenere fede alle promesse, ha il copione già scritto: il ‘sistema’ inventato e collaudato dal suo predecessore, ancora capo indiscusso a palazzo San Domenico. Ecco cosa la città deve aspettarsi se l’eletta sarà … capace di mettere in atto gli auguri di ‘buon lavoro’ che pare siano obbligatori. I nostri invece vanno ai cittadini, all’esercizio di cittadinanza, ai corpi della democrazia. A lei diciamo …

 A Modica, domenica 28 e lunedì 29 maggio, sono andati alle urne 28.938 elettori, il 60,5% del totale … Augurare ‘buon lavoro’ a Maria Monisteri potrebbe significare d’augurarle di riuscire, magari superandolo, a fare come Abbate, ovvero:

1) tante manutenzioni comprese quelle finte, cioè opere pubbliche spacciate per manutenzioni al fine di aggirare le norme e le procedure previste per avere mani libere in ogni scelta e in ogni arbitrio utile ad alimentare lo scambio;

2) ripetere, allo stesso fine, esperienze collaudate come ‘autoaffidamenti’ (cioè incaraichi e soldi ad imprese composte anche da amministratori, dipendenti comunali o loro congiunti);

3) ‘appalti telefonici’ (affidati cioè attraverso una telefonata quale atto procedimentale);

4) bonifici non tracciabili;

5) bilanci fasulli;

6) totale arbitrio nei pagamenti, un metodo sistematico consistente nel pagare ‘regolarmente’ solo i creditori amici, magari prescelti con le modalità già viste e inglobati nel proprio privatissimo sistema operativo e di far penare gli altri, per anni, costringendoli ad un eterno contenzioso con costi altissimi per la città opportunamente filtrati attraverso la reiterata indisponibilità a pagare anche dopo provvedimenti giudiziari esecutivi, come potrebbe fare un cialtrone qualsiasi nei rapporti privati con i creditori, solvente con alcuni e inadempiente con altri, non senza ricatti, intimidazioni, perfino atteggiamenti estorsivi al fine di imporre, con la forza deterrente del potere e del danaro pubblici, il sopruso e l’arbitrio sulla legittima pretesa del malcapitato di vedere soddisfatto il proprio credito;

7) fantasia creativa nell’aggirare ogni obbligo della pubblica amministrazione come quello di ricevere prestazioni (in beni e servizi di ogni tipo, anche per cifre importanti) da parte di privati i quali – senza uno straccio d’invito, richiesta, gara, bando, avviso e senza alcun procedimento in atto – all’improvviso si sognano di realizzare qualcosa che miracolosamente il Comune riconosce come propria e, quindi, la paga, magari a prezzi scontati secondo l’apparenza documentata nelle pezze d’appoggio finali. Altri sindaci stanno studiando il … fenomeno-Abbate! A Monisteri non serve, ha in casa tutti gli strumenti per replicarlo, come lei aspira a fare!

8) crescita dell’indebitamento fino al dissesto dei conti: se Abbate, con le ‘sue’ giunte e la burocrazia comunale assoldata al suo disegno, fin dal 2013, non avesse deciso di violare apertamente gli obblighi del piano di riequilibrio (l’equivalente dei piani di rientro che salvano i debitori onesti) non avrebbe potuto fare tutto ciò con cui ha illecitamente beneficiato i suoi clientes trasformati in formidabili agit-prop capaci di convincere migliaia di altre persone in buona fede che la sua condotta sia stata un bene per la città;

9) asservimento del più alto numero possibile di atti amministrativi all’interesse privato;

10) erogazione di contributi in violazione delle norme e secondo un metodo discriminatorio;

11) transazioni sorprendenti, inspiegabili per un ente pubblico ma coerenti con il modus operandi del Sistema-Abbate;

12) bitumazione e illuminazione di strade private con furto di soldi dei contribuenti a vantaggio di alcuni beneficiari appositamente individuati in una logica di scambio elettorale che, inquinandone i suoi fondamenti, corrompe ed everte la democrazia;

13) usurpazione dei poteri e delle prerogative del Consiglio comunale e produzione illegittima di atti riservati alla sua competenza;

14) querele alla libera stampa ‘colpevole’ di scrivere la verità e, perciò, di disturbare Abbate o chi per lui, come nel caso degli articoli sul ‘Gal Terra barocca’ pubblicati da Dialogo e Il Domani ibleo, e di un post su fb del gruppo ‘Ignazio indica cose’.

15)  sistematica destinazione di soldi pubblici ad una cerchia di attivisti di questo sistema (di privatizzazione della cosa pubblica e della sua gestione affaristica) nella logica dello scambio, attraverso un vasto campionario di espedienti, dalla violazione di norme, alla costruzione fantasiosa di parvenze utili a fungere da false ‘pezze d’appoggio’, a situazioni di legittimità formale che nascondono la sostanza di atti concepiti, assunti, congegnati per mero perseguimento di interessi privati;

16) anche nella gestione commissariale ci sono atti da noi segnalati come (qui) la gara da otto milioni di euro che il 16 gennaio scorso abbiamo definito ‘fuorilegge’: Abbate, da ex sindaco, non ha smesso un attimo di essere il capo assoluto in Comune, non sappiamo quanto per i buoni rapporti con l’amministrazione straordinaria monocratica (insediata da un fedelissimo di Cuffaro) e quanto per il controllo assoluto sulla burocrazia comunale plasmata ad immagine dei propri interessi. Gli uni e l’altro gli hanno consentito di non diventare mai ‘ex’, cosa ancora più semplice e lineare dal 29 maggio scorso e nei prossimi cinque anni. Quella gara – adesso aperta e pubblicata sulla gazzetta europea –  è in corso, già prorogata con scadenze a luglio, sfiora i dieci milioni ed è senza copertura finanziaria, mentre il Comune è indebitato per oltre duecento milioni, oltre ad una cifra ulteriore incalcolabile perche una gestione scellerata occulta la realtà documentale. Tutti caratteri d’un solo marchio di fabbrica di quel sistema di cui a Ignazio Abbate spettano l’architettura, la titolarità indiscussa, la gestione concreta ed effettiva ed ovviamente il suo ‘prodotto’…

23.12.23 – Ricchi premi al segretario generale Giampiero Bella per i bei ‘risultati’ ottenuti: Quali? Il disastro finanziario dell’ente di cui per otto anni è stato anche dirigente del settore, certificatore di tutti gli atti del ‘sistema-Abbate’ e, fino al momento in cui viene smascherato da Milena Gabanelli, anche responsabile anticorruzione mentre è imputato in due processi penali. Possiede una qualità, fedeltà assoluta all’esponente cuffariano, che lo rende imbattibile. Arriva a costare al Comune duecento mila euro l’anno e ha mani libere per collezionare incarichi, retribuiti a parte, in altri enti. A palazzo San Domenico illegalità come regola, disordine contabile, sistematico ritardo nei bilanci per sfuggire alla verità ed eludere i controlli: il consuntivo 2021, falso, una miccia accesa in consiglio comunale. E’ illegittima l’assunzione di tre dirigenti e perciò nulli i loro atti. Disattesi gli obblighi di trasparenza e di prevenzione della corruzione anche da parte del nuovo responsabile dell’anticorruzione. Un vortice di scambi, intrecci, incarichi, nomine e subentri reciproci sull’asse Modica-Acate-Bagheria. Dall’ex sindaco oggi deputato Dc all’ex commissaria Domenica Ficano alla neo sindaca Maria Monisteri continuità piena assicurata dal segretario che la legge vorrebbe ‘garante’ della conformità degli atti alle norme e che a Modica garantisce solo il modus operandi di Abbate, finora fuori dai radar della Procura. Il fido burocrate si libera dal processo (per i rimborsi gonfiati al centro di Pozzallo), occupato per cinque anni dai testi d’accusa e finito in prescrizione: imputato per falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, di truffa aggravata, di frode nelle pubbliche forniture, sceglie di non essere giudicato anzichè puntare alla verità di una sentenza

 

… Non solo segretario generale, dal 2015 e tuttorama anche per otto anni, fino a giugno 2023, al tempo stesso dirigente responsabile del settore finanziario dell’ente. Si tratta, se mai i due ruoli venissero esercitati in coerenza con i doveri della funzione, di un palese conflitto d’interessi in quanto il dirigente è coinvolto pienamente – ed anzi ne è il massimo responsabile – nella contabilità previsionale e di rendiconto, nella quantificazione dei debiti fuori bilancio, nonché nel piano di riequilibrio e nei reports alla Corte dei Conti: tutto ciò coordinando e svolgendo le funzioni di garante dell’azione amministrativa di “se stesso” in quanto da una parte dirigente che prende decisioni e firma atti e dall’altro – e nel contempo -segretario che deve verificare la conformità alle leggi degli atti medesimi, al pari di tutti i provvedimenti dell’ente.

La firma del dirigente Bella è sugli impegni di spesa che hanno prodotto una gigantesca voragine debitoria, in un contesto di sistematica violazione di obblighi, vincoli, norme di legge. La firma del segretario Bella è – anche – sugli atti di verifica e di controllo di tali provvedimenti di spesa normalmente connotati dalla generosità di Abbate (soddisfatta con i soldi dei contribuenti) per i suoi amici e sostenitori elettorali e dalla contestuale chiusura dei cordoni della borsa per ogni istanza – anche la più giusta e sacrosanta – che nasca al di fuori di tale cerchia.

…Rimane incomprensibile, fuori dalla presa d’atto del ‘sistema-Abbate’ con tutti i suoi perversi intrecci d’affare, come, pur in assenza di specifici divieti di legge, un sindaco abbia potuto affidare al segretario generale anche le mansioni di responsabile finanziario dell’ente e, soprattutto, come egli – pubblico dipendente tenuto ad adempiere  ‘con disciplina e onore’ alle funzioni assegnate – abbia accettato di svolgerle e abbia potuto svolgerle, nel modo che ben conosciamo, scolpito nei numeri di un indebitamento-monstre che ha depredato il Comune,  compromettendone fortemente e a lungo anche la vita futura.

… E’ la fase, molto delicata, in cui il Comune è alla prova del piano di riequilibrio lasciato in dote dall’amministrazione-Buscema e che, se rispettato, lo porterebbe ben presto fuori dalle secche dopo avere, proprio grazie alla procedura di riequilibrio, scongiurato il dissesto. Ma appena insediato, Abbate decide di cambiare il piano e a gennaio 2014 il Comune di Modica imbocca un percorso scellerato e spericolato.

… E’ per questo che, a giugno 2014, Ferro (Carolina Ferro, segretaria comunale in carica prima di Giampiero Bella, n.d.r.) accetta eccezionalmente l’incarico di responsabile del servizio economico-finanziario e nel contempo razionalizza posizioni, funzioni e indici di rendimento con un duplice obiettivo: efficienza e risanamento. Impossibile con Abbate che di obiettivi riconosce solo i propri: i vantaggi personali, la crescita elettorale nutrita da un sistematico rapporto di scambio (soldi e risorse del Comune ai gruppi che dimostrino di essergli grati) e, dentro questa strategia, la totale cancellazione degli obiettivi di risanamento sostituiti con altri: preservarsi una capacità di spesa, anche in totale illegalità, da destinare non a ciò che serva alla città e all’ente ma al proprio sistema di scambio.

Ferro, dopo averci provato, invano, ad adempiere con ‘disciplina ed onore’ alle sue funzioni e a fare rispettare i doveri elementari di una pubblica amministrazione, deve prendere atto che a Modica, con Abbate, non è possibile e, appena ha l’occasione, si mette in salvo. Dal primo ottobre 2015 è a Caltagirone. Il 22 ottobre il sindaco di Modica può nominare il successore e questa volta non sbaglia: Giampiero Bella troverà il modo per andare con lui d’amore e d’accordo.

E così Bella quando il 22 ottobre 2015 si insedia a Modica si trova ad essere, contemporaneamente: segretario generale titolare del Comune di Modica; segretario generale titolare del Comune di Pozzallo; segretario generale reggente, da maggio 2015, del Comune di Chiaramonte Gulfi; segretario dal 9-9-2015 dell’Unione dei Comuni ‘Ibleide’; dirigente di vari servizi, aree e settori del Comune di Pozzallo; Rpct ovvero responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza del Comune di Modica; capo del servizio economico-finanziario del Comune di Modica. Incarichi che conserva a lungo tranne quello di responsabile anticorruzione a palazzo San Domenico che nel 2018 è costretto a lasciare quando si scopre che egli è imputato in due procedimenti penali: nel primo per abuso d’ufficio; nel secondo per falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, truffa aggravata, frode nelle pubbliche forniture…

… Ritroviamo Giampiero Bella a capo del servizio economico-finanziario del Comune di Modica dal suo arrivo come segretario generale nel 2015 fino al 5 giugno 2023. Nel periodo la gestione finanziaria dell’ente è un disastro: piano di riequilibrio disatteso, spese disinvolte e spesso arbitrarie, pagamenti discrezionali e discriminatori tra fornitori ‘amici’ e ‘non’, indebitamento crescente nonostante le prescrizioni della Corte dei conti, bilanci opachi e addirittura falsi. Tale gestione, se ha come primo responsabile Abbate sindaco e padrone assoluto del Comune, si avvale certamente del sostegno di Bella quale dirigente del settore la cui firma è sugli atti che concorrono alla situazione che ancora oggi, come certificato dai revisori, balla sull’orlo del dissesto, mentre il semplice rispetto del piano di riequilibrio approvato dall’amministrazione-Buscema nel 2012 e ricevuto in dote da Abbate nel 2013 avrebbe portato subito il Comune a navigare in acque tranquille.

…Il conto consuntivo 2021 è quello predisposto il 17 aprile 2023 dalla commissaria Ficano con i poteri della giunta, ma avrebbe dovuto provvedervi l’amministrazione-Abbate – cessata dalla carica l’8 maggio 2022 – predisponendolo in tempo perchè il consiglio comunale potesse deliberare entro il 30 aprile 2022. Nel merito, esso è  semplicemente falso come attestano i revisori, e non potrebbe essere approvato senza la relativa assunzione di responsabilità personale da parte di chi con il proprio voto vi dovesse contribuire.

Per quanto riguarda i termini, la norma votata dall’Assemblea regionale siciliana subito dopo l’avvento di Zambuto all’assessorato alle autonomie locali tenta di salvare i consigli comunali dalla decadenza, ma non nel caso in cui l’inadempienza riguardi i bilanci di previsione.

Per quanto riguarda la sorte del conto consuntivo del 2021, dopo la radicale bocciatura da parte dei revisori, la giunta-Monisteri tenta di salvarlo attraverso una serie di considerazioni e chiarimenti formulati dallo stesso Bella, in questo caso solo come segretario generale, e dalla nuova dirigente del settore finanziario e tributi Maria Di Martino subentrata in questo ruolo proprio a Bella il 5 giugno 2023, mentre questi, come abbiamo visto, il 12 dicembre 2023 subentra a lei nel Comune di Acate, in uno dei tanti incarichi aggiuntivi della propria collezione rispetto a quello di segretario del Comune di Modica: incarichi per i quali viene retribuito a parte, mentre le cifre riportate, delle quali i premi corrisposti rappresentano un decimo, riguardano solo l’ente della Contea.

… Tornando alla linea di difesa dalla lunga sequenza di contestazioni del collegio dei revisori, la giunta-Monisteri, con delibera del 12 ottobre scorso, prende atto dei rilievi, si affida ai charimenti del duo Bella-di Martino che con volitiva e interessata generosità considera ‘esaustivi’, ammette che rimangano criticità non superate ma – osserva – la gestione oggetto del rendiconto 2021 è ormai conclusa e quindi esse<< confluiranno e saranno definite nel rendiconto 2022 nella cui redazione si darà conto anche di esse nell’ambito di un giusto principio di continuità dell’attività amministrativa>>.

Si rimane allibiti a leggere queste parole nella delibera di giunta, confortate dal tandem segretario-dirigente, una ‘bella’ e sintonica accoppiata in luogo della precedente entità monocratica: prima era solo… Bella.

Non sbaglierebbe certo una lettrice o un lettore che traducessero così le parole della giunta: va bene, il conto consuntivo presentato è falso, i revisori lo hanno scoperto, ma c’è chi ci comprende, ci conforta, ci aiuta e si fa in quattro, magari in varie posizioni, segretario generale e dirigente di settore, per aiutarci e poi, vabbè, se anche i conti sono falsi, ormai che ci possiamo fare? La gestione è andata, i soldi sono spesi, le pezze d’appoggio che mancano non sapremmo dove trovarle o non potremmo proprio farle vedere perchè l’ostensione potrebbe solo peggiorare la situazione, non possiamo sanare le tante omissioni e le violazioni compiute, perchè è impossibile rimettere il dentrificio nel tubetto, ma promettiamo che metteremo la testa a posto e rispetteremo le regole quando avremo in mano il conto consuntivo 2022: altra gestione ampiamente passata (nostra osservazione), ecco a cosa servono i ritardi!

E a questo punto del deliberato la sindaca Monisteri e la sua giunta al completo (tutti presenti e votanti in modo conforme: Giorgio Belluardo, Rosario Viola, Chiara Facello, Agatino Antoci, Antonio Drago, Delia Vindigni, Samuele Cannizzaro) piazzano la chiosa finale <<nell’ambito di un giusto principio di continuità dell’attività amministrativa>>. Come dire, apertamente: continueremo a fare come sempre e chissenefrega dei revisori, dei bilanci falsi e della città che paga tutto ciò e avrebbe diritto alla verità ed anche ad un minimo di rispetto e di giustizia per così tante, e così a lungo reiterate, malefatte.

Nel merito la relazione Bella-Di Martino di quattro paginette allegata alla delibera di giunta (di cui fa parte integrante, pag. 5-9) cita alcuni, solo alcuni dei rilievi dei revisori e tenta di lasciar credere di fornire spiegazioni o chiarimenti utili a superarli, ed anche a superarli tutti: niente di più falso. Ma nel caso in cui questa possa essere solo la sensazione di chi scrive, chiunque voglia  può verificare: qui  la relazione del collegio dei revisori del 9 maggio 2023, qui la delibera di giunta del 12 ottobre 2023 di cui fa parte la relazione Bella-Di Martino.

… Difficile cogliere invece il senso del mandato di rappresentanza attribuito dalla sindaca di Modica Monisteri al burocrate Bella le cui performances – di improbabile responsabile anticorruzione, di imputato in processi penali e di certificatore dei disastri finanziari del sistema-Abbate – a questo punto sono ben note a lettrici e lettori di questo articolo.

…L’assunzione dei tre dirigenti – Di Martino, Caccamo, Paolino – è illegittima perché compiuta in violazione di norme inderogabili: essa è radicalmente nulla, come mai avvenuta. E ciò perché il Comune, allora (a giugno 2023) come ora, non è dotato degli strumenti finanziari che sono condicio sine qua non della possibilità di assumere personale: in questo caso ben due conti consuntivi, quello del 2021 e del 2022, oltre al bilancio di previsione 2023. Per la cronaca il Comune di Ragusa ha già approvato il bilancio di previsione 2024-2026 e il relativo documento di programmazione: è la norma, ma a Modica si attende ancora quello dell’anno prima, mentre l’ultimo conto consuntivo approvato è quello di tre anni fa.

Nel complessivo accumulo di ritardi (due conti consuntivi e un bilancio di previsione) il caso più eclatante per il Comune di Modica è quello del rendiconto 2021: un documento non solo finora non approvato ma che mai prevedibilmente sarà approvato nella versione proposta in quanto falso e quindi divenuto una sorta di miccia accesa che nessuno vuole maneggiare. Tra poco, dando conto del parere negativo del collegio dei revisori, vedremo perché; ma intanto qui è necessario pronunciare parole chiare sull’insanabilità dell’assunzione di quei tre dirigenti, quindi sulla nullità di tutti gli atti in sette mesi da loro prodotti e sulla responsabilità economica relativa. La commissaria Ficano, e dopo, all’unisono con lei la sindaca Monisteri, fanno leva sull’autorizzazione della Cosfel, la Commissione stabilità finanziaria enti locali presieduta dal sottosegretario dell’Interno con delega alla finanza locale Wanda Ferro (FdI) e composta da dirigenti e burocrati vari.

Ora conviene dare un’occhiata al parere negativo del collegio dei revisori sul conto consuntivo 2021 che avrebbe dovuto essere approvato entro il 30 aprile 2022 e invece venti mesi dopo non lo è ancora e forse non lo sarà mai, almeno nella versione attuale bocciata dal collegio. A non volerne sapere di votarlo sono in tanti nella maggioranza di fedelissimi ad Abbate perché per molti di loro – quanti bastano in questo caso per ridurre a minoranza questa solitamente compatta accolita di ‘signorsì’ – una cosa è essere ‘fedeli’ anche nella forma più spregevole e abietta dell’asservimento della pubblica funzione ad interessi privati, spesso anche illeciti, un’altra mettere la firma su un conto consuntivo falso e risponderne, individualmente e personalmente, sia per danno erariale che in sede penale.

Il rendiconto 2021 di cui parliamo è quello approvato con delibera della commissaria Domenica Ficano, con i poteri della giunta, il 17 aprile 2023 e trasmesso il giorno dopo al collegio dei revisori che su di esso si esprime il 9 maggio successivo con una relazione di oltre cinquanta pagine. Il collegio, nominato il 4 gennaio 2023, è formato da Francesco Faraci, Annamaria Paparone e Francesco Callea, professionisti dotati dei requisiti previsti dalla legge per far parte dell’apposito elenco nel quale l’individuazione avviene tramite sorteggio. Leggendo il documento si ricava la sensazione che questa volta la sorte abbia voluto bene alla città e abbia tirato un tiro mancino al ‘sistema-Abbate’ e, nello specifico, allo stuolo di maneggioni che trattano i numeri come cosa propria da adattare alla bisogna secondo convenienza.

La relazione è impietosa perché smaschera furbizie, forzature, anomalie, omissioni e falsità inchiodando chi ha redatto il rendiconto alle proprie responsabilità di rettifica e di corretto adempimento: allora la commissaria Ficano, da quasi sette mesi la giunta-Monisteri.

Eppure, anche di fronte a tale relazione che non lascia dubbi, il ‘sistema’ continua ad operare con la tracotanza di sempre, come conferma l’unica iniziativa adottata – maldestra e inquietante – per rimediare: una convocazione a palazzo San Domenico dei tre revisori ai quali viene chiesto di rivedere la loro relazione per renderla compatibile con le esigenze del ‘sistema’ medesimo.

Insomma, a fronte di un consuntivo falso, chi oggi amministra e dirige il Comune ritiene che ad essere rettificati debbano essere non – in omaggio alla verità quale che sia – i numeri e le poste di quel documento contabile non conformi, ma il giudizio negativo su di esso meticolosamente espresso, argomentato e motivato da revisori indipendenti, attenti e competenti.

La risposta dei revisori – traduciamo noi in libertà – è del tipo <<non ci pensiamo nemmeno>> e così l’affare diviene una miccia accesa che il consiglio comunale tiene ben lontano dall’aula: a neutralizzarla ci pensi chi l’ha innescata.

Chi ami i numeri e le analisi contabili può leggere l’intera relazione (qui). Avrà modo così di rendersi conto direttamente della distanza siderale tra, da una parte, il conto consuntivo redatto dalla ‘giunta-commissaria’ e, dall’altra, gli obblighi posti dalla legge a garanzia di bilanci veritieri, precondizione a sua volta di prevenzione e tutela contro la corruzione.

In ventiquattro punti le contestazioni più gravi dei revisori dei conti (qui solo i titoli, il testo integrale nel link di riferimento, di rimando all’articolo pubblicato il 23 dicembre 2023)

  1. Prescrizioni precise, se no c’è il dissesto.
  2. Ente strutturalmente deficitario.
  3. Violate le prescrizioni sul recupero del disavanzo.
  4. Violato il Piano di riequilibrio.
  5. Non coperti i costi dei servizi.
  6. Servizi sociali, obiettivi disattesi.
  7. Manca la cassa vincolata: incerta la reale disponibilità finanziaria.
  8. Non restituiti oltre 18 milioni di anticipazioni di tesoreria.
  9. Disordine, ritardi e arbitrio nei pagamenti.
  10. Omesso il fondo pluriennale, bilanci non veritieri.
  11. Cresce il disavanzo.
  12. Un passivo di 81 milioni e nessun ripiano.
  13. Disavanzi vecchi e nuovi: il rendiconto mischia le carte.
  14. Fondo rischi: numeri a casaccio.
  15. Contenzioso: costi nel vago, violati i criteri di classificazione.
  16. Società partecipate, un pozzo senza fondo e nessuna somma accantonata. 
  17. Società ‘Servizi per Modica’, Comune condannato anche in appello: non più solo un rischio ma debito fuori bilancio di € 2.512.096,72.
  18. Il Comune si dia da fare a reperire i bilanci delle società di cui è socio.
  19. Fondo garanzia debiti commerciali: nessun importo.
  20. Servizi informatici: dati occultati e Bella non fornisce le carte. Non certificate neanche le spese di rappresentanza. 
  21. Buio fitto sui crediti-debiti con le società partecipate.
  22. Le partecipate non approvano i bilanci e il Comune non accantona le perdite.
  23. Relazione al rendiconto. mancano i criteri di valutazione.
  24. Il cahiers de doleances delle irregolarità e le misure necessarie per superarle

 

20.4.24 – L’amore viscerale tra Modica e il ‘suo’ Abbate a cui tutto è concesso: al Comune costa il doppio, oltre 13 milioni di euro, un vecchio debito con l’Enel, a causa della scelta, scellerata e senza motivo, di non pagare a suo tempo. Viaggio nelle finanze dell’ente, tra buchi e falsità di bilancio, transazioni milionarie illegittime, violazioni continue così come comanda il ‘sistema’ introdotto dall’ex sindaco e tuttora imperante. Parte la riscossione dei tributi in concessione, affidata alla Creset spa del messinese Bommarito. Palazzo San Domenico prevede di incassare dai contribuenti 23 milioni in cinque anni: più di 5 milioni sarà l’aggio per l’impresa, un costo prima inesistente. A vigilare per conto dell’ente sarà Tripoli, commercialista di Bagheria e pupillo di Ficano: scelto senza selezione, costerà 125 mila euro. La casistica delle norme violate, con arbitrio nei pagamenti e alterazioni contabili nel silenzio generale: per scosse ben più lievi altrove avvengono terremoti giudiziari che abbattono zone franche, arrestano carriere e scuotono le istituzioni

 

E’ la transazione con cui il Comune di Modica si impegna ad azzerare un debito contratto con l’Enel per il consumo di energia elettrica delle proprie utenze.

Un debito di sei milioni e 700 mila euro che, nonostante i ‘vantaggi’ di una transazione, i cittadini pagheranno quasi il doppio. E ciò solo a causa del mancato pagamento nei tempi dovuti. Se fosse solo negligenza, sarebbe comunque tale da richiedere l’estromissione a vita dei responsabili dalla possibilità di trattare qualunque negozio giuridico anche per sé, oltre ovviamente all’interdizione perpetua dai pubblici uffici per il danno grave e inescusabile inflitto alla comunità.

In effetti sappiamo come il ‘Sistema-Abbate’ (la vicenda riguarda l’amministrazione dell’ex sindaco ma la transazione, illegale, recentissima, è opera della giunta-Monisteri) abbia avuto proprio nella gestione dei debiti una delle armi più affilate del proprio agire spregiudicato, arbitrario, illegale, irresponsabile, devastante per gli interessi della città nel suo complesso e di tutti i cittadini onesti; lucroso invece per una cerchia di amici privilegiati in violazione di ogni criterio oggettivo e delle norme vigenti.

Non si tratta quindi di negligenza ma di qualcosa di più simile al dolo criminoso e la pratica ben collaudata, che ha già inflitto tanti danni irreparabili, continua a presentare un conto impossibile da controllare, prevedere e quantificare per il futuro.

Queste transazioni, con Puccia e con BFF, sono tecnicamente nulle, anche se a dire il vero il problema più grave è soprattutto quello del modus operandi del ‘Sistema-Abbate’ messo a punto dall’ex sindaco e diventato prassi in oltre un decennio: possiamo riassumerlo come segue.

Il Comune paga, subito e prontamente, solo i creditori o i fornitori ‘amici’, amici nel senso in cui il termine, ben lungi dall’evocare nobili sentimenti, qui ci soccorre con il retaggio di certa storiografia territoriale.

Tutti gli altri invece – non rientranti nella prima cerchia e quindi fortemente indiziati di onestà – cadono in un limbo di dannati in cui devono sottostare alle angherie dell’Abbate plenipotenziario: niente pagamenti, attesa infinita, temeraria e farneticante opposizione in giudizio del Comune ai decreti ingiuntivi con un forte lievitare di interessi e spese a carico dell’ente e, finalmente costretto, questo incallito debitore pluriesecutato (il Comune di Modica, ovvero Pubblica amministrazione, non dovrebbe agire come un ladro seriale o un truffatore compulsivo e impenitente) firma una transazione con piano rateale. Tutto risolto? Ma che! In molti casi la storia ricomincia con il mancato rispetto delle nuove scadenze forzate e il ritorno al punto di partenza.

Questo è stato finora il modus operandi di Abbate, pienamente sostenuto dalle sue giunte e da tutti gli assessori, compresa la sindaca Monisteri. La quale ora, nella nuova qualità, sarà chiamata alla prova: lei che parlò di educazione ai suoi avversari in campagna elettorale, seguirà il suo ‘maestro-educatore’ come ha sempre fatto da assessora e finora da sindaca, perpetuando l’odioso arbitrio discriminante in barba alle leggi e ai criteri oggettivi da esse imposte nei tempi dei pagamenti, o saprà – poco o molto vedremo – discostarsene?

… Ma, come il Comune di Modica ormai da tempo ci ha abituati a prendere atto, le violazioni non finiscono qui.  Quelle delle norme contabili non mancano mai e, anche in questo caso, sono causa di nullità. Ve ne sono almeno altre due: le transazioni citate rimandano l’impegno di spesa e di liquidazione delle somme ad atti successivi e, come se ciò non bastasse, quando formalizzano l’impegno accade che esso abbia ad oggetto una spesa di competenza del 2024 nell’esercizio autorizzatorio 2023. Ma una transazione ‘novativa’, come quelle in questione, deve confluire negli anni di riferimento secondo i principi contabili.

La somma impressionante di tante e tali violazioni non è casuale, né involontaria, né frutto di negligenza: spiegazione impossibile, a fronte di una reiterazione così continua e sfrontata. E’ piuttosto un metodo che consiste nel fare qualunque cosa il signorotto in sella comandi, contro e sopra la legge, e di fingere di mettere a posto le carte con arzigogoli fantasiosi: incombenza questa affidata ad uno stuolo di cortigiani, tutti allineati quale che sia il loro profilo, di amministratori, burocrati, dirigenti, funzionari o altro.

Intanto è appena partito il nuovo metodo di riscossione dei tributi affidato ad un’impresa esterna: ricordate la ‘gara fuorilegge’ denunciata in un articolo del 16 gennaio 2023 (leggibile attraverso il link di rimando alla fine)? Gara inizialmente del valore stimato di otto milioni di euro poi lievitato a € 9.357.680,00 (costo dell’appalto € 7.5550.000,00; Iva € 1.661.000,00, incentivo per le funzioni tecniche € 120.800,00, compensi per la commissione giudicatrice € 20.000,00, spese per la pubblicità € 5.000,00, contributo Anac € 880,00.

… Ecco le norme di buona amministrazione e di correttezza contabile

che il Comune di Modica viola sistematicamente e ‘regolarmente’

Le norme sono chiarissime. In questo paragrafo, compendio di norme e di principi di correttezza contabile sanciti dalla giurisprudenza – che chi non fosse interessato può saltare – ne diamo una sommaria illustrazione.

… Situazione finanziaria sempre molto critica. Il ripiano del disavanzo, oltre ottanta milioni di euro, compiuto con l’ennesima violazione di legge.

…In tema di finanze comunali, anche al di fuori del fenomeno descritto ma certo anche a causa di esso, la situazione dell’ente rimane sempre molto critica. Dopo avere approvato il 10 gennaio scorso, con oltre due anni di ritardo, il rendiconto del 2021 – un rendiconto non veritiero come contestato dal Collegio dei revisori che ha espresso parere negativo – il Consiglio comunale di recente ha deliberato il ripiano del disavanzo pari a € 81.171.431,70, cifra superiore di quasi otto milioni a quella del precedente anno 2020. In proposito va registrato il parere, questa volta favorevole, del Collegio dei revisori: strano, perchè è difficile comprendere come da un rendiconto non veritiero, possa scaturire, proprio sulle stesse poste, un ripiano veritiero.

…Inoltre, nell’approvare questo provvedimento, anche per altri aspetti il Comune non riesce a non violare in modo palese i più elementari principi contabili dettati dalle norme vigenti, come quello che impone il ripiano entro i tre esercizi propri del bilancio di previsione o, in ogni caso, entro la consiliatura quando questa cessa prima. Invece il fantasioso ripiano appena approntato dal Comune di Modica limita a 32 milioni di euro la cifra ricadente nel periodo di legge e lascia fuori, rinviandola contra legem ad esercizi futuri, la rimanente somma di 49 milioni di euro. Corretto invece, perché ammesso dalle norme, il ripiano in dieci anni della sola quota, 33 milioni di euro, derivante da anticipazione di liquidità dell’anno ’21. La parte restante, di 48 milioni di euro, andava ripianata interamente entro l’anno 2024.

…Leggendo gli atti adottati dal Comune – la delibera finale del consiglio, ma anche quella di giunta e le determinazioni dei dirigenti dell’8 e 9 febbraio 2024 – risulta sorprendente come siano continuamente ignorate precise norme di legge, in questo caso quella contenuta nel decreto del Ministero dell’economia e delle finanze del 7 settembre 2020 che  espressamente stabilisce che <<ove la consiliatura dovesse avere scadenza precedente rispetto agli esercizi compresi nel bilancio di previsione, il disavanzo deve essere recuperato entro il più breve termine della consiliatura>>. Più chiara la norma non potrebbe essere. Eppure a palazzo San Domenico la piegano alle esigenze di debitori compulsivi e la ribaltano in qualcosa di totalmente diverso, e così il termine massimo in assoluto dei tre anni (che si accorcia nel caso in cui la consiliatura si concluda prima) diventa il termine ‘minimo’ che si allunga, come nel nostro caso, qualora la consiliatura si concluda dopo. E a sostegno della bizzarra impostazione viene citata una delibera della Corte dei Conti del 2016: peccato che sia precedente la nuova normativa introdotta nel 2020 e ignorata.

…E così il Decreto del Mef  del 2020 sparisce nel cielo del Comune di Modica dove un esercito di burocrati e funzionari ‘indipendenti dalle leggi’ ma ‘dipendenti’ da qualcun’altro o da qualcos’altro, sceglie la norma più adatta, anche se inesistente o superata, ai bisogni di chi tutto può e tutto comanda. In proposito risulta veramente difficile spiegare come dirigenti, giunta, consiglio comunale e la nuova segretaria generale Maria Grazia d’Erba subentrata a Giampiero Bella possano ignorare, o eludere e quindi violare, norme così precise.

…Peraltro la Corte dei Conti, in una delle sue tante sentenze, a proposito di questa norma del 2020 rileva che essa <<creando uno stretto vincolo tra il termine del recupero del disavanzo e la durata della consiliatura in carica al momento della sua emersione si pone in linea con la più recente giurisprudenza della Corte costituzionale, che ha in più circostanze messo in luce come il rientro da qualsivoglia disavanzo debba avvenire nel rispetto dei principi di sana gestione finanziaria, di responsabilità di mandato e di equità intergenerazionale>>. Ancora la Corte dei conti chiarisce che la nuova norma, emanata in funzione di interpretazione autentica, debba essere intesa in un solo modo: <<ai fini del ripiano del disavanzo di amministrazione “il vincolo della durata residua della consiliatura prevalga sul limite massimo della programmazione triennale del bilancio di previsione solo se inferiore a quest’ultimo”>>.

Insomma, la durata massima è quella dei tre esercizi e può solo essere abbreviata dalla fine della consiliatura, scadenza temporale che invece in nessun caso può operare al contrario per dilatare il termine.

Peraltro tutti questi atti, nulli e inefficaci – dalle transazioni, all’indizione di gare d’appalto, alle assegnazioni di servizi anche per cifre milionarie – sono prodotti da organi privi di legittimazione e perciò abusivi: la Giunta quando adotta atti di competenza del Consiglio;  i dirigenti – tutti e tre – perchè assunti illegittimamente, per la mancata approvazione dei bilanci, e perchè inadempienti rispetto agli obblighi preliminarmente vincolanti per l’esercizio delle funzioni. Violazioni e inadempienze il cui superamento, se e quando dovesse avvenire, non sanerebbe gli atti prodotti in precedenza ma, come abbiamo ampiamente documentato in uno degli articoli precedenti, legittimerebbe solo quelli futuri.

Questa è la situazione della massima istituzione pubblica locale che esercita inevitabilmente grande peso sulla vita della città. Il ‘Sistema’ che da un decennio determina questo stato di cose fa capo all’ex sindaco Abbate, da settembre ’22 deputato all’Ars e capo in provincia di Ragusa del partito cui aderisce, la Dc di Cuffaro. Ancora un anno e mezzo fa Abbate giurava di non avere nulla a che fare con quel partito con il quale era in relazione, lui appartenente all’Udc, per ‘mero accordo tecnico’.  Il recente congresso provinciale ibleo di questa ‘Nuova Dc’, rifondata a propria immagine e somiglianza da un pregiudicato per favoreggiamento della mafia, in proposito ha chiarito molte cose.

3.10.24 – Comune di Modica allo sbando, tra dirigenti assunti illegittimamente, atti nulli, sfascio dei conti, disordine corrente, vuoto di competenze, violazione sistematica delle regole di corretta gestione e di trasparenza. E tra le pieghe di provvedimenti oscuri e di casualità singolari emerge una sorprendente allocazione del potere: c’è un funzionario che, nelle grazie di Abbate, ‘può’ più di chiunque. Certe assunzioni Sais, opportunità contrattuali, lo sfascio della polizia locale sulla pelle della città e di un ente costretto da malattia cronica a calpestare basilari principi di imparzialità e tutela delle risorse pubbliche. Le commistioni d’affari, la nomina indebita di fedelissimi e la persecuzione di funzionari onesti, perchè onesti. Un fitto campionario di abusi e di atti viziati: uno tra i tanti l’incarico da 110 mila euro per lo streaming delle riunioni del consiglio comunale. Ai lettori l’imbarazzo della scelta: dai fiori dell’imprenditore agricolo Ignazio Abbate alla formula segreta dell’olio del benessere del suo ‘sistema’

 

Oltre alla responsabilità sostanziale di avere precostituito con la propria colpevole inerzia le condizioni utili ad invocare un’emergenza insussistente, perché nota da tempo, ed aggirare così le norme, il Comune di Modica compie almeno altre due violazioni.

La prima riguarda, nella misura della parte a proprio carico (€ 330.000,00 in due anni), la mancata copertura finanziaria perché non approntata nè attestata in conformità alle norme vigenti e alla fitta giurisprudenza che da anni martella sulla necessità del rispetto del principio di ‘competenza finanziaria potenziale’ al fine di garantire trasparenza, tutelare i creditori e prevenire il rischio di emersione di debiti fuori bilancio. Le regole sono chiare e gli obblighi inderogabili: la somma complessiva va impegnata nella contabilità di competenza e imputata ai vari esercizi. Il Comune di Modica viola ‘regolarmente’ questi principi basilari inficiando la copertura finanziaria con la conseguenza che l’eventuale relativo contratto in essere non impegna l’ente ma è stipulato dal dirigente, in proprio e sotto la propria responsabilità.

Tutti gli articoli precedenti

In Sicilia Report ha pubblicato articoli, sul ‘Sistema Abbate’ e temi collegati, il 12 dicembre 2022 (qui); il 16 gennaio 2023 con riferimento soprattutto ad una gara ‘fuori legge’ da otto milioni di euro (qui); il 17 gennaio 2023, su richiesta di molti lettori, per precisare e chiarire in dettaglio il tipo di favoreggiamento offerto da Cuffaro alla mafia (qui); il 6 febbraio 2023 sull’inquietante lascito di Abbate (qui); il 15 febbraio 2023 ancora sul ‘sistema’ e su affari connessi (qui); il 26 maggio 2023 su un ‘vero e proprio manuale’ del voto di scambio (qui); il 9 giugno 2023 sulla nuova amministrazione definita ‘Abbate ter’ (qui); il  23 dicembre 2023 (qui) e il 5 gennaio 2024 (qui) sul ruolo del segretario comunale Giampiero Bella in quasi nove anni d’attività a Palazzo San Domenico; il 20 aprile 2024 (qui) su una transazione da 13 milioni di euro che raddoppia i costi del Comune, altre gravi illegittimità e l’avvio del nuovo regime di riscossione dei tributi; il 3 ottobre 2024 su una serie di ulteriori casi di illegittimità, violazioni di legge, disastro dei conti pubblici e sugli intrecci relativi allo strano strapotere di un funzionario comunale (qui); il 20 novembre 2024 sull’Istituto professionale di Stato Grimaldi e sulla scuola privata Esfo piegati dal ‘sistema-Abbate’ ai propri interessi privati di potere clientelare, invasivo e opprimente per il tessuto democratico della città (qui).

Affrontano vicende riguardanti il ‘Sistema Abbate’ e il Comune di Modica anche quelli concernenti l’attacco alla libertà di stampa, pubblicati il 9 maggio 2023 (qui) e il 15 giugno 2023 (qui).