Non ci fu alcuna diffamazione nei confronti di Maurizio Tumino da parte de La Prima Tv diretta dal giornalista Di Natale, unico imputato (si è assunto piena e totale responsabilità di tutti i servizi). La sentenza penale di assoluzione pronunciata dal Tribunale a conclusione del procedimento scaturito da una querela presentata dall’allora candidato a sindaco di Ragusa. Ecco i fatti, le imputazioni e il forte intreccio politico affaristico che suscitò vibrate reazioni di ampi settori del centrodestra contro la candidatura di Tumino imposta dall’alto da Gianfranco Miccichè, allora capo assoluto in Sicilia di Forza Italia: Mauro, Mallia e Ragusa si adeguarono
Non diffamò Maurizio Tumino ma esercitò correttamente il diritto di cronaca e di critica.
Assolto dal Tribunale di Ragusa il giornalista Angelo Di Natale, accusato, quale direttore responsabile dell’emittente La Prima Tv, di diffamazione a mezzo stampa in relazione ad alcuni servizi trasmessi a maggio e giugno 2018 riguardanti Tumino, allora imputato in un procedimento penale per appropriazione indebita e candidato a sindaco di Ragusa nelle elezioni comunali del 10 giugno di quell’anno.
Di Natale, oltre che quale direttore responsabile, rispondeva anche come autore per alcuni servizi recanti la firma ‘redazione’ dei quali fin da subito ha rivendicato la responsabilità, nonché per alcuni propri commenti compiuti intervenendo in programmi informativi d’approfondimento dell’emittente.
Due i capi d’imputazione.
Il primo relativo ad un servizio contenuto nel Tg del 9 maggio 2018 dal titolo ‘Ragusa, amministrative: scontro nel centrodestra, Migliore attacca’ in cui si riferiva del malcontento manifestato pubblicamente da settori del centrodestra per la candidatura di Tumino imposta il giorno prima da Gianfranco Miccichè con diktat rivolto ai massimi esponenti provinciali di Forza Italia Giovanni Mauro, Orazio Ragusa e Salvo Mallia i quali fino a quel momento si erano espressi in favore di altri aspiranti alla carica di sindaco: Mallia addirittura era stato indicato quale vice sindaco dalla candidata avversaria Sonia Migliore. In particolare il servizio, avente per oggetto la notizia della convergenza loro ordinata dall’allora presidente dell’Ars e commissario regionale di Fi, conteneva l’affermazione <<Tutti su Maurizio Tumino, un candidato che fa discutere sia per il procedimento per bancarotta fraudolenta, che per l’intreccio politico affaristico …>>.
Il secondo capo d’imputazione riguardava invece un servizio del Tg dell’1 giugno dal titolo ‘Maurizio Tumino ha detto il falso in conferenza stampa?’ con il quale La Prima Tv metteva a confronto da una parte le dichiarazioni rese dall’allora candidato a sindaco sul procedimento penale per appropriazione indebita che lo vedeva imputato e dall’altra elementi documentali risultanti dagli atti in merito alla mancata restituzione dei beni dei quali Maurizio Tumino era accusato di essersi appropriato in danno di un’impresa cui aveva subappaltato lavori edili per la costruzione di alloggi popolari il cui appalto aveva ricevuto dal CaeC, Consorzio artigiano edile Comiso.
L’intreccio politico affaristico riguardante Maurizio Tumino, allora dibattuto in città e riferito da La Prima Tv, è stato ribadito e spiegato dal giornalista-imputato anche nel corso dell’istruttoria dibattimentale
Nel filone dei rapporti tra il CaeC e l’impresa edile M47, socetà di cui Tumino era titolare, si inscrive l’intreccio politico affaristico riferito nei servizi da La Prima Tv e ribadito da Di Natale il quale così lo ha descritto in dibattimento: <<il CaeC, società consortile con oltre duecento imprese associate, presentava progetti per la costruzione di alloggi popolari alla Regione che li approvava e li finanziava. Quindi il CaeC, in diversi casi, appaltava i lavori alla M47 i cui soci, fino al 2015, erano: il presidente del CaeC Biagio Fortunato; l’amministratore delegato del Caec Sebastiano Caggia, peraltro allora presidente dell’Ance iblea, l’Associazione nazionale costruttori edili; la moglie di Caggia nonchè figlia di Fortunato; Maurizio Tumino e la moglie; la moglie di Giovanni Occhipinti fondatore del movimento politico Insieme di cui Tumino è esponente di primo piano; la moglie di Giancarlo Migliorisi, ex politico locale e da decenni titolare di incarichi dirigenziali in organi istituzionali su nomina fiduciaria ad personam di Gianfranco Miccichè. Ad aprile 2023 – ha ricordato Di Natale – le cronache hanno dovuto occuparsene in quanto, nell’ambito di un’inchiesta per truffa e peculato nei confronti di Miccichè, è emerso che Migliorisi con l’auto blu dell’Assemblea regionale siciliana e relativo autista andava ad acquistare dosi di droga da uno spacciatore poi arrestato. Indotto a dimettersi dal presidente dell’Ars Gaetano Galvagno, nel cui ufficio di presidenza lavorava ‘in quota-Miccichè’, Migliorisi attualmente opera negli uffici del Senato della Repubblica, prontamente assunto dalla neo senatrice Daniela Ternullo subentrata a palazzo Madama proprio a Miccichè per effetto della sua opzione all’Ars dopo la doppia elezione, il 25 settembre 2022, a Palermo e a Roma. Dal 2015 – ha precisato Di Natale – dopo una serie di ingiunzioni da parte di creditori, la M47 srl cambiò la propria base sociale divenendo società con socio unico, Maurizio Tumino. La vecchia composizione fornisce però elementi utili a svelare l’intreccio politico-affaristico emerso nel dibattito pubblico nell’imminenza delle elezioni del 2018 e considerato elemento di forte criticità della candidatura>>. Molto probabilmente per tali ragioni, e per l’imposizione dall’alto della candidatura da parte dell’allora capo assoluto di Forza Italia in Sicilia, Maurizio Tumino il quale si dichiarava ‘sindaco sicuro’ fu invece sonoramente bocciato, giungendo solo quarto, più vicino peraltro al sesto posto che al secondo, utile per il ballottaggio.
I due capi d’imputazione e il dispositivo della sentenza
di assoluzione penale in riferimento ad entrambi
Il Tribunale, in composizione monocratica (giudice Laura Ghidotti) ha pronunciato per entrambi i capi d’imputazione sentenza penale di assoluzione del giornalista, mentre il pubblico ministero, per bocca della vice procuratrice onoraria Stefania Schillaci, aveva chiesto la condanna ad otto mesi di reclusione, richiesta cui si era associato il difensore di parte civile Fabrizio Cavallo.
Il Tribunale, in particolare, ha assolto Di Natale ‘perchè il fatto non sussiste’ dal secondo capo d’imputazione; per particolare tenutità del fatto dal primo, relativo come abbiamo visto, al servizio del 9 maggio.
In proposito il procedimento penale che dal 17 aprile 2018 vedeva Tumino imputato, a seguito di denuncia presentata due anni prima da un’impresa edile di Scicli parte offesa, non era per bancarotta fraudolenta come asserito da qualificati esponenti politici nella riunione in cui emerse una corale indignazione contro il diktat giunto da Palermo a favore di Tumino la cui candidatura appariva inopportuna sia perchè imputato in un procedimento penale ed anche per l’intreccio politico affaristico che la permeava; era invece, appunto, per appropriazione indebita. Il giorno dopo, correttamente e senza alcuna richiesta, nel Tg del 10 maggio, La Prima Tv, con risalto di gran lunga maggiore rispetto alla marginale imprecisione del giorno prima, rettificò la notizia chiarendo definitivamente che non c’era alcun procedimento per bancarotta fraudolenta nei confronti di Tumino. Peraltro, come ampiamente illustrato da Di Natale nel contradditorio dibattimentale, il riferimento alla bancarotta fraudolenta fu conseguenza di un mero errore materiale in sede di playout avvenuto nel reparto tecnico, con l’emissione di una versione del servizio diversa da quella predisposta alla luce delle verifiche compiute su procedimenti penali a carico di Tumino.
La difesa sostenuta in giudizio dall’avvocato Giovanni Cassarino ha chiesto l’assoluzione con formula piena argomentando nella sua arringa tutte le ragioni, in fatto e in diritto, dell’insussistenza del reato sia perché nei servizi de La Prima tv non c’è mai stata alcuna diffamazione, sia perché il loro contenuto risulta comunque rispettoso dei principi, legislativi e giurisprudenziali, che disciplinano il diritto di cronaca e di critica nell’ambito della protezione costituzionale della libertà di stampa.
Maurizio Tumino lamentando di essere stato pesantemente leso dal servizio del 9 maggio al quale, dopo 21 giorni di silenzio (in pratica quasi l’intera campagna elettorale) rispose con una conferenza stampa il 30 maggio, presentò querela il 5 giugno 2018 relativamente ai due servizi, del 9 maggio e dell’1 giugno, dei quali chiese e ottenne anche il sequestro preventivo alla luce del danno che, nell’imminenza delle elezioni del 10 giugno, avrebbe potuto riceverne; nella querela denunciò inoltre le affermazioni con le quali Di Natale, l’8 giugno nel corso di uno spazio televisivo d’approfondimento dedicato proprio al sequestro eseguito quel giorno, confermò la veridicità dell’informazione resa da La Prima Tv sull’intera vicenda e ribadì la correttezza del proprio operato, anche alla luce della rettifica immediata e spontanea dell’unico elemento di imprecisione conseguenza dell’affermazione di soggetti pubblici altamente qualificati secondo i canoni della protezione giurisprudenziale della critica politica: imprecisione secondaria e la cui diffusione fu frutto peraltro di un mero inconveniente tecnico analogo e del tutto equivalente, in sede di trasmissione televisiva, al classico refuso di stampa.
In ogni caso, alla luce della sentenza, Di Natale annuncia appello per la riforma del dispositivo nella parte riguardante gli effetti civili del primo capo d’imputazione.
Di Natale: Il sequestro dei due servizi de La Prima Tv rimane una pagina nera nella storia giudiziaria italiana. Atto di eversione costituzionale ‘servito’ a quattro giorni dalle elezioni al candidato Tumino
Durante il dibattimento, rispondendo alle domande nel corso dell’esame chiesto da Maurizio Tumino e al quale l’imputato si è sottoposto, e rendendo ulteriori dichiarazioni nell’udienza finale di ieri, Di Natale ha denunciato <<l’assurdità e l’illegittimità del sequestro preventivo dei due servizi disposto il 6 giugno 2018 dal Gip su richiesta formulata dal pubblico ministero avanzata il giorno prima, lo stesso della presentazione della querela: un atto di eversione in contrasto con norme costituzionali e ordinarie le quali con chiarezza incontestabile – ha fatto presente il giornalista – limitano la possibilità di tale provvedimento a soli quattro casi tassativamente prestabiliti tra i quali non figura affatto l’ipotesi di diffamazione a mezzo stampa, l’unica oggetto del procedimento>>.
Di Natale ha ripercorso la vicenda attestando come La Prima tv abbia trattato legittimamente e doverosamente fatti di pubblico interesse, sempre in verità e nell’autonomia critica propria di una testata indipendente al servizio dei cittadini. Ciò sia in riferimento al servizio contenuto nel Tg del 9 maggio 2018 nel quale un’imprecisione frutto di mero errore tecnico in fase di emissione era stata immediatamente e senza richiesta corretta peraltro con un risalto di gran lunga superiore, sia a quello del primo giugno successivo relativo alle affermazioni di Maurizio Tumino in una conferenza stampa tenuta il 30 maggio.
In proposito Di Natale ha affermato che Tumino era ben consapevole di non avere subìto alcuna diffamazione dal servizio del 9 maggio e di avere voluto distorcere i dati oggettivi della realtà per atteggiarsi a vittima e tentare di ricavarne vantaggi elettorali. Per questa ragione e sulla base di tale calcolo, il 30 maggio 2018 – ben 21 giorni dopo – annunciò una conferenza stampa che in effetti si risolse nell’attacco calunnioso verso La Prima Tv colpevole solo di essere organo d’informazione indipendente, sferrato con il sostegno militante di un’aggressiva claque elettorale appositamente mobilitata per l’occasione. Nondimeno La Prima tv – ha osservato Di Natale – anche in quell’occasione ha compiuto il proprio lavoro con la consueta correttezza informando il proprio pubblico nel rispetto della verità, riferendo le affermazioni di Tumino e dando atto degli sviluppi successivi sfociati in vari servizi uno dei quali, quello trasmesso il primo giugno, è stato oggetto di querela.
Ora il Tribunale, con la sentenza penale di assoluzione, ha sancito che La Prima Tv nella vicenda non tradì mai i propri doveri di informare in modo corretto, veritiero e critico nell’interesse della comunità.
L’anno successivo, nel 2019, Maurizio Tumino fu assolto dall’accusa di appropriazione indebita (il pubblico ministero ne aveva chiesto la condanna) ma la sentenza di ieri attesta che La Prima Tv rispettò la verità dei fatti su ogni elemento contenuto nei servizi trasmessi sulla vicenda, anche in relazione al procedimento che vedeva imputato l’allora candidato a sindaco di Ragusa.