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Maria Grazia Brandara e la borsa piena di soldi consegnata a Montante: storie di fortuna, di “minacce intelligenti”, processi, intrecci tra mafia e logge segrete. Tutte le gesta di “Marì&Mariè”: l’ex capo Irsap e l’ex assessore di Crocetta

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Maria Grazia Brandara è una persona fortunata. Per essere più precisi, tale indubbia fortuna la riguarda certamente in ciò che di lei pubblicamente si sappia: quindi in quanto collezionista di cariche pubbliche: attualmente è sindaco di Naro (Ag).

La fortuna le si è sempre presentata in una forma singolare, della quale tutti possiamo gioire: chi le vuole male (e sono in tanti, o almeno tanti sono i fatti rilevati e censiti in suo danno) le arreca solo bene.

Il male contro di lei consiste in un numero impressionante di annunci di minacce, perfino di morte, d’intimidazione e aggressione in varie forme alla sua sicurezza e alla sua serenità.

Il bene, per lei, è invece il risultato prodotto dai presunti malintenzionati da lei puntualmente denunciati. E non perché nessuna di queste brutte intenzioni si sia mai concretizzata: per fortuna, in questo caso di tutti, ovviamente, e non si può che esserne felici; ma perché ognuno di questi numerosi annunci di ignoti delinquenti si è tradotto sempre in un aiuto alla … vittima.

L’elenco è infinito, ma basterebbe intanto ricordare l’episodio del 30 aprile scorso: una busta indirizzata, tramite il normale servizio postale, all’ufficio protocollo del Comune di Naro contiene insulti, minacce di morte e un fazzoletto inzuppato di sangue, al punto che – fanno filtrare dal municipio – l’impiegato che l’ha aperta si è sentito male (maggiori dettagli in un articolo leggibile qui).

Dinanzi all’ennesima minaccia, alcuni hanno rilevato che essa è giunta il giorno del 40° anniversario dell’assassinio di Pio La Torre, mentre ad altri non è sfuggito che tale giorno, 30 aprile 2002, fosse la vigilia (tolto il festivo del primo maggio) dell’apertura, dinanzi al Tribunale di Caltanissetta, del processo Montante-bis che vede alla sbarra tredici imputati accusati a vario titolo di associazione per delinquere, corruzione, abuso d’ufficio, finanziamento illecito dei partiti. Imputati, oltre a Montante, l’ex presidente della Regione Crocetta, i suoi ex assessori Linda Vancheri e Maria lo Bello, l’ex commissario Irsap, appunto Maria Grazia Brandara, imprenditori ed esponenti delle forze dell’ordine: dato quest’ultimo che non sorprende più alla luce di tutto quanto svelato dal processo ‘Montante 1’.

Sulla pelle e sulla fibra del sindaco – o, come preferiscono in tanti, della sindaca – così pesantemente chiamata in causa dinanzi ad un Tribunale penale dopo un’inchiesta-monstre ed un processo parallelo in fase avanzata contenenti prove schiaccianti, l’immancabile solidarietà automaticamente levatasi alla pubblicazione della notizia è un balsamo, nel momento in cui in tanti provavano a chiedere con sdegno le dimissioni sia per questo processo, come per gli altri procedimenti e/o indagini che la riguardano: a Barcellona Pozzo di Gotto per l’inquinamento ambientale imputato alle scellerate condotte dell’Irsap di cui era commissario e plenipotenziario; a Siracusa, come presidente dell’Ias, per i reati contestati in relazione alla gestione del più grande depuratore d’Europa, un impianto che anziché depurare inquinava: coimputata Brandara in questo caso con Rosa Battiato, moglie di Giuseppe D’Agata, colonnello dei Carabinieri, arrestato il 13 maggio 2018 e detenuto per quasi un anno prima di essere rimesso in libertà con obbligo di firma. A lui è contestato il reato di corruzione per avere compiuto più atti contrari ai doveri di ufficio, nella qualità di comandante provinciale dei Carabinieri di Caltanissetta, di capocentro Dia di Palermo e poi componente dell’Aisi, l’Agenzia dei servizi segreti interni, e fornito informazioni di natura riservata. Secondo l’accusa D’Agata avrebbe promesso il suo interessamento <<affinché la moglie Rosa venisse confermata presidente dello Ias di Siracusa e affinché lo stesso D’Agata potesse transitare dalla Dia all’Aisi>>.

Il nome di Brandara figura peraltro negli atti di informative e indagini su logge massoniche segrete nel Trapanese e nel loro intreccio con trame mafiose che riconducono a Matteo Messina Denaro: e qui il problema non è un’imputazione diretta, che non c’è, nei suoi confronti ma il dovere pubblico di chiarire comunque il proprio coinvolgimento (meglio illustrato in un articolo leggibile qui) in quelle connessioni. Chiarimento mai avvenuto.

Ma, solo per stare ai tempi recenti, un’altra prova della fortuna eccezionale dell’attuale sindaca di Naro è questa nuova casualità. Appena giovedì scorso di lei si è parlato in Commissione parlamentare antimafia, durante l’audizione dell’ex sindaco di Racalmuto Salvatore Petrotto – vittima del ‘Sistema-Montante’ di cui Brandara è pedina di rilievo – (e se ne è parlato con ampiezza di riferimenti e documentazione in riferimento al possente curriculum, anche giudiziario, della sindaca) e appena due giorni dopo, ecco un doppio riconoscimento istituzionale: la visita a Naro del vice ministro alle Infrastrutture e mobilità Alessandro Morelli e del prefetto di Agrigento (o prefetta) Maria Rita Cocciufa: entrambi, un membro del Governo e la sua rappresentante territoriale, in municipio a rendere visita e onori all’imputata del ‘Montante-bis’.

Maria Grazia Brandara peraltro respinge l’invito alle dimissioni rispondendo che di condanne non ne ha mai avute: vero e anche ovvio. Se ne avesse avuta una, più o prima che dimettersi, sarebbe stata sospesa proprio attraverso gli uffici di un prefetto, proprio quello che le ha reso visita.

Ma ciò che non è impedito dalla legge (restare in carica, così come rendere visita ad un sindaco pluri-imputato) siamo sicuri che sia anche giusto, opportuno, saggio e prudente? E alle varie imputazioni penali ed indagini in corso bisogna aggiungere anche lo spettro del dissesto del Comune da lei amministrato.

Ma su Maria Grazia Brandara conviene estendere il raggio d’azione al suo pluridecennale impegno pubblico. In proposito ci sovviene un testo, datato a gennaio 2020, quindi ad oltre due anni fa, ma ancora inedito perché parte di una più ampia documentazione ancora in fase di lavorazione. Lo pubblichiamo di seguito per gentile concessione dell’autore, Angelo Di Natale, con l’avvertenza ai lettori che la ricostruzione e l’esposizione sono datati a gennaio 2020.

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….. E così la carriera politica di questo bancario con laurea in economia (Giuseppe Antoci, n.d.r.) ha due soli sigilli: la nomina a capo dell’ente Parco ad opera del governo Crocetta e la sua candidatura per il Senato nella lista del ‘Megafono’ nelle elezioni del 25 febbraio 2013. Entrambe le investiture recano l’imprimatur di Lumia che guida quella lista per il Senato e risulta l’unico eletto. Antoci, in quella lista bloccata nella quale agli elettori non è consentito di scegliere gli eletti, occupa solo il sesto posto; Nicolò Marino, lanciato da Lumia che da lui si attende fedeltà, è terzo;

Ultima è Maria Grazia Brandara che quattro mesi prima, alle regionali, è stata candidata con Grande Sud di Gianfranco Miccichè ed ora è una new entry nella squadra Crocetta-Lumia-Montante, con un ruolo di peso, non inganni l’ultimo posto in lista. Del resto il massimo obiettivo, realisticamente, era eleggere un senatore, il primo n una lista di 14.

Maria Grazia Brandara è una delle figure più vicine a Montante e imputata, insieme a lui, a Crocetta e ad altri nel processo per associazione per delinquere finalizzata alla corruzione. Solo a gennaio 2020 e dopo tante voci indignate e interrogazioni parlamentari, Brandara, indagata e pesantemente coinvolta da oltre un anno e mezzo nel ‘sistema-Montante’ – ha lasciato la presidenza dell’Ias, Industria acque siracusana, la società che gestisce il depuratore biologico di Priolo, il più grande d’Europa al servizio di una delle aree più inquinate e pericolose del continente: il petrolchimico del triangolo Priolo-Augsta-Melilli di proprietà dell’Eni…..

Agrigentina di Naro, impiegata dell’Agenzia delle entrate, in tasca solo un diploma ma dotata di ingegnoso attivismo, Maria Grazia da sempre vive di politica e per la politica, folgorata prima dal potente ex ministro Calogero Mannino amico di famiglia e poi da Totò Cuffaro. A 24 anni è eletta consigliere provinciale Dc e nel ’93, quando Martinazzoli tenta disperatamente di salvare il partito picconato da Mani pulite, lei – che da dieci anni si fa le ossa nella segreteria particolare di Mannino più volte ministro, all’Agricoltura e alla Marina mercantile – con il ventitreenne Angelino Alfano è delegata da Agrigento ‘alla Costituente di una Nuova Dc’ alla quale è presente Helmut Khol.

Poi aderisce al Ppi ma quando Mannino, dopo una prima fase di guai giudiziari, rientra e guida il Cdu in Sicilia, lei sente il richiamo del cuore: eccola nel 2001 candidata all’Ars, nel listino di Cuffaro eletto presidente. A Sala d’Ercole – scherzi del premio di maggioranza che è parziale perché il centrodestra stravince e non ha granchè bisogno di premi – però entra solo tre anni dopo, per l’ultimo scorcio di legislatura, quando muore Vincenzo Leanza. E mentre è deputata, viene eletta sindaco di Naro. Interminabile la lista degli incarichi ricoperti, nel partito, in enti vari, nel sottogoverno.

Tra l’altro è consigliere nazionale Udc con tante altre cariche di partito, presidente dell’Ato rifiuti di Agrigento, componente del Cda del Consorzio universitario di Agrigento, dirigente Cisl, e per due volte lei, forte solo di un diploma di maturità – è nominata commissario straordinario del Comune di Licata, prima e dopo la sindacatura-Cambiano. Angelo Cambiano è il giovane docente di matematica eletto sindaco a 33 anni e mandato a casa perché stava abbattendo – finalmente! – le case abusive colpite da ordine esecutivo di demolizione (vedi che pretesa?). Ad agosto 2017, dopo appena due anni dall’elezione, è sfiduciato da 21 consiglieri comunali, sette dei quali sono proprietari di case comprese nella ‘lista nera’. E dopo quel voto Cambiano, a cui per due volte a causa dell’azione antiabusivisno è stata bruciata la casa (fuoco vero, non bigliettini o minacce su fb) dice con chiarezza: sono stato tradito da Alfano.

L’allora ministro degli Esteri era andato a dargli solidarietà (Cambiano era sindaco di centrodestra) dopo uno di quegli attentati ma poi i consiglieri comunali del suo partito lo hanno impallinato: per sabotare l’esecuzione imminente di quell’ordine di demolizione della magistratura. E quando lei ne raccoglie l’eredità, sia pure per otto mesi, da agosto 2017 alle elezioni di maggio 2018, si guarda bene dal toccarne solo una di quelle case ma, nondimeno, riesce a … ricevere, già a settembre, una lettera di minacce e intimidazioni …‘preventive’. Particolarmente preoccupanti perché le arrivano nella casa in cui sta a Palermo, ospite di un conoscente, di cui solo pochissime persone vicine a lei sanno l’indirizzo: o è potenza criminale o è da molto vicino che le arriva il messaggio!

In effetti Brandara non porta a termine per intero il suo secondo mandato da commissario a Licata perché il 18 maggio 2018, tre settimane prima delle elezioni che vedranno eletto un nuovo sindaco, Giuseppe Galante attualmente in carica, si dimette. Da novembre a palazzo d’Orleans non cè più Crocetta ma Musumeci, e lei due giorni prima, il 16 maggio, ha ricevuto l’avviso di garanzia da cui apprende le gravi imputazioni che la riguardano nell’ambito dell’inchiesta che il 14 maggio ha portato all’arresto di Montante.

A capo del Comune di Licata Brandara c’era già stata per sei mesi, nell’intermezzo che precede l’elezione di Cambiano. E’ il 5 dicembre 2014 quando si insedia, con cinque giorni d’anticipo, al posto di Dario Cartabellotta che lascia l’incarico per assumere quello di commissario del Libero consorzio dei comuni (ex Provincia) di Ragusa. L’ente era in amministrazione straordinaria da marzo 2014 quando si è dimesso il sindaco eletto a giugno dell’anno prima, Angelo Balsamo, avvocato, arrestato per truffa, falsa testimonianza e corruzione in atti giudiziari.

Città di centrodestra ‘a prescindere’ Licata. Balsamo, Cambiano, Galanti: tre sindaci eletti in serie in appena cinque anni, sempre di centrodestra, nonostante la fine ignominiosa del primo e la sfiducia – medaglia al valore di virtù civiche – al secondo voluta da quella coalizione in nome della difesa dell’abusivismo edilizio selvaggio.

Ma torniamo a Brandara. Pubblicista, (come Angelino Alfano), vice segretaria provinciale dell’Assostampa di Agrigento tra il 2003 e il 2004, attiva su mille fronti, lungo il filo dei suoi interessi di potere politico, e non solo, ai numi tutelari Mannino-Cuffaro fa subentrare la coppia Crocetta-Lumia. Eccola, quindi, a febbraio 2013 – quando il primo si è insediato a palazzo d’Orleans e il secondo ha preso posto nella stanza accanto – candidata al Senato nella lista del Megafono che è brand della coppia e quindi la guida il senatore di Termini Imerese. Eccola quindi, inevitabilmente e non per caso, a pieno titolo, e non da semplice comparsa, nel ‘sistema-Montante’.

Nel governo-Crocetta, Maria Grazia Brandara è viva e presente fin dal primo giorno nonostante, nelle elezioni regionali di ‘ottobre 2012, sia stata candidata con Grande Sud, la lista approntata da Gianfranco Miccichè per fare eleggere alcuni suoi fedelissimi, come Michele Cimino, capolista ad Agrigento. Lei arriva penultima precedendo nelle preferenze ottenute solo l’unica altra donna in lizza, ma la sua presenza in lista ha un significato ben chiaro come ben chiaro è quello della candidatura di Miccichè ……

…. Maria Grazia Brandara, agrigentina di Naro, attualmente sindaco, la quale – abbiamo visto – in quattro mesi, nella fase storica cruciale in cui il sistema-Montante si radica con potenza e prepotenza, è doppiamente candidata: a ottobre 2012 per Grande Sud di Gianfranco Miccichè, a febbraio 2013 per il Megafono di Crocetta e Lumia. Istruttivo il suo percorso che le vale l’ingresso, con un posto non proprio in ultima fila, in quel sistema. E quindi in quel governo.

Fin da quando Crocetta s’insedia e nomina la primissima giunta lei è nelle stanze che contano, perché tanti assessori passano e ruotano (alla fine saranno 59) ma c’è un nucleo ristretto e inamovibile di cui, per esempio, fa parte Mariella Lo Bello, agrigentina come lei. E Maria Grazia è subito nominata a capo della segreteria particolare dell’assessore, e per tre anni anche vice presidente della Regione, Mariella Lo Bello. Prima Territorio e Ambiente, quindi Istruzione e Formazione professionale, poi, negli ultimi due anni, Attività produttive, il recinto blindato del potere diretto di Montante che, in ogni caso, all’occorrenza spazia con successo dove vuole.

Lo Bello viene ripagata con questa nomina pesante e così resistente ad ogni sommovimento che scuote la giunta-Crocetta, per i meriti acquisiti con la sua candidatura a sindaco di Agrigento a maggio 2012 quando, sostenuta da Pd, Mpa, Fli e Api, arriva terza e manca anche il ballottaggio. Ma chi è Mariella per essere stata la candidata del Pd ma anche del Mpa e, addirittura di Fli, oltre che dei centristi dell’Api, l’Alleanza per l’Italia di Francesco Rutelli?

Coetanea di Maria Grazia, Mariella è impiegata delle Poste, licenza liceale e nessuna laurea come l’amica, si guadagna la candidatura a sindaco di Agrigento e – grazie a questa – la poltrona nel governo della Regione, spinta da un passato sindacale che nel 2008 la vede diventare segretario generale della Cgil di Agrigento: prima donna in Sicilia a raggiungere il traguardo nella storia delle tre sigle confederali della ‘triplice’.

Cosa c’entri la sua lunga carriera in Cgil con l’essere candidata – anche – del Mpa di Lombardo, saranno le verità nascoste svelate dall’inchiesta sul sistema-Montante a metterlo in chiaro. Quando Lo Bello, segretaria generale Cgil di Agrigento, si candida a sindaco anche per Pd e Mpa, volge alle battute conclusive ed è ancora in carica quel governo-regionale tenuto in vita per ben quattro anni da Beppe Lumia che con un disinvolto ribaltone ha trasferito il Pd dall’opposizione alla corte di Don Raffaele o ‘Arraffaele’ come alcuni preferiscono chiamarlo.

Mariella come sindaco non riesce, battuta non solo dal candidato apertamente di centrodestra, ma anche da quello dell’Udc, Marco Zambuto, che entrambi i piedi in realtà li mette sia nella sinistra che nel centro e nella destra. Eletto nel 2007 come candidato dei Ds, l’anno successivo passa con il Pdl, e due anni dopo con l’Udc. Confermato sindaco nel 2012, nel partito che l’ha fatto eleggere anche questa volta resiste appena un anno. Eccolo nel 2013 passare con il Pd di Renzi che lo accoglie a braccia aperte al punto da farlo eleggere presidente dell’assemblea regionale del Pd e candidarlo nel 2014, non eletto, alle europee di maggio. Poche settimane dopo, a giugno, è condannato per abuso d’ufficio e deve dimettersi da sindaco: tante giravolte per nulla!

E l’anno dopo, nel 2015, Zambuto torna nel …. luogo del delitto. Ha la possibilità di far visita a Silvio Berlusconi ad Arcore e non si lascia sfuggire l’occasione: scoppiano le polemiche nel Pd e lui deve lasciare la carica di presidente dell’assemblea regionale del partito in Sicilia. (per la cronaca, dopo una candidatura a sindaco di Agrigento sostenuta da Fi-Udc-Db a ottobre 2020 e finita in un flop, Zambuto a gennaio 2021 è nominato da Musumeci assessore regionale Autonomie locali e funzione pubblica, carica in cui ha come capo di gabinetto Silvio Cuffaro, sindaco di Raffadali e fratello del più noto ‘Totò’, n.d.r.).

Mariella Lo Bello quindi da pasionaria delle lotte sindacali e sociali in Cgil a candidata di Raffaele Lombardo e dei post-missini di Fli aggrappatisi all’ultima mossa per la sopravvivenza post-berlusconiana di Gianfranco Fini; a potente assessore regionale e numero due di Crocetta.…..

….Torniamo a Brandara e alla sua ‘alter ego’ Lo Bello. Un tandem affiatato che si muove deciso e coeso.

Lo Bello comincia, fin dal primo giorno del governo-Crocetta, con il Territorio e Ambiente (e così i signori delle discariche degli amici di Lumia e Montante, come Giuseppe Catanzaro, sono tranquilli); prosegue con l’Istruzione e la Formazione professionale (di lei, una vita in Cgil, non si ricorda nulla né in favore delle tante migliaia di precari del settore, né per la bonifica di un servizio per decenni sempre scandaloso); quindi vice presidente della Regione e deleghe alle attività produttive, l’assessorato con cui Montante – intercettato in macchina mentre parla con ‘Marì e Mariè’ – dice, compiaciuto, che può fare la terza guerra mondiale. E lui l’ha sempre fatta, con il governo-Crocetta ‘cosa sua’, avendo di fatto nominato anche i predecessori di Mariella, ovvero Linda Vancheri sua assistente e sua dipendente,  e, ancora prima, nel precedente governo-Lombardo, Marco Venturi poi divenuto, con Alfonso Cicero, suo grande accusatore.

Una coppia d’assalto, un tandem di guerra, spregiudicato e disinvolto, Maria Grazia e Mariella, le due fedelissime per cinque anni sempre insieme, che nella cerchia tutti conoscono come un’entità unica, una squadra, un duo: ‘Marì e Mariè’ (con le vocali finali, la ‘i’ e la ‘e’ accentate).

Ed eccole, Marì e Mariè in azione una di quelle volte (ordinario momento di vita quotidiana) in cui le intercettazioni possono raccontarci qualcosa.

E’ il 25 ottobre 2015, Marì e Mariè sono con Montante, a bordo di un’Alfa Romeo di proprietà della sua segretaria. Discutono di soldi da dare e da ricevere e di incarichi da conferire. Proprio in quelle ore c’erano poltrone da assegnare: da tre mesi si è dimessa Linda Vancheri per ricoprire un ruolo di primo piano, in quota Montante, in Confindustria e le deleghe alle attività produttive rimangono in mano a Crocetta che le trattiene fino ad ottobre quando le cede a Mariella Lobello. La quale, proprio due giorni dopo, il 27 ottobre, firma il decreto di nomina di Maria Grazia Brandara a commissario dell’Irsap, l’ente costituito per accorpare i consorzi per le Aree di sviluppo industriale e metterli tutti in una sola mano: controllo assoluto e zero disturbi dalle pletoriche assemblee dei vari territori. Il commissariamento è la regola di quegli anni. Commissariare l’Irsap, come le Camere di commercio e altri enti è il modo più diretto e sicuro per raggiungere gli obiettivi. Quali? Quelli di Montante che decide assessori e commissari. Che a lui obbediscono.

Per tornare a quel colloquio del 25 ottobre 2015, ad un certo punto la Brandara, visto che la Lo Bello era scesa dalla macchina, grida a Montante: ‘Eh, scusa… i soldi…ti dissi I’avi na borsa…’, al che lui gli risponde ‘cosa?’ ‘I soldi’ grida ancora più forte lei, subito fermata da Montante: ‘No! Dopo, dopo! … No! Davanti a chiddru no! Dopo, dopo…dopo dopo…va bene’?

Montante si allontana, vuole evitare che quei soldi gli vengano dati davanti ad un estraneo, visto che nel frattempo si era avvicinato qualcuno, forse l’autista delle due donne.

Brandara capisce ma non demorde, vuole far presente ancora una volta a Lo Bello che il malloppo di soldi è dentro la sua borsa, forse per ricordarle di stare attenta a non perderli o, forse, solo per ribadire ‘guarda che io te li ho dati’, ora pensaci tu. E il vice presidente della regione di rimando: ‘Marì, dopo…Marì, dopo…dopo!’

Alla fine i tre si salutano: ‘Ciao Marié, Ciao Marì, ci vediamo lunedì!’

Da ottobre 2015 e per due anni Marì, nominata da Mariè, è a capo di tutte le 11 aree industriali della Sicilia su ognuna delle quali un tempo decidevano organismi con diverse decine di componenti scelti in ogni territorio in rappresentanza di numerosi enti, pubblici e privati, organizzazioni produttive, associazioni sindacali. Ciò si deve alla legge di riforma delle Asi varata dall’Ars a gennaio 2012, ultimo anno di vita del governo-Lombardo. Una legge fortemente voluta dall’assessore regionale all’industria Marco Venturi nominato in giunta da Lombardo l’8 luglio 2009 quando, in frantumi l’alleanza Mpa-Udc-Pdl, il governatore azzera la giunta e al siracusano Pippo Gianni subentra appunto l’imprenditore nisseno Venturi, a quei tempi grande amico e sostenitore di Montante in Confindustria. Tre settimane prima delle elezioni che porteranno Crocetta a palazzo d’Orleans, il 4 ottobre 2012 Venturi si dimette in polemica con Lombardo che a suo dire fa melina sull’applicazione di quella riforma.

Venturi rappresenta, già nel 2009, il primo ingresso diretto nel governo della Regione da parte di Confindustria, già saldamente nelle mani di Ivan Lo Bello e Antonello Montante eletti nel 2006 ma molto più forti dopo la ‘svolta antimafia’ (niente più che uno slogan, buono per ogni prodotto da ‘vendere’) del 2007 che apre loro tutte le porte. Quando sarà noto, a febbraio 2015, che Montante è indagato per associazione mafiosa, in un’inchiesta nata dalla dichiarazione di collaboratori di giustizia, Venturi ha paura perché collegando fatti del passato ad elementi del presente scopre la tara criminale del suo capo in Confindustria e denuncia. Lo fa insieme ad Alfonso Cicero, altra figura chiave nella ricerca delle prove con le quali tre anni dopo, a maggio 2018, Montante sarà arrestato non già per le accuse di associazione mafiosa, ma per il sistema di corruzione, spionaggio, ricatti, minacce che da anni sono per lui la via ordinaria al successo, al potere, ai soldi sulla quale però, questa volta, nel tentativo di inquinare le indagini contro di lui, di falsificare prove, di minacciare testimoni scomodi, di ingannare e intimidire gli inquirenti, ha esagerato. Perciò l’arresto.

Aldonso Cicero è, semplicemente, un geometra. Che Montante, attraverso Marco Venturi che a lui risponde, fa mettere a capo dell’Irsap, nella veste di commissario dal 20 dicembre 2012, appena insediato il governo-Crocetta e di presidente da settembre 2013. Fino a quell’ottobre 2015 quando gli subentra Brandara perché Cicero e Venturi sono divenuti nemici giurati di Montante.

Nato a San Cataldo come Linda Vancheri, da quando Venturi è assessore nel governo-Lombardo, Cicero è a capo della sua segreteria particolare, e da lui viene nominato presidente, e poi commissario liquidatore dei Consorzi Asi di Agrigento, Enna, Caltanissetta. Quando, insieme a Venturi, diventa accusatore di Montante, indagato ma sempre forte e potente, deve lasciare, giubilato da Crocetta e dalla sua vice, Mariella Lo Bello.

Ecco quindi Brandara garantire a Montante tutto quanto egli si aspetti dall’Irsap, fino alla fine del governo-Crocetta. Che, quando già sta per sloggiare, le affida un’altra missione: presiedere l’Ias spa, la società Industria acqua siracusana di cui l’Irsap è socio di maggioranza.

Una missione ‘impossibile’ quella affidata alla fida Marì. E’ il 26 ottobre 2017, mancano 12 giorni al voto che eleggerà Musumeci presidente ma rispetto al quale Crocetta non ha alcuna chanche: non è neanche candidato perché il suo governo è stato un disastro e il Pd lo rinnega, Montante, da oltre tre anni indagato per mafia, non è forte come prima e anche Lumia nel partito annaspa, ancorato alla sponda di Emiliano che quattro mesi dopo non basterà neanche alla sua candidatura. Poi le faide interne hanno fatto il resto silurando Crocetta anche come candidato alle politiche di quattro mesi dopo, attraverso il ‘casuale’ smarrimento dei fogli contenenti le firme raccolte, poche ore prima della scadenza dei termini del deposito.

Brandara è presidente dell’Ias da novembre 2016, eletta in seguito alle dimissioni di Rosa Maria Battiato, l’avvocato moglie di Giuseppe d’Agata prescelta da Montante e fatta nominare da un’altra donna del suo cerchio magico, Linda Vancheri che a lui risponde in Confindstria e che lui ha insediato nella prima giunta-Crocetta come assessore alle attività produttive.

Poco prima quindi di essere sfrattato, a fine ottobre 2017 Crocetta blinda la Brandara sulla poltrona di presidente dell’Ias. L’assemblea dei soci (cioè l’Irsap che ha la maggioranza, quindi l’assessore alle attività produttive, per intenderci ….Mariè) modifica lo statuto tenendo in vita la carica fino all’approvazione del bilancio 2019, quindi almeno fino a 2020 inoltrato, quindi almeno due anni e mezzo dopo la nascita del nuovo governo. E Maria Grazia porta avanti con diligenza la sua missione: a novembre 2017 s’insedia il governo Musumeci, a maggio 2018 viene arrestato Montante, per l’occasione lei apprende di essere indagata per associazione per delinquere finalizzata alla corruzione, ma niente la smuove. Veramente, pochi giorni dopo avere scoperto di essere indagata si dimette, ‘per un’esigenza etica’ dice, ma solo da commissario straordinario del Comune di Licata: mancavano poche settimane all’elezione del sindaco e, probabilmente, tutto ciò che Maria Grazia si era prefissa di fare in quel Municipio “l’aveva già fatto”.

Ma all’Ias di Siracusa no. Tiene duro. Resiste pur indagata fino a gennaio 2020 quando lascia in breve anticipo, dopo un coro di voci indignate e un’interrogazione parlamentare di Claudio Fava. Anche perché, nel frattempo, Brandara, alle accuse di associazione per delinquere relative alla sua ‘militanza’ operativa nel sistema-Montante, ha aggiunto quelle formulate nei suoi confronti dalle procure di Barcellona Pozzo di Gotto e di Siracusa. Nel primo caso in qualità di ex commissario dell’Irsap è già stata rinviata a giudizio per l’inquinamento ambientale a Pace del Mela dove il depuratore è stato gestito in violazione delle norme ed i reflui industriali contaminati sono stati tranquillamente sversati in mare. Ancora più inquietante e drammatico il suo coinvolgimento nei fatti oggetto d’inchiesta a Siracusa dove l’autorità giudiziaria ha dovuto sequestrare il depuratore più grande d’Europa affidato alle cure dell’Ias, di cui è socio di maggioranza l’Irsap, i cui vertici sono nominati dall’assessore regionale alle attività produttive. Una sequenza di enti i cui poteri, direttamente o indirettamente, dal 2015 sono nelle mani di Mariè, come prima erano in quelle di Linda Vancheri e, ancora prima, di Marco Venturi: un decennio intero in cui a decidere ogni cosa è Montante.

E su Irsap e Ias Mariè si affida a Marì. E quello messo in atto da Marì è un capolavoro.

Nel triangolo dei veleni e della morte, Augusta-Melilli-Priolo, un presidio minimo – non sufficiente ma tremendamente necessario nella zona industriale più avvelenata d’Europa – è il sistema degli impianti di depurazione. La cui gestione è affidata all’Ias, spa partecipata al 65% dall’Irsap, (quindi dalla Regione), nonché, per la parte restante dai comuni interessati con piccole quote simboliche e, soprattutto, dalle imprese del petrolchimico, ossia l’Eni che lì lavora il greggio e che quindi deve smaltire gli scarichi industriali.

Il 31 dicembre 2015 è scaduta la convenzione per la gestione del depuratore di Priolo, che tanto e così bene ‘depura’ da essere definito da tempo il ‘pozzo nero’ dei veleni del petrolchimico.  Già, ancora prima della scadenza, la situazione era drammatica come dimostrano gli esposti all’autorità giudiziaria e i dati allarmanti sull’incidenza tumorale che tra i dipendenti è del 12 per cento ed anche nella popolazione risulta, insieme a tante altre patologie collegabili a quella forma estrema di inquinamento, molto più alta della media.

Quando Brandara arriva alla presidenza dell’Ias è novembre 2016. Prima di lei, per tre anni, da agosto 2013, c’è stata la Battiato: il suo un incarico da due mila euro al mese offerto da Montante al marito, colonnello dei carabinieri e alto dirigente dei servizi segreti, per i preziosi servizi prestati al suo ‘sistema’ e per i quali il 14 maggio 2018 è arrestato insieme sl suo, vero, capo.

E la Brandara come affronta l’emergenza che trova in atto per via di quella convenzione scaduta dieci mesi prima? Andando avanti, in barba alla legge, di proroga in proroga, ad oltranza.  Quella convenzione tra consorzio Asi di Siracusa e Ias era stata stipulata nel 1999, poi aggiornata nel 2006. Alla scadenza, a fine 2015 e quindi con il necessario congruo anticipo, si sarebbe dovuta fare una sola cosa: l’indizione di una gara ad evidenza pubblica.

L’art. 23 comma 2 del D.Lgs n. 50/2016 stabilisce in modo inequivocabile che “I contratti per acquisti e forniture di beni e servizi, già scaduti…possono essere prorogati per il tempo necessario alla stipula dei nuovi contratti a seguito di espletamento di gare ad evidenza pubblica a condizione che la proroga non superi comunque i sei mesi…”

E invece niente. Per oltre tre anni Marì rimane in carica senza mai rendere possibile all’Irsap l’espletamento della gara. Del resto è stata lei, commissario Irsap fino ad agosto 2017, ad emanare l’11 dicembre 2015 un atto d’indirizzo che consente proroghe all’infinito, in evidente violazione della legge.

E qual è la giustificazione? La carenza della documentazione trasmessa dall’Ias all’Irsap affinchè questo possa indire la gara ad evidenza pubblica.

Quindi l’Ias, di cui l’Irsap detiene il 65%, impedisce all’Irsap stesso, poiché non gli fornisce le carte necessarie, di voltare pagina nella gestione del depuratore che avvelena un’area nella quale vivono più di centomila persone.

Fino ad agosto 2016 è l’Ias presieduta da Rosa Maria Battiato ad ‘impedire’ la gara all’Irsap, che dal 27 ottobre 2015 è nelle mani di Maria Grazia Brandara: ricordate quel colloquio intercettato il 25 ottobre 2015 e la borsa di Mariè piena di soldi?.

E dall’11 novembre 2016 fino ad agosto 2017 a capo sia dell’ente che della società industriale c’è lei, solo lei. Quindi …. Marì non dà le carte a Marì che, quindi, non può bandire la gara.

Lasciato l’Irsap ad agosto 2017, una delle due … Marì rimane a capo dell’Ias per due anni e mezzo ancora, ma nulla cambia: il depuratore continua a non depurare; gli scarichi industriali continuano ad avvelenare il mare, l’aria e il territorio; uomini e donne continuano a morire; i bambini continuano a nascere malformati, in misura di gran lunga superiore alla media statistica.

Il tutto perché quella gara non viene mai espletata. Con ogni scusa possibile. Per esempio otto giorni prima della penultima scadenza, il 22 settembre 2017 il direttore generale dell’Irsap Collura si accorge che il responsabile unico del procedimento, nominato più di un anno e mezzo prima dall’Irsap (commissario Brandara), non possiede i requisiti richiesti per le procedure d’appalto!

Collura nomina un nuovo Rup, Callari, noto per la sua lunga gestione dell’ufficio tecnico dell’Asi di Agrigento, nonché Rup abituale nei grandi lavori pubblici appaltati dall’Irsap e, prima, dai disciolti Consorzi Asi. Mentre il presidente dell’Ias Brandara, il 28 settembre, appena due giorni prima della scadenza di quell’ennesima proroga, sollecita l’assessorato alle attività produttive a chiedere all’Anac un parere sulla possibilità di ricorrere ad una procedura negoziata per la gestione dell’impianbto di depurazione, previa pubblicazione di un bando di evidenza pubblica.

Quindi Brandara, per due anni a capo dell’Irsap e per oltre tre a capo dell’Ias, dopo avere prodotto, nell’intero biennio della prima carica e nel primo anno della seconda, solo una sfilza di proroghe, cosa fa? Due giorni prima della scadenza fa sapere all’assessorato, dove ancora per poco c’è Mariella, che servirebbe un parere dell’Anac….

Neanche un mese dopo, il 26 ottobre, (a Palermo in via degli Emiri, sede dell’assessorato Attività produttive, c’è ancora Mariè, in attesa di sfratto) il blitz sullo statuto, non solo per riconfermare – e blindare – Marì, ma anche per introdurre la nuova figura del direttore generale con pieni poteri. A nominarlo saranno i privati, ovvero le aziende del petrolchimico: quindi l’’Eni che, per quanto controllato dallo Stato, sappiamo benissimo quanto abbia a cuore, a parte il fatturato e gli utili miliardari, l’interesse pubblico, anche sotto il profilo della sicurezza ambientale e dalla salute. Le cronache sono piene di condotte criminali da parte di dirigenti dell’Eni artefici di veri e propri attentati alla salute e all’ambiente. E in quel triangolo dei veleni e della morte – Augusta, Melilli, Priolo – ci sono quegli scarti da smaltire per i quali, dopo la sistematica violazione delle norme inscritta nelle vicende di Irsap e Ias, la destinazione prefigurata in quegli anni doveva essere Scicli dove l’Acif, in un’area vincolata vicina al centro abitato patrimonio dell’Unesco, avrebbe insediato una piattaforma di rifiuti pericolosi da 200 mila tonnellate, rifiuti di lavorazione del greggio e dei prodotti petroliferi.

La giunta-Susino disse no: perciò lo scioglimento …‘per mafia’ (laddove il ‘per’ è da intendere come causale dell’azione, appunto mafiosa, con la quale viene condotto lo scioglimento) voluto dalla falsa antimafia imbastita da un’associazione per delinquere di cui fanno parte uomini delle istituzioni, picchiatori mediatici, criminali, affaristi, agenti dei servizi segreti. E infatti i tre commissari prefettizi che vanno ad amministrare il Comune (scelti personalmente da Angelino Alfano, rivendicherà poi il ministro che se ne assume tutta la responsabilità) buttano nel cestino quel no della giunta Susino, stendono una nuova delibera in cui a caratteri cubitali scrivono ‘si’ ed aprono le porte all’Acif.

Per tornare allo statuto Ias, quindi il governo Crocetta, e il sistema Montante che lo manovra, quando sta per lasciare, dovendo mollare la presa sull’Irsap mette i poteri in mano ad una figura scelta dall’Eni e lascia in dote all’Ias, per almeno altri due anni e mezzo una propria pedina, la disinvolta e affidabile Marì.

Se anche in quei giorni non è chiaro a tutti il senso di quelle scelte, non sfugge l’enormità tragica dei poteri in capo all’uomo-Eni su un tema così cruciale per la vita di centomila persone, per la salute e per l’ambiente.

Infatti le cronache riportano la denuncia di un consigliere dell’Ias uscente, Turi Magro: “Questa modifica statutaria va impugnata. Questa modifica esce fuori dalla logica e dalla legge. L’affidamento della gestione dell’Ias avrebbe dovuto essere con una gara ad evidenza pubblica. Il nuovo statuto fa emergere l’illegittimità perchè non si può stabilire che la gestione possa essere affidata a un super direttore generale designato solo dai privati. Questo è assurdo ma fa parte di logica e strategia politica di accordo tra industriali e Irsap.”

Quindi, per chiudere il lungo inseguimento delle ‘imprese’ di Maria Grazia Brandara, fino a gennaio 2020 è stata presidente dell’Ias, nonostante da tempo fosse accusata: di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione insieme a Montante, Crocetta, Lo Bello, Vancheri ed altri; per il disastro ambientale relativo alla gestione del depuratore dei veleni ad Augusta-Melilli-Priolo e per quello di Pace del Mela; per le pressioni compiute sul dirigente Ferrara perché denunciasse Alfonso Cicero e Marco Venturi e tante altre cose.

Il che non le ha impedito, nell’attualità e nella notorietà di tutte e quattro le inchieste giudiziarie, di essere eletta, ad aprile 2019, sindaco di Naro, (pare grazie al volantino che riportava il suo numero di telefono personale): una poltrona di ritorno dopo l’esperienza fatta 15 anni prima, eletta a giugno 2004 quando era da poco diventata deputata all’Ars. E non le ha impedito neanche di essere eletta – anche in questo caso ‘rieletta’ – presidente del consorzio agrigentino per la legalità, un consorzio costituito da cinque comuni (Favara, Licata, Palma di Montechiaro, Naro, Siculiana) per … promuovere la legalità e lo sviluppo anche nella gestione dei beni confiscati alla mafia. Un incarico che la Brandara conosce come le sue tasche per averlo espletato fin dal 2009 in un territorio a lei ben noto: Naro è la sua città; a Licata abita Antonio Subranni e lei ne ha amministrato il Comune come commissario; di Favara sono Alfonso Cicero (molto vicino a Venturi e, quindi, almeno fino al 2015, anche a Montante), Linda Vancheri, all’anagrafe Calogera proprio come il suo mentore, Montante, nato anch’egli a Favara; Siculiana è il feudo di Giuseppe Catanzaro ‘fratello minore’ di Montante nonché suo sodale e garante dei suoi interessi, che lì si è appropriato della megadiscarica che gestisce e con la quale, inquinando e avvelenando, ha guadagnato centinaia di milioni ….. Ah, rimane Palma di Montechiaro: basta dire che qui nasce il Gattopardo, la chiave di tutto.

Di Maria Grazia Brandara c’è da dire che, da impiegata dell’Agenzia delle Entrate di Canicattì dove entra a 22 anni, e con in tasca solo un diploma di maturità, lungo la sua folgorante carriera ha dovuto fare i conti con tante minacce ricevute. Minacce che nella realtà normale sono compiute da poteri e soggetti criminali, quindi anche mafiosi, per intimidire qualcuno e farlo desistere dall’azione che sta svolgendo o che ha annunciato contro quegli interessi criminali e mafiosi.

Difficile immaginare, in tale realtà logica e fisiologica, chi e a difesa di quali interessi attaccati da questa ‘public servant’, possa averle portato tali minacce.

Gli episodi da lei denunciati sono tanti. Solo per fare qualche accenno, uno risale al 31 gennaio 2013 quando è commissario del consorzio Asi: è il periodo in cui, per fare decollare la riforma voluta da Venturi, per conto di Montante e di Ivan lo Bello nel governo Lombardo, bisogna far morire i consorzi e lei presta il suo servizio. Un altro episodio risale invece al 28 luglio 2016 quando è commissario dell’Irsap, l’istituto unico regionale che ha soppiantato e rilevato le undici Asi sparse in Sicilia. In questo caso lei denuncia di avere ricevuto negli uffici Asi di Agrigento una busta contenente due cartucce di fucile e un foglio di carta con su scritto ‘Maria Grazia Brandara come Antoci’. Il malvivente o i malviventi che hanno progettato ed eseguito la minaccia scrivono il suo nome per esteso, mentre citano Antoci solo per cognome. Non sappiamo se l’eroina antimafia ci sia rimasta male per questa disparità di trattamento, ma appena due mesi prima il nome di Antoci era sulle pagine nazionali di quotidiani e tg per quel presunto fallito attentato di morte avvenuto la notte tra il 17 e 18 maggio dello stesso anno. E quindi avrà compreso….

E come reagisce Marì? Prende la busta e, a braccetto con Mariè, la porta in Procura ad Agrigento. Sì, ad accompagnarla per presentare la denuncia c’è l’assessore regionale alle Attività produttive Mariella lo Bello che non lascia sola la sua segretaria personale. Un messaggio forte alla mafia che minaccia: Marì non è sola, con lei c’è anche Mariè… e quindi c’è il governo Crocetta, quindi il senatore Lumia, quindi Antonello Montante con tutto il suo patrimonio ed armamentario di ‘lotta alla mafia’, tant’è che Antonello, pur essendo indagato da due anni per associazione mafiosa, è tranquillamente a capo di Confindustria Sicilia, presidente di Unioncamere Sicilia e molto altro.

Del resto il numero uno di Confindustria Giorgio Squinzi ‘eseguiva i suoi ordini’, secondo quanto riferito da Marco Venturi, e Squinzi, subentrato nel 2012 a Emma Marcegaglia è rimasto in carica fino al 25 maggio 2016. Ma neanche dopo nessun problema per Antonello visto che in viale dell’Astronomia è arrivato Boccia, con tanto di festeggiamenti per il suo clan. E infatti quando, il 14 maggio 2018, Montante viene arrestato, pur essendo già da 4 anni sotto inchiesta per mafia è, tranquillamente, presidente della Camera di commercio di Caltanissetta (da cui non si dimette: decade solo in seguito alle dimissioni di un gruppo di consiglieri), presidente di Unioncamere Sicilia, componente della giunta nazionale di Confindustria, solo per citare gli incarichi più importanti.

Nonostante sia intervenuta fisicamente anche Mariè, con tutto ciò che ne deriva, chi minaccia Marì non si ferma. E così ecco un anno dopo, il 22 settembre 2017, l’eroica Brandara, dopo l’ennesima minaccia, rilasciare un’intervista a InBlu Radio – il circuito radiofonico della conferenza episcopale italiana che un anno dopo, da ottobre 2018, è diretto, insieme a Tv2000, dall’amico di Montante Vincenzo Morgante, nella quale ‘confessa’, per la prima volta, di avere paura: <<Prima di questo incarico negli anni ho ricevuto tante minacce, proiettili e bottiglie incendiarie, ma per la prima volta ho paura>>.

Sono queste le settimane finali del governo Crocetta, lei ha lasciato l’Irsap, s’è arroccata e fatta blindare a capo dell’Ias, ma presto dovrà lasciare anche la potente poltrona di capo della segreteria dell’assessore regionale alle attività produttive e, passando da una sedia all’altra e spesso occupandone più contemporaneamente, il 22 agosto 2017 si è insediata a capo del Comune di Licata come commissario che succede al sindaco Angelo Cambiano colpevole di avere demolito 67 case abusive, tutte case colpite da ordine giudiziario definitivo di demolizione. La lista ne contiene altre 500, quasi tutte rientranti nella fascia dei 150 metri dalla costa. Ma sono stati gli uomini di Alfano per primi a sfrattare il sindaco dal Municipio. Era pensabile che Marì, con il suo pedigree, potesse fare ciò che al sindaco è stato impedito? E difatti, nessuna demolizione, anche se neanche un mese dopo l’insediamento, come abbiamo visto, c’è qualcuno che non fa mancare al suo curriculum l’ennesima minaccia di morte ………