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Ordine Giornalisti, presidente “inesperto” ma dovrebbe preoccupare di più….. Ben oltre le manovre denunciate da Assostampa Sicilia le “esperienze” di Gueli dicono che …

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L’Associazione siciliana della stampa è preoccupata per <<l’inesperienza di gran parte dei componenti del nuovo direttivo dell’Ordine dei giornalisti di Sicilia e per le manovre che queste elezioni hanno comportato>>.

Tralasciamo le manovre, anche perché avremmo bisogno di sapere quali, da chi e per quale fine siano state compiute: si può presumere che Assostampa Sicilia si riferisca a quelle che hanno portato i tre consiglieri pubblicisti eletti a consegnare ad una minoranza di professionisti (2 appena, su 6) il governo dell’Ordine, escludendo da ogni carica gli altri quattro consiglieri professionisti. E così, per la scelta decisiva dei tre pubblicisti (figure la cui attività giornalistica non è esclusiva e normalmente secondaria rispetto a qualunque altro lavoro o professione) nuovo presidente, professionista per obbligo di legge, dell’Ordine del giornalisti è Roberto Gueli al quale certamente, ma non solo a lui, è rivolta la notazione critica sull’inesperienza.

Gli ordini professionali, organizzazioni di autogoverno delle professioni, sono enti di diritto pubblico ai quali sono affidate funzioni e competenze tanto importanti da essere sorvegliati dal ministero della Giustizia: tra tali compiti figurano quello di controllare l’accesso, garantire l’aggiornamento professionale degli iscritti e, soprattutto, il rispetto delle norme deontologiche.

Tale rispetto, e la garanzia che di esso ogni ordine deve saper dare, sono la base fondativa e l’essenza stessa dell’istituzione ordinistica in ogni professione. Lo sono molto di più in quella giornalistica, prettamente empirica, sostanzialmente priva di scienza professionale e nella quale quindi la deontologia è tutto: è l’ubi consistam della professione stessa.

Ciò premesso, Assostampa Sicilia, il sindacato unitario dei giornalisti, ha espresso la propria preoccupazione subito dopo l’elezione del presidente Roberto Gueli, alla prima esperienza negli organismi dell’Ordine, quindi subito presidente nella seduta in cui si è insediato per la prima volta come semplice consigliere. Se anche altri non siano esclusi dalla preoccupazione espressa, certamente Gueli ne è il bersaglio principale.

Esordiente nell’Ordine, ma anziano nella professione, Gueli, dopo le prime esperienze nelle emittenti locali Teleregione e Telescirocco negli anni ’90 entra in Rai, Tgr Sicilia, “in quota Pds”, il partito politico che ne sponsorizza l’assunzione intestandosela nelle ‘quote’, appunto, di spartizione dei posti tra i partiti in ragione della loro forza elettorale, nonché della capacità di pressione e influenza. Nulla di strano (purtroppo), se non fosse che il Pds, il partito nato pochi anni prima, nel ’91, dopo la Bolognina e lo scioglimento del Pci, per sua natura e vocazione aveva scarsissimo interesse per le cronache da un campo sportivo.

Infatti Gueli nella redazione di Tgr Sicilia si occupa solo di sport e, pressoché esclusivamente della squadra di calcio del Palermo nella quale confina l’intera sua dimensione ed essenza professionale.

La Tgr è una testata non sportiva che ha in un ‘tutt’altrove’ la sua ragion d’essere e che è, certo non per le cronache del pallone, nucleo centrale del ‘Servizio pubblico’. Ma ciò non impedisce a Gueli di fare carriera, come quando ottiene la promozione a capo servizio, questa volta nella ‘quota’ di un altro partito, An, che del primo rappresenta esattamente il suo opposto. Non sappiamo se perché il Pds non avesse interesse a mantenere il suo cappello sulla testa di Gueli o se perché questi non lo ritenesse comodo a misura delle sue mire. In ogni caso il cappello giusto, per la nomina a capo servizio, è quello che gli mettono in testa un partito agli antipodi e un ‘ras’ politico allora in An, oggi in FdI.

Si sa, lo sport è, naturalmente, il luogo delle acrobazie e Gueli dimostra di possederne il physique du rôle. Dotazione che mette in valore soprattutto quando a capo della redazione, a settembre 2003, arriva Vincenzo Morgante – lontano dai campi di calcio, ma a suo agio tra cardinali, centri di potere e ogni compagnia di giro esperta in commercio d’influenze – il quale, quando, a ottobre 2013, vola a Roma (da semplice capo redattore direttamente a direttore, con gli uffici dell’amico Antonello Montante che, da solo, vale più di un partito politico) gli lascia la strada spianata per divenire, dopo il breve periodo residuale prima della pensione della fidatissima Silvana Polizzi, il capo della redazione siciliana e, da qui, vicedirettore, a Roma, della Tgr, la testata con il più alto numero di giornalisti in Europa. Ruolo in cui Gueli – che ha sempre dimostrato di identificare il giornalismo di cui è capace con il racconto delle traiettorie del pallone sul campo di gioco – non lascia traccia e, tutt’oggi, risulta non pervenuto.

Non sappiamo se tutto ciò c’entri con la voglia di lanciarsi in un’avventura rispetto alla quale la sua quasi trentennale esperienza in Rai sembra distante anni luce, come distanti anni luce erano i partiti di cui, almeno per un attimo, indossò il cappello: guidare in Sicilia l’Ordine dei giornalisti con il suo carico di essenza giuridica e, soprattutto, di quella coscienza professionale difficile da rintracciare nelle cronache delle partite di un club con cui si è contigui, tanto più se non parliamo di Beppe Viola o Sandro Ciotti, tanto per citare due nomi, tra i tanti, di cronisti di calcio ma giornalisti sul serio e a tutto tondo.

Come dicevamo, giornalismo è, innanzitutto, la sua deontologia e l’Ordine ne è il custode e il garante.

Assostampa Sicilia teme per l’inesperienza di Gueli? E’ questo il problema, o almeno quello più grave?

Proviamo a rispondere con le cose che sappiamo.

Fondamento della professione giornalistica – consistente nel diritto-dovere di riferire fatti di pubblico interesse in verità e attraverso un’esposizione corretta – è, innanzitutto, la sua autonomia da ogni altra sfera di interessi. Una di queste sfere, certo non secondaria, è quella della pubblicità e della comunicazione commerciale che deve sempre restare distinta. E perciò totalmente al di fuori, e distante, deve starne sempre il giornalista, tant’è che questa linea di demarcazione è tracciata in modo netto dal Testo unico dei doveri del giornalista (art. 10) e, più estesamente, dalla Carta ‘Informazione e pubblicità’ che ne è stata assorbita.

Poiché, nei miei anni di servizio in Rai (stessa redazione, Tgr Sicilia) dovetti fare presente questo banale rudimento di cultura professionale al capo redattore di allora, Morgante – il quale trovò più facile e conveniente risolvere il problema infliggendomi tre anni di fantasiose ritorsioni punitive fino al licenziamento, piuttosto che rinunciare a mettere nei tg un certo, rilevante, numero di servizi contenenti pubblicità commerciale anziché notizie – (link in calce) ebbi modo di animare un dibattito in redazione e di conoscere non solo il pensiero, ma anche l’opera di molti giornalisti che ne facevano parte: tra i quali – beninteso – Gueli.

E così ho potuto constatare che Gueli era direttore responsabile di una pubblicazione a contenuto commerciale, “Sposi Magazine,” (non notizie, ma … abiti da sposa in vendita!) nonché collaboratore e consulente dello stesso gruppo editore di altre testate. Inoltre presentava abitualmente eventi anche di natura commerciale promossi da imprese, come sfilate di moda, concorsi di bellezza e simili con tanto di pomposa elencazione di marchi d’azienda e sponsor, in violazione di basilari doveri deontologici, nonostante, in alcuni casi, la dichiarazione di finalità benefiche mai verificate, comunque eccedenti la previsione dell’art. 10 del Testo unico dei doveri: presentazioni peraltro soggette all’obbligo preventivo – a quanto risulta mai osservato – di comunicazione agli organismi dell’Ordine.

Potrei aggiungere che Gueli, dipendente Rai – come me allora, con vincolo di esclusiva – partecipava regolarmente e frequentemente a programmi televisivi di emittenti concorrenti (ovviamente sul Palermo calcio, suo recinto di lavoro professionale) erogando ad esse una prestazione in violazione del rapporto contrattuale (io sono stato licenziato con questa contestazione disciplinare che, però, nel mio caso era falsa e infondata). So bene che ciò riguarda un altro aspetto, comunque non privo di rilievo in un’ottica più ampia dell’etica dell’agire. E così accadde anche che quando il mio licenziamento divenne oggetto di vari procedimenti giudiziari, civili e penali, Gueli, nel 2014, allora capo servizio, si ‘autoaccusò’ dinanzi alla polizia giudiziaria di avere dimenticato a chiedere l’autorizzazione aziendale per alcune attività esterne e che di ciò Morgante era all’oscuro. Gueli aggiunse anche che dinanzi a tali ‘dimenticanze in buona fede’, la Rai lo invitò a ricordarsi in futuro di avanzare tali richieste!

Ma per quanto qui interessa più immediatamente, il tema è l’idoneità del presidente ad esercitare il suo ruolo. Assostampa Sicilia teme per la sua inesperienza? Magari, fosse questo il problema!

In effetti Gueli di esperienza ne ha tanta, nei servizi e nelle attività che gli sono congeniali. Bisogna solo comprendere in quale relazione tale esperienza si ponga con ciò che ci si aspetta e che sia legittimo pretendere dal presidente dell’Ordine dei giornalisti.

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