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Vittoria, insediato Aiello, ma a passargli le consegne non c’è Dispenza. Giallo sull’accesso in Sala degli Specchi

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Dopo tre anni e tre mesi di un commissariamento di tipo podestarile (sostitutivo cioè di tutti i poteri del sindaco, della giunta e del consiglio comunali), che, al massimo, e solo in via eccezionale, per legge avrebbe potuto durate 24 mesi, la città di Vittoria ha un’amministrazione scelta democraticamente dai cittadini.

Surreale il passaggio delle consegne: mancava chi avrebbe dovuto eseguirle, il capo della triade e dominus incontrastato di ogni atto e decisione: Filippo Dispenza, sempre in primo piano e in favore di telecamere dinanzi a giornalisti amici e ‘reggimicrofono’ ossequiosi e compiacenti, ma indisponibile a chi volesse semplicemente fare domande non preventivamente autorizzate.

Dopo 39 mesi di occupazione della scena (sempre e soltanto in queste condizioni da lui pretese e normalmente ottenute) proprio nel momento di uscirne, ha preferito farlo alla chetichella, senza fornire una giustificazione.

Non sapremo mai se ad un altro sindaco, nel caso di diverso esito elettorale, le consegne le avrebbe fatte di persona senza delegarle all’ultimo della triade.

In assenza di una controprova, c’è chi rileva che il sindaco eletto è stato querelato da Dispenza e che quindi la situazione sarebbe stata quanto meno anomala, se non imbarazzante.

Ma il problema è che Aiello è solo uno dei tantissimi cittadini querelati da Dispenza a spese del Comune, ‘colpevole’, come tutti gli altri, di avere espresso un’idea, un pensiero, una critica interpretata dall’interessato, nell’esercizio di un mero arbitrio personale, come ‘lesa podestà’.

Un’altra stravagante singolarità pare attenga ai limiti posti all’accesso in Sala degli Specchi in occasione della cerimonia di proclamazione alla presenza del magistrato Andrea Reale, presidente dell’Ufficio elettorale. Inizialmente pare che tale accesso, oltre agli organi amministrativi uscenti e alle figure di servizio, fosse stato limitato solo al sindaco eletto. Assessori, consiglieri comunali, cittadini più o meno attivamente protagonisti della contesa elettorale, sarebbero stati tagliati fuori. Ne sono seguiti malcontento, qualche protesta e perfino chiamate in prefettura per rimuovere il divieto. E alla fine qualche maglia s’è allargata. Ma era necessario ricorrere agli uffici del prefetto?

Un’uscita di scena plasticamente coerente con una gestione dell’istituzione comunale lontana dalla città e arroccata nel palazzo reso più simile ad una caserma.